SU QUARTO GRILLO PERDE IL MITO DELLA PUREZZA: REAZIONE DA VECCHIA POLITICA
DI BATTISTA E GRILLO COME GHEDINI: INVECE CHE AMMETTERE LE COLPE GRIDANO ALLA MACCHINA DEL FANGO
La reazione (dei Cinque stelle) colpisce quasi più del fatto, ovvero l’inchiesta sul sostegno elettorale dei clan ai Cinque stelle nel comune di Quarto.
Colpisce la reazione di Alessandro Di Battista, di solito esuberante e fantasioso, che invece, in questo caso, come faceva l’avvocato Ghedini o la Santanchè o un qualunque azzeccarbugli chiamato a difendere qualche malefatta di Berlusconi, si scaglia contro la “macchina del fango”.
E colpisce soprattutto Grillo, che pare aver perso la verve di un tempo forse perchè più concentrato sul fatturato del suo prossimo spettacolo – ha pure tolto il nome dal simbolo del movimento per spenderlo solo a fini commerciali – che sugli scandali politici che riguardano il suo movimento.
Nel suo tardivo post su Quarto Grillo evita di rispondere a tutte le domande sollevate in questi giorni dalla stampa. Nel farsi domande e risposte da solo ricorda che l’ex consigliere De Robbio – il “mediatore” coi clan secondo gli inquirenti – è stato espulso e, soprattutto, dice che il “sindaco non è indagato”.
Dunque, in un’autointervista che diventa autoassoluzione, conclude: “La camorra non condiziona il M5S di Quarto”. Discorso chiuso, insomma. Reazione che, anche in questo caso, colpisce più del fatto. Perchè Grillo reagisce – nè più nè meno – come tutti quelli di cui chiedeva le dimissioni, trincerandosi dietro il “non è indagato”. Neanche la Boschi è indagata e si è autoassolta in Aula evitando di rispondere alle domande su questioni che tutt’ora andrebbero chiarite.
Domando: si può dire che un caso è chiuso solo perchè uno non è indagato oppure è segno di una disarmante subalternità politica e culturale e di una grande debolezza della politica?
Perchè la responsabilità politica viene prima di quella giudiziaria, come ben sa chi – proprio in relazione alla Campania – ha detto (e il sottoscritto è tra quelli) che le liste di De Luca erano zeppe di impresentabili e non serviva aspettare la magistratura per dire che chi le aveva riempite aveva una responsabilità politica enorme.
A Quarto, il Movimento Cinque stelle ha una responsabilità politica enorme. Ed è legata a tre questioni su cui i vertici locali e nazionali non rispondono, esattamente come fece la Boschi su Banca Etruria, e in perfetta sintonia con lo spirito di questi tempi per cui o ci si arrocca rifiutando di rispondere o si urla “dimettiti, dimettiti” ma si evita la prassi democratica di spiegare, chiarire, confrontarsi.
E le tre questioni riguardano l’operato della giunta prima che l’inchiesta esplodesse e prima che il presunto mediatore coi clan venisse espulso: su piano urbanistico, rete idrica e stadio si è verificato un evidente cedimento sul terreno della legalità , a partire dal fatto che il sindaco se ne fotte dei pronunciamenti dell’Antimafia sugli abusi edilizi, forse perchè vive lei stessa in una casa abusiva e dove al piano terra c’è la tipografia del marito che lavora per il Comune da lei amministrato.
Dunque è su questo che andrebbe detto qualcosa ora che un’inchiesta metterebbe in luce che, a monte, ci sono pacchetti di voti che i clan hanno dato ai Cinque stelle, in una delle zone più infiltrate del Mezzogiorno.
Ora di fronte questo quadro inquietante ti saresti aspettato, da parte di chi ha sempre sbandierato la sua orgogliosa diversità rispetto al sistema dei partiti, una reazione, appunto, diversa e nuova (rispetto a quella dei partiti).
Per la serie: è vero, abbiamo commesso degli errori, siamo i primi ad ammetterlo e, proprio perchè siamo diversi, vogliamo porvi rimedio, magari andando subito a votare. Invece no: difesa a spada tratta dell’indifendibile e sindrome dell’assedio. Una roba vecchia, vista a ogni scandalo, che indica qualcosa di più profondo.
E cioè che Quarto è, per i Cinque stelle, il disvelamento della verità , il momento in cui si squarcia il velo di Maya: la scoperta di essere uguali agli altri, la fine dell’illusione della diversità .
A Pomezia è intervenuta l’anticorruzione di Cantone, a Quarto c’è un’inchiesta sul voto di scambio. È la politica: quando i partiti hanno milioni di voti, aumentano i rischi. Anzi, più vinci più aumentano.
Il problema sono gli anticorpi. E, nel caso dei Cinque stelle, il caso Quarto vuole dire anche un’altra cosa: l’inadeguatezza del web come strumento di selezione delle classi dirigenti, di filtro e anche come strumento di discussione democratica.
Funzioni queste che avevano i partiti di una volta, quando funzionavano, più che quelli di oggi.
Quando Roberto Saviano mi concesse l’intervista in cui accusava (giustamente) De Luca di avere Gomorra nelle liste, in un passaggio che mi colpì molto disse: “L’elettore meridionale medio non ne vuole sapere di un politico nuovo che magari ha progetti e idee. Vuole il vecchio che gli garantisca il posto di lavoro, il posto alla nonna all’ospedale, la mensa, l’asilo, quello che ti dà di volta in volta il favore, in cambio del voto. Quindi l’elettorato non si fida del nuovo e preferisce il vecchio che vede come garanzia”.
A Quarto ha vinto il vecchio, dove il vecchio è il presunto voto dei clan ai Cinque stelle e il cedimento sul terreno della legalità del sindaco Rosa Capuozzo.
Nel sud accade spesso. La reazione (dei Cinque stelle) però colpisce più del fatto. Anche in questo caso vince il vecchio.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply