VORREI MA NON POSSO: BERLUSCONI TENTATO DALLA ROTTURA CON RENZI
MA CONTINUA A TRATTARE SULLE MODIFICHE
La “consolazione” è la rivolta della base grillina contro il “patto con l’Ebetino” (che si è manifestato sulle nomine al Csm) e l’imbarazzo dei big grillini (da Di Maio a Crimi).
Rivolta e imbarazzo che rimettono al centro la trattativa nel “patto del Nazareno”. Solo questo “bluff” degli abboccamenti di Renzi con Grillo allevia la grande paura dell’isolamento.
Nervoso, insofferente per il “tradimento di Matteo”, Berlusconi sente che attorno c’è un quadro che si sta sfarinando.
A partire da Forza Italia, dove ormai è psicosi da voto anticipato: “Se il presidente dice sì alla legge elettorale — sussurra un big azzurro — in Parlamento si scatena l’inferno. Ci perdiamo la metà dei gruppi, tra 30 e 40 parlamentari”.
Se però dice no, c’è un altro inferno che si può scatenare, gli ripetono Gianni Letta e Denis Verdini: uscire dal gioco che conta, dal Great game per il Quirinale e ri-perdere la patente di presentabilità politica nell’era di Cesano Boscone.
Da “padre della patria” a Caimano, per l’ennesima volta. Ma senza il potere di una volta, nell’epoca in cui sta gestendo la successione per le sue aziende, che non stanno proprio in buona salute.
Il contatto col premier dovrebbe scattare domenica. Telefonico. E il Cavaliere pare un leone in gabbia. Ai suoi consegna sfoghi avvelenati verso l’inquilino di palazzo Chigi e gli ultimatum che manda: “Ha tradito i patti, per l’ennesima volta. E ora vuole farmi trattare con il coltello alla gola”.
Segue, nello sfogo, l’elenco dei tradimenti: sull’Italicum, che gli serviva a far cadere Letta, incassato il sì al primo Nazareno, cambiò più volte le soglie di accesso al ballottaggio.
Poi ci fu l’emendamento D’Attorre per farlo valere in una sola Camera. Ora lo schema cambia: rottamato l’Italicum, nuova proposta.
Con tanto di diktat, come quelli recapitati dal ministro Boschi.
Il ragionamento politico “puro”, spiegano nella cerchia ristretta porta a un “no”, sonoro e urlato. Con l’obiettivo di restare col Consultellum, unica garanzia in caso di voto anticipato.
Il problema è che la legge elettorale è solo un tassello del mosaico. Perchè, dice una fonte di rango, “Berlusconi non tratta da uomo libero”.
È il Quirinale la vera posta in gioco. Un minuto dopo che viene approvata la legge elettorale si aprono le danze della successione a “Re Giorgio”.
E il Quirinale, nella testa e nelle speranze di Berlusconi, è sinonimo di agibilità politica.
O quantomeno un presidente “amico” è cruciale in relazione ai dossier giudiziari ancora aperti.
Scottato dagli ultimi anni, l’ex premier considera il Colle più alto il crocevia dei destini del mondo. Proprio sul Quirinale più volte Renzi ha assicurato che il nome sarà condiviso.
Ora è chiaro che, dopo gli ultimi giorni, la “credibilità ” di Renzi a corte ha perso parecchi punti, però la rottura è rischiosa.
Matteo poi è un giocatore cinico ed è un grande comunicatore, se iniziasse a martellare sull’inaffidabilità di Berlusconi farebbe male davvero.
È questo insieme di elementi che spinge Berlusconi ha tenere alta la posta ma senza rompere: “Il Patto del Nazareno — dice il capogruppo al Senato Paolo Romani – tiene sicuramente. Come tutti gli accordi ha bisogno di approfondimenti e successivi assestamenti”.
L’obiettivo resta quello di prendere tempo: “Accelerare sulla riforma elettorale può essere utile a migliorare la performance dell’esecutivo, ma farla bene e metterla al riparo da rischi di incostituzionalità è utilissimo al paese” sostiene Maria Stella Gelmini.
La sensazione però è che le parole vengono pronunciate nella consapevolezza che, alla fine, Berlusconi si sentirà costretto a dire sì per scongiurare il vero piano B di Renzi: una legge elettorale a maggioranza e addio Quirinale.
Non è un caso che Verdini ha praticamente passato la giornata a parlare con Guerini di soglie.
Se Renzi mantiene lo sbarramento al 5 per i piccoli, tiene una quota di nominati e conferma l’articolo 2 ovvero che la legge elettorale è valida solo per il Senato (la norma che di fatto blocca le elezioni anticipate), potrebbe essere il male peggiore che giustifica il sì.
(da “Huffingtonpost“)
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