SALVINI SUL DDL RAVE AVEVA DETTO “INDIETRO NON SI TORNA”, INFATTI E’ STATO TUTTO RIFATTO
VIA ANCHE I “PERICOLI PER L’ORDINE PUBBLICO”
Via i riferimenti all’ordine pubblico, al codice antimafia e alle misure di prevenzione. Via pure il numero massimo di cinquanta partecipanti e la sanzione prevista per chi prendeva semplicemente parte al raduno. Resta in piedi “soltanto” la pena fino a 6 anni per gli organizzatori e i promotori, limitata per giunta ai soli raduni musicali.
Il decreto rave, il primo atto con cui il 31 ottobre il governo Meloni si era presentato per rivendicare con forza la stretta sull’illegalità (“L’Italia non è la Repubblica delle banane”, aveva detto la premier), ha perso pezzi. E ora il testo decapitato e riformulato dagli uffici del ministero della Giustizia guidato da Carlo Nordio, con un emendamento che ne riscrive i confini e pure il reato di riferimento, ha incassato a maggioranza il via libera in Commissione Giustizia al Senato.
Un passo indietro necessario, arrivato dopo più di un mese di dibattito con i dubbi sollevati non solo dai partiti dell’opposizione contro quello che il Pd aveva definito “un obbrobrio giuridico che va cancellato perché rimette in discussione la libertà dai cittadini”, ma anche all’interno della stessa maggioranza.
Da Forza Italia in particolare era arrivata una proposta di legge che eliminava del tutto il carcere sostituendolo con una maxi multa da 200 mila euro.
E costituzionalisti e giuristi avevano bocciato la norma criticando anzitutto la terminologia estremamente generica del provvedimento che rischiava di estendere la sua applicazione non soltanto ai rave, ma anche ad altri tipi di raduni, dalle manifestazioni di piazza agli scioperi dei lavoratori fino alle occupazioni studentesche.
Meloni aveva aperto a modifiche, Salvini ne aveva fatto una bandiera: “Indietro non si torna”. Ora invece il testo depotenziato prevede la reclusione da 3 a 6 anni e la multa da mille a 10mila euro per “chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica a causa della inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello Stato dei luoghi”. La norma prescrive inoltre la confisca “delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato” e “delle cose che ne sono il prodotto o il profitto”.
Cambia pure il reato di riferimento: non più il 434 del codice penale, ossia quello che punisce il “crollo di costruzioni o altri disastri dolosi”, ma il più blando articolo 633 che riguarda “l’invasione di terreni o edifici”.
Spariti invece tutti i riferimenti relativi a eventuali “pericoli per l’ordine pubblico”, al “numero di persone superiore a cinquanta”, per far scattare il raduno stesso da mettere sotto accusa e alla “pena diminuita per il solo fatto di partecipare all’invasione”: ora i semplici partecipanti non risponderanno più dell’illecito punito dal decreto rave. Così come ad essere soppressi sono i commi che facevano entrare il nuovo articolo nel codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.
(da agenzie)
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