STATI GENERALI, GRANDE FREDDO NEL GOVERNO
PD SEMPRE PIU’ IRRITATO DAL PREMIER, M5S E LEU BOCCIANO COLLAO, PROGRAMMA ANCORA IN ALTO MARE
“Gli stati generali dell’economia sono contestati anche dai partiti di maggioranza” ha buon gioco a dire Mariastella Gelmini sul far della sera, proprio mentre Giuseppe Conte a Palazzo Chigi incontra i ministri.
E’ la novità delle ultime ore, un antipasto degli incontri che dovrebbero iniziare venerdì, per i più ottimisti, “una perdita di tempo, un contentino”, a sentire un colonnello del Pd.
Finchè la situazione era calda e in gioco c’erano provvedimenti da cui dipendeva la sopravvivenza degli italiani i partiti di maggioranza sono andati in buon ordine dietro il premier. Su un piatto freddo come gli incontri ideati dal presidente del Consiglio sono esplose tutte le tensioni covate sotto il tappeto negli ultimi tre mesi.
I Dem sono ancora scottati dai tempi e dai modi scelti da Conte.
Andrea Marcucci, capogruppo al Senato, la sintetizza così: “E positivo iniziare un confronto che deve essere rapido ed approfondito con gli Stati generali. Vorrei però ricordare a tutti che è il Parlamento il luogo dove si discutono ed approvano le leggi, soprattutto in una fase cosi’ delicata ed importante, non Villa Pamphili”.
C’è qualcosa che scricchiola intorno all’avvocato del popolo. Nicola Zingaretti continua a ripetere incessantemente che altri schemi non esistono, ma i distingo con il premier si sprecano, la freddezza con Dario Franceschini non si scioglie. “Facciamo questa cosa inutile – continua il colonnello del Nazareno – ma poi mettiamoci a lavorare sul serio. L’emergenza ci ha costretto a fare determinate cose, e anche su quelle Palazzo Chigi è arrivato in ritardo, se non ci diamo una mossa in autunno saremo travolti”.
Dal ministero dell’Economia continuano a dire che “noi non ne sappiamo nulla”, nonostante il Mef dovrebbe essere il pivot dell’evento, e nonostante Conte smentisca tensioni con Roberto Gualtieri. Così come, per ben due volte, la presidenza ha smentito la frase riportata da alcuni giornali “c’è un pezzo di stato che rema contro le riforme e contro il governo”, un tentativo infruttuoso di arginare i sospetti che albergano a Palazzo che un pezzo di deep state stia remando per un cambio al vertice del paese.
Oggi Conte ha incontrato i ministri Manfredi, Provenzano, Amendola e i capi delegazione Di Maio e Franceschini. Domani gli altri, forse anche delegazioni della maggioranza,mentre Vito Crimi ha dato il via una consultazione parallela con i suoi per un pacchetto di proposte da portare sul tavolo. Che non sono quelle di Vittorio Colao. Anzi, i 5 stelle hanno visto come fumo negli occhi il paper messo a punto dalla task force, che ha lasciato freddo anche il Pd. Leu, con Nicola Fratoianni, è stata categorica: “Quel piano va lasciato nel cassetto”.
Il Palazzo è ricolmo di veleni, e non si spengono le voci che la manina che lo abbia diffuso abbia sede proprio a Palazzo Chigi.
Se così fosse, è stato un boomerang. Perchè la contrarietà di tutti (fatto salvo per Italia viva) al metodo e al merito delle proposte sta mettendo in forte imbarazzo Conte.
Al punto che il documento Colao “sarà uno degli spunti di riflessione” da cui partire, e il manager sarà probabilmente presente agli stati generali, ma il piano non verrà presentato nella sua interezza.
Raccontano che l’intenzione del premier fosse quella di partire proprio da un duetto con l’ex ad di Vodafone. Ma che dopo aver visto le reazione dei partiti della sua maggioranza abbia deciso di archiviare con meno rumore possibile il lavoro della task force.
Chi si è occupato del dossier racconta di un cortocircuito: “La task force doveva essere l’equivalente del Comitato tecnico scientifico sul versante economico, dare idee di pronta applicazione per il post lockdown. Ma il decreto Rilancio è stato fatto prima, e per non dire che il lavoro è stato inutile lo si è riconvertito in un’analisi sul lungo periodo che però nessuno voleva perchè nessuno è disposto ad accettarla”.
Tradotto: già i partiti di governo litigano su ogni scelta, figuriamoci se ci mette bocca pure un soggetto terzo. “Mi sembra che sia in atto un vero e proprio tiro al bersaglio” commenta Anna Maria Bernini, mentre Matteo Salvini ha offerto un suo personalissimo bacio della morte al piano manifestando il suo gradimento.
I giochi in atto sugli stati generali hanno lo sguardo lungo di una maggioranza che fatica a trovare una quadra nel dopo emergenza e che teme per la sua stessa sopravvivenza, con i 5 stelle che con il passare delle ore diffidano sempre più del Pd, con il Pd che ritiene sempre più inaffidabili i 5 stelle e con tutti che sospettano di Matteo Renzi.
“Ma come possiamo andare avanti con questi se non riusciamo nemmeno a decidere insieme chi far governare ad Ancona?” si chiedono al Nazareno guardando le possibili intese per le regionali sgretolarsi una dopo l’altra e rimanendo aggrappati allo spiraglio ligure.
In questo quadro degli stati generali si ha ancora solo una vaga cornice. Venerdì sono attese le opposizioni, che Conte vorrebbe vedere separatamente anche vista la linea non ostile di Forza Italia, condizione difficilmente accettabile per il duo Salvini-Meloni, sabato la giornata europea con i possibili interventi di von der Leyen, Sassoli e Michel, lunedì le parti sociali.
Un quadro di massima nel quale ancora non si ha contezza delle “menti eccellenti” annunciate da Conte il 3 giugno (“Andrò volentieri nel caso, ma ancora non mi ha chiamato nessuno”, dice uno dei papabili”), nè dettagli sull’eventuale prosecuzione di un evento che Palazzo Chigi continua a dire articolarsi in sei o sette giorni.
Ma soprattutto la grande incognita rimane il piano di base, il documento e le idee che il governo porterà agli incontri, la piattaforma da cui partire per lanciare un confronto. La discussione di lunedì con i capi delegazione ha lasciato tutti insoddisfatti. A sera uno dei ministri confessa sconsolato: “Non sappiamo nemmeno chi va del governo, io non ho ricevuto nessun invito o sollecitazione. Non partiamo benissimo”.
(da “Huffingotonpost”)
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