LA GIORNALISTA AFGHANA CHE E’ RIUSCITA A FUGGIRE IN QATAR: “PER I TALEBANI LE DONNE NON SONO PERSONE”
“I TALEBANI NON ACCETTANO LE DONNE COME ESSERI UMANI”
E’ l’esempio più lampante del trattamento a cui le donne afghane sono sottoposte dall’arrivo dei talebani.
Era stata la prima giornalista ad intervistare un alto esponente talebano, oggi Beheshta Arghand, appartenente al network afghano ToloNews, è stata costretta a lasciare l’Afghanistan.
La Anchorwoman ha trovato riparo in Qatar e al Guardian racconta: “I talebani non accettano le donne come esseri umani, hanno iniziato a prenderci di mira subito dopo la conquista”.
Grazie al lavoro di Beheshta Arghand il primo notiziario 24/7 del Paese aveva riportato una donna alla conduzione.
Due giorni dopo l’intervista al leader talebano, la giornalista Arghand aveva realizzato un altro scoop intervistando Malala Yousafzai, l’attivista pakistana e premio Nobel sopravvissuta nel 2012 ad un tentato omicidio da parte dei talebani pakistani.
Il lavoro di Arghand è però stato sospeso: ha deciso di lasciare l’Afghanistan citando i pericoli che stanno affrontando i giornalisti e l’intera popolazione.
In un messaggio inviato alla Cnn via WhatsApp, infatti, la giornalista ha ammesso: “Ho lasciato il Paese perché, come milioni di persone, temo i talebani”.
Da parte sua, il proprietario di ToloNews, Saad Mohseni, ha commentato che il caso di Arghand è emblematico della situazione in Afghanistan: “Quasi tutti i nostri noti reporter e giornalisti se ne sono andati”, ha detto Mohseni all’emittente Usa. “Stiamo lavorando come matti per sostituirli con nuove persone”, ha aggiunto.
Un rapporto di Reporters Sans Frontières (Rsf), citato dal Guardian, rivela che meno di 100 delle 700 giornaliste di Kabul stanno ancora lavorando e un piccolo gruppo continua a lavorare da casa in altre due province afghane.
Secondo lo stesso report, altre croniste sono state attaccate e molestate.
Da quando i talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan, il 15 agosto, un sondaggio di Rsf e della sua organizzazione partner, il Centro per la protezione delle giornaliste afghane (Cpawj), ha rilevato che la maggior parte del personale femminile nelle organizzazioni dei media, comprese le giornaliste, ha smesso di lavorare.
I 108 gruppi editoriali di Kabul hanno impiegato 4.940 dipendenti nel 2020, tra cui 1.080 donne, 700 delle quali giornaliste. Rsf riferisce che delle 510 donne che lavoravano per otto delle più grandi aziende private, solo 76, di cui 39 giornaliste, sono ancora al lavoro. La situazione è simile nelle province, dove quasi tutti i media di proprietà privata hanno smesso di operare con l’avanzata dei talebani.
“Una manciata di queste giornaliste riesce ancora più o meno a lavorare da casa, ma non c’è paragone con il 2020, quando un sondaggio di Rsf e Cpawj ha stabilito che più di 1.700 donne lavoravano per i media in tre province (Kabul, Herat e Balkh) nell’est, nell’ovest e nel nord del Paese”.
“Il rispetto dei talebani per il diritto fondamentale delle donne, comprese le giornaliste, di lavorare e esercitare la loro professione è una questione chiave”, ha affermato il segretario generale di Rsf, Christophe Deloire.
(da Globalist)
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