Marzo 7th, 2011 Riccardo Fucile
VI SARANNO ANCHE 14.000 POSTI IN MENO TRA IL PERSONALE NON DOCENTE…TAGLIATE 45 MILA CATTEDRE, PARI AL 51% DEL TOTALE, QUELLE ELIMINATE NELLE REGIONI MERIDIONALI… GLI AUMENTI AI DOCENTI? TRA SEI ANNI, QUANDO IL GOVERNO NON CI SARA’ PIU’
Mentre per le scuole paritarie il premier auspica un Buono-scuola, le statali vengono colpite da un autentico uragano di tagli.
In tre anni di governo Berlusconi, insegnanti, alunni, dirigenti scolastici, bidelli, assistenti amministrativi, tecnici di laboratorio, supplenti e genitori hanno dovuto fare i conti con “risparmi” su tutti i capitoli: posti in organico, fondi e addirittura ore di lezione.
Del resto, il buongiorno si vede dal mattino: nella prima Finanziaria, quella estiva del 2008, il governo somministrò alla scuola pubblica una vera e propria cura da cavallo: 132 mila posti in meno in un triennio e “sforbiciata” per 8 miliardi di euro netti.
La maggior parte del bilancio del ministero dell’Istruzione, circa il 94 per cento del totale, se ne va in stipendi del personale.
E per “risparmiare” occorre tagliare le cattedre.
Nel mese di giugno del 2008 il ministro Tremonti presentò il conto alla collega, Mariastella Gelmini: 87400 cattedre in meno in tre anni (45 mila al sud, pari al 51%)).
Per il prossimo anno ne dovranno eliminare 19700.
Risultato: riduzione delle ore di lezione per gli alunni e disoccupazione per migliaia di precari.
La scure non ha risparmiato il cosiddetto personale non docente: bidelli, assistenti amministrativi e tecnici di laboratorio.
L’ultima tranche di tagli prevede 14 mila posti in meno, che si aggiungono ai 30 mila già tagliati l’anno scorso e quest’anno.
Anche nella scuola a pagare la “manovra” sono i più deboli: i supplenti.
I dati dell’anno in corso non sono ancora disponibili, ma basta citare quelli degli ultimi due anni per comprendere la portata del fenomeno.
In appena due anni, dal 2007/2008 al 2009/2010 quasi 25 mila supplenti con incarichi annuali hanno dovuto dire addio a stipendio e incarico.
Nonostante il numero degli alunni in Italia non sia mai diminuito, in un triennio (dal 2007/2008 al 2010/2011) le classi sono calate di 10.617 unità .
Va da sè che le classi sono sempre più affollate e non mancano aule con 30 o addirittura 35 alunni stipati dentro.
Nel 1997 la scuola italiana entrò nell’era dell’Autonomia.
Venne così stanziato un apposito budget che annualmente viene ripartito tra le 10 mila scuola del Paese.
Anche questi trasferimenti sono stati colpiti: nel 2008 i fondi per la cosiddetta legge 440/97 sfioravano i 186 milioni.
Due anni dopo si assottigliano a 127 milioni: meno 32 per cento.
La riforma Gelmini della scuola elementare (ora primaria), media e superiore si basa su un enorme incisione alle ore di lezione.
Alle elementari le famiglie possono scegliere quattro moduli-orario: 24, 27, 30 e 40 ore settimanali.
Alla media, le ore di lezione alla settimana passano a 30.
In passato, le scuole elementari e medie funzionavano con un maggior numero di ore.
Ma è alle superiori – a settembre scatta il secondo anno di riforma – che le ore di lezione vengono falcidiate.
La Relazione tecnica parla chiaro: per tagliare le 87 mila cattedre previste, a regime, tutti gli studenti dei licei staranno in classe per 71 mila ore di lezione in meno, quelli dei tecnici riusciranno a evitare 240 mila ore di lezione a settimana e 223 mila in meno i compagni degli istituti professionali.
La scuola italiana non riesce a pagare 11200 insegnanti specialisti di inglese alla primaria.
Per questa ragione: la manovra Tremonti-Gelmini prevede la loro riconversione in insegnanti comuni.
L’Inglese ai bambini dell’elementare verrà impartito da insegnanti che nel frattempo avranno seguito un corso di 400 ore.
Tre anni fa le classi con orario a Tempo prolungato (fino alle 16) rappresentavano il 29 per cento del totale.
Quest’anno sono il 21 su cento.
Il premier però ha garantito: “aumenterò gli stipendi ai docenti”.
Sapete quando è previsto?
Tra sei anni, quando non sarà più al governo.
E lo smantellamento della scuola pubblica a favore di quella privata continua.
Salvo Intravaia
(da “La Repubblica“)
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Marzo 7th, 2011 Riccardo Fucile
LE “LUPE DI ARCORE” AVANGUARDIA DEL NUOVO DEGRADO… LA MADRE DI NOEMI: “UNA BAMBINA ALLEVATA NELLA LUCE DEL VANGELO E DEL SIGNORE, LO CHIAMA PAPI PERCHE’ L’ABBIAMO EDUCATA NEL CULTO DI SILVIO”
La grande novità storica sono le mamme istigatrici e complici.
Non le lupe di Arcore, ma queste mamme-maitresse che investono e lucrano sul sesso delle figlie, mamme che rompono la gabbia, all’apparenza inespugnabile, dell’identità italiana, della mamma chioccia, del “son tutte belle le mamme del mondo”, della sacra famiglia, vetrina dei valori della tradizione: il matrimonio possibilmente d’amore, la maternità , la dignità .
Mi faceva sorridere mia madre quando a mia sorella che si truccava gli occhi diceva: “Che cosa sono tutti questi buttanesimi?”.
Ma chissà come avremmo reagito noi fratelli, padri e fidanzati dinanzi alla madre di Elisa che contabilizza con ingordigia: “Seimila euro, hai capito, sono dodici milioni delle vecchie lire!”.
È una mamma che predispone strategie quando la figlia le racconta che “lui mi vedrebbe bene a lavorare in Pubblitalia”.
È una mamma realista e pratica: “Se poi va male, pazienza, tanto va bene anche cosi”.
E forse Elisa un poco lo subisce, ma certamente alla sua mamma Berlusconi non basta mai: “Vi ha detto quando vi potrà rivedere?”.
Non c’è nulla di speciale nelle lupe di Arcore, nelle escort, nelle professioniste del sesso e meno che mai nelle loro baruffe, negli insulti e nelle rivalità con le gote accese – “si ammazzerebbero tra loro” confessa Iris Berardi – che sono un classico della farsa scollacciata, un topos dei teatri di periferia dove picchiandosi, tirandosi per i capelli e contendendosi i danari del caprone, le Filumena Marturano hanno sempre fatto sghignazzare i Lele Mora e gli Emilio Fede di turno.
Ma sono al contrario specialissime le madri di Elisa, di Sara, di Noemi e di molte altre, sono mamme-mezzane che dinanzi alla prostrazione psico-fisica, che sempre accompagna i più rozzi e pesanti sapori della vita (“sono in condizione pietose”) , senza pudore minimizzano (“e che sarà mai”) ed esaltano solo il valore del compenso “seimila euro, hai detto niente”.
Qui ci sono mamme che somigliano alle “parrine”, quelle che lenivano i corpi abusati nel cambio della quindicina, le acide ma benevole streghe che preparavano gli impacchi e dosavano e alternavano le tisane e il riposo allo snervamento, e intanto legavano i rotoloni di soldi con lo spago.
E i padri, che una volta erano il braccio armato dell’educazione, ora, come i fratelli, sembrano assistenti ruffiani.
E c’è il signor Faggioli che istruisce la sua Barbara nell’arte d’amare: “Tu in questo momento devi fargli vedere che gli sei vicino”.
Ed è papà che invita Barbara Guerra a dire a Berlusconi che “mio padre, per il grande rispetto che ha nei suoi confronti” è pronto a mettere una cimice nella sede dei finiani: “digli che io ci ho le chiavi”.
Anche i fidanzati, che un tempo erano gelosi, oggi sono azionisti di minoranza degli amplessi altrui, come Ale che pretende che la sua Imma si guadagni ‘i vestiti’, cioè i soldi: “… io penso che non mi dà niente
“No? Perchè no, scusa? Mi incazzo! Oh!”.
“Eh amore, ma che ne so. Io non faccio niente con lui…”.
“Eh, ma sei scema?”.
Vendute dalle madri, dai padri, dai fratelli e dai fidanzati le lupe di Arcore non sono le vittime ma l’avanguardia di un degrado familiare che non esiste in nessuna parte del mondo civilizzato ed è addirittura inaudito in Italia, che è la terra della mamma Madonna, della natalità , la patria del presepe.
Non c’erano mai state, nel pur vasto catalogo nazionale, queste povere mamme sfiorite che cercano un riscatto nel corpo delle figlie offrendolo al cliente ricco e vecchio e, allo stesso tempo, al bisturi del chirurgo estetico. Non c’era ancora, nel mito mediterraneo e matriarcale della mamma italiana, la signora Anna Palumbo che incassa ventimila euro dal ragioniere di Berlusconi: “La mia Noemi – ha dichiarato ai giornali – è una bambina che ho allevato nella luce del Vangelo e del Signore”.
Sul viso di Noemi “ci sono almeno 17 mila euro solo di lifting”, ha scritto Famiglia Cristiana: ritocchi, contraffazioni, un accanimento sull’adolescenza della figlia, sulla sua apparenza, un’educazione familiare che cerca il riscatto nella creazione di un’antropologia chirurgica, un’idea del successo fondata sui trucchi estetici e sulle foto con Berlusconi pubblicate dal manipolatore Signorini, tutti a brindare con sugar daddy, con papi, che è al tempo stesso Gozzano e Freud, la tenerezza e la pedofilia.
“Mio marito frequenta minorenni” disse la signora Veronica Lario e sul settimanale “Chi?” i Letizia divennero una famiglia-escort, finto fidanzato tronista, mamma allena e papà benedice: “Mia figlia lo chiama papi perchè la abbiamo educata nel culto di Silvio”.
Certo, ci sono nella storia d’Italia le mamme di Bellissima, con la popolana Anna Magnani che si illude che la bellezza possa riscattare proprio tutto e prima di tutto la povertà , e ci sono i concorsi e le selezioni per miss Italia con quell’immagine odiosa della mamma che sbottona la camicetta della figlia adolescente per attirare sul seno gli sguardi lubrici della giuria.
E c’è il caso, unico e terribile, e proprio per questo ricordato dalla storia, di una tredicenne ceduta a Vittorio Emaunele II “da una bruttissima mamma” che notò Carlo Dossi “prese a circolare in carrozza”.
E c’è l’Italia in quella madre felliniana che trascina la figlia davanti al divo inglese, “le presento la mia bambina, sa cantare, ballare, recitare ed è stata pure a Londra. Dai, dì qualcosa…” .
E la ragazza: “Salve”.
Ci sono insomma, nella nostra storia, le mamme disposte a tutto e magari anche ad umiliarsi ma mai a vendere le figlie e i figli, e proprio perchè mamme italiane, proprio perchè mamme-mammelle, perchè la mamma italiana ha il fascino della fragilità e della determinazione semplice e chiara e mi vengono in mente la mamma della piccola Yara e la mamma di Sarah che, pur così diverse tra loro, trattano i giornalisti con il medesimo rigore della maternità straziata.
Ci sono mamme e mogli come Marella Agnelli e come Sofia Loren e Mina e come era la stessa mamma di Berlusconi che fu l’unica cosa dolce della sua vita forsennata, o ancora – cito alla rinfusa – Luciana Castellina e Anna Craxi, Eleonora Moro, Ilary Blasi, Franca Ciampi, la Seredova Buffon, Gemma Calabresi…, signore d’Italia, padrone di casa, voci e volti antichi e moderni della tradizione della nostra civiltà femminile, donne italiane di oggi, energiche belle e nervose come Isabella Rossellini e Monica Bellucci, o riservate ed eleganti come la vedova di Enrico Berlinguer e Carla Fracci, e penso a come furono meravigliosamente mamme toste Marcella Ferrara, storica collaboratrice di Togliatti, e Palma Bucarelli, la signora dell’arte contemporanea.
Non abbiamo avuto solo Filumena Marturano, la Ciociara e Anna Magnani. Le mamme italiane sono personaggi del romanzo nazionale dei sentimenti.
E c’è “la mamma ignota”, la mamma che ancora una volta è stata cantata a Sanremo, la mamma che sogna la laurea, un genero, i nipoti e diffida delle scuole di recitazione perchè pensa, all’antica, che “femmina che muove l’anca / o è puttana o poco ci manca” che è certo un proverbio reazionario ma era una difesa contro questa smania di vendersi, contro i concorsi per “miss maglietta bagnata”, contro le selezioni per diventare veline che – va detto chiaro – non è un mestiere.
Non ci vuole il metodo Stanislavskij per trasformarsi in eccellenze del tacere agitando i fianchi, campionesse di velocità nel cambio degli stivali e dei pantaloncini corti, non è necessario frequentare l’Actor’s Studio per formare corpi senza erotismo, fantasmi televisivi, lolite smaterializzate e desessualizzate, il sesso senza eros, il ballo senza sapori.
Eppure la professione di velina eccita queste nuove mamme italiane, perchè appunto basta la “bella presenza” e nient’altro, come ha dimostrato a Sanremo Elisabetta Canalis.
Ma forse per capire il degrado e la corruzione della famiglia italiana bisogna per contrasto aver visto in tv quell’intervista rubata al papà di Ruby, al venditore ambulante marocchino e musulmano.
Sdentato, malvestito, povero ma non corrotto come i padri e le madri delle lupe italiane, ha tentato di cacciare i giornalisti urlando in dialetto sicilian-marocchino: “Itivinni, itivinni”.
E quando gli hanno detto che Ruby lo accusava di averla picchiata perchè era diventata cattolica: “Ma quali botte. Ma quale cattolica. Quella di televisione si era ammalata”.
Francesco Merlo
(da “La Repubblica“)
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Marzo 7th, 2011 Riccardo Fucile
ERA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE, MA LA CARICA FU REVOCATA A MAGGIORANZA PER “INADEMPIENZA E ATTACCAMENTO ESCLUSIVO ALLE CARICHE”… E ORA PARLA DI MERITOCRAZIA
Salta fuori un’altra perla dalla sorprendente biografia del ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini.
Risale al lontano 2000.
A Desenzano sul Garda, allora, era presidente del consiglio comunale e i colleghi la chiamavano Maria Star (era stata eletta nel ’98, con il suo voto determinante).
Ma accumulava assenze su assenze, al punto da meritarsi una mozione di sfiducia.
Tra le accuse riportate, questa: “Ha dimostrato scarsa sollecitudine nell’adempimento dei suoi doveri, è venuta meno ai compiti istituzionali e alle funzioni attribuitele”.
Le critiche più pesanti arrivarono dalla stessa maggioranza, da tre consiglieri di Forza Italia, che parlarono di “inspiegabile attaccamento esclusivo orientato alle cariche”.
Messa ai voti, nel 2000, la revoca da presidente passò con 13 favorevoli, cinque contrari e due astenuti.
Contro di lei, non solo la minoranza di sinistra, ma pure i suoi alleati, sia di Forza Italia sia della Lega Nord.
Caduta Maria Star, ebbe inizio una seconda vita, che avrebbe portato la giovane avvocatessa prima alla Camera, poi, nel 2008, sullo scranno di ministro.
Ma la delibera di Desenzano, da allora, è introvabile: sparita dall’albo pubblico del Comune, negata a chi la chiede.
(da “L’Espresso“)
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Marzo 7th, 2011 Riccardo Fucile
REO DI AVER DENUNCIATO LE INCONGRUENZE DI CONCORSI PUBBLICI DI CUI ERANO GIA’ NOTI, ALL’INTERNO DELL’ENTE, I VINCITORI ANCOR PRIMA DELL’ESITO DELLA PROVA, INDOVINANDO QUATTRO NOMI DI VINCITORI SU SEI, IL NOSTRO DIRETTORE ERA STATO CITATO IN SEDE CIVILE PER DIFFAMAZIONE E DANNI ALL’IMMAGINE DELLA PROVINCIA DI GENOVA DAL PRESIDENTE REPETTO…IL TRIBUNALE HA DECISO: NON ESISTE REATO DA PARTE DI FUCILE NE’ NEL MERITO, NE’ IN TERMINI DI DIRITTO
Quando Davide batte Golia: potrebbe essere l’immagine adatta per focalizzare questa vicenda.
Da una parte un sito coraggioso, tanti dipendenti della Provincia di Genova che ci segnalano fatti circostanziati, nomi, vicende, un politico (il nostro direttore) che non ha paura di metterci la faccia e riportare le segnalazioni, pur mantenendo la riservatezza sui nomi.
Nella speranza che qualcuno dall’alto intervenga per porre fine a una serie di concorsi beffa.
Ne parla la stampa cittadina, ma non interviene nessuna autorità preposta a dare spiegazioni e a ristabilire la trasparenza necessaria a concorsi che vedono partecipare centinaia di ragazzi e ragazze genovesi nella illusione di avere qualche chance di poter trovare occupazione.
Tace la patetica finta opposizione di centrodestra in Provincia, tacciono le autorità preposte al controllo di legittimità sulle denunce pervenute dall’interno dell’Ente, non tace la Giunta provinciale e il suo presidente Repetto.
Che, invece che nominare una commissione interna per verificare se i concorsi si sia svolti o meno in maniera consona ai regolamenti, pensano bene di citarci davanti al tribunale civile per “danni all’immagine” e diffamazione.
Un tipica operazione di “intimidazione” come denunciato in aula dal nostro legale, avv. Graziano Lercari.
Lo stesso sistema usato da altri politici del Pdl a livello nazionale contro la libera stampa, viene usato a Genova dal Pd (che pur firmava a livello nazionale appelli nei confronti di chi aveva chiesto i danni all’Unità ) contro chi ha osato sollevare il tappeto, scoperchiando la polvere annidata sotto.
E mentre partiva la caccia ai nostri presunti informatori interni in Provincia, Golia-Repetto, coi soldi pubblici, si pagava la causa contro di noi, piccoli Davide.
Neanche il decoro di pagarsela di tasca propria.
Ma a differenza di chi strepita contro la magistratura, noi non ci siamo mai lamentati, conosciamo bene le pressioni che il potere sa esercitare contro chi disturba i manovratori.
Noi abbiamo fiducia e rispetto nelle istituzioni del nostro Paese, non siamo fuggiti dal “giudice naturale”, ci siamo difesi, dimostrando la nostra correttezza.
Il tribunale ci ha dato ragione nel merito dei fatti e in punta di diritto, respingendo la richiesta della Provincia di Genova.
Quando avremo la motivazione della sentenza la pubblicheremo, per noi il caso è chiuso, per altri (dal Pdl genovese al latitante Brunetta) non è mai iniziato.
Abbiamo solo cercato di difendere il diritto di un migliaio di ragazzi e ragazze genovesi a non essere presi per i fondelli quando si presentano a sostenere un concorso pubblico.
Qualcuno forse dovrebbe chiederci scusa?
Non ci saranno scuse, tranquilli, non è nel loro Dna, cosi come il rassegnare le dimissioni per aver perseguito chi segnalava anomalie, invece che indagare su chi le aveva generate.
Questa è la politica in Italia.
In altri Paesi avrebbero subito convocato chi denunciava tali evidenti anomalie concorsuali per vederci chiaro e per ristabilire la legalità e la dignità dell’Ente.
Da noi invece si denuncia solo chi osa fare segnalazioni e magari si invita a pranzo qualche giornalista per indurlo a “soprassedere” sulla vicenda.
Questa è la “vostra politica”.
Spiacenti noi siamo diversi.
E tosti più che mai.
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Marzo 7th, 2011 Riccardo Fucile
PER GALAN IPOTESI ENEL PER LIBERARE L’AGRICOLTURA… IL PARTITO DEI VENDUTI BATTE CASSA: VUOLE UN MINISTERO E ALMENO CINQUE SOTTOSEGRETARI, MA GIA’ LITIGANO TRA DI LORO…LA LEGA ARRAFFA E PONE VETI AGLI ALTRI…E I CACASOTTO SPRECANO 350 MILIONI PER NON UNIRE I REFERENDUM ALLE AMMINISTRATIVE
Saverio Romano se l`è lasciato opportunamente sfuggire, ieri: «Mi aspetto oltre al ministero, cinque posti da sottosegretari, ma l`ultima parola spetta a Berlusconi».
Un modo per tenere il fiato sul collo del premier e del governo sul rimpasto.
Il responsabile” Romano fa due conti: «In questo momento i sottosegretari sono 50, un numero mai visto nella storia repubblicana; secondo me ragionevolmente 70 è un numero corretto. Fli ha lasciato posti liberi, al momento il governo ha 10 posti vacanti».
Comunque, è ancora tutto nel caos, pri-ma che i tasselli vadano a posto e vengano accontentati i desideri.
Berlusconi tergiversa e da Helsinki dice: «Non credo che il rimpasto sia così prossimo».
Ma in molti nel Pdl scommettono che la prossima settimana saranno nominatii due ministri e i tre “vice”; solo dopo, con una leggina da hoc, rimpolpati i sottosegretari.
E sempre sull`Agricoltura il braccio di ferro.
Romano ci spera, la Lega vuole il ministero per sè come fu ai tempi di Zaia (e pone il veto sulla richiesta “sudista”); Galan, l`attuale ministro, non vuole mollare. A meno che – ha detto a Berlusconi – non gli affidino l`Enel.
Rimpasto di governo e nomine ai vertici delle aziende di Stato appaiono sempre più intrecciati.
I Beni culturali, lasciati vacanti dal dimissionario Sandro Bondi, sono l`altra casella importante per la quale vengono indicati sia Galan che Bonaiuti.
In pole per i vice ministeri ci sono Calearo e la Bernini che però è ostacolata da La Russa e da Gasparri.
In attesa di chiudere questo conto, per il governo c`è da affrontare anche la questione dell`election day.
Il ministro dell`Interno, Roberto Maroni e tutto l`esecutivo rischiano di essere denunciati alla Corte dei Conti.
“Italia dei valori” sta preparando l`esposto.
Antonio Di Pietro sul suo blog ribadisce le cifre fatte (e contestate dal responsabile del Viminale), e cioè uno spreco di 300 milioni di euro per non avere accorpato le amministrative (il 15 e 16 maggio, e ballottaggio il 29 e 30 maggio) e i referendum contro il legittimo impedimento, sull`acqua e sul nucleare.
Il Viminale conferma che il decreto ormai c`è; che mai un turno delle amministrative è stato unito alla consultazione referendaria, il cui primo obiettivo è quello di raggiungere il quorum.
Il Pd presenterà una mozione alla Camera per chiedere l`electron day.
Ma prima che politiche, le contestazio-ni arrivano dai funzionari di polizia.
L`associazione dei funzionari di polizia denuncia la mancanza di 200 milioni di euro nel biennio 2011-2012 per garantire gli adeguamenti Istat, gli scatti di anzianità , gli avanzamenti di carriera ..
Una situazione al collasso.
Fa anche un esempio particolarmente toccante: i familiari di Massimo Ranzani, il giovane capitano caduto in Afghanistan, non potranno vedere riconosciuta economicamente la promozione che Massimo si è conquistato con la vita, perchè mancano i fondi.
Massimo Donadi, il capogruppo Idv, ha stilato un elenco delle cose che potrebbero essere fatte con i 350 milioni di euro sprecati: «Circa 300 asili, 2000 auto perla polizia, messa in sicurezza delle scuole, ripristino del fondo per le non autosufficienze, assistenza ai malati di Sla…, chi è d`accordo firmi l`appello su www.iovotoil29maggio.it».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
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Marzo 7th, 2011 Riccardo Fucile
PIDUISTA E ARRESTATO PER TANGENTI NELLA PRIMA REPUBBLICA, NELLA SECONDA BISIGNANI, VICINO A LETTA, SCARONI E I SERVIZI, E’ AL VERTICE DELLA “DITTA” CHE SI PREPARA AL DOPO BERLUSCONI, ACCREDITATA PRESSO GLI USA…DALL’ALTRA PARTE IL CARTELLO TREMONTI, FINANZA, BASOLI, LEGA CHE CERCA SPAZI… TRA INTRIGHI, CONTROLLO DELLA MACCHINA DEL FANGO, E REGOLAMENTI DI CONTI INTERNI
Il potere invisibile di B.
Nel senso di Bisignani, non Berlusconi.
Una sorta di B2, che suona bene perchè il cinquantasettenne Luigi Bisignani detto Gigi nella Prima Repubblica aveva la tessera numero 1689 della loggia P2 del Venerabile Licio Gelli.
Allora, Bisignani era un giovane andreottiano che bruciava le tappe.
Giornalista promettente dell’Ansa entra nel Palazzo come capoufficio stampa di un ministro democristiano, Gaetano Stammati.
La sua rete politica si estende all’industria e alla finanza.
Collabora con Raul Gardini e la Ferruzzi. Conosce Cesare Geronzi.
Ma l’ancièn regime del pentapartito finisce male anche per il potente Bisignani. Latitante e arrestato due volte per la maxi-tangente Enimont transitata sui conti vaticani dello Ior.
Fin qui la sua prima vita.
Per la seconda, un velo è alzato nel luglio del 2008 da un’intervista a Repubblica di Giuliano Tavaroli, l’ex capo della security di Telecom accusato di dossieraggio illecito.
Tavaroli parla dei suoi rapporti romani e dice: “Mi immagino una piramide. Al vertice superiore Berlusconi. Dentro la piramide, l’uno stretto all’altro, a diversi
livelli d’influenza, Gianni Letta, Luigi Bisignani, Scaroni, Cossiga, Pollari. È il network che, per quel che so, accredita Berlusconi presso l’amministrazione americana. Io non esito a definire questa lobby un network eversivo che agisce senza alcuna trasparenza e controllo. Mi resi conto subito che quella lobby di dinosauri custodiva segreti (gli illeciti del passato e del presente) e li creava”. Attenzione alle date.
Nel 2008 ancora non sono esplosi gli scandali sessuali del Caimano.
La situazione si ribalta del tutto nella primavera successiva del 2009. Il Cavaliere va a Casoria alla festa di compleanno di Noemi Letizia. Gianni Letta confida ai suoi amici, sconsolato: “Uno statista non può andare a una festa a Casoria”. Nell’inner circle del premier inizia l’era delle congiure per un’eventuale transizione di emergenza.
A scontrarsi sono due filiere di poteri forti.
Una è quella descritta da Tavaroli, con Letta e Bisignani, l’Eni di Scaroni, i Servizi.
Custodire segreti. Oppure crearli. Qualcuno la chiama la “Ditta”.
Nei palazzi romani il nome più sussurrato è quello di Bisignani, ufficialmente solo un stampatore con studio a piazza Mignanelli.
Il leghista Roberto Calderoli aggiunge un altro tassello, quando si sfoga per il ministero breve del suo amico Aldo Brancher, a suo dire vittima di un linciaggio mediatico: “Certi poteri forti giudicano male la politica che decide senza il loro permesso. E il Corriere della Sera è il terminale di queste manovre”.
Ed è proprio il quotidiano di Ferruccio de Bortoli, esattamente un anno fa, a essere protagonista di un giallo.
Un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul “Pdl partito fantasma” viene tolto dalla pagina e poi ripubblicato il giorno dopo per stroncare sospetti.
A sorpresa, Della Loggia istituzionalizza lo scontro in atto: “È dalla famigerata notte di Casoria, che le maggiori insidie vengono a Berlusconi e al suo governo non già dall’opposizione ma proprio dalla sua stessa parte, se non addirittura dalle stesse cerchie a lui più vicine. Dalla primavera dell’anno scorso si stanno ordendo a ripetizione intrighi, organizzando giochi e delazioni, quando non vere e proprie congiure (non mi riferisco certo all’azione del presidente Fini, il quale, invece, si è sempre mosso allo scoperto), allo scopo di trovarsi pronti, con i
collegamenti giusti, quando sarà giunto il momento, da molti dei cortigiani giudicato imminente, in cui l’Augusto sarà costretto in un modo o nell’altro a lasciare il potere”.
Avversario della “Ditta” di Letta e Bisignani è il cartello di Giulio Tremonti, che ha buoni rapporti con la Lega ma fa sponda con il finanziere bianco Giovanni Bazoli per arginare dentro Rcs Cesare Geronzi, incluso nella filiera romana.
I due frontiI si danno battaglia su tutto: dalla potenziale transizione alla gestione corrente di nomine e appalti.
La “Ditta” è bersagliata da più parti.
Letta viene azzoppato dalle inchieste sulla cricca di Bertolaso e Anemone, anche se non usciranno mai le temute intercettazioni sul suo conto.
Prima ancora viene accusato dai falchi del Pdl sulle falle nella rete di sicurezza delle residenze del premier.
Ma tocca ancora al leghista Calderoli sparare un nuovo attacco sulle congiure della “Ditta” ed evocare le elezioni anticipate per sventarle: “Quando i leader di una maggioranza lo decidono si va alle urne. E così si dà una lezione ai viscidoni che anche all’interno del governo mantengono ambigue connivenze coi poteri forti. Ce n’è uno in particolare, ma non è il solo, ce ne sono dieci-venti che hanno la coscienza sporca. Chi deve capire capisce. Ma stia certo il Gran Visir dei poteri forti: non l’avrà vinta”.
Il ministro Brunetta gli dà manforte e arriva a parlare di “èlite di merda che preparano un colpo di Stato”.
Lo stesso Berlusconi fa riferimento a “un’entità esterna” che lavora contro il governo.
Qualche giorno dopo, sarà il suo fedele Confalonieri a dare l’interpretazione autentica: “Ovunque l’opposizione tenta di far cadere i governi; la differenza è che in Italia l’opposizione non la fanno i partiti di sinistra, che sono messi malissimo, ma una parte dell’establishment”.
Non solo: come riportato dall’Espresso, il Cavaliere definisce così Bisignani: “Oggi è l’uomo più potente in circolazione. Più potente di me”.
Il versante più torbido della “Ditta” sarebbe però un altro ancora: per una fase Bisignani è vicino, attraverso la zarina berlusconiana Daniela Santanchè, al Giornale di Feltri e Sallusti nel momento in cui il quotidiano è accusato di essere una macchina del fango.
Custodire segreti oppure crearli.
Primo step: il caso “Boffo-Avvenire”, che in realtà serve a cuocere lento il Cavaliere perchè gli brucia i rapporti con la Chiesa, già precari per il bunga bunga.
Quando è il turno di Fini con la casa di Montecarlo, sono i colonnelli di Fli a dare addosso a Bisignani, come “il braccio destro operativo di Gianni Letta, l’uomo delle nomine delicate, che governa nelle informazioni più sensibili il sito di Dagospia, sostenuto dai finanziamenti di Eni ed Enel”.
Oggi nell’inner circle del Caimano i due fronti litigano per un succoso pacchetto di nomine, funzionale al fatidico dopo Berlusconi.
Nella battaglia finale qualcosa è cambiato: Bisignani e Santanchè hanno rotto, il “Corriere” appare riposizionato su Tremonti e dà spazio all’inchiesta sulla P4.
E nella “Ditta” si guarda con interesse alle inchieste sugli uomini più legati al ministro dell’Economia, come Marco Milanese.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, economia, emergenza, Giustizia, governo, la casta, LegaNord, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Marzo 7th, 2011 Riccardo Fucile
LUI: “TI SI VEDE ENTRARE IN UNA CASA A ROMA”, E NICOLE: “NON VORREI QUELLO EH…E’ UNA CASA A CAMPO DEI FIORI, INTESTATA A NESSUNO DI SIMPATICO”….”SE CI SONO DELLE FOTO LE SI COMPRANO SUBITO, MI RACCOMANDO”…”SI CERTO, INTANTO LUI NON L’HANNO VISTO ENTRARE LI’ IN QUESTI GIORNI”
«Magari ti hanno visto entrare in quella casa, e dicono: Nicole Minetti a Roma entra nella casa di…», l’avvisa allarmato al telefono il fidanzato da Milano. E
lei: «Eh, non vorrei quello, eh… È una casa in Campo dei Fiori, che non è ovviamente intestata a nessuno di simpatico», anche se «lo sanno tutti di chi è ‘sta casa, cioè non è che ci voglia una laurea (…). E comunque se ci sono delle foto, mi raccomando, cioè intercettale, che le si comprano immediatamente».
Di chi è la casa a Roma in cui Minetti ha paura che qualche fotografo l’abbia vista entrare?
E perchè sarebbe così necessario comprare le eventuali fotografie per toglierle dal mercato?
È forse l’equivalente a Roma dell’Olgettina milanese?
Il 13 dicembre del 2010 Minetti lamenta che un certo «lui» non si faccia sentire e «io sto dormendo a casa di Cinzia, non mi ha neanche fatto dormire da lui ‘sto str…!».
«A me invece sono andata là e mi ha dato tre fiorellini», risponde Marystelle Polanco.
La sera dopo il fidanzato avvisa Minetti del rischio di foto di lei a Roma dopo la cena dei senatori pdl all’Excelsior.
Minetti: «Comunque se ci sono delle foto, mi raccomando, cioè intercettale che le si comprano immediatamente».
Simone: «Sì, ma se sei tu a Roma che stai camminando, che te ne frega! (…) Cioè, dimmi che se sei tu con la Cinzia Molena certo che te le compro (partecipante al Grande Fratello 5 e attrice di Centovetrine, ndr), perchè non è una bella immagine, proprio sinceramente…».
Minetti: «No, a prescindere da quello, poi soprattutto magari che entra in questa casa in particolare».
Simone: «Ah! Cavolo c’hai ragione!».
Minetti: «Eh! Hai capito? Che non è casa mia e non è casa tua (…) È una casa in Campo dei fiori, cioè che non è ovviamente intestata a nessuno di simpatico (…) Poi magari sono entrata anche con la Cinzia, cioè… e dicono “Ah! Hai capito? Allora alloggiano, fanno disfano”».
Simone: «Beh, ma tanto lui non l’hanno mai visto comunque entrare lì in questi giorni (…) Comunque io glielo dico (al fotografo ndr), “qualunque cosa se fanno delle foto eccetera, dalle a me come al solito che”…».
Lu. Fer. G. Guas.
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Marzo 7th, 2011 Riccardo Fucile
SENTENZA DELLA CASSAZIONE: NESSUN OBBLIGO DI INFORMARE IL PARLAMENTO…I FINIANI CHIEDERANNO AL PDL IL DIETROFRONT SULLA RICHIESTA DI SOLLEVARE IL CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE
«Rientra nelle attribuzioni dell’autorità giudiziaria verificare i presupposti della propria competenza».
Due righe della Cassazione gelano chi, nel Pdl, è convinto che spetti «solo ed esclusivamente» alle Camere stabilire se un reato commesso da un ministro è, oppure no, “ministeriale”.
I supremi giudici non la pensano così perchè, scrivono, non solo spetta al magistrato stabilire i confini della sua effettiva competenza e decidere di che natura è il delitto di cui si sta occupando.
Una volta stabilito, la toga «non ha alcun dovere di informare la Camera di appartenenza dell’interessato».
Cassazione, sesta sezione penale, in ballo il caso di Clemente Mastella, l’ex Guardasigilli imputato a Napoli di concussione.
Reato giudicato comune, Camere non avvisate, ricorso degli avvocati nel processo e conflitto di attribuzioni sollevato dal Senato (la Consulta decide sull’ammissibilità il 9 marzo).
Ma la Suprema corte si pronuncia.
Il Sole-24 ore trova e pubblica la decisione e si riaccende lo scontro sul conflitto di attribuzioni che i capigruppo Pdl, con una lettera, hanno chiesto a Fini di proporre per contrastare il Rubygate.
Nino Lo Presti, componente futurista della giunta per le autorizzazioni, sfrutta subito la decisione di piazza Cavour: «Avevamo visto giusto. Il conflitto è prematuro. Bisogna attendere che il tribunale di Milano prima e la Cassazione poi si pronuncino sulla competenza. Con una questione preliminare proporrò che l’esame della richiesta dei capigruppo sia sospeso».
All’opposto, il capogruppo del Pdl in giunta Maurizio Paniz parla di una decisione che «non sorprende» e che «non va strumentalizzata».
Sta di fatto però che la Cassazione mette un paletto ben rigido quando riafferma l’assoluto potere del giudice di pronunciarsi sulla ministerialità del reato, «senza avvisare la Camera».
Tant’è che il ricorso di Mastella – dov’è scritto che sarebbe stato «abnorme» non compiere questo passo – viene respinto.
Del pari, i pm di Milano si sono comportati correttamente quando hanno deciso quale fosse la natura del reato commesso da Berlusconi e altrettanto bene ha fatto il gip quando ha trattato la richiesta del rito immediato senza rilevare vizi di competenza.
Tutto questo senza sentirsi in dovere di avvisare la Camera di quanto stava avvenendo.
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