IL BLUFF DI RENZI SUL DIALOGO CON GRILLO
LA VERA STRATEGIA E’ ALLARGARE LA MAGGIORANZA AL SENATO
L’appuntamento è per martedì in Commissione Affari Costituzionali al Senato.
Lì si taglierà il nastro per avviare finalmente l’esame della nuova legge elettorale.
Con quale maggioranza? E’ tutto da vedere. Ma sicuramente si tratterà di una maggioranza allargata che non scontenterà l’alleato di governo Angelino Alfano. Perchè la vera strategia del premier Matteo Renzi non è quella di trovare un accordo con Beppe Grillo sull’Italicum, ipotesi che ha già messo in allarme Ncd.
Piuttosto, lo schema sul quale stanno lavorando giorno dopo giorno i suoi in Senato punta ad allargare la maggioranza di governo a Palazzo Madama, guardando agli ex cinquestelle (4-5) e ai senatori del Gal (una decina).
E’ un chiodo fisso, dal giorno del voto sul Jobs Act, provvedimento che ha confermato le difficoltà dell’attuale maggioranza in Senato.
I segnali mandati in direzione del M5s, all’indomani dell’incontro della discordia tra Renzi e Berlusconi a Palazzo Chigi, sono in realtà segnali di fumo inviati all’indirizzo di Forza Italia per indurli a decidere.
Una tattica che, a sentire il ministro Boschi, avrebbe già dato i primi frutti: “Sono convinta che siamo ad un passo dall’accordo. Purtroppo però non possiamo aspettare i tempi di Forza Italia. Spero che si chiariscano al loro interno…”
Renzi non aspetta, ma stavolta, dovesse davvero crollare il patto del Nazareno che “scricchiola”, la strategia del premier non guarderà solo in una direzione, quella di Grillo per intendersi. Per vari motivi.
Uno, perchè “non si può fare affidamento sul M5s, hanno cambiato idea troppe volte…”, specificano nella cerchia parlamentare del premier.
L’interlocutore a cinquestelle resta sempre oggetto misterioso in casa Pd, anche se il dialogo sull’elezione dei giudici costituzionali ha dato ottimi frutti, sbloccando l’impasse parlamentare almeno per quanto riguarda i due nomi indicati da Dem e dal M5s.
Però, riflettono oggi i renziani, non è detto che il risultato su Consulta e Csm sia visto come un trionfo nel mondo grillino: potrebbe invece alimentare la polemica al loro interno, come in effetti sta succedendo.
Ed è questa la scommessa renziana: favorire il processo di sfarinamento del M5s.
Il premier ne ha parlato nell’ultima direzione del Pd. Il Movimento 5 stelle è in “sgretolamento”. E chi farebbe accordi con una forza in sgretolamento? Nessuno, men che meno Renzi che già deve avere a che fare con una “balcanizzata” Forza Italia, come la descrive il radical-renziano Roberto Giachetti.
L’altro motivo per cui il segretario Dem non punta all’accordo con Grillo sulla legge elettorale sta nel fatto che un passo del genere segnerebbe la fine della legislatura, quasi in automatico, perchè farebbe saltare l’alleanza con Alfano, asfalterebbe quel che resta del patto del Nazareno e lascerebbe Renzi da solo con la riottosa minoranza Dem.
In una situazione del genere, si potrebbe solo tornare a votare. E su questo il premier non ha ancora deciso, ha tutta l’intenzione di evitare le urne in primavera (che direbbe l’Ue?) ma anche la determinazione a fornirsi di una pistola carica per governare il Parlamento: la nuova legge elettorale, appunto.
E’ per questo che quella lanciata da Renzi sull’Italicum è una rete a tutto campo. Anche la Boschi lo dice: “Andremo avanti con chi vorrà dare una mano”.
Da martedì si inizia in commissione, ma lunedì a Palazzo Chigi potrebbe essere convocato un vertice di maggioranza sulla legge elettorale.
Al di là delle trattative con gli alleati, l’obiettivo in casa Dem è di annettere alla maggioranza 4-5 senatori ex grillini, mentre dal Gruppo Grandi Autonomie e Libertà (Gal) dovrebbe arrivare una decina di nuovi apporti.
Al gruppo Pd del Senato hanno notato che nel voto sullo Sblocca Italia, mentre i cinquestelle si stendevano per protesta sui banchi del governo in aula con le mani imbrattate di inchiostro ‘anti trivellazioni petrolifere’, molti loro ex colleghi non si sono presentati a votare.
Un segnale che i Dem leggono come la conferma della volontà di collaborare con il governo.
E poi c’è il precedente di Luis Orellana, ex M5s, che sul Jobs Act ha votato a favore, mentre la senatrice grillina Serenella Fuksia si è astenuta.
Naturalmente è una strategia che — sperano nel Pd – darà frutti nel tempo, il lavoro di conquista è iniziato dopo l’estate e scorre in parallelo con la costruzione, mattone dopo mattone, del ‘partito della nazione’.
E, man mano che va avanti il lavoro in prima commissione, proseguirà la trattativa con Forza Italia. Che però “è allo sbando — insiste Giachetti in un’intervista a Intelligonews – Renzi porti avanti l’Italicum vediamo chi lo vota”.
La strategia della rete a tutto campo è alla fine una necessità che va oltre lo stesso Patto del Nazareno.
Serve per fronteggiare due rischi veri. Il primo, che l’indecisione di Berlusconi trascini le riforme nella palude, senza passi avanti nè indietro.
Il secondo rischio sta nella domanda: quanta Forza Italia voterebbe secondo le indicazioni del leader sulla legge elettorale?
“Se Berlusconi domani dicesse ‘sì’ al premio di lista avrebbe metà partito contro, al pari avrebbe l’altra metà del partito contro se invece dicesse ‘ok’ al premio di coalizione”, continua Giachetti.
Tra una cena di autofinanziamento del Pd e l’altra, tra Milano e Roma e i giri nelle fabbriche con annesse contestazioni, Renzi aspetta il segnale da Berlusconi, ma stavolta è un’attesa a tempo.
Il premier mette nel conto che il dibattito sul nuovo Italicum può davvero essere il big bang di Forza Italia che apre il bivio definitivo: col capo o in autonomia (Fitto). Un’esplosione che mette voti in libera uscita, si leccano i baffi in ambienti renziani. Perchè, ragionano, tra uno sgretolamento e un’annessione in maggioranza, dal dibattito sulla legge elettorale potrebbe davvero uscire quella ‘big tent’ che Renzi vuole mettere addosso al Pd per farne un contenitore ‘acchiappatutti’.
Lo diranno solo i numeri al Senato: la matematica è una scienza esatta.
(da “Huffigtonpost“)
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