SALVINI ORA EVITA LA SARDEGNA DOVE LE PROMESSE AI PASTORI NON SONO STATE MANTENUTE: “TEME CHE LO BUTTIAMO A MARE”
PASTORI SUL PIEDE DI GUERRA: “SALVINI HA CAVALCATO L’ONDA, MA CE SI GIRA LA BUSSOLA…”
“Fino a Ferragosto vi aspetto lungo le coste della nostra splendida Italia, soprattutto nelle perle del nostro Sud”.
Il Governo è caduto, ma il Beach Tour è confermato: tre mari diversi, una dozzina di stabilimenti lungo le coste più belle dislocati in otto regioni del Centro Sud. Tranne una: nella sua tournèe di comizi balneari partita da Sabaudia, Matteo Salvini si è tenuto alla larga dalla Sardegna, anche se l’isola nulla ha da invidiare alle altre “perle” italiane, anzi.
E pensare che nel recente passato il ministro in campagna elettorale permanente e autoproclamata ha mostrato particolare empatia per il popolo sardo, seppur in sospetta prossimità degli appuntamenti elettorali come le Regionali.
Ma soprattutto, ha cavalcato la protesta dei pastori nel momento di massima tensione, a febbraio scorso, scesi in strada contro il crollo del prezzo del latte di pecora.
“Non mi alzerò dal tavolo fino a quando l’importo non sarà di un euro al litro”, promise durante la trattativa tra allevatori e trasformatori per aumentare il compenso dagli irrisori 60 centesimi. Poi il ministro si alzò, il costo del latte no: fu fissato a 74 centesimi con la promessa che a novembre avrebbe raggiunto la soglia di un euro, di pari passo con l’auspicato incremento del prezzo del pecorino romano, che gli industriali nei mesi precedenti avevano prodotto in eccedenza in barba alle quote assegnate, facendone crollare il prezzo e di riflesso affossando quello del latte.
Il Governo assunse diversi impegni con i pastori per convincerli a smetterla di sversare migliaia di litri di latte in strada: il pagamento immediato di 74 centesimi al litro, il ritiro delle forme di pecorino in eccedenza per far lievitare il prezzo verso gli otto euro al chilo e quello del latte a un euro al litro, e un nuovo regolamento del Consorzio di tutela del formaggio che rivoluzionasse il sistema, troppo sbilanciato a favore dei produttori.
A qualche mese di distanza, però, la situazione è rimasta praticamente ferma, e con la crisi di governo in atto le chance di un intervento da Roma di qui a pochi mesi sono ridotte a lumicino.
I pastori sono tornati sul piede di guerra. Perchè il prezzo del pecorino non si è avvicinato nemmeno lontanamente alla soglia minima per poter pagare il latte a un euro, il decreto interministeriale che stanzia 14 milioni per il ritiro delle eccedenze è stato appena approvato, e il bando che l’Agea dovrà predisporre richiede altro tempo. Ma, soprattutto, il nuovo piano triennale per la regolazione dell’offerta del pecorino romano appena approvato dal Consorzio è stato stroncato su tutta la linea sia dal movimento dei pastori sia dalle associazioni.
Da alcuni giorni perciò il tam tam tra gli allevatori è ricominciato: l’esperienza insegna che, col pecorino che non decolla, l’euro al litro è una chimera. Ma a farli arrabbiare di più è il nuovo piano del Consorzio perchè “ripropone la filosofia di sempre: le quote di produzione sono assegnate sulla base delle produzioni di Pecorino Romano delle annate precedenti, sforamenti compresi, con un incomprensibile sistema sanzionatorio che serve solo a far finta che tutto cambi per non cambiare niente lasciando spazio ai soliti speculatori”.
“Il piano è una brutta copia del precedente, con deroghe che alla fine consentono di aggirare le soglie assegnate a ciascuna impresa. A noi serve un piano per valorizzare il prodotto, non per svenderlo”, dice all’HuffPost Nunneddu Sanna, uno dei leader della protesta dei pastori.
“Attenti, perchè se ci gira la bussola torniamo in strada a sversare”. Quanto a Salvini, “ha cavalcato l’onda senza conoscere come funziona la filiera: infatti aveva promesso che il prezzo del latte sarebbe salito subito a un euro, ma poi ha capito che le cose sono più complesse di così”, continua Sanna.
Ma aggiunge: “Sia chiaro, noi non chiediamo subito un euro, vogliamo però una riforma del sistema che ci metta al riparo dalle crisi indotte periodicamente dai trasformatori, che poi ricadono su di noi”. Ovvero sull’ultimo anello della filiera, il più debole.
Sanna non sa perchè tra le tante perle del Sud Italia Salvini si sia tenuto alla larga solo da quelle sarde “Sta facendo il conquistatore della patria e quindi pensa forse che dopo le Regionali siamo stati conquistati. Oppure ha paura che lo buttiamo a mare. Se potessi dirgli qualcosa, gli direi questo: invece di circumnavigare l’Italia con queste stronzate, vieni qui e smantella questo sistema marcio”.
“Siamo molto perplessi dal nuovo piano del pecorino, ci sono troppe deroghe per cui non si riesce a contingentare la produzione nè a produrre di meno o a diversificare”, dice all’HuffPost Michele Arbau di Coldiretti Sardegna. “Le deroghe e il fatto che le quote assegnate prendono ancora a riferimento la produzione degli ultimi tre anni lasceranno immutato il sistema”.
Un sistema in cui gli industriali sono ancora i padroni della filiera. Per Sanna non poteva essere altrimenti dal momento che Salvatore Palitta, il presidente del Consorzio del pecorino, è anche proprietario di una delle maggiori aziende produttrici del formaggio: ”È in evidente conflitto di interessi”.
Per questo a fine luglio hanno chiesto al ministro dell’Agricoltura Centinaio di intervenire per evitare la firma del nuovo piano dell’offerta, “in quanto certificherebbe il fallimento dell’impegno da noi profuso in questi mesi di lotta”. In sintesi, gli allevatori chiedono un maggior potere contrattuale nei confronti degli industriali, attraverso un sistema di acquisto del latte “atto a divenire” Pecorino, costringendo così i trasformatori che vogliono aumentare la quantità di formaggio da produrre ad andare a cercare il latte creando competizione.
Anche Copagri Sardegna ha bocciato il nuovo piano, con le stesse motivazioni di pastori e Coldiretti: “L’inasprimento della contribuzione aggiuntiva, da sempre auspicata, viene mitigata da un non condivisibile sistema di deroghe. I suggerimenti delle organizzazioni agricole non sono stati presi in considerazione. L’euro per litro latte è una chimera. Il decreto sulle emergenze agricole, da noi riconosciuto come valido strumento, è lungi dall’essere attuato”. E con la crisi di governo, il decreto accumulerà un bel po’ di polvere
Il piano dovrà ora essere approvato dalle assemblee dei produttori. Il presidente di Coldiretti Battista Cualbu non è sorpreso dal fatto che la nuova regolamentazione ricalchi in pratica quella vecchia, visto che “su 37 produttori – tra industriali e coop – che aderiscono al Consorzio solo due hanno rispettato le quote”.
Coldiretti, aggiunge Cualbu, ha da tempo proposto l’introduzione di un Consorzio intermedio, guidato da un manager, con la facoltà di decidere quanto e quale formaggio produrre, fissare un prezzo minimo che non sia legato solo al pecorino (che impegna il 60% del latte prodotto, 170 su 300 milioni di litri), e stabilire delle sanzioni reali per chi non rispetta le regole.
Al momento le speranze che ci sia una riforma del sistema nel senso auspicato dagli allevatori sono poche. E il prezzo del latte, se quello del pecorino non sale, è destinato a stare ben al di sotto di quell’euro al litro promesso da Salvini ai pastori.
Ma il tempo del Governo è finito, e la pazienza dei pastori pure.
(da “Huffingtonpost”)
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