Marzo 21st, 2011 Riccardo Fucile
A GENOVA I GIOVANI FUTURISTI OFFRONO UN SERVIZIO GRATUITO PER FAVORIRE L’INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI, LA BECERODESTRA DE “IL GIORNALE” SENTENZIA: “NON E’ UNA INIZIATIVA DI DESTRA”…. PENSANO DI POTER DARE LE PAGELLE, MA SONO SOLO DEI CATTIVI MAESTRI ABITUATI A BACIARE L’ANELLO AI DITTATORI E AD ANDARE A PRANZO CON I MAGGIORENTI DI SINISTRA
In concomitanza con le celebrazioni del centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, i giovani di Generazione Italia hanno lanciato a Genova la campagna di iscrizioni al corso di lingua italiana, dedicata ai cittadini stranieri della città .
Spiega Paola del Giudice, una delle responsabili dei giovani Fli: “destinatari sono i cittadini stranieri maggiorenni e in possesso di regolare permesso di soggiorno. In una prima fase, che inizierà il prossimo 28 marzo, il corso si articolerà in alcune giornate full immersion, che si svolgeranno al mattino».
“Molti cittadini stranieri pur vivendo da molti anni in Italia e pur avendo un’importante esperienza lavorativa e scolastica, non hanno raggiunto un livello di efficienza e padronanza della lingua italiana- continua la del Giudice – il progetto si pone l’obiettivo di realizzare un’azione formativa che fornisca a questi cittadini gli strumenti adeguati per migliorare le loro competenze linguistiche”.
Il corso in particolare si propone di: migliorare il grado di conoscenza della lingua partendo dalle regole grammaticali di livello elementare e proponendo attività focalizzate sulle quattro principali abilità linguistiche: comprensione orale, comprensione scritta, produzione orale e produzione scritta con esercizi di grammatica, conversazione, ascolti, role play e project work.
Estendere il vocabolario quotidiano e specialistico (riferito al mondo del lavoro e della scuola) e riflettere sugli aspetti comunicativi della lingua e sul suo uso nelle diverse situazioni sociali e lavorative.
«Fli è un partito aperto a tutti, una forza di destra legalitaria che ha nell’integrazione e nel rispetto reciproco tra le diverse comunità uno dei suoi scopi di esistere — spiega Enrico Nan, coordinatore regionale di Fli — questa iniziativa è una delle prime volte a raggiungere una vera coesione sociale tra chi ha origini diverse ma si riconosce nella nostra Italia”.
Fin qui la notizia.
Ma ecco come commenta l’iniziativa la redazione locale de “Il Giornale”: “L’evoluzione di Gianfranco Fini non termina mai, così i suoi adepti liguri continuano a studiare iniziative che tutto appaiono meno che di destra: i giovani di Futuro e Libertà hanno aperto le iscrizioni per un ciclo di lezioni completamente gratuite per chi, anche se vive e lavora da anni in Italia, non ha ancora padronanza con la lingua”.
Per i berluscones e i legaioli della redazione non sarebbe quindi di destra “insegnare l’italiano agli immigrati”, ma pensate un po’…
Forse è di destra che restino ignoranti?
Forse è di destra non favorire la loro integrazione nel nostro tessuto sociale?
Che penoso autogol quello del quotidiano sallustiano: d’altronde non a caso la loro “becerodestra” li porta a frequentare e difendere leader democratici come Gheddafi o localmente ad andare a pranzo con esponenti di sinistra che rimettono querele dopo qualche “patto del tiramisu”, piuttosto che della crostata.
Riportiamo comunque la replica della giovane Del Giudice al quotidiano dei cattivi maestrini dalla penna rosè
“Non c’è da stupirsi se oggi c’è ancora chi pensa che in Italia essere di destra significhi non essere vicino ai temi del sociale e alle esigenze delle fasce più deboli della popolazione.
Non c’è da stupirsi se c’è chi ancora esita a credere che Futuro e Libertà stia andando in una direzione volta all’integrazione dei cittadini extra-comunitari per un loro inserimento armonioso con la cultura e la società italiana.
Dico che non c’è da stupirsi perchè chi oggi ci critica forse è il primo a discriminare chi è “straniero”, considerandolo a priori un cittadino di “serie B”.
Tra le righe della Bossi Fini invece non è difficile cogliere la differenza dei provvedimenti per gli immigrati clandestini e gli immigrati regolari a favore dei quali la legge prevede il rilascio del permesso di soggiorno per chi possa dimostrare di svolgere un lavoro e potersi sostenere economicamente.
A questa regola generale si aggiungono i permessi di soggiorno speciali e quelli in applicazione del diritto di asilo.
La sanatoria Bossi Fini ha sanato molto di più rispetto ai precedenti provvedimenti in materia e nel 2002 ha permesso a circa il 75,2% degli immigrati stranieri di poter regolarizzare il loro stato di permanenza.
Insomma la Bossi Fini ha coinvolto tanti immigrati quanti se ne contarono nelle tre regolazioni degli anni ’90. (fonte: terre libere.org).
Infine non dimentichiamo che tra i primi traguardi a cui mira Fli c’è il riconoscimento della “italianità ” dei figli di immigrati nati nel nostro e loro Paese.
Per concludere ricordo agli amici “sallustiani” che siamo un partito di destra e di destra rimarremo, come sempre aperti a chi ama l’Italia, a chi ogni giorno studia e lavora onestamente, senza guardare al colore della pelle e alla provenienza geografica.
Solo uniti garantiremo la rinascita culturale e civile del Bel Paese.
Andiamo avanti destinazione integrazione, destinazione civiltà !
Paola Del Giudice
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, denuncia, destra, Futuro e Libertà, Genova, Immigrazione, PdL, Politica, radici e valori, Stampa | 2 commenti presenti »
Marzo 21st, 2011 Riccardo Fucile
TRE ANNI FA ABBIAMO ACCOLTO 32.000 PROFUGHI, PERCHE’ ORA NON SAREMMO IN GRADO DI SISTEMARNE 14.000?….A CHI FA COMODO TENERE FERMI 5.000 TUNISINI A LAMPEDUSA, INVECE CHE SMISTARLI ALTROVE?…TRA RICATTI ALL’EUROPA E SPOT ELETTORALI… LA GERMANIA NE ACCOLSE 90.000 SENZA CHIEDERE AIUTO A NESSUNO
Sale la tensione a Lampedusa dopo l’arrivo di altri barconi carichi di immigrati, che
hanno portato il totale sull’isola a sfondare il numero dei 4mila. Alcune centinaia, con i vestiti inzuppati dalla pioggia e alcuni in precarie condizioni fisiche, restano sulla banchina del molo bloccati dalla popolazione dell’isola.
Un braccio di ferro tra lampedusani e governo di cui stanno facendo le spese i nordafricani appena sbarcati.
Il problema, ha spiegato il sindaco di Lampedusa, Dino De Rubeis, è legato alle tende che si trovavano a bordo del traghetto arrivato domenica mattina da Porto Empedocle: i lampedusani non le vogliono e ne hanno impedito lo sbarco fino a sera perchè chiedono che non sia allestito un campo sull’isola ma che gli immigrati vengano trasferiti.
«Il governo non rispetta la popolazione e sta mettendo in serio pericolo tutti i cittadini di Lampedusa – dice il sindaco De Rubeis – c’è il rischio di uno scontro con le forze dell’ordine e la responsabilità è di Maroni e del prefetto Caruso. Lampedusa ha dimostrato un’accoglienza esagerata mentre il resto dell’Italia dimostra di non volere neanche un immigrato».
In serata c’è stata la mediazione del ministro Alfano che ha parlato con il sindaco e ha assicurato che della questione dell’isola si parlerà al Consiglio dei ministri in programma oggi.
In ballo ci sono una zona franca per Lampedusa, riduzione delle tasse, forse dell’Iva, rimborso dei danni immagine per il turismo, una nave in rada per accogliere i migranti, nessuna tendopoli e soprattutto l’impegno a portare via da martedì 500 clandestini al giorno.
Sono stati fatti sbarcare i tir dal traghetto che aveva fatto scattare l’ultima rivolta ma questi sono rimasti in porto, senza che venisse montata alcuna tenda.
Una beffa finale per le centinaia di migranti, destinati a passare un’altra notte all’addiaccio.
Sul traghetto che riparte con 12 ore di ritardo, sono stati imbarcati 200 migranti.
Il sindaco domenica ha anche rivolto un appello al presidente della Repubblica Napolitano affinchè intervenga nuovamente «per sbloccare la situazione e non fare affondare l’isola».
«L’atteggiamento dello Stato è vergognoso – ha concluso – l’Italia sta consentendo che queste migliaia di immigrati vengano trattati come bestie, obbligate a dormire sotto l’acqua. Tutta l’Italia dovrebbe vergognarsi».
A Lampedusa c’è una situazione «inaccettabile» e serve «una risposta celere» affinchè siano garantite condizioni di vita migliori per gli immigrati.
Lo dice il commissario straordinario della Croce Rose, Francesco Rocca, che è arrivato sull’isola.
«Comincia ad esserci numeri importanti – dice – serve una risposta celere perchè è inaccettabile questa situazione ed è inaccettabile che le persone passino la notte in queste condizioni».
Rocca ha anche assicurato che la Croce Rossa è pronta anche ad aumentare la presenza del personale sia a Lampedusa e sia negli altri centri sparsi in Italia.
Ma è l’ora di esprimere un severo giudizio politico su questa vicenda e capire perchè il governo stia giocando con il fuoco e la propria inefficienza.
Quando sono arrivate le prime barche di tunisini in fuga dal loro Paese, Maroni per giorni si è rifiutato di aprire le porte del Centro di assistenza di Lampedusa, sostenendo che farvi accedere gli immigrati avrebbe rappresentato un segnale pericoloso che avrebbe indotto altri a venire in Italia.
Quindi meglio nasconderli distribuendoli in altri Centri.
Tesi bizzarra, tipicamente leghista, che dopo qualche giorno è stata sconfessata dallo stesso ministro.
A quel punto si è aperto il Centro che può accogliere 800 persone, fino ad un massimo di 2.000, facendo dormire la gente per terra.
Siamo arrivati a quasi 5.000 presenze e il governo non ha più spostato nessuno.
Il motivo ufficiale? Non c’è posto altrove.
Ma qui sta il bluff.
I profughi arrivati ultimamente in Italia sono 14.000 in totale, meno della met�
dei 32.000 arrivati tre anni fa, prima dell’accordo con Gheddafi.
Come mai tre anni fa ne abbiamo accolto 32.000 senza fare tanto casino e ora che sono appena 14.000 non ci sono più posti?
In realtà si vuole forzare la vicenda per due scopi:
1) far vedere alla Comunità europea che non riusciamo a gestire l’esodo e che quindi se li devono prendere in carico anche altri Paesi
2) sfruttare questi poveri profughi per ricreare in Italia la psicosi immigrazione e poterla sfruttare elettoralmente a vantaggio leghista
Se in linea di principio la ripartizione degli immigrati tra i vari Stati europei ha un senso logico, perchè la Germania poco tempo fa si è dovuta fare carico da sola di ben 90.000 profughi dai paesi dell’est senza che nessun altro Stato europeo (in primis l’Italia) muovesse un dito?
La Germania ha accolto 6 volte i profughi di cui stiamo oggi discutendo senza starnazzare come sta facendo il governo italiano.
Maroni e compagni di merende farebbero bene a fissare un tetto di accoglienza perlomeno analogo ai 32.000 di tre anni fa e organizzare strutture adeguate e degne di un Paese civile.
Nel frattempo cercare una soluzione a livello europeo di comune solidarietà .
Altro che pattugliamenti e respingimenti con la forza, come già si cerca di ventilare.
Altro che bloccare 5.000 esseri umani a Lampedusa e farli dormire seminudi sul molo.
Li sfamino le regione ricche della Padania, invece che bloccarli nelle isole povere del Sud.
Questa è solidarietà umana verso chi fugge dalla guerra.
E poi il governo si faccia promotore di inziiative economiche e imprenditoriali nei Paesi del Magreb, attraverso opportuni investimenti che aiutino le nuove democrazie a decollare.
Aiutarli a casa loro, certo.
Peccato che l’Italia sia uno Stato moroso e perennemente in ritardo nei versamenti previsti dagli accordi internazionali di cooperazione che pur abbiamo sottoscritto.
Senza dimenticare che per ottenere aiuti dalla Ue occorre anche avere quella credibilità che purtroppo il governo del “bunga bunga” non ha nel consesso internazionale.
E chi ci rimette come al solito sono i più poveri, costretti a dormire sui moli a Lampedusa, perchè l’Italia ha scordato le parole solidarietà ed efficienza.
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Marzo 21st, 2011 Riccardo Fucile
IN FUTURO E LIBERTA’ NON SI STA PER GESTIRE RENDITE DI POSIZIONE…LA POLITICA E’ ALTRO: “E’ AVERE CAOS DENTRO DI SE’ PER PARTORIRE UNA STELLA DANZANTE”
Amici appassionati di rugby spiegano dettagliatamente che il posizionamento è una cosa essenziale, che senza posizionamento non si va da nessuna parte. Lo stesso fanno gli appassionati di calcio.
E la stessa cosa, questa è un’esperienza diretta, vale per il basket.
«Tieni la posizione!», urlava il mio allenatore.
Non gli si può non credere, quindi. Ma la questione si ferma qui.
E nessuno ci venga a dire che la stessa cosa deve valere per la politica. Eppure, ascoltando molti interventi durante l’Assemblea nazionale di Fli di ieri, sembra che la questione “dirimente” sia ancora questa.
La domanda più frequente è stata: dove ci conviene stare?
Accantonando altre quisquilie del tipo: cosa è giusto e sbagliato? Chi siamo? Che Italia vogliamo? Che politica sogniamo?
Di fronte a un leader come Gianfranco Fini che da anni va ripetendo fino alla noia che l’importante è ragionare sul futuro dell’Italia, sulle nuove sfide, sulle nuove domande e sulle nuove risposte, c’è una classe dirigente che si attarda ancora a discutere su “dove stare”.
Poco importa se, nella gestione della res publica, “tenere la posizione” non può che essere in fin dei conti sinonimo di pigrizia mentale e conservatorismo.
Poco importa se solo le burocrazie (e gli apparati) tengono la posizione “fino alla morte”.
Poco importa se il nuovo movimento (“nuovo”) è nato proprio nella logica di abbattere lo schematismo ideologico.
Sul palco i discorsi si sono attardati ancora nella logica paranoica del “posizionamento”.
C’è chi ha parlato d’impossibile equidistanza tra centrodestra e centrosinistra. «Noi dobbiamo stare un po’ più qua perchè gli altri stanno un po’ più là ». (Strano per un partito che in Sicilia governa con il Pd).
Nessuna discussione sul merito delle questioni, solo allenatori parecchio imbolsiti che urlano con affanno: «Tenete la posizione!».
Ma la politica non è roba da mediani. È roba da fantasisti.
Soprattutto per un partito che nasce nuovo per rompere con un sistema di potere come quello berlusconiano (o no?).
E invece, sul palco lento dell’Assembla nazionale, c’era chi si incaponiva a spiegare come dover interpretare il ruolo dell’ala destra del terzo polo.
Chi, ancora, cercava linearità con esperienze politiche morte e sepolte. Discorsi degni di un vecchio apparato di un vecchio partito di una vecchia storia.
Altro che “nati nell’89”, altro che rivolta generazionale.
Solo la strenua difesa di qualche rendita di “posizione”.
Di qualche orticello. Sempre più piccolo. Sempre più risibile.
Ma la politica è altro.
È avere un caos dentro di sè per partorire una stella danzante, per dirla con Nietzsche.
Altro che “posizionamento”.
Filippo Rossi
(da “il Futurista“)
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Marzo 21st, 2011 Riccardo Fucile
L’ISOLA E’ AL COLLASSO E NON VUOLE LE TENDOPOLI…DOVEVA ESSERE UN POSTO DI TRANSITO PER I PROFUGHI, E’ FINITO PER ESSERE UN LAZZARETTO BLOCCATO… PRIMA NON VOLEVANO APRIRE IL CENTRO, ORA COSTRINGONO A STARCI 4.000 PERSONE INVECE DELLE 800 POSSIBILI: DELIRIO MARONIANO
Poi verrà un giorno in cui di tutto questo ci dovremo vergognare. 
Vergognarci di aver lasciato solo Hamid dopo 38 ore in mezzo al mare, con soltanto una felpa addosso.
Tremava come sull’orlo di morire, due infermieri l’abbracciavano ma non bastava.
Allora uno dei due – grosso e con i capelli bianchi – si è sdraiato sopra di lui e sul cemento della banchina del porto, non avendo altro per scaldarlo.
Erano le 11 di ieri mattina, altri 320 immigrati stavano sbarcando.
Li contavano in fila per tre, ordinati. E qualcuno sorrideva e faceva il segno di vittoria, se ne aveva la forza, perchè ancora non aveva capito cosa lo stesse aspettando.
Tutto già successo, già raccontato, enorme e senza risposte.
Basterebbero gli aggettivi dei compassati documentaristi della Bbc, che da una settima stanno seguendo ogni ombra di Lampedusa, per spiegare come ci vede il resto del mondo.
«Pazzesco». «Assurdo». «Disumano». «Ma perchè non viene nessuno?». Come se davvero i collegamenti con l’Italia fossero interrotti.
Succede che alle 8 di sera vengono avvistati altri otto barconi.
Si annuncia l’ennesima notte al freddo a distribuire tozzi di pane e cartoni di latte, le ultime scarpe da ginnastica made in China.
Ormai si accucciano anche sotto i rimorchi dei camion, ovunque. C’è mare, vento, freddo, tutti i ragazzi arrivano fradici.
I tunisini sono più di 4000 mila. L’isola sta esplodendo.
E mentre succede tutto questo, va in scena la manifestazione dei lampedusani contro lo sbarco della tendopoli.
Anche loro lasciati soli.
Dalle 9 di mattina bloccano la strada di accesso al porto. La stessa di Hamid. La bloccano perchè non vogliono che dal traghetto Siremar scenda il tir con sopra le prime 37 tende che dovrebbero comporre il campo di emergenza, nella zona della vecchia base militare.
Hanno il terrore che quelle tende restino qui per sempre.
Paura di giocarsi la stagione turistica.
In prima fila, davanti ai carabinieri in tenuta antisommossa, ci sono Pina, Patrizia, Angela e Maria Luisa. Sedute di traverso occupano tutta la strada. Non passa nessuno. Dietro di loro, il paese si dà il cambio.
Così la scena è paradossale: in porto continuano ad arrivare vecchie carcasse di pescatori africani, ma non parte l’unica nave italiana che collega Lampedusa all’Europa.
Il sindaco Bernardino De Rubeis cerca di condurre la trattativa.
La protesta arriva al Governo. Telefona il ministro di Grazia e Giustizia, Angelino Alfano.
Il sindaco torna indietro con delle rassicurazioni: «Mi hanno assicurato che si terrà un Consiglio dei Ministri straordinario, forse già domani.
Lampedusa sarà una zona franca, avremo sconti sulle tasse, il territorio riceverà ristoro, faranno una campagna televisiva per promuovere il turismo. Metteranno anche una nave in mezzo al mare per la prima accoglienza.
E da domani incominciano le partenze: 300 al giorno. Ma quelle 37 tende devono sbarcare».
Lo aggrediscono, quasi lo insultano: «Non ci fidiamo, basta promesse! Noi non ci muoviamo da qui».
Poi va in scena quello che viene definito il ricatto del pesce. «Se non accettiamo le tende, il traghetto non porta il nostro pescato al mercato».
Ma anche il rischio economico non fa cambiare opinione ai lampedusani. Così alle 9 di sera la situazione è la stessa delle 9 di mattina. Sbarchi e tensione.
Va detto che gli agenti stanno facendo il massimo per tenere la situazione sotto controllo, come gli operatori della Croce Rossa e di Medici Senza Frontiere.
Ma è una tragedia molto più grande di loro.
In tutta questa solitudine si perdono migliaia di storie.
Come quella di Wissem Alayat, arrivato da Parigi in cerca di suo fratello: «L’ho sentito lunedì notte al telefono, era in mare. Felice, mi ha detto di salutare papà . Che ci saremmo visti presto. Ma l’attimo dopo ho sentito delle grida, panico a bordo. Il telefono staccato».
Wissem Alayat è qui perchè ha saputo che i pescatori di Lampedusa giovedì mattina hanno raccolto due cadaveri in mare.
Vorrebbe vederli, ma finora non c’è riuscito.
Gli hanno detto che le bare sono sigillate. Si è dovuto accontentare della descrizione dei corpi stilata dal medico legale.
Uno dei due è di età compatibile, ma indossava calze per vene varicose. Wissem Alayat non ha ancora capito se sia ciò che resta di suo fratello Jaouher.
Intanto da due giorni sta riprendendo con una piccola telecamera tutto quel che vede.
Ha dormito nel centro di accoglienza come un profugo, ammassato con più di duemila persone.
«Io devo mostrare l’Italia ai tunisini – spiega -, devo andare a fargli vedere come vengono accolti qui. Loro partono convinti di trovare il paradiso, ma finiscono peggio dei cani».
Niccolo’ Zancan
(da “La Stampa“)
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Marzo 21st, 2011 Riccardo Fucile
SBLOCCATE LE ADDIZIONALI REGIONALI, NUOVE TASSE SUL RUMORE E SUI SUV…PIU’ TASSE IN MEDIA DI 230 EURO A TESTA….CHI HA UN REDDITO SUPERIORE A 28.000 EURO NEL 2015 PAGHERA’ 862 EURO IN PIU’…GRAZIE LEGA!
Si appesantisce la stangata che il federalismo porterà nelle tasche degli italiani.
Il nuovo testo sul fisco regionale e provinciale, contenuto nel parere del relatore di maggioranza al provvedimento, Massimo Corsaro (Pdl), scongela anche l’ultimo ostacolo rimasto sulla strada dell’aumento delle addizionali regionali: i governatori avranno mani libere fin da quest’anno.
In sostanza quelle Regioni che non hanno sfruttato la possibilità di portare l’aliquota al tetto massimo dell’1,4 per cento adesso potranno farlo liberamente avendo a disposizione un anticipo di un anno rispetto alla precedente stesura del provvedimento che apriva le porte agli aumenti solo dal 2012.
Come è noto la corsa dei rincari non si fermerà qui: il decreto conferma la scalettatura delle possibilità di aumento delle aliquote che stabilisce il tetto del 2 per cento nel 2014 e del 3 per cento nel 2015.
Secondo uno studio della Uil, se tutte le Regioni si avvalessero della possibilità di portare l’aliquota al 3 per cento nel 2015, l’aggravio sarebbe di 226 euro pro-capite (82,8 per cento) con punte che possono arrivare, per le fasce sopra i 28 mila euro, a 862 euro.
Lo scongelamento delle aliquote regionali fa il paio con quello delle addizionali comunali, contenuto nel contrastato decreto sul federalismo municipale: in base a questo testo già da quest’anno sono possibili gli aumenti delle addizionali comunali in quei municipi sotto lo 0,4 per cento (0,2 nel 2011 e 0,2 nel 2012).
In totale, se tutti i Comuni facessero scattare i rincari, per il contribuente medio ci sarebbe un esborso di 94 euro (+63,9 per cento).
Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha tenuto a sottolineare il senso dell’intera operazione.
“Non è un esercizio finanziario ma politico e di democrazia”, ha detto il ministro a Cernobbio ed ha aggiunto che il federalismo “non si fa solo sulle entrate ma anche sulle uscite” e ci “mette in linea con la morale pubblica”.
Beati lui che pensa sia morale pagare sempre più imposte.
La partita delle tasse tuttavia non è finita.
Il nuovo testo del decreto prevede che le Regioni potranno disporre anche delle imposte sulle “emissioni sonore degli aeromobili”, la cosidetta “tassa sul rumore”. A
rriva anche la possibilità per le Province (così come previsto per i Comuni) di introdurre una tassa di scopo per la costruzione di opere pubbliche.
Tra i tributi propri delle Regioni rispunta anche la maxi tassa sui Suv che potrebbe essere applicata riscuotendo 8 euro su ogni kw eccedente i 130: sarà destinata a finanziare il trasporto pubblico locale.
La misura potrebbe essere presentata lunedì nel nuovo testo che il ministro Roberto Calderoli si appresta a portare in Commissione e potrebbe essere già oggetto di valutazione nella Conferenza delle Regioni e delle Province autonome che si riunirà il giorno successivo.
Il via libera al federalismo rimane infatti, per le Regioni, condzionato ai finanziamenti per il trasporto pubblico locale: se non verranno ripristinati i 420 milioni tagliati alle Regioni per il 2011, è possibile che queste trasformino il parere sul federalismo in “contrario”.
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Marzo 21st, 2011 Riccardo Fucile
LUIGI MURO PASSA A FUTURO E LIBERTA’: “LA MIA NON E’ CERTO UNA SCELTA DI CALCOLO, FORSE NON VERRO’ RIELETTO DEPUTATO, MA NON MI IMPORTA UN BEL NULLA: NON L’HO FATTO FINO A 50 ANNI, POSSO ANCHE NON FARLO PIU'”
Luigi Muro lascia il Pdl e passa a Fli. 
E’ questa la sorpresa della prima assemblea nazionale di Futuro e Libertà a Roma.
Il deputato napoletano è subentrato alla Camera al posto del dimissionario Domenico De Siano che ha optato per l’incarico di consigliere regionale in Campania.
Il gruppo di Fli a Montecitorio torna così a quota 29 parlamentari anche se sul numero definitivo pesa il ritorno di Giulia Cosenza nel Pdl, annunciato nelle scorse settimane ma non ancora formalizzato.
‘Come dice il presidente Fini, ora inizia una traversata a piedi nel deserto – dice Muro dal palco dell’assemblea – Ho voluto parlare con il presidente Berlusconi, i coordinatori, i capigruppo ed il coordinatore regionale. A tutti ho detto che non intendevo proseguire e che la mia è una scelta non di mero calcolo, ma di riflessione politica”.
“Al cuore non si può comandare – sottolinea Muro – Il mio cuore ed il mio cervello mi hanno imposto di venire in Fli. Non so se sarò rieletto deputato ma non l’ho fatto fino a 50 anni posso anche non farlo più”.
“Sono un umile rappresentante di una classe dirigente del Sud che non vuole prebende – conclude – contraria alla nascita di tanti piccoli partiti nel Mezzogiorno”.
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Marzo 21st, 2011 Riccardo Fucile
L’ORRORE DELLA REPRESSIONE ORDINATA DAL CRIMINALE GHEDDAFI NON RISPARMIA DONNE E BAMBINI….PARLA OMAR, UN PROFESSIONISTA LIBICO FUGGITO GIOVEDI DAL SUO PAESE
Omar (nome di fantasia) è un libero professionista libico. In Italia ci è arrivato giovedì.
E’ partito dal Cairo dopo l’inizio dei bombardamenti a Ajdabiyah, città a 160 chilometri da Bengasi.
“Siamo partiti in 14 su minibus privati diretti verso il confine egiziano che oggi, con tutta probabilità , è chiuso. Alcuni di noi, tra cui anche donne e bambini, sono rimasti in Egitto, altri sono venuti in Italia o si sono diretti a Beirut. Le milizie non controllavano la frontiera e gli egiziani hanno aiutato i profughi libici facilitando le pratiche burocratiche dei passaporti. C’erano molti volontari disposti a darci una mano”.
Omar era in Libia sin dall’inizio della rivoluzione, ma due giorni fa ha deciso di partire prima che la situazione degenerasse anche a Bengasi, come è accaduto nelle ultime ore.
Spiega che l’informazione dei media occidentali è stata carente, che non hanno fornito una copertura esauriente di quanto accadeva a Tripoli.
“I giornalisti hanno fatto un uso massiccio delle notizie diramate da Jana, l’agenzia governativa. Certo, è stata data voce anche a denunce e al massacro dei civili, ma le fonti più attendibili erano le forze di opposizione. Non sono d’accordo con chi li chiama ribelli o insorti. Sono soltanto oppositori del regime”.
Gheddafi, che Omar definisce “un pazzo visionario, un megalomane che vuole spargere sangue per entrare nella storia”, ha sottoposto il suo popolo a violenze e repressioni durissime.
“Da est a ovest del paese ci sono stati rastrellamenti sistematici casa per casa. I primi sono stati a Tripoli dopo il 17 febbraio, giorno della manifestazione ufficiale a Bengasi contro il governo. La Cirenaica è sempre stata contro la dittatura, e per quello è la regione meno sviluppata, senza infrastrutture. Hanno preso tanti giovani, soprattutto attivisti politici. Molti sono spariti, i corpi occultati, e chi è tornato a casa ha dovuto firmare dichiarazioni di fedeltà al regime”.
Gheddafi, che ha definito i suoi concittadini “topi, ratti da stanare”, ha fatto ampio uso di mercenari provenienti principalmente da Niger, Ciad, Algeria, Mauriotania, Gabon e Ghana integrati anche nell’esercito e addestrati per sparare ad altezza d’uomo.
“Erano pronti da dieci anni a intervenire”, prosegue Omar. “Gheddafi aveva intessuto rapporti politico-commerciali con i paesi dell’Africa subsahariana da cui ha ingaggiato migliaia di uomini per la sua incolumità .
Un amico mi ha riferito che la sua casa è stata colpita, che i morti nell’ospedale sono oltre 50 e i feriti centinaia.
Hanno bombardato la Croce Rossa e lo stadio di Bengasi, le comunicazioni via cellulare sono possibili soltanto attraverso il satellitare o la connessione a internet via parabola. A Misurata hanno tagliato anche l’acqua e la luce da giorni. Molti civili hanno le case dotate di scantinati che utilizzano come rifugi durante i bombardamenti”.
Nelle ultime settimane i media parlavano di gruppi a sostegno di Gheddafi che erano disposti a difenderlo anche con le armi.
“E’ tutto fasullo, nessuno lo vuole più alla guida guida del paese. Sono gli uomini dei suoi apparati quelli che avete visto sui giornali vestiti in abiti civili, gli orfani indottrinati dal regime”.
Omar è convinto che con l’intervento internazionale queste siano le ultime ore per il leader che, tuttavia, non è intenzionato ad arrendersi.
Il popolo libico è però deluso dal tardivo intervento occidentale, che avrebbe dovuto attaccare già la settimana scorsa, e al temporeggiamento di Berlusconi.
“Non c’è odio nei confronti degli italiani, anzi. Ma avremmo preferito parole più nette sin dall’indizio al posto dell’intenzione dichiarata di non interferire, che si è tramutata in indifferenza. Spero che lo prendano vivo, deve essere processato. Troppo comodo se muore”.
Il ringraziamento di Omar va ai popoli maghrebini di Tunisia ed Egitto, i primi a insorgere: “Se Ben Ali e Mubarak fossero ancora al potere — conclude Omar — in Libia non sarebbe successo nulla. Tutti volevamo che Gheddafi se ne andasse eppure, in mancanza di alternativa, speravamo che suo figlio Saif Al-Islam ci facesse transitare verso la democrazia. Ma si è rivelato peggiore del padre, meglio averlo saputo prima”.
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Marzo 21st, 2011 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE DOVREBBE CHIEDERE ALL’ATER DI SFRATTARE IL MARITO DALLA CASA IN CUI RISIEDE: LA OCCUPA ABUSIVAMENTE…E’ L’APPARTAMENTO IN CUI ANCHE LA POLVERINI HA VISSUTO PER 15 ANNI E PER CUI PAGHEREBBE 400 EURO AL MESE, IN QUANTO OCCUPATO SENZA DIRITTO
Dopo l’esplosione dello scandalo della casa popolare sita nel quartiere lussuoso di
San saba, di proprietà dell’ente Ater della regione Lazio, che invece di essere affittata a una famiglia bisognosa è occupata dal marito del presidente della Regione, Massimo Cavicchioli, Renata Polverini ha diffuso una nota: “L’appartamento, posto al quarto piano senza ascensore con una metratura di circa 60 mq, senza balconi, è stato assegnato, nei primi anni del Novecento, a Cesare Berardi, padre di Pierina Berardi, mamma di Massimo Cavicchioli, consorte della presidente della Regione Lazio, Renata Polverini”.
La nota spiega poi il primo mantenimento del diritto alla casa in capo alla nonna di Massimo Cavicchioli, Clementina Baratti che “è subentrata legittimamente nell’appartamento in forza del principio della necessaria tutela dei nipoti Massimo e la sorella, nel frattempo rimasti orfani”.
Il presidente però non prosegue nella saga familiare fino all’ultima generazione. E quindi non spiega perchè il marito continui a stare in quella casa.
La governatrice aggiunge un particolare apparentemente in suo favore: “Il canone, regolarmente pagato, non ammonta a 130 euro come l’articolo fa intendere in maniera subdola, ma a circa il triplo”.
Sessanta metri quadrati a San Saba valgono mille euro al mese di affitto e almeno 500 mila euro in vendita.
La famiglia Polverini ha pagato quindi un canone inferiore alla metà di quello di mercato e pagherà un prezzo di acquisto molto vantaggioso se e quando la casa sarà messa in vendita.
Ma certamente paga il triplo del canone dei suoi condomini.
Il motivo per cui pagherebbe circa 400 euro al mese però non rappresenta un punto a favore della Polverini ma una buona ragione per lasciare subito quella casa.
Da quanto risulta l’appartamento in oggetto risulta occupato abusivamente dal convivente marito e oggetto di contenzioso con l’Ater, motivo per il quale l’affitto risulta triplicato, ancorchè molto lontano dai prezzi del mercato degli affitti.
Finalmente Renata Polverini ha trovato un caso conclamato di occupazione abusiva delle case popolari dell’Ater: quello della sua famiglia.
Infatti, la presidente Renata Polverini (residente nella casa Ater dal 1989 fino al 2004) stando alle sue dichiarazioni dei redditi avrebbe percepito remunerazioni ben più alte rispetto ai 38.000 euro lordi annui che rappresentano la soglia massima per poter usufruire delle case Ater e l’assessore alle Politiche per la Casa, Teodoro Buontempo, ha recentemente istituito presso il suo assessorato una commissione di tecnici volta ad esaminare eventuali illeciti, improprie assegnazioni e abusi in merito alla gestione del patrimonio Ater.
Il primo caso di occupazione abusiva lo hanno già trovato.
Ora bisogna solo avviare le pratiche di sfratto.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 21st, 2011 Riccardo Fucile
IL GRUPPO DEI RESPONSABILI VUOLE IL “RICONOSCIMENTO POLITICO”, COME LE BR DI UN TEMPO…RISCHIANO LA PEGGIOR FIGURA, DI ESSERSI VENDUTI GRATIS: NEMMENO UNA MINI COOPER PAGATA DAL RAGIONER SPINELLI
Gli “Apoti” del grande Prezzolini erano quelli che non la bevono.
Gli Scilipoti invece sono quelli che si bevono di tutto: credono persino a B., e sono gli ultimi a farlo (il penultimo è stato Gheddafi).
Meno male che si fan chiamare “Responsabili”.
Da più di tre mesi sono lo zimbello di molti colleghi, di molti giornali e di molti italiani, che li considerano più o meno alla stregua delle Olgettine.
Il Caimano, che li aveva acchiappati con la solita modesta promessa (“stasera sarai con me in Paradiso”), s’è trovato col solito problemino: troppi culi da sistemare.
Culi “responsabili” e, non bastassero quelli, è rispuntato pure Scajola.
Così si è regolato alla solita maniera: rimangiandosi l’impegno.
Il rimpasto è rinviato a data da destinarsi perchè Napolitano ha bloccato il decreto che moltiplicava i pani e le poltrone di governo.
E i Responsabili sono in subbuglio: minacciano di “non votare più al buio, ma solo le leggi che condividiamo” e avanzano una richiesta che ricorda un po’ le Br: il “riconoscimento politico”.
In tutto alla Camera sono 29, ovviamente già divisi in quattro correnti (il Pid di Saverio Romano e i suoi discepoli; l’Adc di Pionati; i due suddetti ex dipietristi, i finiani di andata e ritorno capitanati da Moffa).
Siccome il Cainano ha solo 12 posti disponibili, fra ministeri e sottosegretariati (compresa la Cultura prossimamente liberata da Bondi), si guardano in cagnesco l’un con l’altro, temendo che qualche responsabile diventi più responsabile degli altri.
Pionati avverte la comitiva che “nel nostro gruppo non ci sono primus inter pares” (forse gli sfugge che il primus inter pares non può essere che uno solo, o forse tenta l’impossibile: la moltiplicazione dei primi).
Romano pareva avviato a subentrare a Galan all’Agricoltura, ben più appetita della Cultura perchè lì qualche euro è rimasto.
Poi qualcuno molto in alto s’è accorto delle sue frequentazioni in Sicilia e ha preferito lasciar perdere.
Lui non l’ha presa bene: “Sono incensurato da sette generazioni!” (non s’accorge che il suo guaio è proprio questo). Poi ha aggiunto che “i sottosegretari sono 50, numero mai visto nella storia repubblicana: ragionevolmente 70 è un numero corretto” (meglio però 140).
Calearo, che mesi fa si proponeva per lo Sviluppo economico (hanno poi sviluppato Romani), s’è chiuso in un dolente riserbo.
A Razzi avevano promesso di pagare il mutuo, poi più modestamente di farlo segretario di presidenza della Camera, poi manco quello: “Maleducati, ingrati”.
Scilipoti s’accontenterebbe che fosse approvato il suo “programma politico sulle medicine alternative” e l’agopuntura, ma non pare il momento: “Qui – lacrima lui – occorre analizzare nei dettagli i rapporti con la compagine governativa”.
E, mentre analizza, pare già stufo di reggere la cornetta per diffondere urbi et orbi le telefonate mattutine del premier: gli è venuto il crampo al braccio, che per un ginecologo è un bel problema.
Han dovuto pure dargli la scorta, a lui e a Razzi, casomai incontrassero qualche elettore.
Perchè ora gli olgettini rischiano una figuraccia supplementare: quella dei venduti gratis.
Nemmeno una farfallina d’oro, una Mini Cooper. Ragionier Spinelli, faccia qualcosa lei.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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