SALVINI INSISTE SULLE RIAPERTURE PER PARARSI IL CULO DALLA MELONI MA VIENE CAZZIATO DAL NORD PRODUTTIVO: “NON DISTURBARE”
GLI IMPRENDITORI E GLI INDUSTRIALI HANNO DRAGHI COME REFERENTE E NON AMANO SCENEGGIATE CHE CREANO INSTABILITA’… E’ NERVOSO PERCHE’ CONTINUA A PERDERE CONSENSI
Al Consiglio dei ministri di martedì farà chiedere “discontinuità ”: aperture mirate già a metà aprile, revisione settimanale dei colori, alt allo strapotere del Cts. E in caso contrario è pronto a marcare il dissenso come “minoranza di governo”.
Matteo Salvini ha il carniere (quasi) vuoto ed è sul piede di guerra: non ha ottenuto aperture dopo Pasqua a parte le scuole, nessun ritorno al giallo ancorchè rinforzato, nessuna garanzia sui tempi.
In cabina di regia la linea della Lega al Governo è finita in (nettissima) minoranza, e alle sue istanze “aperturiste” Draghi ha riservato un sorrisino e una risposta sferzante. Con Forza Italia morbida, gli equilibri del cdm non sono tali da riaprire i giochi.
In più, il mondo produttivo e imprenditoriale del Nord — pur considerando quello delle chiusure un problema serio — “segue” il premier considerandolo l’unico leader di statura europea in grado di gestire una politica economica e fiscale adeguata al post-pandemia.
Il leader leghista però ha un problema politico immediato e uno elettorale in prospettiva: se l’esecutivo si compatta in senso “rigorista”, l’elettorato che non apprezza le chiusure finirà per sovrapporre il dissenso all’unica opposizione in campo, quella di Giorgia Meloni.
Ecco perchè, se la minaccia di far disertare ai suoi ministri il Cdm — o di votare contro i provvedimenti o astenersi – appare caricata a salve, sottotraccia la trattativa continua. Il Capitano invoca “aperture mirate” dopo le feste soprattutto per bar e ristoranti. Nel suo mirino c’è soprattutto il Cts, che appena il governo apre uno spiraglio si precipita a richiuderlo.
La partita è in corso. Ecco perchè il giorno dopo il botta e risposta con il premier,
La linea è chiara: fare emergere il dissenso, marcare il “territorio” della ripresa graduale delle attività . Insomma, il conto politico non lo pagherà il “tecnico” Draghi bensì i partiti
A Draghi Salvini ha fatto arrivare la minaccia ufficiosa dell’Aventino. Giorgetti aveva il mandato di strappare qualche allentamento, ma pur essendosi “battuto come un leone” si è trovato di fronte — raccontano — “il muro dei numeri letti e decifrati da un economista”.
L’alternativa ventilata da via Bellerio è il voto contrario ai provvedimenti. Una minaccia mediatica, dato che le decisioni si prendono a maggioranza. Tuttavia, a Palazzo Chigi sono convinti che ci sia un buon margine di manovra per far rientrare la situazione. Intanto, sul piatto, subito dopo Pasqua, ci sarà la quantificazione dell’ulteriore scostamento di bilancio che interessa alla ministra delle Autonomie Regionali Gelmini ma su cui anche la Lega vuole voce in capitolo.
In secondo luogo, smarcarsi non sarebbe una scelta indolore neppure per gli autori: “Il Nord produttivo sta con Draghi — spiegano ambienti governativi — Imprenditori e industriali si rendono conto che il premier è un leader europeo senza alternative, soprattutto in una fase di debolezza di Merkel e Macron. Nessuno è contento delle serrate, ma bisogna guardare al medio periodo. La sfida sugli eurobond è stato un segnale”.
Nonostante le lentezze della campagna vaccinale, l’ex presidente della Bce confida di incassare il dividendo della scelta di ministri — Giorgetti, Garavaglia, e Stefani vicina al governatore Zaia — sensibili al quel tipo di istanze.
(da “Huffingtonpost”)
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