ROMA LABORATORIO NAZIONALE
LA SVOLTA DI ROMA SU MARCHINI PER STRAPPARE IL CENTRO A RENZI
Per la prima volta, dopo mesi di lenta e apparentemente inesorabile eclissi, la stella di Berlusconi ha ricominciato a emettere luce.
La decisione di abbandonare la candidatura di bandiera di Guido Bertolaso, apparsa fin dall’inizio senza alcuna prospettiva, segna un ritorno dell’ex Cavaliere alla politica e potenzialmente può riverberare i suoi effetti anche oltre il perimetro del Grande Raccordo Anulare.
Per il suo profilo moderato, trasversale – proviene da una famiglia comunista, si è candidato come indipendente a Roma contro Marino, è stato corteggiato in passato da Renzi ma respinto dai ras locali del Pd – Alfio Marchini rappresenta infatti una possibile base di partenza per la ricostruzione di un’area che fino a ieri sembrava semplicemente liquefatta.
Con grave danno anche per il sistema democratico italiano, che come qualsiasi organismo deve poter respirare con due polmoni per vivere: la destra e la sinistra. Un’anomalia che sta anche al centro delle preoccupazioni private del capo dello Stato. Da troppo tempo infatti l’unica alternativa a Matteo Renzi è rappresentata dai Cinque Stelle.
E benchè un giovane come Luigi Di Maio stia crescendo come popolarità e come leadership, restano ancora troppe incognite sul Movimento perchè possa proporsi in maniera credibile.
In gioco infatti c’è la guida di una moderna democrazia occidentale che siede al G8, deve rispettare i suoi impegni con la Nato e con l’Unione europea.
Dunque per ora e per chissà ancora quanto tempo, Matteo Renzi ballerà da solo.
LO “SPARIGLIAMENTO”
Ma fino a quando godrà di questa posizione privilegiata?
Ecco, lo sparigliamento compiuto ida Berlusconi a Roma costituisce il seme di un possibile schieramento alternativo al PdR, il Partito di Renzi come lo ha ribattezzato Ilvo Diamanti.
La strada è ancora lunga, certo, ed è tutto da dimostrare l’appeal che un romano come Marchini può avere a nord della linea gotica.
Eppure si vede qualcosa in movimento. Affermare, come hanno fatto a caldo Salvini e Meloni, che la mossa del leader forzista è dettata da chissà quali interessi aziendali o precostituisce un’alleanza futura con il Pd, può essere una facile battuta propagandistica.
La realtà è un’altra: quello che a Renzi fa più comodo è proprio restare l’unica sentinella in piedi a presidiare l’area di centro, la sola che fa vincere le elezioni.
E avere alla sua destra due leader come Salvini e Meloni che guardano a Putin, Orban, Hofer e Le Pen come modelli, rende tutto estremamente facile per il capo del governo. L’unica cosa che può impensierirlo – e lo dimostra la svolta moderata impressa da Di Maio al M5S – è la nascita di un soggetto politico e di un leader che gli contenda il voto al centro. Il resto è folklore.
La svolta moderata di Berlusconi contiene il seme che può far rinascere l’albero del centrodestra.
E anche in quel campo non sono all’anno zero.
Quando Forza Italia, come è successo a Venezia con Luigi Brugnaro, si affida a un civico moderato, è capace di portare a casa il risultato. Costringendo le destre estreme (anche in laguna Lega e Fratelli d’Italia) a convergere al ballottaggio.
E Brugnaro, non va dimenticato, è finito secondo nella recente classifica Ipr-Sole24ore, tra i sindaci più apprezzati.
UN’OPERAZIONE ARDITA
Berlusconi deve riuscire in un’operazione spericolata: far crescere una leadership moderata nuova, che non sia la sua, e contemporaneamente tenere uniti a sè i lepenisti. Ma in posizione subalterna.
Non è detto che ci riuscirà , tuttavia l’unica strada per tornare a un centrodestra competitivo è quella.
Senza offesa per i capi di Lega e FdI, ma la loro azione è paragonabile a quelli che Moisès Naìm definisce come dei «micropoteri», che raramente riescono a mettere fuori gioco i grandi protagonisti.
Certo, aggiunge Naìm, con il loro martellamento incessante «logorano, ostacolano, minano, sabotano e aggirano i grandi protagonisti».
Ma «non sono attrezzati per conquiste di vasta portata».
Francesco Bei
(da “La Stampa“)
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