Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile
ORA I VILI DEL PDL SI ACCORGONO CHE IN NESSUN PAESE AL MONDO UN PARTITO AL GOVERNO POTREBBE MAI RIFIUTARSI DI PARTECIPARE ALLA CELEBRAZIONE DELL’UNITA DELLO STATO, SEMINANDO ODIO… INVECE CHE PRENDERLI A CALCI NEL CULO, LI HANNO PORTATI AL GOVERNO…LO RIBADIAMO: AL NORD NECESSITA UNA COALIZIONE DI LIBERAZIONE NAZIONALE DAI RAZZISTI
Si moltiplicano gli episodi di “guerriglia” simbolica della Lega contro l’Unità d’Italia.
Dopo il caso del Consiglio regionale lombardo, anche in Emilia Romagna i rappresentanti del Carroccio hanno lasciato l’aula consigliare al momento dell’Inno nazionale.
Mentre è oramai ufficiale la decisione di lasciare “liberta’ di coscienza” ai propri parlamentari sul partecipare o meno ai festeggiamenti di domani a Montecitorio.
Una scelta che non piace affatto a Ignazio La Russa, che attacca: “La Lega cresca, e impari che i paesi più federalisti del mondo sono quelli più affezionati all’identità nazionale. La Lega cresca, ripeto, e smetta di seguire le minoraze estremistiche che ci sono dentro al Carroccio, e che si attardano sul secessionismo”.
Il ministro della Difesa, però, ha poi stemperato il suo affondo (altrimenti si offendono): “Non c’è obbligo di presenza, ma obbligo di rispetto”.
Più duro il commento dell’Udc, che con il segretario Lorenzo Cesa parla di atteggiamento “semplicemente vergognoso”.
“Questo dimostra – dice Cesa – che il Carroccio non sarà mai un partito di governo, ma è destinata a restringersi in un localismo diffuso”.
Singolare la motivazione data dal capogruppo della Lega alla Camera, Marco Reguzzoni, che non parteciperà alla seduta comune del Parlamento convocata domani nell’aula di montecitorio in occasione delle celebrazioni per i 150 dell’unità d’italia.
“Non ci sarò – spiega Reguzzoni – Hanno deciso di chiudere gli asili, perciò io sarò con i miei figli”.
“Gli altri? non lo so, ognuno agirà secondo coscienza” – aggiunge l’esponente leghista .
Reguzzoni non partecipa insieme ai suoi ai festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia? “Faccia quello che vuole, non voglio più occuparmene, non merita la mia attenzione.”. Così il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini.
l “no” alle celebrazioni per il 150° del’Unità d’Italia viene anche dal sindaco de l’Aquila, Massimo Cialente: in una nota ai presidenti di Camera e Senato Fini e Schifani, ha declinato l’invito a partecipare alla cerimonia celebrativa che si terrà domani a Montecitorio, alla presenza del Capo dello Stato.
La decisione è stata assunta per protesta perchè – dice – “c’è un pezzo del paese ormai completamente abbandonato a se stesso e senza prospettive”.
I leghisti “non cantano l’inno nazionale e nemmeno vogliono ascoltarlo”, ma “per il resto vanno a caccia di poltrone e presidenze… nazionali”.
Lo scrive Famiglia Cristiana in un editoriale pubblicato on line che commenta la decisione dei consiglieri regionali lombardi della Lega Nord di lasciare l’aula, ieri, quando è stato intonato l’inno di Mameli.
“Furbacchiona questa Lega”, osserva il settimanale dei Paolini, perchè “rifiutarsi di cantare l’inno di Mameli, anzi rimpiazzarlo al bar con brioche e cappuccino, è uno di quei giochetti che danno ai protagonisti un brivido gladiatorio, non comportano rischio alcuno, procurano titoli sui giornali e spazi in tv”. Ma quando si tratta di “contenuti, stavolta poco padani e molto concreti, – si legge su Famiglia Cristiana – eccome se i leghisti se ne interessano. Non cantano l’inno nazionale e nemmeno vogliono ascoltarlo: ma se vengono in ballo presidenze di banche e direzioni di enti, anch’essi nazionali come Mameli; se oltre alle manovre romane c’è da occupare poltrone regionali, provinciali, comunali e rionali; se insomma si tratta di distribuire posti e prebende ad ogni livello, la Lega è già piazzata in prima linea”.
Durissimo anche Di Pietro, leader dell’Idv: “E’ un’offesa alla storia, alla dignità e al sacrificio dei nostri padri far finta che domani non accada nulla, andarsene magari al bar e non riconoscere che grazie a quel sacrificio siamo qui, siamo una nazione libera, che si è data una costituzione, che lo ricordiamo a questo governo, non deve essere toccata”.
Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, commenta aspramente: “Sarebbe una vergogna se davvero la Lega disertasse le celebrazioni per l’Unità d’Italia. “Berlusconi ha giurato sulla Costituzione e sulla bandiera”, ha ricordato, e “su questo non si può scherzare”.
Rincara la dose Massimo D’Alema: “E’ uno scandalo. Un atto intollerabile e grave. E’ evidente che un partito al governo ha il dovere di onorare l’anniversario dell’Unità d’Italia”.
Poi D’Alema chiama in causa politicamente Berlusconi: “Questo è un atto che riguarda il presidente del Consiglio. Lui è responsabile, anche perchè la Lega è notoriamente non responsabile”.
Un riflessione: ora i vili del Pdl, sotto ricatto da anni per via delle esigenze processuali del premier, fanno finta di scandalizzarsi.
Ma hanno dato a un partito secessionista e xenofobo addirittura il ministero degli Interni e il ministero dell’Economia, regalato presidenze di regioni che solo un ricattato poteva concedere, assegnato posti di potere ovunque.
Il vergognoso La Russa ora fa finta di indignarsi, ma a tavola con la feccia leghista si è seduto e lì continuerà a bivaccare.
Diventa sempre più impellente che al nord tutti i partiti si coalizzino contro la Lega e il Pdl se non si smarcherà .
A quel punto salterebbero tante belle poltrone alle chiappe padane del nord perchè senza il 50,1% se lo prendono in quel posto.
Colpirne uno per educarne cento e state tranquilli che la Lega torna al 5% in pochi anni se gli si segano le leve del potere.
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Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile
CASTELLI: IL 24 FEBBRAIO AVEVA SOSTENUTO DI AVER DISDETTO L’APPARTAMENTO A PREZZO DI FAVORE, MA LA RACCOMANDATA A ENASARCO NON E’ ANCORA ARRIVATA… “ESISTEVANO DELLE GRADUATORIE? NON LO SAPEVO”
Via dei Quattro Venti, Monteverde, ore 20: l’assemblea degli inquilini Enasarco riuniti nell’androne ha un sussulto.
Da due ore stanno discutendo di come affrontare la vendita delle loro case quando all’ingresso si presenta con un accompagnatore l’ex ministro Roberto Castelli.
Sta tornando a casa e non sapeva di questo assembramento.
Il senatore risolve la questione, rappresentata da un nugolo di inquilini che lo prendono d’assalto, invitando tutti a casa sua.
C’è anche una troupe di Annozero, l’evento finirà in tv.
Castelli fa entrare una nutrita delegazione nell’appartamento al terzo piano e lì gli viene contestato: «Ma insomma, senatore, ha dato o no questa disdetta dell’appartamento che il 24 febbraio ha annunciato alla stampa?».
Il senatore Castelli non si scompone: «Non hanno ricevuto ancora la mia raccomandata, io però l’ho inviata. Perchè l’ho fatta?».
Una voce: «Perchè è stato stanato…».
«No, ho deciso io dopo questa storia del Trivulzio, a Milano. Intanto ho anche trovato una nuova sistemazione a 950 euro, contro i 750 che pagavo qui». Brusio e altre contestazioni.
«Come ho trovato questo appartamento Enasarco? Ho fatto domanda, me l’hanno assegnato. E all’epoca ero un parlamentare di opposizione…Mi dite che ci sono graduatorie per gli appartamenti, ah questo proprio non lo sapevo».
Paolo Brogi
(da “Il Corriere della Sera“)
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Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile
SONO BEN 69 VOLTE CHE LA MAGGIORANZA VA SOTTO ALLA CAMERA….IL CASO SCAJOLA NON SI RISOLVE: E’ SCONTRO TRA L’EX MINISTRO E IL DUO LA RUSSA-SANTANCHE’…E TRA I RESPONSABILI CRESCE IL NERVOSISMO DI SCILIPOTI, MOFFA E PIONATI: QUALCUNO POTREBBE LASCIARE
Il governo è uscito battuto sia ieri pomeriggio che stamane dall’aula della Camera per la 69a volta dall’inizio della legislatura.
A mandare sotto la maggioranza, ieri un emendamento del Pd sulla tacita remissione delle querele, oggi su due emendamenti del Pd alla legge che istituisce il Garante per l’Infanzia su cui l’esecutivo aveva espresso parere contrario.
In entrambi i casi stamane sono state decisive le assenze nei banchi della maggioranza.
Il primo emendamento è passato con 262 no e 271 sì e un astenuto.
Il secondo con 268 sì, 262 no e due astenuti.
Poco importante dal punto di vista pratico, la sconfitta acquista significato dal punto di vista simbolico, soprattutto ora che il governo deve affrontare una possibile ipotesi di rimpasto che genera turbolenze soprattutto nel cosiddetto gruppo dei Responsabili.
Proprio oggi Berlusconi potrebbe salire al Colle per discutere le nuove nomine.
Fumata nera, invece, da un altro incontro, quello tra il premier e l’ex ministro Claudio Scajola. Scajola è uscito da Palazzo Grazioli senza aver ottenuto quanto richiesto.
Così si fa sempre più concreta l’ipotesi di dare vita al gruppo parlamentare Azzurri, avanzata nei giorni scorsi dall’ex ministro dello Sviluppo economico critico rispetto al Pdl che “non è mai diventato il partito della gente”, aveva detto. Il faccia a faccia di oggi è durato poco meno di un’ora.
Al termine Scajola ha assicurato che si è trattato di un “incontro come sempre franco e cordiale”, aggiungendo: “A me piace sempre unire e non dividere”.
Scajola potrebbe ritrovarsi a ricoprire l’incarico di responsabile degli enti locali del Pdl, nomina che però non rientra nelle sue aspirazioni.
E, a quanto si è appresso da fonti interne al partito, Silvio Berlusconi ha lasciato intendere un suo possibile inserimento nel Risiko del prossimo rimpasto governativo ma il tema non sarebbe stato affrontato.
L’unica certezza è che i due si incontreranno di nuovo nei prossimi giorni. L’ex ministro ha ribadito la volontà di ricoprire un ruolo nel coordinamento del partito così da poter tornare allo spirito iniziale di Forza Italia.
E buona parte del colloquio è stata dedicata proprio al progetto politico di rilancio del Pdl. “Si è parlato di quale contributo Scajola possa dare al partito”, ha riferito un parlamentare che sostiene di aver parlato con Scajola. Berlusconi avrebbe tenuto al centro del colloquio le problematiche legate al Pdl e in particolare la necessità di un maggior radicamento del partito nel territorio. Un modo, secondo qualcuno, di sondare Scajola sulla possibilità di conferirgli un incarico legato ad una riorganizzazione a livello locale. Ipotesi che tuttavia l’ex ministro non sarebbe intenzionato a prendere in considerazione.
Le voci su cosa sia avvenuto dentro il salottino di palazzo Grazioli sono svariate.
Tutti però concordano nel dire che non si è parlato di incarichi nel governo. Dettaglio che lo stesso ex ministro avrebbe confidato ad alcuni parlamentari. L’interpretazione che viene data in ambienti del Pdl non legati a Scajola è che Berlusconi abbia volutamente evitato il tema, sospettando che proprio il ritorno nell’esecutivo sia il vero obiettivo del politico ligure, che magari potrebbe “accontentarsi” del posto che era di Andrea Ronchi alle Politiche comunitarie. Insomma: nel migliore dei casi Berlusconi ha preso tempo e Scajola fa buon viso a cattivo gioco.
Di fatto, un impasse.
Non l’unica nella maggioranza.
Anche i responsabili, infatti, mostrano nervosismo.
Dal gruppo che ha garantito la tenuta al governo il 14 dicembre arrivano malumori. Proprio Scilipoti ha scritto una lettera al capogruppo dei responsabili, Luciano Sardelli, per chiedere subito l’intervento del Cavaliere. “Gentile Luciano, ritengo assolutamente necessaria la convocazione del gruppo di Iniziativa responsabile per fare il punto sui rapporti con il governo e il presidente del Consiglio”, si legge nella missiva. “Le notizie frammentarie di questi giorni non aiutano a favorire quel clima sereno e quella legittimazione politica complessiva che sono la ragion d’essere del nostro gruppo. Spero in un’analisi complessiva e nei dettagli che ci permetta di meglio definire il comune programma e la nostra strategia nell’interesse del Paese”.
Ma si è fatto sentire anche Silvano Moffa, l’ex finiano che il 14 dicembre ha voltato le spalle a Fli per dare vita alla nuova formazione che, abbandonata la sua consueta diplomazia, dice senza mezzi termini: “Mi sembra abbastanza logico e in qualche modo giusto che anche i Responsabili abbiano la loro rappresentanza”.
E sul Pdl: “Prima o poi dovrà interrogarsi sulla sua natura e sulla sua organizzazione interna e sul superamento di una fase commissariale. Non è ancora un partito popolare europeo. Se non si riorganizza rischia l’implosione”.
Anche Francesco Pionati, leader di Adc e nelle truppe di Iniziativa Responsabile, ritiene sia “venuto il momento di motivare quei parlamentari che hanno scelto con lealtà di sostenere il governo. Noi lo abbiamo appoggiato il 14 dicembre, ricordiamolo, quando non era in vista alcuna trattativa”.
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Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile
E’ CACCIA AL “PRESIDENTE”: SECONDO UNA INFORMATIVA DEI ROS, QUALCUNO IN ALTO SAREBBE INTERVENUTO PER FAR SCARCERARE IL POLITICO, ARRESTATO A DICEMBRE PER CORRUZIONE E CONCORSO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Nelle intercettazioni compare come “il Presidente”, è un pezzo grosso degli uffici giudiziari di Reggio Calabria.
Non è ancora stato individuato dagli inquirenti, ma sarebbe intervenuto per tentare di aggiustare la vicenda processuale di Santi Zappalà .
Secondo un’informativa di carabinieri, per risolvere i guai dell’ex consigliere regionale del Pdl, finito in carcere nell’ambito dell’operazione della Dda “Reale 3”, s’era messa in moto una macchina per tirarlo fuori dal carcere di Nuoro.
La vicenda è ricostruita in 91 pagine firmate dal comandante del Ros Stefano Russo.
Ed è prevedibile che si tradurrà presto in un vero e proprio terremoto tutto interno al Palazzo di Giustizia.
Santi Zappalà fu arrestato il 21 dicembre scorso, con l’accusa di corruzione elettorale e concorso esterno in associazione mafiosa.
Il politico era stato intercettato a casa di un boss di San Luca, Giuseppe Pelle, mentre chiedeva sostegno in vista delle elezioni regionali di maggio scorso.
Elezioni che lo avevano visto poi stravincere risultando tra i candidati del Pdl più votati nella provincia di Reggio Calabria.
Fin qui le accuse mossegli dalla Procura della Repubblica e contenute in un’ordinanza di custodia cautelare richiesta a suo tempo dai magistrati della Dda.
I primi sospetti agli investigatori sorgono subito dopo l’esito del Tribunale del Riesame.
I giudici, infatti, accolgono parzialmente il ricorso dei legali di Zappalà .
Cade l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e resta la corruzione elettorale.
E’ una vittoria per l’ex consigliere regionale, anche se dovrà rimanere in carcere.
Tuttavia, le microspie dei carabinieri piazzate nella sala dei colloqui del carcere di “Badu e Carros”, in Sardegna, svelano che qualcosa non va.
Il fratello del detenuto pronuncia la frase che mette in allarma il Ros: “Abbiamo scalato una montagna. Ora tu hai la scadenza di termini … omissis .. 90 giorni e ti scade il 21 marzo, però noi abbiamo fondate speranze, buonissime speranze che esci prima, molto prima, hai capito? Che esci molto prima… omissis…”.
Spunta poi il nome di tale Antonello che spiega l’iter da affrontare in sede giudiziaria.
Antonello, come lo chiamano in famiglia, è Agatino Antonino Guglielmo, cugino di Santi Zappalà , e soprattutto funzionario della Corte d’Appello di Reggio Calabria.
Per il Ros è un personaggio chiave della vicenda.
Antonino Zappalà , fratello di Santi, porta un messaggio al politico: “Vedi che mi ha detto tuo cugino Antonello di dirti …. omissis … che non c’è solo Francesco Albanese e Tonino Curatola (i legali, ndr) … omissis …. c’è tuo cugino Antonello con loro”.
E oltre al messaggio arrivano anche alcune indicazioni.
Scrivono i carabinieri: “(dal servizio di video sorveglianza si nota Santi Zappalà che, rivolgendosi al fratello Antonio, allargava le braccia e stringeva i pugni come a mimare una persona robusta o importante)”.
Insomma gatta ci cova, così inizia il lavoro del Ros.
Gli avvocati poco dopo depositano la richiesta di scarcerazione al Gip. Tenendo sotto controllo Guglielmi, saltano fuori numerose telefonate che il dirigente della Corte d’Appello fa alle cancellerie dell’ufficio giudiziario, per sapere in tempo reale le decisioni assunte.
Ma decisione del Gip a parte (che negherà la scarcerazione) quello che fa saltar dalla sedia gli investigatori è un’altra questione.
Ossia il fatto che i familiari di Zappalà sono già a Nuoro dal giorno prima, sicuri che il politico sarebbe uscito. Certi di riportarselo a casa.
Ma da cosa deriva questa certezza?
E’ questo il problema, secondo il Ros si attendevano un qualche intervento che, evidentemente o non c’è stato o non ha sortito l’effetto sperato.
E non è finita, perchè continuando a monitorare le utenze telefoniche e gli ambienti “emergono in maniera netta almeno quattro figure coinvolte in un disegno concepito per agevolare Santi Zappalà nella sua vicenda giudiziaria”. La prima è “quello della cancelleria” il quale era in contatto con una seconda persona, che con ogni evidenza, “veicolava le informazioni ad Antonino Zappalà (terza persona)”.
Ma c’è di più, secondo i carabinieri i familiari dell’ex politico sapevano anche di essere intercettati.
“Chiara, a tal proposito – si legge nell’informativa – risulta l’affermazione di Antonino: ‘… qua perchè abbiamo parlato noi per questo si è venuto a sapere qualcosa …’ accompagnata dal gesto eloquente di muovere il dito intorno all’orecchio, mimante l’ascolto”.
Chi ha avvertito, aveva saputo evidentemente dal quarto e più importante soggetto coinvolto nella vicenda: il “Presidente”.
Lo stesso interlocutore interno al palazzo avrebbe poi raccomandato ai familiari di Zappalà di fare attenzione. “Vedi di non nominare quello che… che non si è saputa la cosa che il Presidente gli aveva detto chi l’aviva a cacciare …(che lo doveva scarcerare, ndr)”.
Giuseppe Baldessarro
(da “La Repubblica“)
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Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile
I GIOCATORI SONO ESTRANEI ALL’INCHIESTA: NEI TRAFFICI DEI CLAN CI SONO PERO’ I TEMPLI DELLA NOTTE MILANESE, COME I NOTI HOLLYWOOD E IL LOOLAPALOSA
Nel libro mastro della ‘ndrangheta padana che commissaria la politica e assedia le imprese, c’è una piccola grande vicenda a base di cocaina, locali notturni e soprattutto calciatori famosi, in passato soci d’affari con uomini vicini alle cosche.
Nomi mondiali come quello di Paolo Maldini, storica bandiera nel Milan berlusconiano o gregari come Massimo Oddo, anche lui terzino, anche lui nella squadra rossonera che proprio domenica ha festeggiato 25 anni sotto la presidenza del Cavaliere.
I due, naturalmente, risultano totalmente estranei all’inchiesta che lunedì ha sollevato il velo sugli affari milanesi delle cosche.
I rapporti societari così emergono tra le pieghe dell’indagine Caposaldo.
Di chi si tratta?
“Dell’amico del Loolapalosa”, al secolo Domenico Testino, 50 anni, barese di Corato, titolare di night e sovrintendente allo spaccio di corso Como per conto della cosca Flachi.
Oggi Mimmo Testino è latitante in Costa Rica.
Dal 1999 al 2008, però, ha gestito la discoteca Loolapalosa di corso Como 15. Il locale è tra i più noti della movida ed è amministrato dalla Black Submariner Ladunia.
Una srl tra i cui soci ancora oggi compare lo stesso Maldini.
Il suo investimento risale al 1995.
All’epoca il calciatore commentò così la notizia: “Ho partecipato per l’amicizia che mi lega ai proprietari della discoteca Hollywood”.
E infatti del Loolapalosa è socio Alberto Baldaccini, titolare della Vimar srl alla quale fa riferimento l’Hollywood, per anni covo prediletto da Lele Mora.
Visura dopo visura spunta il nome di Vito Cardinale, altra storica anima dell’Hollywood, ma anche socio di Testino e Maldini nel Loolapalosa.
Quindi un particolare: Vito Cardinale viene intercettato al telefono con il superboss della ‘ndrangheta Paolo Martino.
I due chiacchierano di affari.
Testino invece, il cellulare lo utilizza soprattutto per inviare sms e ordinare la cocaina. Il suo referente è un certo Cesare Colombo che per la cosca Flachi gestisce l’acquisto e la vendita della droga.
Il rapporto tra i due viene inquadrato dal gip: “Colombo, dopo aver ricevuto l’ordine da Testino, si recava in Corso Como dove consegnava lo stupefacente nelle sue mani”.
Per definire le quantità bastavano semplici frasi: “Stasera poca gente. Tavoli liberi in prive”.
Tradotto: serve poca cocaina.
I rapporti tra i due sono frequenti, tanto che tra la fine di maggio e l’inizio di luglio del 2008 gli investigatori contano ben 12 contatti e altrettante cessioni di droga da parte dell’ex socio di Maldini.
Dopodichè parte della cocaina veniva venduta anche all’interno della discoteca.
Particolare che è valso a Testino l’accusa “di aver consentito che il locale fosse adibito a luogo di convegno di persone che ivi si davano all’uso di sostanze stupefacenti”.
Gli interessi di Mimmo, però, sono variegati.
Oltre ai locali notturni, infatti, il neo latitante ha quote in società che si occupano della gestione di stabilimenti balneari come la Sunrise.
Ed è ancora Milan. Il campione di turno, infatti, non è più Maldini, bensì Massimo Oddo che della srl mantiene il 10% delle quote.
Campioni e compari, insomma.
Anche questo sta scritto nel grande romanzo dei boss alla milanese.
Davide Milosa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile
IL CONSAP PROTESTA DAVANTI AL VIMINALE CONTRO CHI PENALIZZA LE FORZE DI POLIZIA MA REGALA SCORTE AI POLITICI…SCILIPOTI SOSTIENE CHE VIVE TRA LE MINACCE, MENTRE RAZZI COMINCIA A PENSARE DI USCIRE DAI “RESPONSABILI”: MI SONO QUASI PENTITO DI AVER DATO LA FIDUCIA A QUESTO GOVERNO”
Il Viminale ha assegnato la scorta ai deputati Responsabili Antonio Razzi e Domenico Scilipoti.
E la decisione ha spinto il Consap, il sindacato di Polizia, a protestare davanti al ministero.
“Stiamo manifestando in tutta Italia contro i tagli della finanziaria che decurta i fondi destinati alle forze dell’ordine”, dice Giorgio Innocenti, segretario del Consap, e il governo “ha preso l’impegno di reintregrare i fondi ma per il momento non è stato fatto nulla” se non dare la scorta a Razzi e Scilipoti.
Per il senatore dell’Italia dei Valori, Stefano Pedica, “c’è una doppia indignazione, perchè scegliendo di non accorpare i referendum con amministrative si perdono 300 milioni che potevano essere destinati alle forze dell’ordine e per la scelta di dare la scorta, come premio, a persone come Razzi e Scilipoti che hanno tradito l’Idv per appoggiare la maggioranza. Maroni dovrebbe dimettersi, nei prossimi giorni darò vita ad azioni di protesta eclatanti contro questa decisione che è una vera vergogna”, concludono Innocenti e Pedica.
“Con 350 milioni di euro, infatti si potevano tutelare le forze di polizia ed i vigili del fuoco, vi sono, dei concorsi già espletati con vincitori idonei, che non riescono a prestare servizio proprio per la mancanza di fondi. Oltretutto, la polizia di stato più volte ha denunciato la mancanza di un ‘adeguato trattamento a livello economico nei pagamenti degli straordinari e strategico, per insufficienza di mezzi”.
Sia Razzi sia Scilipoti sostengono di non aver mai chiesto la scorta, nonostante le minacce ricevute.
Scilipoti, dalle pagine del Corriere della Sera, risponde all’ex compagno di partito Donadi. “Ma vi sembra un premio questo? È una condanna. Non l’ho chiesta io la scorta. Mia figlia di nove anni, l’altro giorno voleva uscire per andare a vedere i carri di Carnevale, ma io non potevo, e si è messa a piangere. Vi sembra un premio?”.
E le minacce, assicura Scilipoti, continuano ad arrivare. “Le dico le ultime mail di ieri: ‘Ti aspetta il plotone di esecuzione’.
E poi: ‘Farai la fine dei samurai, ti taglieremo la testa’.
L’altro giorno sono entrato in un bar e il cameriere si è messo a dire ‘ndranghetisti, mafiosi’.
Si rivolgeva verso di me (e verso chi, se no? n.d.r.). Questo è il risultato di tutto il fango che mi è stato buttato addosso”.
Razzi, dal canto suo, annuncia di poter uscire dal gruppo dei Responsabili, nato per sostenere la maggioranza, dicendosi quasi pentito di aver dato la fiducia il 14 dicembre scorso per tenere in piedi il governo.
Non parla della scorta.
Ma attacca i compagni di gruppo.
I Responsabili, dice, si comportano come fossero “all’asilo” e sostiene di essersi aspettato un altro trattamento dal premier, magari la nomina di un posto da segretario di presidenza a Montecitorio.
Intanto ha due uomini di scorta.
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Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile
IL SOTTOSEGRETARIO DENUNCIA: “ALTRO CHE TAGLI LINEARI, HANNO RIDOTTO IL FONDO PER LE FAMIGLIE DEL 90% IN TRE ANNI, NON SONO PIU’ IN GRADO DI ESERCITARE LA MIA DELEGA”…”NON SI PUO’ NEANCHE FARE PIU’ FRONTE ALLE SPESE OBBLIGATORIE PER LE ADOZIONI FAMILIARI”
I tagli firmati Tremonti continuano a scuotere il governo.
La rigida politica economica imposta dal ministro dell’Economia, provoca nuove tensioni all’interno dell’esecutivo.
Oggi la volta del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi: “A fronte della decurtazione del fondo per la famiglia di più del 90% in tre anni, non sono in grado di esercitare la mia delega”.
Giovanardi precisa che “i 20 milioni che rimangono” al dipartimento della Famiglia “dovrebbero essere concordati con le Regioni. Non si può quindi far fronte alle spese obbligatorie, ad esempio per le adozioni familiari e per la legge sulla conciliazione casa-lavoro. E’ una situazione francamente insostenibile. Potrei dire polemicamente che non è vero che vengono fatti solo tagli lineari perchè sul fondo della famiglia siamo andati ben al di là “. Con questo taglio “che non posso accettare”, spiega Giovanardi “il dipartimento non sarà in grado di fare le azioni di coordinamento e promozione”.
È chiaro che in queste condizioni non sono in grado di esercitare la mia delega per la famiglia», ha concluso Giovanardi precisando che «non c’è il problema di dimissioni, perchè non c’è più nulla da cui dimettersi».
Lo strappo di Giovanardi si inserisce in un filone già tracciato.
Ovvero il malumore per “lo strapotere” di Tremonti.
Lo stesso Berlusconi, solo ieri, davanti alle proteste dei poliziotti per i tagli, si è difeso cercando di scaricare la responsabilità sul ministro.
Per non parlare della cultura e della protesta che sale ormai da tempo.
Ieri si è dimesso anche il presidente del consiglio superiore dei beni culturali, Andrea Carandini . La stessa scelta fatta dal suo predecessore Salvatore Settis.
C’è stato anche un incontro interlocutorio tra il premier e Scajola.
Con i giornalisti l’esponente Pdl so è limitato a commentare: “Riflettiamo”. L’ex ministro ha infine glissato sull’ipotesi di dar vita a gruppi parlamentari autonomi e non ha risposto alla domanda.
L’incontro è durato meno di un’ora.
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Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile
LAVORI A RILENTO E CALENDARIO BLOCCATO DAI DECRETI E DALLE LEGGI DELEGA VARATE DAL GOVERNO…AL SENATO ANCHE PEGGIO: SI LAVORA IN AULA UN’ORA E MEZZA AL GIORNO…LA FIDUCIA CHIESTA GIA’ 18 VOLTE IN SOLI DUE ANNI E MEZZO, LO STESSO NUMERO DI QUELLE RICHIESTE NEI 5 ANNI DEL PRECEDENTE GOVERNO DI CENTRODESTRA
I lavori dell’aula procedono a rilento e il calendario è bloccato dai decreti e le leggi delega varate dal governo (sui quali mette la fiducia).
Ogni tanto, qualche ratifica di norme europee o accordi di cooperazione con voti all’unanimità .
Silvio Berlusconi non ha infatti i numeri per affrontare la battaglia in Parlamento: “Ci sono soltanto 50-60 persone che lavorano – ha detto il premier – tutti gli altri stanno lì a fare pettegolezzi. Non si può stare dietro a 200 emendamenti al giorno è uno spreco di energia e professionalità incredibile”.
Quindi le leggi del governo dovrebbero essere approvate così come sono, senza discussione.
In effetti, in questo caso, deputati e senatori non servirebbero, ma non saremmo in presenza di una democrazia.
A Montecitorio l’aula è stata riunita per 123 ore e 40 minuti dal 1° gennaio al 28 febbraio.
Ciò significa che dividendo le ore per i giorni lavorativi (dal lunedì al venerdì) dei primi due mesi dell’anno si ottiene una media di circa 3 ore lavorate al giorno.
A Palazzo Madama le cose vanno anche peggio. Il totale delle ore di seduta è di 69 e 57 minuti. Con una media di 1,7 ore al giorno.
Certo, nel frattempo lavorano le Commissioni.
Ma se le loro valutazioni non si riversano in aula c’è un problema istituzionale. Riscontrabile anche nell’uso dei decreti e nel ricordo alla fiducia.
In meno di 3 anni Berlusconi ha chiesto il voto di fiducia sui decreti già 18 volte, una in più di quelle in cui l’ha usato nei 5 anni in cui ha governato il paese tra il 2001 e il 2006.
E proprio il numero dei decreti utilizzati in questa legislatura sta per doppiare quelli della scorsa: 62 contro 31.
I disegni di legge approvati sono 208 contro i 686 del precedente governo Berlusconi e i 905 del primo esecutivo Prodi.
I voti di fiducia richiesti sui ddl d’iniziativa governativa sono 31 dal 2008 ad oggi, contro i 10 usati nel precedenti governo Berlusconi.
Ma per capire come lavora questa maggioranza c’è un altro dato chiarificatore.
I giorni necessari per approvare una legge d’iniziativa governativa sono in media 76, per quelle d’iniziativa parlamentare sono 259.
Nella scorsa legislatura i giorni necessari erano 120 nel primo caso e 183 nel secondo.
Sono stati presentati anche 2 provvedimenti al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, 15 dai cittadini e 34 dalle regioni, ma nessuno di questi è stato convertito in legge.
E allora di che cosa si è occupato il Parlamento negli ultimi mesi?
Per lo più diritto penale.
Secondo lo studio fatto da Openpolis le leggi sulla giustizia hanno occupato lo spazio di discussione per un tempo sei volte maggiore di quelle sulla disoccupazione, cinque volte maggiore di quelle sulla ricerca scientifica, più del doppio di quelle sull’evasione fiscale.
I disegni di legge presentati sull’argomento giustizia sono stati 323 alla Camera e 238 al Senato, quelli sui lavoratori precari 7 alla Camera e 7 al Senato.
I voti più importanti degli ultimi due mesi sono stati infatti quello sulla relazione sullo stato della giustizia in Italia (19 gennaio), la mozione di sfiducia al Ministro Bondi (26 gennaio), la negazione della competenza della Procura di Milano sul caso Ruby (3 febbraio) e l’approvazione del milleproroghe (16 febbraio Camera, 26 al Senato).
Negli ultimi due mesi il Governo è stato battuto una sola volta al Senato, su un emendamento presentato da Achille Serra sulla disciplina del condominio negli edifici. In tutta la legislatura la maggioranza è stata battuta 73 volte.
Nella relazione di Openpolis anche uno studio sulla produttività dei parlamentari: quelli che votano sempre alla Camera sono Remigio Ceroni (pdl) col 99,84% delle presenze in aula e Rosy Bindi (pd) col 99,79%. Mentre al Senato svettano Cristiano De Eccher (pdl) col 99,94% e Mandell Valli (lega nord) col 99,94%.
Bandiera nera per Niccolò Ghedini (pdl) con l’11,33% e Antonio Angelucci (pdl) col 15,78% alla Camera e per Burgaretta (espulso dal Mpa) col 7,23% e Alberto Tedesco (pd) con l’8,5% al Senato.
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Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile
COME APPARE DOPO IL TG1, UN MILIONE DI UTENTI CAMBIA CANALE… QUANDO FERRARA LASCIA POSTO AI PACCHI TORNANO ANCOR PIU’ NUMEROSI… NESSUNO, DOPO IL TG, ERA RIUSCITO A FARE PEGGIO (20,63% DI SHARE) MA VERRA’ PAGATO PER DUE ANNI E ALTRE 200 PUNTATE PER 600.000 EURO
Il Tg1 lascia in eredità al direttore de Il Foglio quasi sette milioni di utenti, ma l’Elefantino ne fa scappare un milione.
Che poi tornano per vedere i pacchi.
Giuliano Ferrara ha fatto peggio di tutti.
La prima puntata di Qui Radio Londra, ha ricevuto in eredità dal Tg1 6 milioni 881 mila telespettatori (25,70 per cento di share) riuscendo a farne scappare subito un milione e attestandosi al 20,63% di share.
Nessuno, nella striscia quotidiano post telegiornale, aveva fatto peggio. Anche Riccardo Berti nel ciclo di Batti e Ribatti nel 2005 registrò il 24,61% alla prima puntata, mentre il ciclo condotto da Pierluigi Battista nel 2004 conquistò oltre otto milioni di spettatori (28,94% di share).
E nel 2006, l’allora direttore del Tg1 Clemente Mimun alla puntata d’esordio del Dopo Tg ottenne il 26,71%.
Senza citare i dati dello storico Il Fatto di Enzo Biagi.
Se non è un flop quello di Ferrara gli somiglia parecchio.
E sarà pure dovuto alla scelta del tema trattato, la paura sul nucleare, ma persino i pacchi di “Affari tuoi” che sono andati in onda dopo di lui hanno fatto meglio dell’Elefantino registrando il 21,4%.
E in prime time, il Commissario Montalbano è stato seguito da quasi dieci milioni di spettatori (9 milioni 561 mila), il 32,60 per cento di share con punte del 38%.
Quasi il doppio di Ferrara. Il direttore de Il Foglio ha tre anni di contratto per rifarsi. 200 puntate a 3mila euro l’una.
A prescindere dai risultati.
Come sottolinea Loris Mazzetti, storico braccio destro di Enzo Biagi, “se la trasmissione di Ferrara sarà un flop la Rai sarà costretta a pagare lo stesso”, commenta.
“Non sono in grado di dire ora se è giusto o sbagliato perchè il guadagno dovrebbe essere commisurato agli ascolti e alla raccolta pubblicitaria del programma, in onda dal 14 marzo. Ferrara manca dalla tv da qualche anno e, se non vado errato, l’ultima stagione su La7, a Otto e mezzo, fu un mezzo disastro. Quindi è paradossale avergli fatto un contratto di due anni. Mi auguro non sia a scatola chiusa perchè si parla di 200 puntate”, ha aggiunto il capostruttura della Rai.
“Mi auguro che il suo contratto abbia una clausola che preveda la risoluzione automatica, in caso di ascolti non in linea con la media di rete. E, nel caso di successo, qualche soldo in più per lui. Sono convinto che in questo momento ci sia comunque uno che brinda: Antonio Ricci con Striscia la notizia”.
Sì, il Gabibbo, infatti, ha battuto Ferrara registrando il 24,09 per cento.
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