RENZI FESTEGGIA E AVVIA LA CAMPAGNA ELETTORALE: VOTO ANTICIPATO L’ 11 GIUGNO
SUL MATTARELLUM NON C’E’ CONVERGENZA, QUINDI AL VOTO A BREVE
“Stiamo stappando lo spumante”, esulta una fonte renzianissima un minuto dopo la decisione della Consulta sui ricorsi dell’Italicum.
“Sobrietà ”, frenano dal Nazareno dove Matteo Renzi è riunito con Guerini e Serracchiani, Rosato, Bonifazi e Fiano.
Al di là dei brindisi, il segretario del Pd si dice “soddisfatto”. Per lui la Corte Costituzionale apre la strada al tanto agognato voto anticipato. Una data: 11 giugno, continua a ripetere, implicita nella chiusa del dispositivo deciso dalla Corte dopo due giorni di dibattimento e camera di consiglio.
Ovvero la frase: “All’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione”. Secca, inconfutabile. Almeno per Renzi e per chi in Parlamento vuole il voto anticipato come lui: M5s e Lega.
Per Renzi è la soluzione al rebus.
Il segretario ha ricominciato a sperare quando ieri la Corte ha deciso di rinviare a oggi la decisione. La sentenza doveva arrivare a pranzo, poi è slittata al pomeriggio. E pare che i giudici siano rimasti a discutere proprio sul punto più caro a Renzi.
Cioè sulla pronta applicabilità della sentenza sulla legge elettorale, sull’opportunità di occuparsi anche dell’omogeneità dei due sistemi elettorali tra Camera e Senato.
La frase finale elimina i dubbi, così la legge il segretario del Pd e i suoi, convinti che al Colle la pensino così.
Tanto che proprio oggi, non a caso, Renzi lancia il suo nuovo blog, si esercita in nuove invettive con l’Unione Europea, smonta la vecchia segreteria Dem anche se non annuncia la nuova (prossimi giorni), ma di fatto Renzi è già in campagna elettorale. Prima tappa: sabato e domenica a Rimini con gli amministratori locali del Pd.
“Ora basta melina, il Pd è per il Mattarellum, i partiti dicano subito se vogliono il confronto. Altrimenti la strada è il voto”, dice il segretario parlando con i suoi nel suo studio al Nazareno.
Di fatto però la via del ritorno al Mattarellum si è già consumata, forse in Parlamento non è mai nata. E allora, dicono i suoi più stretti, “la sentenza della Consulta ci permette di puntare al voto e ci elimina l’incombenza di dover fare per forza la legge elettorale laddove nessuno la vuole fare”.
In Transatlantico il renzianissimo Dario Parrini, deputato e segretario regionale Dem in Toscana, è impegnato a spiegare i motivi ai tanti giornalisti che glielo chiedono.
Il ragionamento è questo: la Corte ha salvato il premio di maggioranza per la lista che prenda il 40 per cento alla Camera, ha eliminato il ballottaggio.
Al Senato c’è uno sbarramento dell’8 per cento su base regionale. Se si considera quella soglia del 40 per cento nei fatti irraggiungibile, allora ecco che emerge un sistema simile tra le due Camere, largamente proporzionale, omogeneo.
Un sistema pronto per il voto. “Suscettibile”, scrive la Corte.
Ma c’è un altro punto della sentenza che fa contento Renzi e regala munizioni al ‘partito del voto anticipato’. Vale a dire: i capilista bloccati.
La Consulta non li ha eliminati. Ha solo deciso che chi è candidato in più collegi non potrà decidere dove essere eletto a sua discrezione. Sarà un sorteggio a stabilirlo.
Ma i capilista bloccati sono per Renzi la garanzia di poter governare le correnti.
E’ il segretario a deciderli. Saranno materia di contrattazione con le varie aree del partito. Voto subito in cambio di 20-25 capilista, per fare un esempio.
I capi-corrente di maggioranza — da Franceschini a Orlando — dovranno trattare su questo, è lo schema renziano.
“Per noi bisogna andare a votare subito”, dice il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato. “La legge così come modificata dalla Corte è immediatamente applicabile perchè si tutela ‘il principio costituzionale di dare la possibilità al presidente della Repubblica di sciogliere le Camere’ quando fosse necessario”.
La legge è “omogenea ed è subito applicabile”, rincara il vicesegretario Lorenzo Guerini.
I renziani mostrano una baldanza che non si vedeva da prima del referendum costituzionale. Renzi pensa di riunire la direzione del Pd per tirare le fila delle nuove parole d’ordine alla luce delle decisioni della Consulta.
Ora l’obiettivo è: se il Parlamento non decide per il Mattarellum, votato da tutta l’assemblea Dem a dicembre, allora meglio andare al voto a giugno. E’ un estremo tentativo o una finta per dar mostra di tener fede alla parola data. “Una verifica rapida”, la definisce Fiano. Ma Renzi vede già le urne e fa affidamento sul fatto che dal Colle non gli arriveranno ostacoli.
Ma qual è l’atto che porterà il presidente della Repubblica a sciogliere le Camere?
Il Pd renziano dice che è una questione di formalità . Varie le ipotesi allo studio: dimissioni di Paolo Gentiloni per esaurito compito della legislatura. Un po’ come fece Mario Monti alla fine del 2012. Meno quotata l’opzione secondo cui il Pd a un certo punto ritiri il suo appoggio al governo. Renzi immagina un percorso di comune accordo: almeno nella maggioranza del suo partito.
(da “Huffingtonpost”)
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