Marzo 8th, 2011 Riccardo Fucile
URSO VORREBBE UN FLI “MODERATO” CON IL PIATTINO IN MANO, ASPETTANDO LA MANCETTA DEL SULTANO…VEDE LA PAGLIUZZA DI UNA DESTRA APERTA AL CONFRONTO CON LA SINISTRA, MA NON LA TRAVE DELL’ALLEANZA VERGOGNOSA DURATA ANNI CON UN PARTITO RAZZISTA E ANTINAZIONALE… AL NORD OCCORRE UNA GRANDE ALLEANZA ANTI-LEGA
Partiamo da alcune dichiarazioni rese ieri dai microfoni di Radio 2 nel corso del programma “Un giorno da pecora” da Adolfo Urso, rimasto in Fli dopo la polemica con Fini, seguita alla nomina come vicepresidente di Italo Bocchino.
“Se Fini, dopo aver parlato per mesi della necessità di dare una spallata al governo, è parso tornare su posizioni più moderate è merito nostro, della nostra componente di moderati” ha sostenuto Urso.
Che ha poi affermato: “abbiamo perso 4 deputati e 4 senatori a causa della linea politica precedente: una forza politica deve pensare a costruire, non a lacerare, dobbiamo unire, non ostruire”.
Fermo restando che Fli “deve rimanere rigorosamente nell’ambito del centrodestra ed evitare alleanze anche solo tattiche con la sinistra”.
Ci rendiamo conto che l’argomento potrebbe essere facilmente liquidato con la tesi che dietro il malessere di Urso e pochi altri vi siano ragioni personali di peso politico interno.
In soldoni una mera questione di potere e poltrone, di simpatie ed antipatie, come accade si celi solitamente dietro tante nobili argomentazioni ideologiche, poste in essere per nascondere meno nobili motivazioni.
Ma facciamo finta di crederci e prenderle per vere.
1) Urso finge di dimenticare che la spallata al governo ci sarebbe stata se una cosca di corruttori (quelli ai quali lui guarda ancora con rispetto) non avesse messo in atto una campagna acquisti di parlamentari degna di un regime sudamericano.
Sono i numeri e i fatti a smentire Urso: i numeri perchè il governo, senza i cambi di casacca, sarebbe stato sotto di 10 deputati, i fatti perchè coloro che hanno tradito ora stanno per essere ricompensati con posti di governo.
Quindi tentare di dare una spallata a un esecutivo vergognoso come questo non solo era un diritto, ma era un dovere per una destra vera.
2) Se Fli ha perso 4 deputati e 4 senatori, Urso ne conosce bene le ragioni, non faccia il finto ingenuo visto che lui stesso ha confermato: “Berlusconi mi ha offerto qualsiasi cosa, anche di ritornare viceministro, se rientro nel Pdl”.
I metodi sono questi: non a caso alla moglie di Bocchino hanno tagliato il lavoro in Rai mentre a Barbareschi hanno fatto un contratto da 14 milioni di euro, come in passato i favori al Cepu hanno “convinto” la Polidori e le promesse di posti di sottosegretari o la rielezione assicurata altri transughi.
Abbia Urso il buon gusto di non addossare alla presunta linea politica di Fini questi abbandoni, semmai, da uomo di destra quale si dichiara, esprima il suo totale disprezzo verso questi metodi e i suoi mandanti.
Ed evitiamo di andare oltre, magari ipotizzando che anche l’uso di dossier nei confronti di chi aveva qualche scheletro nell’armadio abbia pure avuto il suo peso in talune defezioni.
3) Urso ha di fatto favorito, e questa è la sua responsabilità più grave, l’equivoco, messo artatamente in giro dal partito degli accattoni (leggi Pdl), che Fli si spostasse a sinistra, facendo accordi con i comunisti.
Abbiamo letto le esilaranti dichiarazioni di un deputato di Cuneo che sarebbe tornato nel Pdl dopo che la madre novantenne lo avrebbe rimproverato “che fai, vai coi comunisti?”.
Una balla messa in giro da quattro falsari dell’informazione e ripetuta da un premier (sempre colui che Urso vede ancora come interlocutore di una destra seria) a corto di argomenti politici, essendo notorio che di politica non capisce una mazza, è stata fatta propria da una parte di Fli per condurre una guerra interna.
Se Urso fosse stato confermato portavoce e il vecchio sociale rautiano Viespoli (che triste fine) non avesse avuto contrasti in Campania con Bocchino, non sarebbe successo nulla.
Invece qualcuno si è prestato a veicolare una menzogna, pur di giustificare il suo abbondono.
4) Un’ alleanza tattica anche con la sinistra sarebbe uno scandalo?
Da che mondo è mondo, caro Urso, esiste chi governa e chi sta all’opposizione.
E chi ci sta deve saperla fare, anche se è ormai abituato alle stanze del potere.
Nei vari enti locali è forse uno scandalo se chi sta all’opposizione vota spesso con le altre forze di opposizione? Dove sta il problema?
Forse Urso, uomo di cultura diversa dalla mia, ma immagino di solide radici liberali (almeno da quando ha sotterrato la sua giovane militanza nel Msi) dimentica che esiste solo un partito verso il quale una destra moderna ( ma anche una datata) dovrebbe avere una pregiudiziale ideologica?
Un partito all’antitesi dei valori di destra?
E non è la sinistra che lui evoca spesso, ma si chiama Lega, caro Urso: antinazionale, egoista, razzista.
E come mai, caro Urso, tu, così attento ai valori della destra moderata, hai accettato di sedere in un governo con costoro?
Come mai non ti sei dimesso indignato quando hai approvato il trattato con cui abbiamo regalato 5 miliardi a un assassino libico per fargli fare il lavoro sporco di affogare gli immigrati per conto terzi?
Dov’era la tua dignità di italiano “moderato” quando Bossi spiegò che uso avrebbe fatto del tricolore?
Ti indigni solo ora se qualcuno ipotizza un governo di liberazione, composto da sinistra democratica e centro, per mandare a casa un governo che ha sputtanato i valori della destra in tutto il mondo?
E allora per coerenza, fai una proposta moderata che ti suggeriamo e che ci troverà al tuo fianco: mai più alleanze locali o nazionali con la Lega.
Che Fli sia il primo partito, visto che ne ha le credenziali valoriali, a proporre un patto con gli elettori: “ovunque vi è la Lega, noi saremo dall’altra parte”.
E Fli lanci una campagna nazionale per alleanze anti-Lega al nord, aperte a tutti: dal Pdl al Terzo Polo al Pd.
Chi ci sta, ci sta.
Una alleanza che dimezzerebbe il potere della Lega al nord e gli spezzerebbe le gambe per sempre, aprendo nuovi spazi a una destra moderna, sociale e popolare.
O qualcuno ha paura di non essere più invitato ad Arcore?
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Marzo 8th, 2011 Riccardo Fucile
NON C’E’ LIMITE AL PEGGIO: IL FIGLIO DI BOSSI INAUGURA UN CENTRO SPORTIVO CHE VEDRA’ OSPITI GLI ATLETI AUSTRALIANI: “SARA’ UN NUOVO PONTE TRA ITALIA E AUSTRALIA E QUINDI TROVEREMO MOLTI CANADESI IN GIRO PER VARESE”…LA EX PASIONARIA DELLA DESTRA: “SE I PM CHE HANNO SEGUITO IL CASO YARA AVESSERO IMPIEGATO PER LE RICERCHE LE RISORSE CHE HANNO SPESO PER LE RAGAZZE DEL BUNGA BUNGA, YARA SAREBBE ANCORA VIVA”… LA POVERETTA FORSE NON SA ANCORA CHE YARA E’ STATA UCCISA LA SERA STESSA
Che il livello della classe politica italiana italiana fosse caduto in basso è cosa su cui non avevamo dubbi.
Ma talvolta è anche da piccoli episodi o gaffes che si rafforza tale convincimento.
Il primo che andremo a raccontarvi riguarda il figliol prodigo del Senatur, imposto per discendenza reale al trono al consiglio regionale della Lombardia, dove si fa spesso fotografare accanto a Nicole Minetti: una esperta di “appuntamenti e affitti”, l’altro di come incassare 12.000 euro al mese, nonostante tre bocciature a scuola.
Renzo Bossi, in quel di Varese, si fa intervistare dai media per “appropriarsi” del merito dell’inaugurazione di un “training center” nel varesotto che ospiterà gli atleti australiani per i prossimi anni.
Tra una frase di rito e l’altra, il giovanotto pensa bene di commentare l’evento con un’uscita che farà storcere il naso a molti suoi elettori e avversari politici: «Sarà un nuovo ponte fra l’Italia e l’Australia e quindi troveremo molti canadesi in giro per Varese».
Che c’entrino i canadesi con l’Australia non si sa, forse per Renzo si chiameranno così gli abitanti della terra dei canguri.
La geografia non sarà stata il suo forte neanche alle superiori, visti gli esiti disastrosi delle tre maturità , ma neanche un bambino delle medie avrebbe detto una castroneria di tal genere.
Veniamo al secondo episodio, ancora più grave perchè non riguarda solo l’ignoranza, ma anche la mafede.
Protagonista madame Sallusti, alias Daniela Garnero in Santanchè, gran maestra di coerenza per aver accusato il premier di volere le donne orizzontali, salvo poi difenderlo con passione, degna di miglior causa, quando sono emerse le testimonianze di come lui le stendeva a pagamento sul lettone anche in modo multiplo e senza verificarne la maggiore età .
La sottosegretaria per l’Attuazione del programma notoriamente straparla su tutto lo scibile umano con la sua voce querula e l’arroganza che ne contraddistingue l’alto lignaggio.
Non poteva esimersi quindi dallo sputare sentenze anche sul caso Yara: “se i pm avessero impiegato per le ricerche della ragazzina le stesse risorse e tecnologie che hanno speso per indagare sull’Olgettina forse Yara sarebbe ancora viva”
Strumentalizzare anche l’assassinio di una tredicenne è già deprimente di suo, ma accusare i giudici in questo caso è ridicolo.
In primis perchè le indagini le svolgono le forze dell’ordine, i magistrati semmai ne vagliano solo i risultati.
Ma l’umorismo involontario della Danielona emerge a tutto tondo quando dimostra un inizio di arteriosclerosi, dimenticando che Yara è stata uccisa subito dopo essere stata rapita.
Con tutte le risorse e tecnologie disponibili, un po’ difficile anche per la “Santa-de-chè” far resuscitare una morta.
Presa dalla foga di accusare ad ogni costo quei vili magistrati che spendono tempo ad accusare il suo amato “nonnino”, la ex pasionaria sociale si voleva “rifare” contro i pm di Bergamo.
Per una che sul termine “rifatta” ha basato il suo appeal politico, stavolta si deve constatare che gli è andata a buca.
Ha “rifatto” solo la solita figura da 50enne in preda a una crisi di nervi.
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Marzo 8th, 2011 Riccardo Fucile
NUOVO FILONE D’INCHIESTA DELLA PROCURA DI NAPOLI: BOCCHINO AVEVA ATTACCATO IN TV LAVITOLA E DAGOSPIA, D’AGOSTINO GIURA “GLIELA FARO’ PAGARE”… POI TELEFONA ALLA MOGLIE DEL POLITICO: “HO FOTO COMPROMETTENTI DI TUO MARITO CON LA CARFAGNA”… LE FOTO NON ESISTONO E SCATTA L’INDAGINE SUI MANDANTI
Il vicepresidente di Fli Italo Bocchino era finito nel mirino della macchina del fango.
È uno dei retroscena dell’inchiesta sui dossier condotta dalla Procura di Napoli che nei giorni scorsi ha sentito il parlamentare come “persona informata dei fatti” e possibile parte offesa di un tentativo di screditarlo.
Operazione passata attraverso pedinamenti e dietro la minaccia, così come ricostruita da Bocchino, di mettere in circolazione foto che avrebbero potuto danneggiare l’esponente politico soprattutto sul piano personale.
L’indagine ruota attorno alla figura di Luigi Bisignani – giornalista e uomo d’affari risultato in passato iscritto alla loggia P2 – che secondo i pubblici ministeri Francesco Curcio ed Henry John Woodcock avrebbe gestito un sistema di relazioni e contatti in grado di condizionare la vita pubblica.
Qualche settimana fa Bocchino viene convocato come testimone. «I magistrati – racconta adesso – mi hanno fatto ascoltare la registrazione di una telefonata tra D’Agostino e Bisignani. Il primo diceva che me l’avrebbe fatta pagare per quanto avevo detto in televisione».
Il riferimento è alla partecipazione ad «Annozero» condotto da Michele Santoro, nella puntata del 23 settembre scorso dedicata proprio alla vicenda di Montecarlo.
Sui giornali ci sono le lettere pubblicate da alcune testate sudamericane secondo le quali l’appartamento è del cognato di Fini, Giancarlo Tulliani. «Questo dossier – accusa Bocchino in trasmissione – è una patacca confezionata dal direttore de l’Avanti Walter Lavitola che ha girato con Berlusconi per il Sudamerica, in quel viaggio finito sulla stampa brasiliana per un festino. Nel documento c’è stato il lavorio diretto dell’entourage del presidente del Consiglio e poi in Italia è stato veicolato da Dagospia. Bisognerebbe fare una puntata per sapere chi c’è dietro Dagospia».
Sembra finita lì, invece Bocchino racconta quanto sarebbe accaduto in seguito: «Nella telefonata intercettata D’Agostino parla a Bisignani di alcune mie foto in compagnia di Mara Carfagna e dice che il giorno dopo avrebbe chiamato mia moglie. La cosa è puntualmente avvenuta. Ha telefonato a Gabriella (Buontempo, consorte del parlamentare ndr) e le ha detto che avrebbe pubblicato le immagini che mi ritraevano mentre ero all’hotel Vesuvio di Napoli in compagnia della Carfagna, entrambi in accappatoio. Era una calunnia, ma naturalmente ciò ha avuto conseguenze sulla nostra tranquillità e per questo ho raccontato tutto ai magistrati. Gabriella è pronta a confermare, soprattutto dopo i danni che ha subito anche nel suo lavoro di produttrice televisiva. Da quando io ho seguito Fini fuori dal Pdl le sono stati annullati tutti i contratti in Rai».
L’audizione di Bocchino ha riguardato anche un altro capitolo dell’inchiesta, quello sui contributi all’editoria.
Il deputato è infatti l’esponente politico di riferimento del quotidiano napoletano Roma al quale furono bloccati i contributi una prima volta nel 2008 e poi l’anno successivo.
Il filone iniziale dell’inchiesta, nella quale risulta come unico indagato un sottufficiale dei carabinieri, ruota attorno al «sistema parallelo» che avrebbe utilizzato notizie riservate a scopo di dossier e ricatti.
La Procura però sta ricostruendo l’intreccio di relazioni che rende Bisignani una delle personalità più influenti del Paese, capace di incidere in maniera spesso determinante nella scelta degli uomini da collocare in incarichi nevralgici della vita pubblica.
Agli atti figurano anche riferimenti a rilevanti operazioni finanziarie come l’acquisto di un immobile a Roma con capitali libici e investimenti petroliferi in Nigeria.
I pm vogliono adesso separare le attività di lobbing da episodi che potrebbero integrare condotte illecite. Il 15 sarà sentito Bisignani, poi i magistrati faranno un primo bilancio.
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Marzo 8th, 2011 Riccardo Fucile
“C’E’ CHI VUOLE COSTRUIRE PERIMETRI E STECCATI INTORNO A FINI PER LIMITARNE LA POTENZIALITA’ DI RAPPRESENTARE UNA NUOVA ITALIA”… “OCCORRE ESSERE AVANGUARDIA CULTURALE E POLITICA OLTRE OGNI PERIMETRAZIONE SCONTATA, OLTRE LA DESTRA E LA SINISTRA”
Domenica a Roma, sullo sfondo del palcoscenico dell’Adriano, accanto al nostro bel simbolo, si notava la riproduzione ossessiva di uno slogan, “il vero centrodestra”, diventato una sorta di “coperta di Linus” per futuristi in crisi di identità …
Con franchezza vorrei dire che sono veramente stanco, e per certi versi nauseato, da tutta una serie di “perimetri e steccati” costruiti attorno a Gianfranco Fini per limitarne lo straordinario potenziale di rappresentanza della nuova Italia e di una politica nuova.
Affermare che veniamo da Destra è scontato, ma a dare forza al nostro progetto c’è molto di più e di più complesso.
In un passaggio epocale nel quale le categorie politiche del ‘900 non riescono più a spiegare il mondo, la nostra grande ambizione è quella di rappresentare e costruire il movimento del Patriottismo Repubblicano e costituzionale.
Gli strascichi di qualche piccola ambizione personale frustrata rischia invece di determinare una dinamica nella quale, dopo la zavorra rappresentata da alcuni personaggi poi regolarmente approdati alle aree di responsabilità e coesione nazionale, dovremmo adesso sorbirci quella di un diuturno richiamo alla perimetrazione rigida e inesorabile nel centrodestra.
In questa logica ci si rifugia nell’ipocrita formula del postberlusconismo, come se la “ragione sociale” della nascita del nostro progetto non fosse intimamente collegata alla deriva incarnata dal Premier e dai suoi uomini.
Fini e Futuro e Libertà hanno rappresentato una speranza per tanti italiani di destra e non di destra: per questo bisogna essere avanguardia culturale e politica ben oltre ogni posizionamento scontato.
Sui referendum, ad esempio, io rappresento un’area contraria al nucleare, favorevole alla gestione pubblica dell’acqua e contro ogni meccanismo ad personam di “legittimo impedimento”, ma non ho l’arroganza di indicare questa mia sensibilità come “linea di partito”.
Quei provvedimenti furono infatti sostenuti in un altro quadro politico: ora che tutto è cambiato tutto va democraticamente ridiscusso al nostro interno.
Non dimentichiamo, infine, che Fini e alcuni di noi sono stati espulsi dal Pdl e da Berlusconi perchè difendevano la legalità , l’etica pubblica e la coesione sociale e culturale della nazione in nome di una certa “idea dell’Italia”.
Il 14 dicembre la sfiducia da noi proposta e votata è stata conseguenza logica e doverosa di quel percorso: chi oggi, dall’interno di Fli e mentre si costituisce in corrente, mette in dubbio la bontà di quelle scelte, dà implicitamente ragione ai “quaquaraquà ” di cui ieri parlava Gianfranco Fini.
E al groviglio di interessi torbidi ai quali il nostro progetto fa paura.
Fabio Granata
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Marzo 8th, 2011 Riccardo Fucile
SIAMO IL FANALINO DI CODA INSIEME A MALTA… IN OLANDA L’OCCUPAZIONE SALE AL SECONDO BIMBO… IN ZONA EURO IN DIECI ANNI IL LAVORO FEMMINILE E’ SCESO DELLO 0,6%, IN ITALIA DELL’1,2%
Perfino nell’Europa del 2011, sembra che alla condizione di donna si accompagni un danno oggettivo, un’oggettiva difficoltà di vivere.
Questo dicono i dati che l’Eurostat, l’istituto incaricato di tradurre in cifre la nostra vita, ha scodellato in vista dell’8 marzo, festa mondiale delle donne: in tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea, il tasso di occupazione femminile diminuisce con l’aumentare del numero dei figli, mentre per gli uomini accade il contrario.
La famiglia con i suoi carichi è dunque un fattore penalizzante per il lavoro femminile, e questo lo si sapeva da sempre.
Come si sapeva che la penalizzazione si allevia, quanto più la madre può contare su asili nido o altre strutture pubbliche di assistenza: meno asili a disposizione, meno madri in grado di conservare il loro impiego.
Ma è il secondo dato, quello che più colpisce: i due Paesi, su tutti, in cui alle donne fra i 25 e i 54 anni con figli è più difficile lavorare, sono Malta e l’Italia. Per confermarlo, la statistica seziona impietosamente le diverse tipologie familiari.
Ecco qualche esempio al volo: donne senza figli, media Ue 75,8 per cento di occupazione; Germania 81,8, Finlandia 83,2, e via via tutti gli altri Paesi; fanalini di coda l’Italia (63,9), e Malta (56,6).
Madri con un figlio: media Ue 71, 3; Francia 78; Gran Bretagna 75, Grecia 61,3, Italia 59 e Malta 45,7. Madri con 2 figli: media Ue 69,2, Belgio 77,2, Francia 78, Slovenia 89, 1, Finlandia 83,3, e così via; ultime in fondo all’elenco: Italia 54,1, e Malta, 37,4.
Panorama ribadito dalla colonna dedicata alle madri con 3 figli o più: media Ue 54,7, Belgio 61, 7, Olanda 71,3; e l’Italia? Un tuffo all’in giù: in questa categoria, risulta infatti occupato solo il 41,3% delle donne (ancora una volta, superate in peggio soltanto dalle maltesi: 29,6%).
Se poi si allarga la visione a tutta l’occupazione femminile, il quadro generale è altrettanto grigio: ovunque la donna lavora meno dell’uomo, e in tutta la zona Euro l’occupazione femminile è calata in media dello 0,6% dal 1999 al 2009, ma in Italia è calata ancor di più: -1,2%.
Non solo.
Esiste anche un’altra statistica, che prende in considerazione il cosiddetto tasso di inattività economica: persone che neppure cercano un’occupazione, gente al di fuori del mercato del lavoro.
Nel 2009, nella Ue, erano in questa condizione 8,7 milioni di uomini e 23,4 milioni di donne, rispettivamente l’8,2% e il 22,1% del totale.
Ma anche qui, grandi differenze: per le donne, il tasso di inattività era bloccato al 13% in Svezia o in Danimarca, ma balzava al 35,5% in Italia, e al 51,1% a Malta.
Un altro piazzamento in coda all’Europa.
Frutti avvelenati dei vecchi pregiudizi, «la donna deve pensare ai figli» e via dicendo?
Non sembra: in Spagna, uno dei Paesi più tradizionalisti, si è dimezzato in 30 anni il numero di coloro che nei sondaggi ritengono giusta questa affermazione.
Più probabilmente, concordano gli esperti di Bruxelles, la crisi iniziata nel 2008 ha colpito di più le fasce più deboli: piove sul bagnato, insomma.
C’è anche qualche sorpresa, nella fotografia scattata dall’Eurostat: se è vero che la presenza dei figli tira ovunque verso il basso gli indici dell’occupazione femminile, in alcune nazioni – Olanda, Finlandia, Ungheria – la tendenza sembra invertirsi quando al primo figlio ne segue un secondo, o un terzo; l’ipotesi è che la giovane madre, dopo il primo anno di crisi, riesca a riassestarsi forse anche con l’aiuto di nonne o di zie, e superi poi il secondo parto molto più pronta ad affrontare gli stress del ritorno al lavoro.
Ma vi sono anche nazioni, come il Belgio o la Slovenia – note per i buoni e numerosi asili nido – dove il tasso di occupazione femminile resta invariato anche con uno o due bambini in casa, e comincia a calare soltanto dopo il terzo figlio.
Quanto agli uomini con famiglia, il loro è un percorso esattamente contrario: più sono i figli a carico (almeno fino a due), più cresce il tasso di occupazione.
Gli esperti non offrono in questo caso una spiegazione, si limitano ad allineare le cifre: uomo con un figlio, media Ue 87,4% (Italia 88%); uomo con due figli, media Ue 90,6 (Italia 91,1); uomo con tre o più figli, media Ue 85,4 (Italia 87,7).
Ancora una volta l’Europa declinata al maschile sembra offrire una vita più facile, o meno faticosa.
Luigi Offeddu
(da “Il Corriere della Sera“)
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Marzo 8th, 2011 Riccardo Fucile
L’AVEVANO CHIAMATO SCOOP, ORA E’ UFFICIALE: LA STORIA DELLA ESCORT ANDATA CON FINI ERA TUTTA UNA MONTATURA, COSI’ COME IL PRESUNTO ATTENTATO AL PRESIDENTE DELLA CAMERA… UNA BUFALA PATETICA PER CUI NON HANNO NEPPURE CHIESTO SCUSA…E BELPIETRO DOVRA’ RISPONDERE DI PROCURATO ALLARME
Il 27 dicembre 2010 è una data che resterà negli annali del giornalismo.
Quel giorno “Libero” esce con un sobrio titolo a tutta prima pagina: “Fini è fallito”.
Segue editoriale del direttore Maurizio Belpietro: «Girano strane storie a proposito di Fini. Non so se abbiano fondamento, se si tratti di invenzioni o peggio di trappole per trarci in inganno. Se ho deciso di riferirle è perchè alcune persone di cui ho accertato identità e professione si sono rivolte a me assicurandomi la veridicità di quanto raccontato… Toccherà ad altri accertare i fatti».
I “fatti”, come li chiama lui, sarebbero due.
Primo: «Ad Andria c’è chi vorrebbe colpire Fini in una delle sue prossime visite e per questo si sarebbe rivolto a un manovale della criminalità locale, promettendogli 200 mila euro» con «l’impegno di far ricadere la colpa sul presidente del Consiglio… L’operazione punterebbe al ferimento di Fini… in primavera, in prossimità delle elezioni, così da condizionarne l’esito».
Il lettore immagina che Belpietro abbia svolto qualche verifica, prima di sbattere in prima pagina una notizia tanto grave.
Invece no: «Vero? Falso? Non lo so. Chi mi ha spifferato il piano non pareva matto… in cambio dell’informazione non mi ha chiesto nulla, se non di liberarsi la coscienza».
Nel codice deontologico belpietresco, basta che uno non sembri matto e non chieda soldi, e tutto quel che racconta va in prima pagina.
Secondo “fatto”: una prostituta emiliana, ovviamente sana di mente e senza scopo di lucro, gli ha raccontato «con una serie di particolari piccanti» di avere svolto «prestazioni» per «un tizio uguale in tutto e per tutto a Fini… in cambio di 100 mila euro in contanti».
Anche qui il watchdog bresciano dà una lezione di giornalismo investigativo: «Mitomane? Ricattatrice? Altro? Boh! Perchè mi sono deciso a scrivere delle due vicende? Perchè se sono vere c’è di che preoccuparsi… Se invece è tutto falso, attentato e puttana, c’è da domandarsi perchè le storie spuntano in prossimità dello scontro finale tra Fini e il capo del governo».
Belpietro è «pronto ad aggiungere qualche altro particolare al magistrato». Infatti le Procure di Milano, Bari e Roma aprono tre inchieste.
Fini querela “Libero” e dimostra di non avere in agenda visite ad Andria per il prossimo mezzo secolo.
Belpietro finge stupore: «Ho fatto uno scoop, non potevo andare dal magistrato sennò mi leggevo la notizia su qualche altro giornale. Ma ho fatto un piacere a Fini, dovrebbe ringraziarmi».
E ribatte alle critiche dei finiani sparando altri titoloni roboanti: «Invece di ringraziarci i falliti ci attaccano», «I falliti ci vogliono uccidere», «L’armata rossa dei giornalisti finiani spara su Belpietro».
Per qualche giorno stampa e tv non parlano d’altro, proprio mentre stanno per chiudersi le indagini su due faccende piuttosto imbarazzanti per Belpietro e Berlusconi: il caso Ruby e il misterioso attentato che il caposcorta del direttore di “Libero” dice di avere sventato.
Interrogato a Milano, il giornalista che doveva dire tutto ai pm tace il nome della fonte pugliese, che comunque viene identificata: è un imprenditore di Andria che vota centrodestra.
Quanto alla escort, diventa una celebrità , rilascia interviste, millanta tre incontri a pagamento con Fini, ma non porta alcuna prova.
Si scopre pure che un tizio ha chiamato il portavoce di Fini per minacciare l’uscita di video compromettenti e offrirsi per levarli dal mercato.
Peccato che sia tutto falso: i due vengono indagati per estorsione e la squillo anche per diffamazione.
Pure l’attentato a Fini si rivela una patacca: l’imprenditore pugliese confessa che se l’è inventato lui per dimostrare com’è facile rifilare bufale a certi giornali.
Missione compiuta.
Peccato che sia un reato: almeno per il pm Armando Spataro, che chiede di condannare lui e il direttore di “Libero” con decreto penale per procurato allarme e trasmette gli atti all’Ordine dei giornalisti per valutare la deontologia di Belpietro.
Che però è in una botte di ferro: il suo informatore era non solo sano di mente, ma affidabilissimo.
Infatti, per spacciare la patacca a botta sicura, si era rivolto proprio a lui.
Marco Travaglio
(da “L’Espresso“)
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Marzo 8th, 2011 Riccardo Fucile
L’8 MARZO, TRA MANIFESTAZIONI ED INIZIATIVE IN OLTRE 50 CITTA’, TORNA AD ESSERE UNA GIORNATA DI LOTTA PER IL LAVORO…. LE RICHIESTE: CANCELLAZIONE DELLE DIMISSIONI IN BIANCO, ASSEGNO DI MATERNITA’ PER 5 MESI, CONGEDO OBBLIGATORIO RETRIBUITO PER I PADRI PER 15 GIORNI, COME STABILITO DAL PARLAMENTO EUROPEO
Non è più tempo di mimose.
Domani le donne scenderanno in piazza con proposte, richieste concrete. Vogliono lavoro e uguaglianza di trattamento e lo chiederanno a voce alta in oltre cinquanta città d’Italia come non avveniva da tempo ormai.
E’ il ritorno ufficiale dell’8 marzo.
Certo, è anche il centenario della Giornata internazionale delle donne.
E lo celebrerà in pompa magna pure il Parlamento europeo, ma non basta a spiegare quello che sta accadendo in questi giorni.
Iniziative su iniziative, cortei, idee dal Piemonte alla Sicilia.
Che siano cento anni di anniversario non lo ricorda quasi nessuno, che sia il momento di far sentire la propria voce sì.
E quindi archiviato il tempo delle manifestazioni con i mazzolini gialli e l’aria un po’ scanzonata, finito il tempo delle cene e dei regalini, a scendere in piazza sarà di nuovo la rabbia.
«Per alcuni anni ci si è illusi che ci fosse uguaglianza e che tutti gli articoli della Costituzione fossero attuati – spiega Valeria Fedeli, sindacalista, e fra le fondatrici del movimento «Se non ora quando» – Ora sappiamo che non è così e, quindi, l’8 marzo torna ad avere un ruolo centrale. Infatti le nostre manifestazioni parleranno di lavoro».
Porteranno in piazza tre richieste.
Innanzitutto l’introduzione della legge 188 voluta dal governo Prodi e abrogata dal governo Berlusconi che cancellava le dimissioni in bianco, un foglio di dimissioni fatto firmare senza data al momento dell’assunzione che il datore di lavoro usa nel momento in cui la donna va in maternità per sbarazzarsene.
Poi, un assegno di maternità universale per cinque mesi a tutte le madri, dipendenti o autonome, stabili o precarie, a carico della fiscalità generale e non di un fondo Inps.
Infine, il congedo obbligatorio (e non solo facoltativo) per i padri retribuito al 100% per quindici giorni, come previsto dalla legge approvata dal Parlamento Europeo lo scorso ottobre.
Le richieste delle donne del «Snoq» arriveranno domani dalle mille piazze.
A Roma si inizia a da piazza Vittorio a Roma.
Sul palco operaie tessili, giornaliste, insegnanti, sportive, scrittrici, migranti, studentesse, insieme a Claudia Pandolfi, Valeria Golino, e Carmen Consoli.
Il loro simbolo una coccarda rosa.
Ma le sigle in piazza saranno molte, a conferma dell’importanza della giornata.
Le città di tutta Italia sono coinvolte, da Cuneo a Firenze, da Napoli a Benevento, fino a Milano e Roma.
«L’Italia è un Paese in cui il lavoro delle donne viene considerato ancora non indispensabile – continua Valeria Fedeli – se vengono licenziate 300 lavoratrici, come è accaduto all’Omsa, ne parlano in pochi e non suscita alcuno scandalo. Se avessero perso il lavoro 300 uomini che sarebbe accaduto?. La prossima tappa sarà la nascita di un grande movimento di donne: un soggetto politico e non partitico che avrà rapporti con le istituzioni per creare un ampio dibattito politico e portare avanti le nostre richieste».
Flavia Amabile
(da “La Stampa“)
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Marzo 8th, 2011 Riccardo Fucile
LA CONDUTTRICE FU DISCRIMINATA: IL TRIBUNALE DEL LAVORO HA RIGETTATO IL RECLAMO RAI CONTRO L’ORDINANZA CHE NE AVEVA DISPOSTO IL REINTEGRO NELLE MANSIONI DI CONDUTTRICE DEL TG1 E DI INVIATA PER I GRANDI EVENTI
Anche l’ordinanza collegiale, come già quella del precedente Giudice, avrebbe ravvisato, secondo gli avvocati, sia la lesione della professionalità della giornalista sia la discriminazione da lei subita: “Sussistono elementi indiziari che convergono univocamente nel far ritenere che lo spostamento della lavoratrice dalle mansioni di conduttrice di telegiornale sia da addebitare più che ad effettive esigenze organizzative ad una volontà ritorsiva posta in essere dai vertici della redazione al fine di sanzionare il dissenso manifestato dalla giornalista nei confronti della linea editoriale impressa al telegiornale dal direttore”.
Ora la Rai “non ha più alcun appiglio per non eseguire la decisione del Giudice”, hanno fatto notare ancora i legali della giornalista avvocati Domenico e Giovanni Nicola d’Amati: “se sarà necessario, chi si è ostinato nella mancata esecuzione dell’ordine del Tribunale sarà chiamato a risponderne personalmente nelle sedi competenti”.
“Le decisioni dei giudici si rispettano e si applicano anche quando non si condividono”, ha detto il consigliere di amministrazione Rai di minoranza Nino Rizzo Nervo.
“E questo vale ancor di più in un’azienda a intero capitale pubblico e concessionaria di un pubblico servizio per evitare ulteriori danni economici derivanti dalla mancata esecuzione di un’ordinanza”.
Adesso che, rileva ancora il consigliere del Cda “anche il Tribunale in composizione collegiale ha respinto il ricorso della Rai, Tiziana Ferrario deve essere reintegrata con la massima urgenza”.
Rizzo Nervo annuncia che è quanto chiederà giovedì in Consiglio di amministrazione che, “a propria tutela, dovrà impegnare, se fosse necessario anche con una delibera, il direttore generale in tal senso. L’ordinanza del Tribunale di Roma, sezione del lavoro, pone infine — cocnlude il consigliere di amministrazione — un problema che il Cda non potrà ignorare: la responsabilità personale di quei dirigenti che per aver agito, come si legge nelle motivazioni, ‘con volontà ritorsivà hanno esposto l’azienda a vertenze giudiziarie determinando un danno concreto e accertabile”.
La verità è che l’arroganza di Minzolini e Masi di volersi circondare solo di giornalisti in linea con il centrodestra, sta producendo solo disastri, identificando il governo in un regime dove chi dissente viene eliminato.
Sinceramente cosa abbia di liberale questo esecutivo è ormai oscuro a qualsiasi osservatore neutrale.
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