VERDINI, IL GIARDINIERE DI RENZI: RASTRELLA SENATORI PER DIVENTARE LA SECONDA GAMBA DELLA MAGGIORANZA
“FAREMO FUORI I COMUNISTI”…E PENSA AI SUOI PROCESSI
Scena dal “giardino”. Ignazio Abrignani, già fedelissimo di Claudio Scajola e ora grande reclutatore dei responsabili di Verdini, attraversa l’Aula di Montecitorio col petto in fuori in direzione di Giachetti: “Roberto, hai scritto un pezzo magistrale, Grazie”.
Il riferimento è al blog di Giachetti sull’HuffPost, manifesto ideologico del renzismo che accoglie l’ex plenipotenziario del Pd: “Caro Bersani, nel giardino del Pd c’erano Mastella e Di Pietro. Perchè il voto di Verdini puzza?”.
Ignazio Abrignani poi esce dall’Aula. E spiega: “Noi stiamo costruendo la gamba moderata dell’alleanza. E quando si andrà a votare e la scelta sarà tra Renzi, Grillo e Salvini noi faremo una lista per tutti quelli che vogliono votare Renzi e non il Pd”. Parlano i verdiniani, loquaci, sicuri, come ai tempi del Berlusconi trionfante: “Costruiremo la lista, i ‘moderati per Renzi’”.
Il mondo del premier lascia fare, non smentisce, anzi polemizza con la sinistra, ostenta complicità con l’ex plenipotenziario di Berlusconi.
Complicità spudorata, fatta di cene con Lotti, di telefonate quotidiane. Ultimamente anche di report. I memorabili report che mandava a Berlusconi ora vanno via mail a palazzo Chigi: “Qualche nota — confessa Abrignani — ogni tanto la manda”.
È Denis, così ha raccontato ai suoi, a ricevere la prima telefonata di Renzi dopo il colloquio da Mattarella.
Ed è lui a dare il suggerimento su come “fottere” la sinistra e Grasso al Senato: “Il trucco — spiega — è partire dall’articolo 10, perchè così è costretto a cangurare il primo e non rischi di andare sotto nei voti segreti”.
Per il mondo renziano “ci pensa Denis”. Bersani è furibondo: “Ma vi pare possibile — dice ai suoi — che questi parlano solo con Verdini e non fanno neanche una telefonata a me e Speranza?”.
Il solco ormai è quasi antropologico, oltre che politico, e si allarga. Pure il mite Speranza ha tirato giù la sala a Livorno, tra gli applausi: “Non consentiremo che entrino in casa nostra Verdini e gli amici di Cosentino”.
Ma Verdini è già il giardiniere del Partito della Nazione. Alla Camera c’è Abrignani. Al Senato Ciro Falanga.
Loro parlano, intercettano bisogni, tormenti necessità dei delusi di ogni schieramento. E segnalano al Capo. A quel punto interviene lui: “Nitto — si è sentito dire l’altro giorno Nitto Palma – che ci stai a fare là , vieni con noi, ti faccio fare il capogruppo”. Palma ha detto no: “Ho detto no a Fitto e dico no a te. Se dovessi lasciare Forza Italia andrei nel misto”.
Altri però stanno dicendo sì: “La prima fase — ripete Verdini — era lanciare l’operazione. Ora stiamo chiudendo la seconda, arrivando a 15 al Senato. Entro due mese la terza fase”.
La spiega Abrignani: “Una federazione di centro che diventi la seconda gamba della maggioranza”. Che passa per l’accordo con il gruppo di Scelta Civica e per la “campagna acquisti su Ncd e su altri delusi di Forza Italia”.
Il lavoro è capillare, fatto anche di bluff: “Silvio è d’accordo — ripetono ai parlamentari in bilico — lui non ha mai smesso di stimare Verdini e vuole un canale con Renzi per le aziende”.
Era da tempo che l’ex plenipotenziario di Berlusconi non tornava così al centro del gioco.
Sostituito nel giardino di Arcore da Dudù e dalle “ragazze” è il grande concimatore di quello renziano: “Il processo è inevitabile. Renzi litigherà con la sinistra fino a rompere e faremo assieme il partito della Nazione. In fondo sto facendo quello che volevo fare con Silvio, uccidere i comunisti”.
Proprio l’insofferenza per tutto ciò che è Pci o Ditta anima le conversazioni toscanacce col “giglio magico”.
E anche una visione dell’informazione come impiccio. “Camorrismo giornalistico” è l’espressione usata domenica prima da De Luca poi da Verdini, intervenuto, prima della Boschi a un convegno sul partito della Nazione a Salerno con l’ex craxiano e berlusconiano Fabrizio Cicchitto e Lorenzo Cesa.
Nel Palazzo ormai il rapporto tra Matteo e Denis si arricchisce di voci, aneddoti gustosi, storie dei loro trascorsi.
Verdini, si sa, è un personaggio riservato, non vanta le sue amicizie. E non ha mai rivelato quella sua antica consuetudine da editore con il distributore di giornali di Rignano sull’Arno Tiziano Renzi e con il di lui figliolo Matteo, ragazzo sveglio, da non perdere mai di vista, da coltivare.
Quelli attorno al “giardiniere” raccontano di che bel rapporto c’era già quando non si parlava di riforma del Senato, ma di carta stampata: da editare, pubblicare e poi distribuire.
L’editore Verdini era proprietario di fogli regionali e locali – il Giornale della Toscana, il Cittadino di Siena, Metropoli – in Valdarno, nel Chianti e nella Piana.
Il distributore Renzi (padre) consegnava i giornali alle edicole. Poi arrivò il Foglio, altro giornale in cui Verdini entra nella compagine editoriale, giornale berlusconiano per eccellenza che sponsorizza Renzi senza se e senza ma.
Poi l’incontro ad Arcore, il “piano Rosa tricolore” messo a punto da Dell’Utri e Verdini per fare di Renzi il nuovo leader del centrodestra
Ecco, c’è tutta una storia da raccontare nel nuovo giardino dove quelli della sinistra si sentono cespugli quasi potati: “Certo — dice Danilo Leva su facebook – che assistere alla difesa d’ufficio di Verdini da parte del vice presidente della Camera Giachetti è davvero triste. Non è questo il verso del Pd”.
Ma Denis, per il premier è intoccabile, perchè è la certezza che consente, come si è visto sul Senato, di non mediare con la Ditta. È un’altra Ditta. Una Ditta di cui, dal punto di vista di Verdini, la sua vicenda giudiziaria è un pezzo di ragione sociale. Guarda caso, l’ex plenipotenziario di Berlusconi ha annunciato il suo gruppo nel giorno che ha ricevuto la sua quarta medaglia al valor giudiziario: il rinvio a giudizio per bancarotta sulla vicenda del Credito fiorentino.
Il processo più temuto, su cui qualche tempo fa temeva una richiesta d’arresto: “Denis – ripete il Cavaliere – pensa che avvicinarsi al governo lo mette a riparo dalla procura di Firenze”.
Non è il solo a pensarla così. Il motivo per cui ex berlusconiani come Nitto Palma e Riccardo Villari non hanno aderito è che il “progetto di Verdini è cieco” ed è uno scambio tra “Denis” che pensa di tutelare gli affari suoi e Renzi che vuole una pattuglia per non avere rotture di scatole a sinistra.
Le altre medaglie al valor giudiziario di Verdini, collezionate nel corso della carriera a fianco di Berlusconi, sono: il rinvio a giudizio per “concorso in corruzione” per aver partecipato ad appalti e commesse pubbliche, come la realizzazione della Scuola Marescialli dei carabinieri di Firenze, in violazione delle regole sull’affidamento dei pubblici appalti.
Altro rinvio a giudizio sulla P3, assieme all’ex sottosegretario Nicola Cosentino, attualmente in carcere per questioni di camorra.
A Verdini, nell’inchiesta sulla P3, vengono contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata a episodi di corruzione, abuso d’ufficio e finanziamento illecito. Il processo che invece preoccupa di meno Verdini è quello per finanziamento illecito ai partiti ed è legato a una plusvalenza di 18 milioni di euro nella compravendita di un palazzo romani, in via della Stamperia.
Nessun imbarazzo per Renzi. Anzi Giachetti si domanda: “Perchè il voto di Verdini puzza?”.
E Abrignani, prima di tornare al suo banco, gli stringe la mano calorosamente, come si fa nello stesso giardino.
(da “Huffingtonpost“)
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