TREMONTI AL VERTICE DEL G20, BERLUSCONI A QUELLO CON LA BEGAN
IL PREMIER VUOLE CACCIARE IL MINISTRO DELL’ECONOMIA, MA NON PUO’ METTERE IL NASO FUORI DALL’ITALIA…RICEVE PERO’ LA “CONSIGLIERA” BEGAN A PALAZZO GRAZIOLI E MANDA AVANTI SCILIPOTI A CHIEDERE LE DIMISSIONI DI TREMONTI
Lezioni di etica a Giulio Tremonti. A cominciare da Domenico Scilipoti, il leader dei Responsabili salva-premier.
Ormai non è più tempo di tappeti rossi per il superministro dell’Economia.
Nel corpaccione del Pdl la ferita causata dall’assenza del ministro al voto su Milanese sanguina sempre di più.
E così ieri Scilipoti è arrivato a chiedere le dimissioni dell’ex Divo Giulio della Seconda Repubblica: “Sarebbe opportuno che il ministro pensasse a dimettersi e lasciasse il posto a persone che potrebbero avere maggiore sensibilità nel gestire meglio il dicastero dell’Economia. Così vuole l’etica politica. Non ci possiamo permettere ancora il lusso di lasciare al loro destino milioni di famiglie e imprese per tutelare gli interessi di pochi”.
L’ultimatum dell’icona dei Responsabili non è da sottovalutare.
Nel voto di giovedì scorso per l’arresto dell’ex consigliere tremontiano, lo scarto a favore della maggioranza è stato esiguo: appena sei voti.
Scilipoti ne dispone di tre: che cosa succederebbe se i mal di pancia dei salva-premier?
In ogni caso, dal suo provvisorio rifugio di Washington per la riunione del Fmi, Tremonti ha fatto recapitare al Cavaliere un messaggio chiaro: “Io non me ne vado, alle dimissioni non ci penso proprio. L’ho fatto già una volta, nel 2004, e non ripeterò mai più l’errore”.
Il processo intentato da Berlusconi in persona è come se fosse finito in un vicolo cieco, senza sbocchi.
Due bunker a distanza che si fronteggiano in una guerra di posizione.
Ma questo non scoraggia affatto i falchi che stanno conducendo lo scontro. L’obiettivo a breve gittata è accerchiare e isolare il ministro resistente. E logorarlo , facendogli saltare i nervi.
Ammette una fonte autorevole della prima cerchia berlusconiana: “Giulio è fragile psicologicamente, alla fine potrebbe anche cedere e andarsene”.
La prima provocazione sarà una cabina di regia per blindarlo.
Su Berlusconi, che ieri a Palazzo Grazioli ha incontrato nell’ordine Sabina Began, Angelino Alfano e Bruno Vespa, le pressioni per ingabbiare e de-potenziare in questo senso Tremonti sono fortissime.
Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, l’ha già detto pubblicamente: un gabinetto collegiale per gestire la fase sviluppista della crisi, presieduto dal premier e composto da altri ministri e tecnici esterni di grido.
Si parla anche di spacchettamento dell’Economia con apposita legge, lasciando solo i conti a Tremonti e affiancarlo con nomi come Lamberto Dini e Antonio Martino.
Il piano è questo e a quel punto Tremonti non potrà opporre la più classica delle sue minacce in questi anni: “O si fa come dico io oppure mi dimetto”. Quindi, convivenza feroce da separati in casa.
Nel Pdl, ieri, solo Alemanno e la Mussolini l’hanno difeso sull’assenza “immorale” di giovedì.
Il secondo step della guerra di logoramento riguarda le voci e le allusioni sul suo rapporto con Milanese, e in cui potrebbe inserirsi il Giornale di famiglia con il consueto trattamento Boffo (circostanza che Tremonti teme già da mesi, come dichiarò a dicembre ai magistrati napoletani dell’inchiesta P4).
Ed è stato lo stesso Milanese a spedire il primo pizzino in un’intervista a Klaus Davi.
La dichiarazione che ha provocato stupore in alcuni ambienti di Palazzo, dove si sottolinea anche “il passaggio di Milanese coi suoi segreti nel clan vincente della P4, quello di Letta e Bisignani”, è questa: “Certe dicerie sul rapporto tra me e Tremonti non mi hanno ferito assolutamente. Anche perchè non ci sarebbe nulla di male, se non fossero cose inventate di sana pianta. Se fosse vero, non avrei timore a dirlo. Ribadisco, anche se fosse vero, non avrei timore a dirlo”.
Ripetuto due volte: “Se fosse vero, non avrei timore a dirlo”.
Strano.
Su questo versante, si inseriscono le dichiarazioni della sorella di Tremonti, Angiola.
Ancora più esplicite, nel giorno in cui compare online una lista di dieci politici di centrodestra che sarebbero gay.
Angiola Tremonti definisce il fratello come Ponzio Pilato, gli suggerisce le dimissioni e osserva, stavolta al programma di Radio2 Un giorno da pecora di Sabelli Fioretti e Lauro: “Non dobbiamo dimenticarci che tra due individui, come Milanese e Giulio, nel corso degli anni si instaura un rapporto di profonda amicizia e fiducia. E quando sorge il dubbio che questa fiducia venga a mancare, si soffre molto, come nelle storie d’amore. Chi ha sofferto di più questa rottura tra Milanese e Tremonti? Non lo so, credo però che da parte di chi ha sensibilità ci possa essere anche del dolore”.
Questo stillicidio di allusioni come continuerà ?
A parte la difesa di Alemanno e forse di metà Lega (Bossi e Calderoli), la solitudine di Tremonti è davvero tanta.
Nel Pdl, con il passare delle ore, gli attacchi contro di lui non fanno più notizia. Semmai il contrario.
Nulla è più come un tempo. Nemmeno con l’opposizione.
Le frequentazioni bipartisan del ministro sono un ricordo antico.
Nel Pd, l’ordine di Bersani è di “attaccare, attaccare, attaccare Tremonti”.
Una direttiva che stride un po’ con lo spirito di “coesione nazionale” invocato ancora una volta dal capo dello Stato.
Da divo a bersaglio, dall’altare alla polvere nel giro di un’estate.
Al punto che pure Mario Monti, l’ex eurocommissario indicato in maniera stabile come premier o ministro tecnico all’Economia, dice con amarezza: “È stato molto sgradevole vedere come sono state voltate le spalle al ministro Tremonti dopo che ci si è messi in fila per omaggiarlo e riverirlo”.
Chissà se il riferimento è anche ai quotidiani della grande borghesia con cui lo stesso Monti collabora.
Chissà .
Fabrizio d’Esposito
(“Il Fatto Quotidiano”)
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