TUNISIA A SALVINI: GLI ACCORDI SI RISPETTANO, SUI RIMPATRI COME SUGLI AIUTI
IL GOVERNO DELLA TUNISIA: “NON ACCETTIAMO FORZATURE UNILATERALI E DI FARE DEL PROBLEMA MIGRANTI SOLO UNA QUESTIONE DI SICUREZZA, I DIRITTI UMANI VANNO RISPETTATI”
Intendono rispettare gli accordi assunti bilateralmente. Ma si rifiutano “categoricamente” di avallare forzature unilaterali e, soprattutto, di fare della “questione migranti” solo un problema securitario.
Nè accettano di diventare una sorta di “Libia bis” quanto al rigetto dei più elementari diritti umani nei confronti di migranti e rifugiati.
La Tunisia risponde ‘”no” alla proposta del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, di rimpatriare i migranti sbarcati a Lampedusa con voli charter straordinari.
“Andranno via subito”, aveva assicurato Salvini parlando del caso. E l’ipotesi allo studio del Viminale era proprio quella di rimpatriare immediatamente i tunisini con i voli charter, basandosi su accordi già esistenti con Tunisi.
Ieri il ministro dell’Interno aveva anche avuto con un colloquio con il suo collega tunisino a Vienna, dove si è tenuta la Conferenza sulle migrazioni. Ma evidentemente non ha dato i risultati sperati per Salvini.
Si dovrà ora seguire la procedura ordinaria: il trasferimento sarà quindi rallentato e sarà possibile rimpatriare non più di 80 migranti a settimana con due voli. Uno previsto per il lunedì e l’altro per il giovedì.
L’accordo con la Tunisia prevede procedure semplificate – e dunque il rimpatrio con i voli charter – esclusivamente per quei tunisini che sbarcano sulle coste siciliane: i migranti vengono intervistati dal console di Tunisi a Palermo o da suoi rappresentanti e, una volta verificata la loro identità , vengono rimpatriati.
Sui charter possono essere imbarcati non più di 40 migranti, perchè ognuno deve essere scortato da due agenti di Polizia.
Per tutti gli altri tunisini intercettati sul territorio italiano valgono invece le procedure ordinarie: i migranti vengono trasferiti nei Cie in attesa dell’identificazione da parte della autorità di Tunisi.
“Evidentemente il ministro Salvini ha una visione parziale e non certo benevola della Tunisia, viste anche le sue precedenti scivolate…”, dice ad HuffPost una fonte vicina agli ambienti governativi di Tunisi.
La scivolata a cui la fonte fa riferimento, e che portò ad un passo dalla crisi diplomatica, data 3 giugno 2018: “La Tunisia è un Paese libero e democratico che non sta esportando gentiluomini ma spesso e volentieri esporta galeotti”, aveva detto il neo ministro in una delle sue prime uscite a Pozzallo.
Il messaggio che da Tunisi è partito per l’Italia, destinazione Palazzo Chigi, Farnesina e Viminale, può essere sintetizzato così: non chiediamo motovedette ma un progetto a tutto campo che incida sulle cause strutturali, crisi economica in primis, che portano giovani tunisini senza futuro ad essere attratti dai salari offerti dai trafficanti di esseri umani che spesso agiscono in combutta con i miliziani dello Stato islamico.
“Sia chiaro — aggiunge la fonte — non stiamo ‘ricattando’ l’Italia, che era e resta un partner fondamentale per noi, del quale apprezziamo l’impegno di imprenditori pubblici e privati e di un diplomatico sensibile e di grande spessore qual è l’ambasciatore Fanara, ciò che è nostra intenzione è di rafforzare questa cooperazione, nell’interesse reciproco e per la sicurezza nel Mediterraneo”.
La volontà della Tunisia è quella di non modificare gli accordi prima di una vera e propria trattativa formale sul rinnovo dell’intesa, anche per poter negoziare con il governo italiano alcune nuove istanze che verranno presentate durante i colloqui ufficiali.
Discutere a tutto campo, spiegano a Tunisi, significa anche rendersi conto, da parte italiana ed europea, che la Tunisia, come peraltro la Libia, da Paese di transito si sta trasformando anche in Paese d’origine per ciò che concerne il fenomeno migratorio. Sono i migranti tunisini a imbarcarsi dai porti di Sfax e Kerkenna, raramente gli stranieri (secondo il Forum tunisino dei diritti economici e sociali, tra il 2011 e il 2016 il 74,6% delle persone che hanno lasciato il Parse sono cittadini tunisini).
Sebbene negli ultimi mesi il flusso di migranti sub sahariani lungo il confine tunisino-libico sia cresciuto (migranti che vengono in Tunisia per trovare lavoro e raccogliere i soldi per pagare i passeur), ad oggi i protagonisti della rotta restano i giovani tunisini che, stretti nella morsa di una economia impoverita e di un clima politico asfissiante, fuggono a bordo dei social media prima ancora che delle imbarcazioni di fortuna”.
(da “Huffingtonpost”)
Sicurezza è sviluppo, investimenti che diano speranza, cioè lavoro, a popoli giovani. Vanno in questa direzione i finanziamenti per 5,5 miliardi di euro che saranno assegnati alla Tunisia da otto fondi internazionali. Le istituzioni coinvolte nell’iniziativa sono l’Agenzia francese per lo sviluppo, la Banca africana per lo sviluppo, la Banca europea per gli investimenti, la Banca Mondiale, il Fondo monetario internazionale, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, la Banca tedesca per lo sviluppo, la Società finanziaria internazionale. I fondi, ha spiegato il commissario europeo per la Politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento Johannes Hahn, serviranno a sostenere il Paese nel corso del processo di costruzione democratica, e risponde, in termini concreti e vincolanti, all’appello del presidente tunisino Beji Caid Essebsi ai partner della Tunisia affinchè appoggiassero la giovane democrazia tunisina in un passaggio di estrema delicatezza. “L’Italia ha giustamente portato a Bruxelles la necessità di destinare una parte significativa dell’Africa Fund Ue a sostegno dei Paesi della Sponda Sud del Mediterraneo, questa è una battaglia che potremmo condurre assieme”, afferma la fonte diplomatica.
Massoud Romdhani presidente del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes), una Ong che aiuta i migranti dice ad HuffPost che “la pressione migratoria in Tunisia è “decuplicata” rispetto al 2017 rivelando che nel primo trimestre del 2018 i migranti tunisini sono stati oltre 3mila mentre l’anno scorso in oltre 15 mila hanno tentato di raggiungere l’Italia. Arrivano nelle aree di Porto Empedocle, Sciacca, Licata, nell’Agrigentino, su barconi di legno di 10-12 metri, che spesso vengono anche abbandonati. In alcuni casi gli occupanti delle imbarcazioni riescono a scendere e far perdere le loro tracce, in altri gli uomini della Guardia di Finanza o della Capitaneria di porto li hanno individuati. Più a ovest, verso Trapani o Mazara, gli immigrati sbarcano, invece, da gommoni che portano dalle 20 alle 40 persone alla volta. In alcuni casi, assieme agli esseri umani, sono stati recuperati anche carichi di sigarette o stupefacenti. A fuggire sono giovani senza futuro, che non rientrano nella categoria “galeotti”. Sono diversi i numeri che indicano la fragilità economica della Tunisia, costringendo la popolazione a condizioni di vita non più sostenibili.
(da “Huffingtonpost”)
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