TRA GLI AFGHANI AD AVEZZANO ANCHE INGEGNERI E PROFESSORI: NON BASTA ACCOGLIERLI
LA TESTIMONIANZA DELLA CROCE ROSSA ITALIANA AL LAVORO NELL’HUB DEI RIFUGIATI… LA MAMMA CHE AVEVA PERSO IL BAMBINO, I FRATELLI RITROVATI, LE CALCIATRICI SALVATE
“Nel nostro campo sono arrivati docenti universitari, giornalisti, ingegneri, professionisti di vario genere: al momento sono spaesati, non sanno bene cosa li attende. Il percorso sarà lungo e non privo di difficoltà, ma il popolo afghano è composto da persone forti e fiere di se stesse, la cui riconoscenza mi ha commosso”. L’hub di Avezzano è una miniera di storie, che racconta all’HuffPost Ignazio Schintu, direttore operazioni, emergenze e soccorsi della Croce Rossa Italiana che coordina il campo allestito nella città abruzzese per fornire riparo a oltre 1.300 profughi fuggiti dall’inferno di Kabul. Dopo l’accoglienza, i rifugiati dovranno ricostruirsi una vita lontano da casa.
ra loro c’è anche una giovane donna fuggita dalla sua casa di Kabul, assediata dai talebani. Tra le esplosioni e la paura, non aveva potuto perdere tempo: ad attenderla in aeroporto c’era uno degli aerei cargo dell’Aeronautica militare del ponte tra Kabul e Kuwait City, duemila chilometri a ovest, nella penisola arabica.
Dalla capitale del Kuwait la giovane, come migliaia di altri afghani, stava per essere trasferita in aereo in Italia alla ricerca di un destino diverso. Ma lei sapeva di non poter andare via così, senza una parte di sé: nella corsa disperata era stata separata dal suo bambino di pochi mesi.
Poi già in aeroporto, con gli occhi pieni di lacrime tra la folla, il miracolo: qualcuno si stava avvicinando, stringendo tra le braccia un fagottino. Era lui, suo figlio. L’abbraccio più bello e la partenza, finalmente. Mamma e figlio in salvo. Ma all’arrivo in Italia lei era ancora spaventata, senza più fiducia nel prossimo.
“Mentre scendeva dal pullman che l’aveva portata ad Avezzano ha avuto una crisi. Nei suoi occhi abbiamo visto la paura per se stessa e per il suo piccolo. Ci ha parlato delle cose tristi che aveva vissuto a Kabul, ci ha detto che non poteva più fidarsi di nessuno. È difficile raccontare il dolore di chi è dovuto fuggire tra le autobombe pronte ad esplodere”, racconta Schintu.
“Ho cercato di calmarla, abbiamo parlato a lungo. Ci siamo guardati negli occhi e siamo detti che eravamo sotto lo stesso Cielo. Le ho promesso che l’avremo aiutata ma non è stato semplice convincerla. Alla fine, quando è andata via dopo 48 ore di prima accoglienza, è venuta a cercarmi, mi ha abbracciato dicendomi ‘solo grazie a voi ho ritrovato la speranza’. È entrata tremante, è uscita con un sorriso e con la consapevolezza che da quel momento nessuno l’avrebbe più divisa dal suo bambino”.
Avezzano è diventato luogo di ritrovata speranza, ma anche di ricongiungimenti. Un fratello e una sorella che, essendo stati sistemati in due campi base diversi, non sapevano di essere nello stesso hub di prima accoglienza si sono ritrovati grazie al servizio della Croce Rossa Italiana finalizzato al ricongiungimento familiare.
“Grazie al nostro servizio che abbiamo assicurato in due info point – ha spiegato all’Ansa il presidente della Cri regionale abruzzese Gabriele Perfetti -, i due si sono ritrovati. Ora stiamo cercando di farli partire insieme e per la stessa destinazione, infatti erano stati programmate situazioni diverse non sapendo che fossero fratelli. Anche questa è stata una storia che ci ha fatto vivere emozioni molto positive”.
“Stiamo accogliendo anche molti sportivi. Ci sono anche calciatrici e cicliste: donne che fossero rimaste in Afghanistan sarebbero probabilmente andate incontro alla morte. E poi ci sono genitori che ci ringraziano per il futuro che abbiamo restituito a loro ma soprattutto ai loro bambini”, racconta il direttore emergenze Ignazio Schintu.
″Ad Avezzano è stato fatto un piccolo miracolo nel giro di poche ore. L’apertura della struttura alla popolazione in fuga dall’Afghanistan rappresenta una delle nostre operazioni più grandi e complesse da sempre. Ma non ci si può fermare qui e, dopo l’accoglienza, deve iniziare l’inclusione. Queste persone non devono essere abbandonate: l’incognita è il futuro, non il presente”, ha dichiarato Francesco Rocca, Presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (IFRC), parlando all’HuffPost nel corso della sua visita del 31 agosto all’hub della città abruzzese.
Il presidente CRI prosegue: “Non basta offrire cibo e vestiti: va intrapreso un percorso di inserimento nel nostro tessuto sociale, a partire dalla scuola per i più piccoli. Da parte del nostro Paese vedo grande generosità ed attenzione, c’è un dialogo aperto con il governo e noi siamo pronti a fare la nostra parte”.
In questi giorni ha fatto il giro del mondo la vicenda di Sayed Saadat, ex ministro delle Comunicazioni del governo afghano che, fuggito nel 2018 dal suo Paese perché nauseato dalla corruzione, adesso vive in Germania e svolge la professione di rider.
Di fronte a questa storia qualcuno ha voluto porre l’accento sulle difficoltà che i rifugiati possono incontrare inserendosi nel mondo del lavoro dei Paesi di accoglienza. Interpellato sull’argomento, il presidente Rocca ha affermato: “La risposta più bella l’ha data l’ex ministro, sottolineando la dignità del lavoro che svolge. Dall’altro lato, la vicenda sottolinea ovviamente la fragilità dei nostri sistemi di inclusione. È necessario verificare le competenze delle persone, a partire dalla parificazione dei titoli di studio. Per riuscire nell’intento bisognerà coinvolgere diversi attori istituzionali”.
Stando ai dati diffusi il 2 settembre, sono 400 i profughi afghani che ancora sono ospitati nell’hub di prima accoglienza e smistamento dell’interporto di Avezzano gestito dalla Croce Rossa e dalla Protezione civile regionale che nei giorni scorsi ha visto la presenza di circa 1.300-1.400 persone.
Secondo fonti di Cri e Pc, tra oggi e domani, dovrebbe essere completata l’operazione di ricollocazione prima in albergo poi in strutture ad hoc e dovrebbero cominciare le operazioni di dismissione del campo base.
(da agenzie)
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