RENZI VUOLE EVITARE IL REFERENDUM NO TRIVELLE
MANDATO ALLA GUIDI PER RIVEDERE LO SBLOCCA ITALIA
Chissà se l’impatto sarà come quello suscitato dal dietrofront di Barack Obama sulla realizzazione dell’oleodotto Keystone XL, il ‘regalo’ portato dal presidente Usa alla conferenza Onu sul clima in corso a Parigi.
Per ora c’è che Matteo Renzi ha dato mandato al ministero dello Sviluppo Economico e al ministero dell’Ambiente di rivedere la normativa sui nuovi permessi di ricerca ed estrazione petroliera.
In sostanza, trattasi dello Sblocca Italia, il decreto finito nel mirino dei ‘no triv’ partiti alla carica con ben 6 quesiti referendari. Il governo vuole evitare il referendum. E sta studiando il modo per arrivare al risultato.
A Palazzo Chigi, apprende Huffpost da fonti di governo, l’allarme è scattato quando a novembre la Cassazione ha dato il suo ok ai sei quesiti referendari presentati dal comitato ‘No triv’, fronte largo composto da ben dieci amministrazioni regionali, aree cattoliche, associazioni ambientaliste, M5s, un pezzo di Lega, un pezzo di Pd, la sinistra parlamentare ed extraparlamentare.
Manca solo il timbro della Consulta — atteso per gennaio — e poi inizierebbe la campagna e la corsa al voto in data da fissare nel periodo che va da metà aprile a metà giugno, come prevede la Costituzione.
Un appuntamento che impensierisce Renzi. Il quale non a caso da mesi non fa visite al sud dove la ‘questione petrolio’ è maggiormente sofferta.
E allora via allo studio per rivedere la normativa nel senso richiesto dai referendari.
La pratica la stanno studiando al ministero dello Sviluppo Economico, guidato da Federica Guidi, coadiuvato dal ministero dell’Ambiente di Gian Luca Galletti.
Non a caso ieri il ministro Guidi ha incontrato il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, renziano di ferro ormai da tempo, uno dei governatori che non ha firmato la richiesta di referendum ma che soffre la pressione del territorio per le trivellazioni ‘off shore’ che interessano la sua regione.
La richiesta alla Guidi è stata di sollecitare “una riflessione del governo sul tema delle fonti energetiche attraverso una revisione delle norme attualmente in vigore che superi gli elementi di divisione e incomprensione, contemperando le esigenze relative alle strategie energetiche nazionali e la salvaguardia delle risorse ambientali”.
Bonaccini resta convinto che il referendum non sia “lo strumento idoneo perchè introdurrebbe fattori di incertezza di cui il paese non ha bisogno”.
E’ proprio questo il timore che spinge il governo a rivedere i termini della questione. Tanto che l’invito del governatore emiliano alla Guidi non è cascato nel vuoto.
Bensì su una macchina già in movimento per riesaminare la normativa ed evitare la consultazione referendaria intorno alla quale davvero potrebbero ritrovarsi non solo le diverse opposizioni al governo, ma anche dieci governatori, relative regioni e soprattutto un sentire diffuso che non è in grado di organizzare manifestazioni di massa anti-trivelle ma che potrebbe rispondere al richiamo della consultazione popolare.
La soluzione tecnica dovrebbe essere annunciata a breve.
Al ministero dello Sviluppo economico non prevedono tempi lunghi. C’è tempo solo fino a gennaio, quando dirà la sua la Consulta (che oggi ha fissato per il 13 gennaio l’udienza per l’esame dei quesiti referendari), quel terreno minato sul quale il Parlamento si è impantanato non riuscendo a eleggere i tre giudici mancanti.
E chissà che non sia la questione petrolio a bloccare sul nascere un’intesa tra Pd e Movimento cinque stelle, unico schema utile per uscire dall’impasse eppure ancora schivato.
Più che l’Italicum, la legge elettorale migliore che il M5s possa sognare, sono le trivelle a dividere il partito del premier e il movimento di Grillo e Casaleggio.
(da “Huffingtonpost”)
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