Marzo 9th, 2011 Riccardo Fucile
AMORUSO E’ ANCHE IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DI VIGILANZA, AVREBBE DOVUTO QUINDI VIGILARE SU SE STESSO… HA PURE RISTRUTTURATO L’APPARTAMENTO, MA LA SPESA DI 12.241,97 EURO LE HA PAGATE ENASARCO, NON LUI…LA CASA DEL LEGHISTA CASTELLI A 750 EURO, QUELLE DEL PD ADRAGNA, DI GAUCCI, DI PIO POMPA, DI MANGANELLI, DI ELIO VITO (PDL)
Mentre procede l’avviata dismissione delle case Enasarco, sulla cassa di previdenza degli agenti e rappresentanti di commercio – già coinvolta nel caso Affittopoli per un lungo elenco di assegnazioni a personaggi noti e politici -, piove un’altra tegola.
Uno degli affittuari vip dell’ente è, infatti, l’ex presidente della «Commissione parlamentare di controllo sugli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale»: il senatore del Pdl Francesco Maria Amoruso.
Insomma, il controllore è locatario dei controllati.
Intestato a lui il contratto di una casa da 150 metri quadrati ai Parioli, quartiere di lusso della Capitale: a 1.300 euro al mese, spese incluse.
Intanto le dismissioni vanno avanti: agli affittuari di una prima manciata di appartamenti – circa 200 (sui 18 mila censiti dall’ente), tutti a Roma – sono state recapitate le lettere per poter esercitare entro sessanta giorni i diritti di prelazione.
I cinque stabili in vendita sono in via Sacchetti e in via Baldo degli Ubaldi, in pratica un intero isolato, via Monte Senario (una traversa di viale Jonio), via Cento (a Dragona) e via Dante Alighieri (a Pomezia).
L’operazione è stata accompagnata da pagine pubblicitarie a pagamento sulla stampa intitolate «Con gli agenti, con i cittadini, contro i prepotenti».
Oscura la spiegazione che si legge nella pagina pubblicitaria a proposito dei “prepotenti”: «C’è chi vuole mantenere lo status quo e non vuole la modernizzazione, per favorire interessi di pochi o di singoli».
Un fatto è certo: mentre cresce il malumore tra gli inquilini standard, tra quelli doc privilegiati (un’eredità del passato secondo il direttore generale Enasarco Carlo Maggi) la vendita è un’occasione insperata che va ad aggiungersi a precedenti privilegi.
Molti dei contratti a rappresentanti politici risalgono al 2004 e sono tutt’altro che un’eredità del lontano passato.
Nel 2004 si è assistito a una vera e propria infornata di politici.
Il 2004 è anche l’anno in cui spesso l’Enasarco ha deciso di fare concessioni dorate ai nuovi inquilini, come la prassi piuttosto diffusa di scomputare ad alcuni di loro, soprattutto a quelli provenienti dal Palazzo, i lavori di restauro degli appartamenti, defalcandoli dai canoni di affitto.
A beneficiarne sono stati perfino rappresentanti politici che hanno ottenuto casa mentre erano a capo di commissioni parlamentari di controllo sugli enti.
Un fatto è certo: se due sono le tipologie di inquilini Enasarco – a «prezzo concordato», cioè tenuto conto di parametri sociali, e a «prezzo libero», in sostanza con affitti più vicini a quelli di mercato – , molto spesso si trovano negli elenchi degli affitti a prezzo concordato inquilini inaspettati.
Come il senatore del Pd Benedetto Adragna – già membro della Commissione Lavoro e previdenza sociale – e il direttore di Raidue Massimo Liofredi (ci abiterebbero, però, i suoi genitori) in via Ragni, l’ex collaboratore del Sismi Pio Pompa (cointestatario con Gaetano Pezzella di 169 metri quadri) e l’imprenditore Luciano Gaucci (168 metri quadri per 700 euro) in via dei Georgofili.
C’è poi – era già noto – l’ex ministro leghista Roberto Castelli in via dei Quattro Venti (94 metri quadri per 750 euro): quest’ultimo ha recentemente annunciato alla stampa la disdetta dell’affitto, ma all’ente non risulta ancora nulla.
Così ha dichiarato infatti nei giorni scorsi il direttore Enasarco Maggi a un quotidiano: «Il ministro Castelli ha lasciato la casa? Così ho letto, ma noi non abbiamo ancora ricevuto niente. Ma non è una gran casa. Bassa, poca luce, lontana dalla strada».
Non è del tutto esatto: l’appartamento è al terzo piano, ottimamente illuminato con le finestre sull’importante arteria di Monteverde Vecchio, aldilà della quale c’è un grande spazio aperto.
E’ però il senatore Francesco Maria Amoruso a trasferirci nel più pieno conflitto di interessi.
Il senatore pugliese del Pdl è stato, nella XIV legislatura (2001-2006), presidente della Commissione parlamentare di controllo sugli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.
«In questa veste — spiega il suo sito ufficiale – ha contribuito alla riforma previdenziale del governo Berlusconi e ha condotto importanti indagini conoscitive sull’efficienza dell’Inps, dell’Inpdap e degli altri enti, sia pubblici che privati, previdenziali».
Tutto ciò capitava nello stesso periodo in cui il senatore diveniva assegnatario a Roma di una casa dell’Enasarco. Dall’ente infatti Amoruso ha ottenuto nell’aprile 2004 un prestigioso appartamento di via Civinini ai Parioli: soggiorno, 5 camere e doppi servizi, per un totale di 147,30 metri quadri.
Amoruso che vive normalmente a Bisceglie (Bari), cittadina in cui è vicesindaco e dove risiede la sua famiglia, è subentrato al precedente inquilino di via Civinini e ha ottenuto il suo spazioso appartamento ai Parioli per la modica somma di 1.141,11 euro di affitto più 70 di quote condominiali e 91 di riscaldamento.
E fin qui ha già avuto molto.
Cinque camere per una casa d’appoggio ai Parioli, a Roma, non è male.
In più, però, il senatore Amoruso ha ottenuto anche l’autorizzazione a lavori in proprio di riordino «con successivo scomputo dai canoni di locazione» per un ammontare di oltre 12 mila euro, lavori autorizzati dall’architetto dell’ente Carmelo Francot.
Così l’allora presidente della Commissione di controllo si è aggiudicato gratuitamente la copertura economica per rifare i bagni, la cucina «compreso l’impianto idrico, la demolizione e rifacimento di pavimento e rivestimento, la fornitura di lavello, sottolavello, rubinetteria e cappa», nonchè il rifacimento dell’impianto elettrico dell’unità immobiliare, «la revisione di infissi e verniciatura, la lucidatura a piombo dei pavimenti, la muratura di un tratto di tramezzo, stuccatura e rasatura».
Totale? Le spese ammontano a 12.241,97 euro che Enasarco ha accettato di defalcare poi dall’affitto del senatore.
Autorizzati e non rimborsati, invece, altri lavori effettuati per tramezzi, controsoffitti e tinteggiatura generale.
Certo, Amoruso non è l’unico vip politico all’Enasarco.
Condivide la condizione di affittuario dell’ente con l’ex ministro della Sanità del secondo governo Berlusconi Girolamo Sirchia, in via Nomentana.
Ma anche con il Garante dei detenuti Angiolo Marroni (Pd) – che nei giorni scorsi avrebbe dichiarato: «…E’ colpa mia se l’Enasarco non mi ha adeguato il canone e quindi pago 381 euro al mese per 80 metri quadri?» -, con il sindacalista Giovan Battista Baratta in via del Nuoto.
Eppoi con il ministro per i Rapporti col Parlamento Elio Vito (Pdl) in via della Camilluccia, con Nicola Procaccini – portavoce del ministro Giorgia Meloni – in via della Panetteria, con il capo della polizia Antonio Manganelli, cointestatario con la moglie Adriana Piancastelli di un appartamento in via Civinini, a suo tempo ceduto da Francesco De Gennaro (figlio di Gianni, ex capo della polizia).
Quello che però salta agli occhi nel caso del senatore Pdl Amoruso, oltre al canone irrisorio, è la concessione dell’ente a scalare dall’affitto i lavori di ristrutturazione.
Una gentile autorizzazione che peraltro è stata privilegio non trascurabile di qualche altro notabile.
L’Enasarco dà casa facendola pagare una sciocchezza e poi se ne accolla anche i lavori di ripristino.
Paolo Brogi
(da “Il Corriere della Sera“)
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Marzo 9th, 2011 Riccardo Fucile
CON NOVE VOTI DI SCARTO, L’OPPOSIZIONE RIMANDA IN COMMISSIONE L’ASSURDA PROPOSTA DI LEGGE PRESENTATA DAL GOVERNO CHE NEL RECLUTAMENTO DEGLI ALPINI AVREBBE VOLUTO FARE UNA GRADUATORIA PER FAVORIRE LE RICHIESTE CHE VENGONO DAL NORD… QUALCUNO VUOLE CREARE MILITARI DI SERIE A E ALTRI DI SERIE B
Maggioranza battuta nell’Aula della Camera.
L’Assemblea di Montecitorio ha approvato con nove voti di scarto la proposta del Pd, sostenuta da Idv e Fli, di rinviare in commissione la proposta di legge sugli incentivi per favorire, nelle regioni dell’arco alpino, il reclutamento di militari volontari nei reparti delle truppe alpine.
La nuova norma era stata presentata dalla Lega.
Il testo ora torna in commissione. Dai banchi dell’opposizione si è levato un lungo applauso.
La richiesta di rinvio in commissione della proposta di legge, è stata avanzata in Aula da Ettore Rosato del Pd: «Finisce con il determinare differenziazioni e pregiudizi tra militari di serie A e B».
Al momento del voto sul rinvio del testo in commissione, alla maggioranza sono mancati nove voti.
Ai banchi del governo c’erano a votare solo i ministri Matteoli e Vito ed i sottosegretari Cossiga e Martini.
Era l’ultima patetica trovata arrivata dal Veneto con uno dei più classici slogan storici: “Fuori i terroni”.
Dall’Italia? No, per ora “solo” dal corpo degli Alpini.
Un gruppo di parlamentari del Carroccio, primo firmatario il bellunese Franco Gidoni, aveva infatti presentato una proposta di legge per reclutare gli Alpini al nord.
Troppi i meridionali tra le penne nere, sarebbe opportuno inserire le quote verdi.
Il metodo scelto è l’incentivo.
Oggi alla divisa si arriva per concorso e il dato anagrafico sulla nascita inciderà sull’aumento del punteggio.
Chi è nato a Feltre partirà avvantaggiato rispetto a chi è partito, sacco in spalla, da Ragusa.
Bisognerà però vedere se la norma sarà compatibile con la Costituzione italiana.
“Non avevamo altra scelta – sostiene Gifoni – oggi su 47.000 solo 5.000 provengono da zone a tradizione alpina. E non può essere tollerato. C’è una tradizione da rispettare, c’è gente che da quattro, cinque generazioni veste quella divisa e deve continuare a portarla con orgoglio. Se basterà aumentare il punteggio nel concorso? Non credo, ma noi inviteremo i nostri Comuni, le Province e le Regioni anche a mettere in pratica altri tipi di provvedimento, più strettamente economici. Come sgravi fiscali per le reclute del nord o altri provvedimenti di competenza degli enti locali”.
Forse il leghista Gidoni farebbe prima a chiedersi come mai solo 5.000 su 47.000 alpini provengono dal nord: forse anche grazie alla cultura egoista che la Lega inocula nelle giovani generazioni padane, sono sempre meno i ragazzi che hanno voglia di inerpicarsi sulle montagne e faticare.
Meglio frequentare le veline come il figlio di Bossi.
E ringrazi che ci sono i meridionali a chiedere di entrare nel corpo, altrimenti a Gidoni non resterebbe a sua disposizione che una sola penna nera.
Magari quella con la quale firmare le proprie dimissioni dal Parlamento per manifesta ottusità .
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Marzo 9th, 2011 Riccardo Fucile
NEGATA L’AUTORIZZAZIONE ALL’UTILIZZO DELLE INTERCETTAZIONI A CARICO DELL’EX MINISTRO DEI VERDI, INDAGATO PER CORRUZIONE, ASSOCIAZIONE A DELINQUERE E TRUFFA… LA CAMERA RINVIA POI ALLA PROCURA DI PERUGIA GLI ATTI CONTRO L’EX MINISTRO LUNARDI
Secondo l’accusa, l’ex Ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, è indagato per associazione per delinquere, corruzione e truffa insieme all’imprenditore Mattia Fella, titolare della società ‘Visetur’, con il quale avrebbe intrattenuto uno scambio di favori.
Per questo motivo il Tribunale dei Ministri, che ha competenza sul caso, ha chiesto alla Giunta per le Autorizzazioni a Procedere di poter usare le intercettazioni telefoniche che riguardano l’ex Ministro, autorizzazione che è stata naturalmente negata.
Il paradosso è che a salvare l’ex Ministro dell’Ambiente sono stati i deputati del PDL, cioè i suoi più acerrimi nemici.
Infatti, mentre il PDL e i Radicali hanno votato contro l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni, si sono detti a favore gli ex alleati del Partito Democratico e dell’Italia dei Valori.
Astenuti UDC, Lega Nord e Futuro e Libertà .
Fermo restando la presunzione di innocenza di Alfonso Pecoraro Scanio, la decisione ci sembra francamente un basso tentativo di salvare l’ex Ministro dell’Ambiente dalle grinfie della giustizia e comunque qualcosa di lontanissimo dal cosiddetto “garantismo” sbandierato anche ieri dall’On. Maurizio Paniz il quale si è affrettato a dichiarare che “il PDL è sempre garantista”.
Garantismo non può e non deve essere impunità .
La presunzione di innocenza non deve essere scambiata con la presunzione di immunità .
Quasi ad avallare la copertura trasversale dei partiti di fronte alle richieste della magistratura, sempre ieri la Camera ha deciso di rinviare alla Procura di Perugia gli atti nei confronti del’ex ministro Pietro Lunardi, coinvolto in una tranche dell’inchiesta sugli appalti per il G8 dell’Aquila.
Montecitorio, che aveva già respinto la richiesta di autorizzazione a procedere contro Lunardi, ieri ha fatto il bis con 290 voti contro 208 e 44 astenuti (terzo polo).
Da segnalare che i deputati finiani sono riusciti a dividersi in tre: 15 sono usciti, 10 si sono astenuti e tre hanno votato per Lunardi.
Con Granata che ha minacciato di uscire dal Gruppo se il partito avesse votato a favore dell’ex ministro.
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Marzo 9th, 2011 Riccardo Fucile
BOSSI HA REPLICATO “ASSURDO, ABBIAMO GLI UOMINI E LE ARMI SI FANNO IN LOMBARDIA”…UNA DELEGAZIONE LEGHISTA COMPOSTA DAL DEPUTATO BELARDINELLI E DA PINO BABBINI NEGLI ANNI ’90 ANDO’ A TRIPOLI IN VESTE UFFICIALE PER CHIEDERE 300 MILIARDI PER ACQUISTARE “IL GIORNO”… TORNARONO CON UNA CAMPIONATURA D’AGLIO
Gheddafi che la butta lì, nell’intervista alla tv francese: «La Lega mi ha chiesto aiuto».
E Umberto Bossi che replica dal Transatlantico di Montecitorio: «Ma vi pare… Abbiamo tantissimi uomini e le armi si fanno in Lombardia. Gheddafi è un gatto che sta affogando e si arrampica. La storia insegna che chi spara sulla sua gente finisce male. Ricordate Umberto I, fu ucciso».
Risposta secca, che dovrebbe chiudere la partita con Bossi vincitore.
E invece potrebbe essere un pareggio.
Vero che Bossi non ha mai chiesto armi.
Però ha le sue ragioni anche il Colonnello.
Almeno una richiesta ci fu. Soldi. «Anni Novanta», è la data fissata da Roberto Bernardelli, allora parlamentare leghista e consigliere comunale a Milano.
E così comincia il racconto riportato da pagina 379 di «Umberto Magno», il libro di Leonardo Facco pubblicato l’anno scorso da Aliberti editore.
Il racconto in presa diretta di un’impresa che si avvia con grandi onori e ambizioni, sfiora più volte il comico e finisce con un fallimento.
Con Bernardelli, albergatore milanese che negli Anni 80 s’era inventato il Partito dei Pensionati, anche Pino Babbini, il primo autista di Bossi, pure lui consigliere comunale.
Era la «delegazione africana».
«Babbini riuscì ad ottenere le credenziali per andare in Libia – racconta Bernardelli -. Partimmo da Linate e atterrammo a Djerba. Insiema a noi c’era una specie di alpino, un valligiano del Bergamasco che doveva farci da interprete, dato che aveva lavorato per anni in quel Paese. Motivo della nostra missione? Dovevamo farci dare i soldi da Gheddafi per acquistare «Il Giorno», l’ex quotidiano dell’Eni che in quegli anni era stato messo in vendita.
Due Mercedes nere che ci aspettavano sotto l’aereo.
Ci portarono a Tripoli, dove probabilmente pensavano che fossimo due ministri. A Babbini diedero una suite, a me un’altra, roba di gran lusso».
L’obiettivo era incontrare il Colonnello.
«Ma ci fecero incontrare il ministro degli Esteri, persona colta che parlava perfettamente italiano. Babbini, che si rivolgeva a me in milanese, iniziò una specie di comizio finchè lo obbligai a calare gli assi. Avanzò al ministro la richiesta di acquistare “Il Giorno” in cambio dell’appoggio leghista contro l’embargo della Libia. Mi lasciò sbigottito la cifra abnorme che venne richiesta, roba tipo 300 miliardi delle vecchie lire. Il ministro non fece una piega e iniziò lo scambio di doni. Pezzo forte due spillette di Alberto da Giussano in oro, una per Gheddafi».
Diffidenti, però, i due leghisti più l’alpino bergamasco della «Delegazione africana».
Ancora Bernardelli: «Babbini, mentre stava per consegnare al ministro il gingillo da donare al Colonnello, mi guarda e in milanese mi disse: ”Ma queschì ghe ‘l dà a Gheddafi”».
Non hanno mai saputo se il Colonnello abbia davvero ricevuto il gingillo d’oro, o l’altro omaggio, il libro «Quattro Gatti sul Po» pubblicato nel 1996 dall’Editoriale Nord.
Ma quella sera nelle suite con guardie del corpo fuori dalla porta era cominciata una notte di ansia e angoscia.
«Ovviamente arrivò la ferale notizia che non ci avrebbero dato i soldi – aggiunge Bernardelli-. Babbini ci restò male. Non sapendo come chiudere il colloquio, tirò fuori il progetto di un albergo costruito a Sesto San Giovanni e propose ai libici l’acquisto dell’edificio. Anche lì il ministro storse il naso. Preso dallo sconforto, tentò poi di instaurare un rapporto di tipo commerciale, citando la zona della Sirte…».
Niente, il libico non ci sente.
E Bernardelli la ricorda così: «Siam partiti per cercare di avere i soldi per acquistare un giornale e siamo tornati in Italia con una campionatura d’aglio!». Anche Gheddafi non ha dimenticato.
Giovanni Cerruti
(da “La Stampa“)
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Marzo 9th, 2011 Riccardo Fucile
TINA BROWN SUL NOTO SETTIMANALE USA: “LE ITALIANE SI RIBELLANO, ERA ORA”…”MA IN ITALIA VI RENDETE CONTO CHE BERLUSCONI E’ OLTRE OGNI LIMITE? COME SE NON AVESSE UN RUOLO PUBBLICO, NE’ ALCUNA RESPONSABILITA’?”
“Questo è il momento delle donne”, dice Tina Brown, la giornalista che ha portato al successo Vanity Fair America, svecchiato il New Yorker, inventato il popolarissimo sito di notizie The Daily Beast e che da questa settimana è il neodirettore di Newsweek (comprato dal Daily Beast a novembre per un dollaro).
Il primo numero di Newsweek firmato Brown ha dunque in copertina Hillary Clinton e all’interno una classifica delle “150 donne che scuotono il mondo”.
E come simbolo del ritorno delle donne sulla scena pubblica Newsweek sceglie, con una foto a tutta pagina, la manifestazione delle donne italiane del 13 febbraio.
Con la convinzione che si sia avverato il motto di quando la Brown dirigeva il New Yorker: “La serietà tornerà a essere sexy”.
Tina Brown, perchè la scelta di dedicare una pagina intera alla rivolta femminile contro il bunga bunga?
Per me è stato veramente galvanizzante vedere le donne italiane alzare la testa e ribellarsi, dire basta alle continue umiliazioni che subiscono dalla cultura berlusconiana. È fantastico che finalmente sia successo. Era ora.
Perchè ha titolato in italiano (“Basta Berlusconi”) la pagina sulla manifestazione?
Qui conosciamo la parola “basta” e mi piace la forza che ha. Era anche una critica al maschio italiano.
Nella didascalia si legge che il 90% degli uomini italiani non ha mai usato una lavatrice.
Non era una battuta, ma una statistica che abbiamo trovato. E che ha fatto inorridire molti degli uomini che lavorano con me.
Nella classifica delle donne da ammirare c’è una sola italiana: Emma Bonino. Come mai?
Forse la colpa è nostra, perchè monitoriamo di più i Paesi dove i diritti mancano completamente, dove le violenze domestiche sono all’ordine del giorno, come l’Iran, l’Africa e il Medio Oriente.
Le ricordo la classifica che avete pubblicato sul “Daily Beast”: in quanto a parità dei sessi l’Italia è al 74esimo posto su 134 nazioni.
Giusto, dovremmo seguirvi di più. Ho organizzato un summit, che inizia domani a NY, dove parteciperanno 400 donne provenienti da tutti i paesi: si parlerà anche dell’Italia e della tv berlusconiana.
Ieri al Cairo manifestavano migliaia di donne per la festa dell’otto marzo e per la democrazia.
È esaltante: le donne hanno deciso che devono avere i loro diritti sanciti da una Costituzione. Invece che continuare ad accettare l’emarginazione stanno dicendo: ‘Siamo parte di questo processo, siamo parte del nuovo Egitto. Noi siamo parte della democrazia, anzi siamo la democrazia’.
Lei è una delle donne più potenti nel mondo dell’editoria. Pensa che avrebbe potuto costruire la stessa carriera se fosse nata in Italia?
Io sono inglese, quando mi sono trasferita in America c’erano tantissime opportunità . Il mio successo dipendeva da me: ho avuto davvero pochi ostacoli dovuti al solo fatto di essere una donna. Non ci sono molti altri Paesi che offrono queste opportunità .
Eppure anche negli Usa ci sono poche donne che guidano grandi società .
Infatti comincia ad esserci molto scontento. Poco tempo fa, a Devon, ho moderato un incontro tra Bill Clinton e i 36 amministratori delegati più importanti d’America: non c’era neanche una donna. Possiamo aspirare a posti molto importanti, ma sono sempre al secondo livello: capo del marketing, capo reparto.
Come se lo spiega?
Fa parte della cultura, ma stiamo cominciando a ribellarci. Molte donne si scoraggiano e si accontentano delle retroguardie. Ma c’è un nuovo fenomeno: tante professioniste hanno deciso di aprire le loro società e di guidarle da sè. Io l’ho fatto con il Daily Beast. Sono andata da Barry Diller, il mio editore, gli ho proposto il progetto e oggi il mio sito è uno dei più seguiti in America. Se non mi fossi creata la mia azienda, non credo sarei mai stata nominata a dirigerne un’altra: e questo perchè le donne fanno paura.
Un fenomeno tutto italiano: quello delle parlamentari della maggioranza che vanno in televisione a difendere Berlusconi anche a costo di affermare, per esempio, che “il presidente non paga prostitute, fa la carità a delle povere ragazze”. Cosa pensa di questo comportamento?
È una delle cose più scioccanti che abbia sentito. Faccio fatica a credere che ci siano donne disposte a comportarsi così. Voi italiani dovete denunciare queste abitudini il più possibile: perchè solo parlandone si creano ondate di ribellione.
In America hanno fatto più scalpore i rapporti di Berlusconi con la mafia o il suo processo per prostituzione minorile?
(ride) Ma voi italiani vi rendete conto che Berlusconi è oltre ogni limite? Come se non avesse un ruolo pubblico, nè alcuna responsabilità . Pensa di poter vivere secondo i parametri del suo universo morale, e che le regole e l’etica comuni non contino nulla. È un problema enorme per l’Italia.
Dai dispacci di Wikileaks si evince però che il presidente Barack Obama preferisce avere un alleato debole piuttosto che un leader credibile.
È molto grave per l’Italia essere considerata così. Dall’altro canto, a Obama converrebbe avere come alleati leader che vengono appoggiati nei loro paesi perchè governano bene, non perchè controllano tutti i media.
Beatrice Borromeo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 9th, 2011 Riccardo Fucile
È IL TORMENTONE NATO DA BOCCHINO DURANTE UNA TRASMISSIONE TV: SENZA RISPOSTA….FORSE PRENDE DUE STIPENDI, COME DIRETTORE DE “IL GIORNALE” E COME COLLABORATORE DI MEDIASET…UN RECENTE GROSSO AUMENTO AVREBBE FATTO INFURIARE FELTRI
È il tormentone della giornata.
Italo Bocchino che domanda al direttore de il Giornale, Alessandro Sallusti: “Dì, quanto guadagni?”, ha scalato la vetta dell’hit-parade dei siti d’informazione.
Quasi quattordici minuti, ripetuti, ossessivi, a tratti duri oltre il consueto, con il vicepresidente fliniano pronto ad accusare il giornalista di “killeraggio mediatico per conto di Silvio Berlusconi”.
Passate ventiquattr’ore, abbiamo contattato lo stesso Bocchino per capire.
E lui: “Sentite Sallusti, magari ora ha avuto il tempo giusto per regalarci l’ammontare della cifra…”.
“Non ha risposto l’altro giorno e non intendo farlo oggi perchè non voglio avallare l’equazione ‘stipendiato dalla famiglia del premier, quindi non libero, quindi un servo’ — spiega Sallusti al Fatto Quotidiano —.
E comunque Bocchino vada a cercare la mia dichiarazione dei redditi”.
Va bene, ma intanto ce lo dica a noi…
“No, no — continua —, prendo i soldi come fanno D’Alema, Saviano e molti altri. Comunque, non avete proprio niente da fare che porre queste domande!”.
Però lei non risponde…
“Ancora! Andate a chiederlo a Saviano. Allora anche lui è servo. Insomma, non devo dare alcuna risposta a Bocchino”.
Si è visto.
Il duello tra i due è stato inedito: ospiti della trasmissione “In onda”, su La7, per una volta il direttore de il Giornale ha dovuto giocare pesantemente in difesa, schiacciato all’angolo da un “avversario”, pressato sempre dalla stessa domanda, e non in grado di spostare l’attenzione.
E non parliamo di un inesperto di comunicazione, chiedere a Massimo D’Alema, mesi fa incappato nelle trappole dello stesso Sallusti, tanto da perdere la calma e urlargli: È un bugiardo e un mascalzone! Vada a farsi fottere”.
L’argomento era la vecchia affittopoli romana. Risultato? Reprimenda dell’ordine dei giornalisti per il lìder Maximo, rischio rissa dietro le quinte della trasmissione tra lo stesso D’Alema e Sallusti, oltre a un’enorme soddisfazione per lo staff del premier.
Ecco, questa volta è toccato subire al giornalista preferito del Caimano.
La prova della sua difficoltà in trasmissione esce dall’ultima battuta regalata a il Fatto: “Ah, voglio precisare una cosa: sono monoreddito — spiega il direttore —, quindi non ho alcun contratto con Mediaset. Bocchino ha sbagliato”.
Eppure non lo ha sottolineato in trasmissione.
Ha lasciato correre le parole di Bocchino e la fantasia-pallottoliere di chi ascoltava.
Su, ci dica un indizio: è tra i duecento e i trecentomila euro netti l’anno? “Pensi a Saviano…”.
Niente da fare, quindi.
Così, in attesa della dichiarazione dei redditi, dobbiamo affidarci anche alle voci di corridoio de il Giornale, che danno Sallusti beneficiario di un alto, altissimo aumento di stipendio successivo all’addio di Vittorio Feltri.
E quest’ultimo inferocito per la troppa attenzione economica riservata al suo storico vice.
Voci, supposizioni, forse illazioni, a partire da quelle espresse dal finiano di ferro.
Che, certo, tanto silenzio e tanto mistero non fanno che aumentare.
Alessandro Ferrucci
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 9th, 2011 Riccardo Fucile
UNA LEGGE DELLO STATO IMPORREBBE UNA RIDUZIONE AUTOMATICA DELL’ACCISE IN CASO DI AUMENTO DEL PREZZO DELLA BENZINA…IN ASSENZA DI UN DECRETO ATTUATIVO, CASO STRANO, LA NORMA NON VIENE APPLICATA E PAGANO I CITTADINI
Alla fine, non dubitiamo, Giulio Tremonti saprà cogliere il lato positivo della vicenda.
E poco importa che il risvolto ultimo rappresenti un beneficio per le casse dello Stato costituendo, al contrario, una vera e propria stangata sulle tasche del consumatori.
Il prezzo della benzina segna un nuovo record nel contesto di una corsa al rialzo che, almeno per ora, non sembra trovare ostacoli.
Per una ripresa debole già fortemente contrastata da un’inflazione crescente, cui il prezzo dei carburanti contribuisce in modo sostanziale (il Casper, il comitato di cui fanno parte tra gli altri anche Adoc e Codacons, parla per quest’anno di 1.205 euro di spesa aggiuntiva per ogni famiglia), è un’autentica disgrazia.
Ma per le casse del governo, già corroborate da una pressione fiscale da primato, ecco spuntare all’orizzonte l’ennesima occasione per una nuova “raccolta” extra.
Anche se la legge, ed è questo l’aspetto più disturbante, prevederebbe in questo caso una risposta anticiclica.
Ovvero, per semplificare, l’esatto contrario di quel che accade oggi.
Tutto ruota attorno alla celebre “accise mobile trimestrale”, l’unico strumento, spiega oggi Confesercenti, in grado di venire incontro, sebbene solo parzialmente, alle esigenze più pressanti dei cittadini e dei distributori finali (i gestori delle pompe di benzina, per intenderci).
Lo schema, elaborato all’epoca dell’ultimo tormentato Governo Prodi, prevede un abbassamento delle imposte sui carburanti al dettaglio in proporzione al loro aumento.
Lo sgravio è limitato (nel 2007 si trattò di appena 2 centesimi al litro) ma è comunque gradito.
Un po’ per il principio — allentare la pressione sui cittadini quando il mercato non è favorevole — un po’ per la frenata che l’iniziativa imporrebbe alla riduzione dei consumi, principale problema per i gestori ultimi che, come noto, guadagnano sulla quantità venduta e non sul prezzo della suddetta.
Un meccanismo appropriato, insomma, che la legge 133 del 2008 ha reso anche automatico.
Peccato però che l’automatismo stesso resti tale solo sulla carta visto che il provvedimento non può essere attuato in assenza di un decreto del Ministero dell’Economia.
Tradotto: in assenza di un intervento ad hoc la pressione fiscale resta invariata e i prezzi possono crescere senza limitazioni esterne.
Come già fanno ora, del resto.
Cifre alla mano la situazione si conferma grave.
Dagli 1,568 euro di un litro fissati da Esso agli 1,548 praticati dalla Q8, evidenzia l’ultima rilevazione della Staffetta Quotidiana, il costo della benzina tocca nuove vette attestandosi a un valore medio che quasi non ha precedenti (1,556 euro, che diventano 1,6 in Sicilia dove le tasse sono superiori, contro gli 1,453 del gasolio).
Per ritrovare numeri simili occorre risalire alla tremenda estate del 2008 quando il barile di petrolio registrò il record storico di 147 dollari.
Oggi siamo ancora sotto di 40 dollari ma il contesto non aiuta.
Rispetto a due anni fa, tanto per cominciare, facciamo i conti con un cambio più sfavorevole rispetto al dollaro.
Come se non bastasse, inoltre, la crisi libica ha imposto di fatto una contrazione del 75% sulla produzione di Tripoli riducendo quindi l’offerta disponibile.
Al netto della speculazione, insomma, tutti i “fondamentali” di mercato giustificano la risalita lasciando ai produttori il compito di calmare gli animi dei trader.
Gli Stati Uniti si dicono pronti a intaccare le proprie riserve per ripianare il gap dell’offerta.
Una mossa che dovrebbe avere soprattutto una funzione psicologica placando l’istinto killer che caratterizza oggi gli scambi sui futures.
Ma che difficilmente potrà ispirare gli altri grandi consumatori.
Gli americani possono contare oggi su una cassaforte virtuale di 19 miliardi di barili estraibili, mentre l’Arabia Saudita, prima nella classifica mondiale delle riserve, ne possiede 264.
L’Italia, 52° con 423 milioni, non potrebbe coprire nemmeno i consumi annuali.
La Libia, manco a dirlo, resta il nostro principale fornitore.
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Marzo 9th, 2011 Riccardo Fucile
GIUSTIZIA E CASO RUBY: PER FUTURO E LIBERTA’ “NO A RICHIESTE DELLA MAGGIORANZA”… OGGI VERRA’ ESAMINATA LA PRATICA NELLA GIUNTA E LO PRESTI SOLLEVERA’ SIA UNA QUESTIONE PREGIUDIZIALE SIA CHIEDERA’ ANCHE DI LEGGERE TUTTE LE CARTE DELL’INTERO PROVVEDIMENTO…RISCHIO BLOCCO LAVORI E TENSIONE NEL PDL
Settimana decisiva sulla giustizia per il governo, e non solo per l’annunciata riforma 1″epocale” (così l’ha definita il premier) che sarà presentata giovedì in consiglio dei Ministri.
I finiani sembrano infatti intenzionati a dare battaglia.
Oggi verrà esaminata dalla Giunta per le autorizzazioni la richiesta dei capigruppo di maggioranza di sollevare conflitto di attribuzioni con il Tribunale di Milano sul caso Ruby.
Il deputato del Fli Lo Presti a questo proposito sembra molto chiaro. “Non solo solleverò la questione pregiudiziale perchè ritengo la richiesta del centrodestra inammissibile – spiega – ma chiederò anche che la Giunta acquisisca l’intero provvedimento che ha portato i magistrati di Milano a chiedere il rito immediato per Berlusconi. Vorrei leggere tutte le carte per riuscire a prendere una decisione concreta e consapevole”
Secondo Lo Presti non puo’ essere la Camera a giudicare sulla “ministerialità ” di un reato.
“Un presupposto errato, letteralmente smontato dalla Cassazione, non soltanto nella decisione dello scorso giovedì 3 marzo, ma anche in precedenti pronunciamenti del 1992 e del 2008 già citati nel corso del dibattito presso la Giunta”.
Per Lo Presti “non può essere un organo parlamentare a decidere sulla ministerialità del reato, altrimenti si tornerebbe al sistema di filtro politico come quello della commissione inquirente, che proprio la riforma del 1989 ha eliminato. Rivendicare con il conflitto di attribuzione un potere inesistente, significa imbastire una procedura inammissibile che tale sarebbe dichiarata dalla Corte costituzionale”.
A tal proposito, pertanto, conclude il parlamentare di Fli “confermo che presenterò al presidente della giunta una questione pregiudiziale per il non luogo a procedere sulla richiesta di Pdl e Lega o, in subordine, per la sospensione del suo esame”.
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Marzo 9th, 2011 Riccardo Fucile
ABUSO EDILIZIO: 500 METRI CON BOTOLA….IL SINDACO PRENDE LE DISTANZE: “HA 32 ANNI, NON LO SEGUO PIU”…LE TAPPE DELLA VICENDA CHE HANNO PORTATO IL FIGLIO GABRIELE AD ESSERE SOTTO INCHIESTA A MILANO
“Mio figlio è indipendente, ha 32 anni, io lo seguivo quando era più piccolo”. Così Letizia Moratti, dopo giorni di dure polemiche, prende le distanze da suo figlio Gabriele, coinvolto nello scandalo del loft stile caverna di Batman.
Erano 500 metri quadri di laboratori artigiani in via Ajraghi, a Milano.
Sono stati trasformati dal Morattino in una super-residenza con zone soggiorno, cucina, area party, camere padronali e per gli ospiti, servizi, giardino, piscina, palestra, ring, poligono di tiro, parcheggio auto a scomparsa.
Se sono stati commessi reati, violazioni edilizie, irregolarità amministrative, lo verificherà il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che si è trasformato in Joker e ha aperto un’inchiesta sulle mirabolanti metamorfosi della casa di Batman.
Ma la mamma, che è anche sindaco della città , non sapeva niente delle scelte del figlio?
“Francamente non mi occupo di queste questioni tecniche”, dice ora con aria leggermente indispettita.
Gabriele, garantisce, “si assumerà le sue responsabilità ”.
Eppure fino a ieri ci teneva a far sapere di essere molto unita al figlio, tanto da dichiarare a una giornalista del settimanale Oggi: “Sa quante volte mi sono travestita e con mio figlio Gabriele, travestito pure lui, ce ne siamo andati di notte in giro per le vie a rischio di Milano, dove c’è droga, prostituzione, delinquenza, per capire che cosa succede veramente e poi prendere provvedimenti?”.
Non sappiamo se il travestimento fosse quello di Batman, nè chi dei due facesse Robin.
Certo che il fumettaccio dell’abuso edilizio, per ora solo presunto, sta rovinando le notti di donna Letizia.
Tutto comincia a luglio, quando un cronista del Giornale scopre, girando per il palazzo di giustizia milanese, che è in corso una causa civile intentata da una azienda che vuole essere pagata per i lavori realizzati in uno stabile di via Cesare Ajraghi, zona Certosa.
Così la lite su alcune fatture non saldate porta alla luce la miracolosa trasformazione di quattro unità accatastate sotto la sigla C3, ovvero “laboratori per arti e mestieri”, in residenza di superlusso.
Il consigliere comunale Basilio Rizzo (Lista Fo) chiede conto al sindaco. Partono gli accertamenti amministrativi.
Si avvia l’inchiesta di Robledo-Joker. Il 12 agosto Gabriele Moratti cerca di correre ai ripari chiedendo al Comune (cioè alla mamma) che l’immobile da “produttivo” diventi “commerciale”.
Il 28-29 settembre i vigili riescono finalmente a entrare per i controlli.
Rilevano soltanto modeste irregolarità .
Eppure ci sono le camere da letto, i divani, le cucine con i frigoriferi pieni. Ufficialmente, però, la Bat-caverna con piscina, sauna e ponte levatoio è “spazio espositivo per abbigliamento multi-marca”: uno showroom di moda.
Attività inedita per Gabriele Moratti, che ha un paio di lauree, in psicologia e storia dell’arte, prese negli Stati Uniti, alla Duke University di Durham (dove ha studiato Richard Nixon) ed è inserito nel management del colosso petrolifero di famiglia , la Saras, come consigliere d’amministrazione e assistente del direttore generale.
Ha poi una sua attività autonoma, a cui tiene molto, che ha però a che fare non con la moda, bensì con la sicurezza: ha fondato insieme all’ex campione mondiale di kick boxing Andrea Vittori l’agenzia Manta Security. Bodyguard e investigazioni.
Bebe (così lo chiamano gli amici) ha dimostrato di non essere tutto chiacchiere e distintivo.
La “sicurezza” se la fa da sè, senza bisogno di guardie del corpo: lo ha dimostrato il 20 dicembre 2008, quando ha ingaggiato una memorabile rissa nel privè della discoteca Hollywood con Eddie Irvine, ex pilota di Formula Uno.
Questioni di donne, con seguito di cazzotti e qualche parola di troppo.
Ora i due litiganti sono entrambi imputati per lesioni gravi, ma per Bebe c’è anche l’accusa di minacce.
A Palazzo Marino, intanto, è rimasto il vice sindaco, Riccardo De Corato, a dover affrontare il fumetto della Bat-caverna.
Ieri Letizia Moratti non si è presentata e ha lasciato al suo vice il compito di fare ai capigruppo una relazione sull’argomento.
“Mi auguro che dalla Moratti, che non poteva non essere a conoscenza della situazione abitativa del figlio, arrivi un chiarimento sotto tutti i punti di vista”, ha commentato Barbara Ciabò, consigliera comunale di Fli e presidente della Commissione casa.
Gianni Barbacetto e Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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