“SELFIE NOTTURNI COL BAMBINO IN BRACCIO DI CHI CHIAMA NOI GIORNALISTI SCIACALLI”: LO SFOGO DEL CRONISTA
E SU FB INSULTI ALLE VITTIME: “VENTI TERRONI DECEDUTI, NON SONO TANTI MA SEMPRE MEGLIO DI NIENTE”…. QUESTA FECCIA VA PRELEVATA A CASA DALLE FORZE DELL’ORDINE E FATTA MARCIRE IN GALERA
“No, non siamo parenti, siamo solo venuti a vedere la scena per fare qualche foto da avere sul telefonino. Un fatto così quando ricapita più”. A scrivere è Antonio Loconte, un giornalista di Qi-Il Quotidiano italiano Bari, che sta facendo il suo lavoro di cronista dal luogo dell’incidente
Scrive sul suo gironale
La storia è sempre quella: i giornalisti sono sciacalli, ma non si può fare a meno della loro faccia tosta per portare alla luce storie e fatti altrimenti sepolti, in questo caso dalle lamiere accartocciate dei due convogli pieni di pendolari: studenti, pensionati, operai. Gente comune pronta a un’altra levataccia, mentre quelli con la pancia piena un treno come quello non sanno neppure com’è fatto.
Dopo dodici ore sul luogo del disastro, al palazzetto dello sport e all’ospedale di Andria, dove altra gente comune prestava soccorso ai feriti, vedendo morire i più gravi, intorno alle 23 ho assistito a una scena altrettanto difficile da dimenticare.
Il suo racconto continua. Mentre cercavano la macchina di un collega, ecco che vedono due autovetture. Sono parenti, amici di qualche disperso?
È a quel punto che inizia il dialogo di un tempo che non appartiene neppure a noi “sciacalli”. Siete parenti? mi dispiace profondamente per quanto è successo, spero riusciate ad avere presto buone notizie. L’approccio è quello di chi non aveva visto altro che morti e feriti, lacrime e disperazione.
L’uomo, con un sorriso beffardo, risponde come se stesse andando a vedere al cinema un film su un incidente ferroviario: “No, non siamo parenti, siamo solo venuti a vedere la scena per fare qualche foto da avere sul telefonino. Un fatto così quando ricapita più”. Avrei voluto dargli un pugno in faccia, invece, non ho avuto neppure la forza di rispondere. Mi sono consolato con l’immagine della mamma trovata abbracciata alla figlia nell’ultimo tentativo di strapparla alla morte. Non ce l’hanno fatta entrambe, insieme ad un’altra trentina di persone. Sarò anche uno sciacallo, ma dopo aver fatto il mio lavoro, dopo aver cercato di raccontare il disastro in maniera rispettosa e appassionata, le foto dal mio telefonino le ho cancellate
Ma su Facebook c’è c’è anche chi insulta le vittime: “Venti terroni deceduti, 35 feriti gravi. E’ questa la grande notizia che ho appena sentito Venti non sono tanti ma sono pur sempre meglio di niente”.
E’ il post choc apparso su Facebook sotto l’account di Giorgio Cutrera e contro il quale le volontarie del Ser di Corato, le prime a prestare soccorso sul luogo del disastro ferroviario, si scagliano furibonde mentre prendono parte ai soccorsi. “Non sono morti venti terroni, sono morti venti italiani come te. Vergognati. Sei tu che non meriti di essere vivo”, si indigna Enza, commentando il messaggio arrivato via web.
Ma come sempre in Italia, questa feccia bastarda non viene prelevata a casa e fatta marcire in galera.
(da “Huffingtonpost“)
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