SAIPEM, INDAGATO SCARONI PER LE TANGENTI IN ALGERIA
SI ALLARGA LO SCANDALO DELLE PRESUNTE MAZZETTE PER AGGIUDICARSI 11 MILIARDI DI COMMESSE… COINVOLTI IL NUMERO UNO DI ENI E ALTRI MANAGER… PERQUISITI UFFICI: L’IPOTESI DI REATO E’ CORRUZIONE
Una commessa di 11 miliardi di dollari e una maxi tangente da 197 milioni di euro.
Un canovaccio già visto che coinvolge la Saipem, la controllante Eni e il suo amministratore delegato, Paolo Scaroni.
Per aggiudicarsi i lavori del progetto Medgaz e del progetto Mle in joint venture con l’ente di stato algerino Sonatrach, le due società italiane avrebbero versato alla società di Hong Kong, Pearl Partners Limited dell’intermediario Farid Noureddine Bedjaoui quasi 200milioni di presunte mazzette da distribuire a faccendieri, esponenti del governo algerino e manager della stessa Sonatrach.
Per capire la vicenda, che ha investito i vertici di Saipem, portando alle dimissioni del vicepresidente e dell’amministratore delegato, Pietro Franco Tali, del direttore finanziario Alessandro Bernini e alla sospensione cautelare del direttore dell’area Engineering & Construction, Pietro Varone, il nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza è andato dritto al cuore dell’Eni, perquisendo gli uffici di Scaroni a Roma, a San Donato Milanese e la sua abitazione di Viale Majno a Milano.
Il numero uno dell’Eni, avrebbe partecipato almeno a un incontro con Bedjaoui, per far aggiudicare all’Eni e alle sue società le commesse miliardarie.
Ora Scaroni risulterebbe indagato e le due società , Eni e Saipem sarebbero coinvolte per via della legge 231 sulla responsabilità amministrativa nei confronti dei propri dipendenti.
Secondo le indagini dei sostituti procuratori Fabio De Pasquale, Giordano Baggio e Sergio Spadaro, i rapporti con la Pearl Partners per conto dell’Eni sarebbero stati tenuti dai manager Pietro Varone e Alessandro Bernini e dai documenti sequestrati sarebbero emersi dei legami economici tra Bedjaoui, rappresentante legale della società di Hong Kong con la ex moglie di Varone: si indaga su alcuni versamenti all’azienda agricola di Varone di cui lo stesso Bedjaoui risulta socio.
Avere Bedjaoui come amico, del resto, era fondamentale per operare in Algeria.
Il faccendiere è il nipote dell’ex ministro degli Esteri algerino ed è stato indicato da una gola profonda dell’inchiesta sia come il tramite per poter influire sul potente ministro dell’Energia, Chekib Khelil, sia come il dispensatore delle tangenti per ottenere i contratti miliardari.
«Nel corso del 2007 – dice la fonte ai magistrati – ho saputo da Varone che si sarebbe incontrato a Parigi con Chekib Khelil e “il suo contatto” (Bedjaoui n.d.r).
Poi ha cominciato a chiamare quest’ultimo “il giovane” e quindi aveva preso l’abitudine di dirmi che incontrava “il vecchio” e “il giovane”».
Gli incontri non sarebbero stati meno di cinque e a uno di questi avrebbe partecipato, sempre in un albergo di Parigi, l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, con il responsabile di Eni per il Nord Africa, Antonio Vella.
Il tema era una commessa per aumentare la redditività del giacimento di Menzel Ledjemet Est.
Walter Galbiati e Emilio Randacio
(da “La Repubblica”)
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