SIRIA E RUSSIA RESPONSABILI DEI BOMBARDAMENTI SUGLI OSPEDALI: 750 MORTI IN 5 ANNI
LA DENUNCIA DELLE ONG: 373 ATTACCHI, IL 90% E’ OPERA LORO
Kafr Hamra, nord della provincia di Aleppo, 12 agosto. Le bombe sbriciolano un’ala dell’ospedale delle donne e dei bambini poco prima dell’alba, quando tutti dormono. Due morti, c’è anche un’infermiera.
La Syrian Civil Defense racconta di aver tirato fuori 10 persone dalle macerie. Al destino non è bastato che fossero già stati feriti, il bersaglio sono diventati loro: i pazienti degli ospedali.
Solo a luglio, 43 tra ospedali, strutture private e presidi da campo nelle aree controllate dai ribelli sono finite nel mirino dei raid. “L’ospedale è stato danneggiato da tre bombardamenti”, racconta al quotidiano The Indipendent Hussein, un medico che lavora in una struttura supportata da Medici senza Frontiere, ad Aleppo est.
E’ accaduto a luglio, il 3 e poi il 6 agosto: “Per ora è in funzione, ma può occuparsi solo dei casi più urgenti — spiega — ormai la gente ha paura di venire a curarsi, teme di diventare un bersaglio”.
Tra il 23 e il 31 luglio sei i casi nell’area di Aleppo.
La notte tra il 23 e il 24 nel quartiere di Al Shaar, nella parte orientale di Aleppo, quattro presidi medici e una banca del sangue finivano nel mirino dei raid: l’Ospedale dei Bambini Al Hakim, l’Al Daqaq Hospital, l’Al Zahra’ Hospital e l’Al Bayan hospital, oltre alla Central Blood Bank.
La metà delle strutture operanti nella zona. Cominciava così quella che la ong Phisician for Human Rights ha definito la peggiore settimana dall’inizio della guerra, nel 2011.
“Da giugno abbiamo registrato un aumento degli attacchi ai civili in città e alle strutture mediche che ancora resistono nella regione — affermava l’8 agosto Widney Brown, direttori dei programmi di Phr — distruggerle è un modo per garantire la morte di migliaia di persone bloccate nella zona est della città ”.
Quella ai medici è una guerra nella guerra, nella Siria martoriata da un conflitto che è diventato regionale.
Tra il marzo del 2011 e il maggio del 2016, Phisicians for Human Rights ha contato in tutto il Paese 373 attacchi a 265 strutture. Il picco nell’ottobre 2015, con 16 episodi. Prima dell’escalation di fine luglio, ad aprile si erano verificati 6 casi; a maggio il numero era salito a 8.
Uno stillicidio di cui, raccontano le organizzazioni, ciò che rimane del sistema sanitario porta i segni: secondo la Syrian American Medical Society, il 47% delle strutture pubbliche funziona solo parzialmente. Il 44% del totale, si legge nell’ultimo report dell’organizzazione, è chiuso.
Così come il 49% dei presidi che forniscono assistenza medica di base e ginecologica. Otto dei 23 centri gestiti in Siria dalla Unrwa, la United Nations Relief and Works Agency, sono fuori uso a causa di danni strutturali o impossibilità di garantire la sicurezza dei pazienti. Altri 7 lavorano a orario ridotto.
Altissimo il costo in termini di vite umane: in 5 anni sono stati 750 gli operatori sanitari uccisi, riferisce ancora la Phisicians for Human Rights, nel 1997 premio Nobel per la Pace insieme alle ong partecipanti alla Campagna internazionale per il bando delle mine antiuomo.
Otto le vittime solo lo scorso mese di aprile. La strage aveva inizio il giorno 8: l’Associated Press raccontava l’uccisione di Mohammed Khous, 70 anni, freddato da un cecchino mentre tornava a casa dopo il turno in sala operatoria dell’ospedale di Zabadani, a nord di Damasco. E si chiudeva il 29 con la lettera in cui il direttore dell’ospedale pediatrico di Aleppo dava notizia della morte di Muhammad Waseem Maaz, 36 anni, ucciso in un raid aereo contro l’ospedale di Al Quds. A maggio è andata anche peggio: i morti sono stati 12.
Secondo Phisicians for Human Rights, il 90% dei 373 attacchi registrati è “opera del governo siriano e del suo principale alleato, la Russia“.
Che avrebbero responsabilità dirette anche nell’uccisione di 698 operatori sanitari.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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