Marzo 14th, 2011 Riccardo Fucile
INTERVISTA A RICCARDO MUTI: IL MAESTRO CHE HA TRIONFATO ALL’OPERA DI ROMA RACCONTA COME E’ NATA L’IDEA DI FAR INTONARE “VA PENSIERO” AL PUBBLICO… “UN GRIDO CHE INVOCA IL RITORNO ALLE RADICI DELLA NOSTRA CULTURA”
Riccardo Muti in prima fila contro i tagli alla cultura.
Contro “la riduzione al nulla” della nostra cultura.
La serata di sabato, per la prima di Nabucco all’Opera di Roma, si è trasformata in una straordinaria manifestazione sulle note del “Va pensiero”.
Maestro Muti, una serata davvero speciale…
“Veramente fuori dalla norma, non preparata, ci tengo molto a dirlo. Io penso che i direttori d’orchestra non dovrebbero parlare dal podio, ma ieri, dopo l’intervento del sindaco di Roma, era necessario, importante, che anche il musicista prendesse la parola. Per un musicista come me che poi ha la fortuna di girare il mondo e vedere la realtà italiana dalle altre nazioni, e quindi soffrire per la situazione. Era doveroso parlare. Ma pensavo di aver terminato lì, dopo aver detto: ‘Il 9 marzo del 1842 Nabucco debuttava come opera patriottica tesa all’unità ed all’identità dell’Italia. Oggi, 12 marzo 2011 non vorrei che Nabucco fosse il canto funebre della cultura e della musica’. Perchè una nazione che perde la propria cultura perde la propria identità ”.
Cos’è accaduto allora?
“E’ chiaro che il ‘Va pensiero’, al di la delle assurdità che si dicono dell’inno nazionale, è un canto che esprime in maniera intensa l’animo degli italiani, una nostalgia, un senso di preghiera, una profondità mediterranea che Verdi attribuisce al popolo degli ebrei schiavi ma che gli italiani hanno scelto come bandiera del loro Risorgimento. E quando l’ho diretto la prima volta ho sentito, quando il coro ha cantato “oh mia patria si bella e perduta”, che quel momento fosse carico della situazione drammatica non solo per le istituzioni ma anche per la vita delle persone chiamate a studiare nei conservatori, nelle accademie, nelle università . Ho sentito che quel grido veniva dal profondo dell’animo, un grido vero da parte di chi sta vivendo questo dramma, uomini e donne che producono cultura nel nostro Paese. E lo fanno nel disinteresse sempre più grande da parte di chi deve preservare la cultura, non solo per rispetto del paese ma anche per il rispetto del mondo verso l’Italia. Il mondo non guarda a noi per le tecnologie, facciamo cose importanti ma quando si pensa all’Italia si pensa ai poeti, ai pittori, ai musicisti, ai nostri musei e teatri, a ciò che l’Italia rappresenta. È pieno di italiani — ricercatori, studiosi, medici — che sono nelle grandi università , come quelle americane, e fanno ben parlare di sè. Giovani che si fanno stimare fuori dall’Italia, perchè da noi trovano difficoltà . Noi non possiamo vedere questa barca affondare, sabato sentivo che il ‘Va pensiero’ era questo grido”.
E ha deciso di sorprendere tutti
“Dovevo decidere: faccio il bis come viene chiesto, una ripetizione consolidata nell’abitudine, oppure offro a questa ripetizione un carattere nuovo, aderente alla situazione? ho pensato, il coro ha cantato, ‘Oh mia patria, si bella e perduta’ e sicuramente se perdiamo al cultura andiamo in questa direzione, facciamo che questo grido sia contro questa operazione di riduzione al nulla della nostra cultura. Allora ho invitato, dato che il discorso doveva essere globale, tutti a cantare. Non mi aspettavo che l’intero teatro si unisse, tutti sapevano il testo. Poi, come in una situazione surreale, dal podio ho visto le persone alzarsi a piccoli gruppi, per cui tutto il teatro alla fine era in piedi, fino alle ultime gradinate. Era una specie di coralità straziata e straziante, un grido che invocava il ritorno alla luce della cultura che è la colonna portante dell’Italia, sono le nostre radici”.
E il pubblico si è commosso.
“Si, ho visto nelle prime file diverse persone con le lacrime agli occhi. E’ la dimostrazione di un popolo che si sente fortemente unito, al di la dei proclami. E della straordinaria attualità di Verdi, valido anche per il futuro, con la sua grande universalità . Verdi parla all’uomo dell’uomo e resterà sempre collegato alla nostra realtà , sempre assolutamente attuale”.
Ernesto Assante
(da “La Repubblica“)
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Marzo 14th, 2011 Riccardo Fucile
CADE IL REATO DI TRUFFA PER FINI E PONTONE, NON CI FU ALCUN RAGGIRO NELLA CESSIONE AD UNA SOCIETA’ OFF-SHORE DELL’APPARTAMENTO EX AN… PER I GIUDICI LA CASA E’ STATA VENDUTA “SENZA ARTIFIZI E RAGGIRI”: LA CAMPAGNA DEI KILLER BERLUSCONIANI E’ FINITA MALE
Nessun reato di truffa aggravata per Gianfranco Fini.
Il presidente dei Gip del Tribunale di Roma, Carlo Figliolia, ha disposto l’archiviazione dell’inchiesta sulle presunte irregolarità legate alla cessione di un appartamento a Montecarlo ereditato da An.
Quello stesso appartamento di Boulevard Princess Charlotte (che il partito ereditò nel 1999 dalla contessa Anna Maria Colleoni), al centro di una violenta campagna di stampa da parte della stampa berlusconiana contro il presidente della Camera.
Accusato di aver favorito l’acquisto della casa da parte del fratello della sua attuale compagna, Elisabetta Tulliani.
Accuse da cui Fini si è sempre difeso.
E che adesso trovano definitiva smentita nella decisione dei giudici.
Il tribunale ha di fatto recepito le conclusioni del procuratore Giovanni Ferrara e dell’aggiunto Pierfilippi Laviani, secondo i quali nel 2008 non vi fu da parte dell’allora presidente di An e del tesoriere, Francesco Pontone, alcun artificio o raggiro nella cessione a una società off-shore dell’appartamento.
L’indagine della procura aveva preso il via dalla denuncia presentata da due esponenti di La Destra, Roberto Buonasorte e Marco Di Andrea, che si erano poi opposti alla richiesta di archivazione.
Secondo i denuncianti, i pm avevano omesso, tra l’altro, di sentire Giancarlo Tulliani, che, stando alla documentazione consegnata dal ministro della Giustizia del governo di Santa Lucia, risulterebbe titolare delle varie società off-shore protagoniste, in tempi diversi, della compravendita dell’appartamento di Montecarlo.
La procura, però, aveva definito del tutto “irrilevante” il contenuto della carte fatte pervenire “con una nota riservata e confidenziale” al nostro ministero degli Esteri dal governo di Santa Lucia.
Nel sostenere l’assenza di elementi penalmente rilevanti, la procura, che aveva iscritto sul registro degli indagati per truffa aggravata Fini e Pontone il giorno stesso della richiesta di archiviazione, riteneva che la questione della vendita dell’immobile, avvenuta a un prezzo inferiore al valore di mercato, poteva presentare al massimo aspetti civilistici.
Dalle indagini, avevano spiegato i pm, è risultato che Fini, all’epoca della vendita, era amministratore esclusivo di An e avevo deciso di vendere l’appartamento “senza artifizi o raggiri”.
A parere dei magistrati di piazzale Clodio, “nessun ruolo penalmente rilevante” aveva “il senatore Pontone, “mero mandatario” di Fini.
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Marzo 14th, 2011 Riccardo Fucile
LO SCRITTORE REPLICA ALLA NIPOTE DEL FILOSOFO PRODUCENDO I DOCUMENTI CHE CONFERMANO LE SUE PAROLE… “NON ENTRO IN POLITICA, FACCIO IL MIO MESTIERE, MA NON STRISCIO CONTRO I MURI”
«Nel monologo sul terremoto dell’Aquila non ho mai usato la parola mazzetta. E su Benedetto Croce non ho inventato nulla».
Roberto Saviano, dopo gli attacchi dei giornali del centrodestra, e un servizio del Tg1, spiega a Enrico Mentana al Tg de La7 la sua versione dei fatti.
E ribadisce per l’ennesima volta: «Sono uno scrittore. Temo che purtroppo quando arrivi a tante persone comunque il tuo plusvalore inquieti. Continuerò a fare lo scrittore indipendentemente da chi è infastidito dal mio mestiere».
La polemiche nascono dal monologo che lo scrittore ha dedicato al terremoto dell’Aquila e al crollo della Casa dello Studente durante il programma “Vieni via con me”.
In quell’occasione Saviano citò Benedetto Croce che nel 1883 perse tutta la famiglia nel terremoto di Casamicciola.
E il filosofo, ricordò Saviano, narrò del padre che sotto le macerie gli disse: «Offri 100 mila lire a chi ti salva».
Mentana lo invita a replicare al «putiferio, alla polemica fortissima» che si è scatenata.
Gli ricorda che «molti ci hanno intinto la penna, e visto che siamo nell’era catodica, qualcuno ci ha intinto il microfono. Ultimo il Tg1».
Il tg diretto da Augusto Minzolini, in effetti, ha mandato in onda un servizio con un’intervista a Marta Herling, nipote del filosofo napoletano.
Nel colloquio la Herling accusa Saviano di avere inventato la storia «perchè è funzionale al suo discorso, al suo messaggio ideologico. Tutto il seguito della trasmissione dedicata al terremoto dell’Aquila è sulle mance, sulle mazzette, sulla corruzione che accade intorno al terremoto».
E il giornalista Gennaro Sangiuliano dice che nel monologo «Saviano immette un fantomatico dialogo fra Croce e il padre sotto le macerie».
«Molto dispiaciuto di questa polemica falsa. Dispiaciuto che Marta Herling abbia totalmente frainteso. Non ho mai pronunciato la parola mazzetta», replica Saviano.
Lo scrittore svela poi le sue fonti.
Mostra un articolo di Oggi del 13 aprile 1950, scritto da Ugo Pirro.
Il giornalista, spiega Saviano, riprende un altro articolo, scritto all’epoca del terremoto, in cui un cronista riporta il dialogo padre-figlio.
Raccontato da un giovane che si chiamava Benedetto Croce.
Mentana incalza Saviano sul suo futuro e sul perchè di questo attacco.
«Io so di stare sulle scatole a molti. Soprattutto in questo momento. Pensano che io possa diventare candidato politico. E questo forse impensierisce moltissime persone. Io ho ribadito che faccio il mio mestiere: raccontare, scrivere, parlare. Io cerco di non espormi ma non intendo neanche strisciare lungo i muri».
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Marzo 14th, 2011 Riccardo Fucile
ULTIMATUM A BERLUSCONI: SE COSTRETTI, FAREMO GRUPPI PARLAMENTARI AUTONOMI…NELLA GUERRA APERTA CON VERDINI, SONO 35 I PARLAMENTARI DISPOSTI A SEGUIRE L’EX MINISTRO
È quasi un ultimatum quello che Claudio Scajola, all’indomani dell’incontro ad Arcore con il premier, affida a un post sul sito della sua fondazione Cristoforo Colombo.
E, proprio come il navigatore genovese, anche l’ex ministro minaccia di lasciare i lidi del Pdl per creare un gruppo autonomo.
Con lui si sono schierati 35 parlamentari, con nomi anche di peso: Antonio Martino, Mario Baccini, Massimo Maria Berruti, Ignazio Abrignani.
Oltre a decine di peones che ormai – con l’arrivo dei Responsabili e il rientro di molti ex finiani – hanno capito che non saranno ricandidati in posizioni sicure e non hanno più niente da perdere.
«Se abbiamo pensato ai gruppi parlamentari “Azzurri per la Libertà ” – spiega Scajola – è stato solo per manifestare un sentimento troppo spesso inascoltato. Giungeremo a questo solo se, con la condivisione di Berlusconi, non ci sarà altro modo per riuscirci. Se esistono altre strade, naturalmente, siamo ben lieti di seguirle».
Evidente lo scetticismo sull’esistenza di «altre strade» per evitare la scissione.
In ogni caso Berlusconi – in un faccia a faccia definito dallo stesso Scajola «franco» – ha chiesto tempo per risolvere la grana e ci sarà un nuovo incontro tra i due domani pomeriggio.
L’atto d’accusa di Scajola investe Denis Verdini, uno dei tre coordinatori, a cui Berlusconi s’è affidato per la sopravvivenza della sua maggioranza. Senza mai nominarlo direttamente, Scajola critica la gestione verdiniana di via dell’Umiltà e pretende un posto (quello di Bondi) nella plancia di comando del Pdl.
Un partito, attacca, che «non è diventato uno strumento organizzato funzionante. Doveva essere il partito della gente, della nostra gente. Troppo spesso non lo è».
Gli ex Forza Italia sarebbero schiacciati rispetto agli ex An, tutelati invece da La Russa e Gasparri: «La componente che viene da Alleanza Nazionale è rimasta una realtà quasi distinta rispetto a Forza Italia. Sempre leale a Berlusconi, ha saputo mantenere intatta e forte la sua originaria identità . Diverso è stato per noi: il glorioso passato di un partito forte come Forza Italia sembra andare perdendosi».
Critiche a cui Verdini non replica, ma che suscitano piccate precisazioni da parte dei suoi uomini.
Perchè i candidati alle prossime amministrative darebbero una netta prevalenza a Forza Italia su An, ben oltre le quote 70-30 stabilite alla fondazione del Pdl, smentendo quindi le critiche del politico di Imperia.
Inoltre su Scajola, fanno notare con perfidia, pesa ancora la vicenda mai chiarita della casa al Colosseo: «I giudici potranno pure archiviare la sua posizione, ma i nostri elettori non se la dimenticano».
L’ex ministro non compare nella lista dei 22 personaggi su cui i pm di Perugia chiedono il rinvio a giudizio.
E la decisione in merito del Gip è attesa tra una decina di giorni, dopo di che Scajola sarebbe ufficialmente fuori dall’inchiesta.
Sicuro di esserne uscito «pulito», l’ex ministro pretende che gli venga restituito il titolo e l’onore perduto.
In realtà dall’entourage del Cavaliere filtra una grande irritazione per questa ennesima querelle scoppiata nel Pdl.
Berlusconi sarebbe infuriato, ma anche indeciso sul da farsi.
Stava pensando di affidare a Scajola il coordinamento delle candidature alle amministrative, ma questa minaccia di scissione rende tutto più difficile. Oltretutto, fino al voto della Camera sul conflitto d’attribuzione sul caso Ruby, il premier deve tenere tutto fermo per evitare trabocchetti: niente rimpasto e niente ritocchi al partito, quindi.
E non c’è solo il caso Scajola a terremotare la maggioranza.
Anche gli “hare krishna” (così nel Pdl chiamano i seguaci arancioni di Gianfranco Miccichè) ora minacciano la crisi di governo. ««Se il ministro Romani – ha avvertito Miccichè – non modificherà il provvedimento sulle energie rinnovabili, cambiandolo radicalmente, Forza del Sud ritirerà la fiducia al governo».
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Marzo 14th, 2011 Riccardo Fucile
FELTRI CHIAMA COSI’ SALLUSTI A CAUSA DEI DANNI CHE FA…IL DIRETTORE DE “IL GIORNALE” PER CERCARE DI TRATTENERE I LETTORI IN FUGA E’ COSTRETTO A PUBBLICARE A DISPENSE LE MEMORIE DI UN COLLEGA, IL CAMERIERE DI MUSSOLINI
Quando creò Sallusti, il Padreterno doveva avere una gran fretta.
Il pupo infatti gli venne un po’ così, come dire: abborracciato, approssimativo, mancante di alcuni accessori solitamente piuttosto utili all’homo sapiens.
È dunque con l’indulgenza dovuta ai bisognosi che ci occupiamo dello strano caso di questo sventurato a cui la sorte ha riservato un compito decisamente sproporzionato alle sue forze: dirigere il Giornale, che in altre epoche conobbe anche direttori veri.
Ieri il pover’uomo, con tutto quel che succede in Italia e nel mondo, ha dedicato l’editoriale al sottoscritto, reo di aver preso in giro Giuliano Ferrara.
Il quale, essendo abituato a darle e a prenderle piuttosto sportivamente, non ha fatto una piega.
Sallusti invece (come la sua versione biondoplatino che scrive su Libero) ha preso cappello e ha vergato un elenco completo, “salvo errori ed omissioni” (ha scritto proprio così), delle mie cause civili, scoprendo che ne ho perse alcune: quasi sempre per eccesso di critica ai suoi padroni, una volta perchè l’avvocato si dimenticò di difendermi, una per un caso di omonimia, alcune per eccessi di sintesi, mai per aver scritto cose false.
Dev’essere questo che lo sconvolge: l’esistenza di giornalisti che scrivono del premier senza essere pagati dal premier e senza contar balle.
Infatti, con grave sprezzo del ridicolo, zio Tibia tira in ballo Montanelli, che naturalmente non ha mai conosciuto, per dire che nel ’94 “ebbe la sciagurata idea di mollare la sua creatura per fondare la Voce”.
Per i servi, un giornalista che lascia il suo giornale perchè l’editore va in politica è “sciagurato”.
Non riescono proprio a capirlo, visto che passano il tempo a parlar bene del padrone che li paga.
E lo fanno con l’aria sofferente dell’eroe temerario costretto alla clandestinità , accerchiato dai “poteri forti” asserviti alle terribili “sinistre”.
Quando c’era Feltri, almeno qualche notizia il Giornale la dava: tipo casa Tulliani.
Sallusti contribuiva come poteva: con notizie false.
Sua — ha rivelato Feltri — la maxi-balla di Boffo schedato come gay dalla polizia. Sua la gestione del dossier Marcegaglia.
Ma il direttore responsabile era Feltri che, grazie a Mortimer, fu sospeso per tre mesi dall’Ordine.
Così decise di lasciarlo solo, non prima di averlo ribattezzato “Olindo” per dare l’idea dei danni che fa.
Da allora Sallusti non ha più beccato una notizia, nemmeno falsa.
S’è ridotto a sbattere in prima pagina “gli amori segreti di Ilda la Rossa” (la Boccassini nel 1980 aveva un fidanzato e, quel che è peggio, lo baciava) e “Vendola nudo su una spiaggia di nudisti” (dove solitamente si va in giacca, cravatta e paltò).
O a titolare “Cav. ottimista: Ruby era maggiorenne”, costringendo persino Ghedini a smentirlo quando si scopre che due italiani offrivano soldi per taroccare la data di nascita della piccina.
Nel disperato tentativo di trattenere i lettori in fuga verso Libero, Olindo pubblica a dispense le memorie di un collega, il cameriere di Mussolini: ieri undicesima puntata ricca di croccanti scoop sul Duce terrorizzato dai badogliani.
Roba da transennare le edicole.
Ottimo anche il pezzo di Giordano sull’ultimo vile attentato al Giornale: una querela di Bocchino (“Bocchino ci aggredisce e tutti tacciono”).
Feroce l’intervista del segugio Chiocci a Bertolaso, “il funzionario che mezzo mondo ci invidia costretto a smettere l’uniforme della Protezione civile per indossare quella di indagato”, ma sempre “calmo e serafico”.
Domande urticanti: “Perchè proprio lei è finito nel tritacarne?”, “che idea s’è fatto di questa inchiesta?”, “non se ne starà mica con le mani in mano?”.
E risposte autocritiche: “Ho commesso un gigantesco errore: caricarmi sulle spalle problemi importanti e risolverli”.
Memorabile l’analisi di Franco Battaglia sull’allarme radioattivo in Giappone: “Troppe bugie sul nucleare. I reattori sono non sicuri, ma sicurissimi nei terremoti”.
Al Giornale è tutto relativo: rispetto ai danni da Sallusti, una centrale che esplode è una puzzetta.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 14th, 2011 Riccardo Fucile
BASTA IPOCRISIE DEL GOVERNO: DIMEZZA I SOLDI PER CULTURA, ARTE, SPETTACOLI E TUTELA DEL PATRIMONIO ARTISTICO, POI SPUTTANA 400 MILIONI PERCHE’ SE LA FA SOTTO DI FRONTE ALLA PROSPETTIVA CHE I REFERENDUM POSSANO RAGGIUNGERE IL QUORUM…FINGONO DI PIANGERE MA PENSANO SOLO AI LORO INTERESSI
Euro dopo euro il governo Berlusconi sta svuotando il gia magro fondo destinato alle attività culturali.
Non si tratta più di un taglio imposto dalla crisi economica, per altro negata per anni, ma di un vero e proprio sabotaggio che porterà alla chiusura di enti lirici, di teatri, di musei, e persino di Cinecittà Luce, il grande e prestigioso archivio della memoria, una sorta di audioeca nazionale che raccoglie tanta parte della identità nazionale.
Ogni giorno vengono annunciati nuovi tagli e persino il ministro Bondi che, da mesi, non frequenta più il ministero, ha sentito il bisogno di esternare la sua rabbia e la sua impotenza.
Per altro si è dimenticato di indicare i nomi dei mandanti, forse per non dare un dispiacere all’amico del cuore.
Per quale ragione i soldi non si trovano?
Mancano sul serio o non si vogliono trovare?
La realtà è che questo governo vince anche grazie al conflitto di interessi, ma nello stesso tempo è costretto sempre ad immolarsi sull’altare del conflitto medesimo.
Per queste ragioni hanno respinto tutti gli emendameti che puntavano ad introdurre, anche in Italia, una modestissima tassa di scopo a carico dei grandi gruppi telefonici e televisivi da destinare proprio al fondo unco per lo spettacolo.
Non si è potuto e voluto fare perchè: ” non vi rendete conto che c’è di mezzo anche Mediaset”, come ha soavemente confessato un pio deputato berlusconiano, quasi meravigliato che si potesse solo pensare una simile oscenità , quasi una bestemmia nel tempio.
Così hanno preferito annunciare tagli e bastonate, del resto chi se ne frega, tanto lo sanno tutti che quelli della cultura e dello spettacolo mancano di rispetto al padrone quasi unico delle tv..
Per trovare i soldi basterebbe accorpare le elezioni aministrative ai referendum, come dice peraltro il buon senso.
Il governo, nel tentativo di oscurare i quesiti sull’acqua, sul nucleare e sul legittimo impedimento, ha invece deciso di sdoppiare gli appuntamenti con un aggravio dei costi pari ad oltre 400 milioni di euro.
Per evitare che i quesiti referendari possano raggiungere il quorum e rivelarsi una sconfitta per la maggioranza.
Quei soldi basterebbero a finanziare i fondi per lo spettacolo e per la cultura, anzi ne avanzerebbe anche un bel gruzzolo da investire nella scuola pubblica, quella che non piace al cavaliere.
Fingono di piangere miseria, ma sputtanano soldi solo nel loro interesse, Lega in prima fila.
Questa è la loro moralità , altro che cultura.
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Marzo 14th, 2011 Riccardo Fucile
LE INDAGINI SUL CONTO DEL PREMIER, IL PROGETTO DELLA MINETTI DI APRIRE UNO STUDIO DENTISTICO PER VIP, I MOVIMENTI BANCARI DELLE ARCORINE…E SPUNTANO FOTO E VIDEO CON IMMAGINI “VOLGARI” SCATTATE AD ARCORE
Un sottufficiale della Guardia di finanza in stretto contatto con Lele Mora.
Un contratto e una trattativa in corso di Nicole Minetti per aprire uno studio dentistico.
Nuove carte bancarie sui generosi pagamenti di Silvio Berlusconi alle ragazze del bunga-bunga.
E “alcune foto delle ragazze, alcune decisamente volgari”.
Sono alcune delle novità sull’inchiesta Ruby contenute nei nuovi documenti depositati dalla Procura di Milano ai difensori del presidente del Consiglio. Niccolò Ghedini e Piero Longo hanno fatto una visita di cortesia, ieri mattina, al procuratore Edmondo Bruti Liberati e all’aggiunto Ilda Boccassini, che con il sostituto Antonio Sangermano e l’aggiunto Pietro Forno conducono le indagini su Berlusconi, rinviato a giudizio immediato per concussione e prostituzione minorile.
I due legali hanno poi ritirato i nuovi atti depositati dalla procura, con i risultati delle investigazioni integrative realizzate dopo la decisione del gip Cristina Di Censo di mandare a processo, il prossimo 6 aprile, il presidente del Consiglio.
Tra questi spicca la vicenda di un giovane sottufficiale della Guardia di finanza in servizio alla frontiera con la Svizzera, che è risultato essere in contatto, attraverso un intermediario, con Lele Mora, l’impresario delle veline accusato di essere uno dei “fornitori” delle ragazze per le feste di Arcore. L’intermediario è un fiduciario di Mora spesso al telefono con il sottufficiale. Interrogato dai magistrati di Milano, questi ha ammesso l’amicizia con il collaboratore di Mora, le frequentazioni con l’impresario e anche la partecipazione a feste nella sua abitazione di viale Monza.
Ha però negato di averlo in alcun modo favorito durante il suo lavoro, al posto di frontiera tra Italia e Svizzera.
Mora, che ha un’auto con targa elvetica e nella Confederazione ha impiantato un’attività economica, valica spesso e volentieri il confine.
Ma, assicura il finanziere nel suo interrogatorio, senza aver mai ricevuto alcuna “facilitazione” nei suoi passaggi.
Dalle nuove carte emerge anche una vicenda che ha per protagonista Nicole Minetti, l’igienista dentale fatta inserire da Berlusconi nel listino bloccato di Roberto Formigoni e dunque diventata consigliera regionale della Lombardia. Minetti era in trattativa con un imprenditore e un architetto per acquistare e ristrutturare un immobile da trasformare in studio dentistico.
Le trattative, di cui c’è traccia nelle intercettazioni telefoniche, sono confermate da un contratto trovato durante una perquisizione alla consigliera regionale.
Gli investigatori si chiedono con quali risorse economiche Minetti intendesse far fronte al notevole impegno finanziario a cui stava per impegnarsi.
I nuovi accertamenti bancari completano invece la ricostruzione delle transazioni dai conti del presidente del Consiglio alle ragazze delle feste a luci rosse di Arcore.
La procura ha individuato, tra l’altro, sei assegni cambiati in contanti nel dicembre 2010 da Giuseppe Spinelli, l’ufficiale pagatore di Berlusconi.
La cifra monetizzata sarebbe in totale 1 milione 550 mila euro.
Sommati agli oltre 11 milioni già individuati dalla procura come pagamenti alle ragazze, si arriverebbe alla bella cifra di 13 milioni.
Come raccontano alcune fonti, nelle nuove indagini consegnate ai legali del premier, ci sono anche delle immagini.
Secondo indiscrezioni, in queste foto vengono inquadrate quelle ragazze che Berlusconi ha sempre definito “perbene”.
Le loro pose però non sarebbero poi così “perbene”: ”mostrano in primo piano le parti del corpo (di solito coperte) e mimano quello che succede al bunga bunga autoerotismo e baci saffici”.
“Queste foto — si legge nell’articolo a firma di Piero Colaprico per Repubblica- avranno ulteriori riscontri nei file audio: quelli che si scambiavano le ragazze attraverso i telefonini Blackberry e che saranno allegati (martedì prossimo) all’inchiesta bis, sulla prostituzione”.
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Marzo 14th, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER, CON IL CONSUETO SENSO DELLA MISURA, SI E’ IERI DEFINITO “EROICO E TEMERARIO”… UNA PICCOLA LEZIONE DI SEMANTICA NON GUSTEREREBBE ALL’INCEROTTATO PROTAGONISTA DELLA FICTION ALL’ITALIANA
Nel mito classico, infatti, la parola eroe definisce un uomo nato dall’incontro tra una divinità e un mortale, e per questo capace di imprese eccezionali.
Nel suo significato corrente, invece, l’eroe è colui che dà prova di grande abnegazione e spirito di sacrificio per un nobile ideale.
C’è poi un terzo significato, che sta ad indicare il protagonista di un’opera letteraria o poema.
L’origine semidivina del Cavaliere, malgrado le religiose genuflessioni dei gasparros, è perlomeno dubbia.
E sullo spirito di sacrificio per nobili ideali, visti i bunga bunga e i bonifici alle olgettine, è meglio soprassedere.
Resta l’opera letteraria.
Quella che il Cavaliere ha costruito attorno alla sua persona, con metodo e ostinazione, dai tempi di “Una storia italiana” distribuita in milioni di fascicoli a beneficio di lettori-elettori avidi di romanzi d’appendice .
Di questa fiction Berlusconi è l’eroe induscusso, nulla da eccepire.
Tanto è vero che i pm sono cittadini come gli altri, e se sbagliano devono pagare.
Mentre lui, che è l’eroe di questo strano romanzo italiano, se viene condannato o messo sotto processo può restare tranquillamente dov’è.
La sceneggiatura, insomma, prevede che sia solo una cospirazione di comuni — e mortali — cittadini, contro la quale l’eroe non può che trionfare.
Come nella vecchia Hollywood, anche a Mediaset amano solo il lieto fine.
(da “Politica-pop“)
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Marzo 14th, 2011 Riccardo Fucile
BOSSI VUOLE MANI LIBERE E CANDIDATURE PROPRIE SOLO NEI COMUNI NON CAPOLUOGO….MA NELLE SEZIONI DELLE CITTA’ PIU’ GRANDI SCOPPIA LA PROTESTA: “ALLORA ANCHE NOI VOGLIAMO CORRERE DA SOLI”… E SALVINI A MILANO VIENE MESSO NELL’ANGOLO
La Lega molla il Pdl nelle città non capoluogo e si prepara a correre da sola alle amministrative di maggio.
Se a livello nazionale l’arma di ricatto di Bossi per ottenere il federalismo è la richiesta di nuove poltrone e la minaccia di elezioni, sul territorio il Senatur fa pesare i voti della Lega passando allo scontro frontale con il partito di Berlusconi.
E, in qualche modo, agevolando il centrosinistra.
Lunedì sera il consiglio federale della Lega Nord ha deciso: mani libere, non solo nei comuni sotto i 15mila abitanti, ma anche nelle città più grosse, che non sono capoluogo di provincia.
Comuni anche medio-grandi, in alcuni casi oltre i 50mila abitanti.
Una scelta che però rischia di creare un effetto domino.
Anzi lo sta già creando.
A Varese, per esempio.
Il feudo storico della Lega, terra d’origine di Bossi e Maroni, è in subbuglio, perchè nel capoluogo, a differenza delle città principali della provincia, la corsa del sindaco uscente Attilio Fontana dovrà essere in coabitazione con il Pdl “per accordi sovra provinciali”.
Il segretario cittadino Carlo Piatti non vuole sentire ragioni: “La sezione è compatta nel voler correre da sola”, spiega al quotidiano La Provincia di Varese. “L’umore della base è di sicuro quello della corsa solitaria”.
Aggiunge il carico un assessore uscente, Fabio Binelli: “Non si vede perchè, se la possibilità di correre da soli è stata data a tutti, debba essere esclusa la sezione più grossa e combattiva della Lombardia”.
Insomma, la base leghista, se potesse scegliere, non avrebbe dubbi e mollerebbe il Pdl. Ovunque.
E Bossi, questa reazione, non può non averla messa in conto.
Forse l’ha addirittura auspicata.
L’unico escamotage architettato dai vertici leghisti per passare alle vie di fatto anche nelle città capoluogo è l’ipotesi di tradimento del Popolo della libertà : Bossi ha infatti posto un veto politico su Udc e Fli, colpevoli di ostacolare il federalismo a Roma e quindi non meritevoli di alleanze in comuni e province. Se il Pdl proponesse alleanze anche con i centristi e i finiani, allora l’accordo sovra-provinciale salterebbe.
E la Lega sarebbe pronta a lanciare la sfida anche nelle realtà più grosse.
La rottura nei territori governati da sindaci leghisti (sostenuti finora da tutto il centrodestra) riporta la memoria a 14 anni fa. 1997.
Allora, come nel ’93, la Lega secessionista del periodo post-ribaltone sfidò apertamente Forza Italia. E in molti casi trionfò.
Il Pdl, dal canto suo, non digerisce l’idea delle mani libere padane nei comuni di media dimensione.
Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, lo dice chiaramente: “L’alleanza di centrodestra deve vivere in tutti i comuni sopra i 15mila abitanti, per dare continuità tra governo ed enti locali”
Ma se, come dice Bossi, “l’intesa per le amministrative in linea di massima è stata trovata e si deciderà lista per lista”, è proprio nelle gerarchie del suo partito che il Senatùr deve mettere ordine.
Perchè il rischio è che la base non veda di buon occhio anche certe imposizioni apparentemente immotivate.
Ad esempio l’uscita “a freddo”, in cui il ministro delle Riforme ha bocciato la candidatura a vicesindaco di Milano di Matteo Salvini.
“Non credo proprio”, ha detto il Senatùr sull’eventualità di una candidatura del direttore di radio Padania.
E già poche ore dopo i giornali facevano salire le quotazioni di Davide Boni, attualmente presidente del consiglio regionale lombardo.
Ma perchè Bossi ha bocciato senza giri di parole un nome che ha sicuramente un buon bacino elettorale tra i milanesi?
Una risposta prova a darla Barbara Ciabò, esponente finiana e presidente della commissione Casa in Comune: “Bossi fa fuori tutti quelli che in futuro potrebbero competere con suo figlio, Renzo Bossi “il Trota”. Sta preparando il campo per lui. Non per questa tornata elettorale, ma per il futuro. Così accompagna alla porta tutti quelli, come Salvini, che sono ben radicati a Milano e che in futuro potrebbero assumere una leadership cittadina”. Secondo Ciabò questa decisione “è frutto di una faida interna alla Lega. Un partito che è fuori dalla democrazia, ha una logica monarchica, esattamente come il Pdl”.
Dichiarazioni che trovano una conferma nel silenzio tombale in cui si è chiuso l’europarlamentare e consigliere comunale Salvini. “Gli elettori leghisti, però — conclude Ciabò — cominciano a non sopportare più le manovre di palazzo e i veti”.
Così la Lega, con la sua strategia equivoca rispetto al Pdl e con quella (meno equivoca) rispetto ai posti di potere all’interno del movimento, rischia di confondere i suoi elettori.
E di stancare buona parte dei suoi dirigenti di punta.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, elezioni, federalismo, governo, la casta, LegaNord, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »