L’ENNESIMA, INCREDIBILE BALLA DI “LIBERO”
L’AVEVANO CHIAMATO SCOOP, ORA E’ UFFICIALE: LA STORIA DELLA ESCORT ANDATA CON FINI ERA TUTTA UNA MONTATURA, COSI’ COME IL PRESUNTO ATTENTATO AL PRESIDENTE DELLA CAMERA… UNA BUFALA PATETICA PER CUI NON HANNO NEPPURE CHIESTO SCUSA…E BELPIETRO DOVRA’ RISPONDERE DI PROCURATO ALLARME
Il 27 dicembre 2010 è una data che resterà negli annali del giornalismo.
Quel giorno “Libero” esce con un sobrio titolo a tutta prima pagina: “Fini è fallito”.
Segue editoriale del direttore Maurizio Belpietro: «Girano strane storie a proposito di Fini. Non so se abbiano fondamento, se si tratti di invenzioni o peggio di trappole per trarci in inganno. Se ho deciso di riferirle è perchè alcune persone di cui ho accertato identità e professione si sono rivolte a me assicurandomi la veridicità di quanto raccontato… Toccherà ad altri accertare i fatti».
I “fatti”, come li chiama lui, sarebbero due.
Primo: «Ad Andria c’è chi vorrebbe colpire Fini in una delle sue prossime visite e per questo si sarebbe rivolto a un manovale della criminalità locale, promettendogli 200 mila euro» con «l’impegno di far ricadere la colpa sul presidente del Consiglio… L’operazione punterebbe al ferimento di Fini… in primavera, in prossimità delle elezioni, così da condizionarne l’esito».
Il lettore immagina che Belpietro abbia svolto qualche verifica, prima di sbattere in prima pagina una notizia tanto grave.
Invece no: «Vero? Falso? Non lo so. Chi mi ha spifferato il piano non pareva matto… in cambio dell’informazione non mi ha chiesto nulla, se non di liberarsi la coscienza».
Nel codice deontologico belpietresco, basta che uno non sembri matto e non chieda soldi, e tutto quel che racconta va in prima pagina.
Secondo “fatto”: una prostituta emiliana, ovviamente sana di mente e senza scopo di lucro, gli ha raccontato «con una serie di particolari piccanti» di avere svolto «prestazioni» per «un tizio uguale in tutto e per tutto a Fini… in cambio di 100 mila euro in contanti».
Anche qui il watchdog bresciano dà una lezione di giornalismo investigativo: «Mitomane? Ricattatrice? Altro? Boh! Perchè mi sono deciso a scrivere delle due vicende? Perchè se sono vere c’è di che preoccuparsi… Se invece è tutto falso, attentato e puttana, c’è da domandarsi perchè le storie spuntano in prossimità dello scontro finale tra Fini e il capo del governo».
Belpietro è «pronto ad aggiungere qualche altro particolare al magistrato». Infatti le Procure di Milano, Bari e Roma aprono tre inchieste.
Fini querela “Libero” e dimostra di non avere in agenda visite ad Andria per il prossimo mezzo secolo.
Belpietro finge stupore: «Ho fatto uno scoop, non potevo andare dal magistrato sennò mi leggevo la notizia su qualche altro giornale. Ma ho fatto un piacere a Fini, dovrebbe ringraziarmi».
E ribatte alle critiche dei finiani sparando altri titoloni roboanti: «Invece di ringraziarci i falliti ci attaccano», «I falliti ci vogliono uccidere», «L’armata rossa dei giornalisti finiani spara su Belpietro».
Per qualche giorno stampa e tv non parlano d’altro, proprio mentre stanno per chiudersi le indagini su due faccende piuttosto imbarazzanti per Belpietro e Berlusconi: il caso Ruby e il misterioso attentato che il caposcorta del direttore di “Libero” dice di avere sventato.
Interrogato a Milano, il giornalista che doveva dire tutto ai pm tace il nome della fonte pugliese, che comunque viene identificata: è un imprenditore di Andria che vota centrodestra.
Quanto alla escort, diventa una celebrità , rilascia interviste, millanta tre incontri a pagamento con Fini, ma non porta alcuna prova.
Si scopre pure che un tizio ha chiamato il portavoce di Fini per minacciare l’uscita di video compromettenti e offrirsi per levarli dal mercato.
Peccato che sia tutto falso: i due vengono indagati per estorsione e la squillo anche per diffamazione.
Pure l’attentato a Fini si rivela una patacca: l’imprenditore pugliese confessa che se l’è inventato lui per dimostrare com’è facile rifilare bufale a certi giornali.
Missione compiuta.
Peccato che sia un reato: almeno per il pm Armando Spataro, che chiede di condannare lui e il direttore di “Libero” con decreto penale per procurato allarme e trasmette gli atti all’Ordine dei giornalisti per valutare la deontologia di Belpietro.
Che però è in una botte di ferro: il suo informatore era non solo sano di mente, ma affidabilissimo.
Infatti, per spacciare la patacca a botta sicura, si era rivolto proprio a lui.
Marco Travaglio
(da “L’Espresso“)
Leave a Reply