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“BEPPE ORA CHE FAI, LI CACCI?”: PROCESSO IN RETE ALL’EX COMICO

Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile

“MEGLIO ASCOLTARE IL CUORE CHE IL GURU”… “PERCHE’ NIENTE STREAMING? TRASPARENZA UNA FAVA!”

Lo insultano: «Caro Grillo, è ora che ti prendi qualche vaffa… ». Lo deridono: «Mago della trasparenza, sei un buffone!». Lo sfidano: «Magari pensare, prima di scrivere baggianate di stampo stalinano?».
Sulla pubblica piazza virtuale va in scena il processo a Beppe Grillo.
La miccia è il post con il quale il leader ha scomunicato sul suo blog i senatori dissidenti che hanno scelto Piero Grasso nel segreto dell’urna.
La reazione è imponente, diecimila commenti in venti ore.
E per Grillo è letteralmente un massacro: «Beppe che fai, li cacci?» chiedono parafrasando l’ormai famosa domanda di Fini a Berlusconi.
A dare retta all’umore del web, il re è nudo e neanche il guru Casaleggio se la passa tanto bene: «Sono un elettore del M5S — premette RiccardoBcupra — ma ho fatto votare almeno un centinaio di parenti e amici per il movimento. Dico a Grillo e a Casaleggio… fate attenzione e cercate di riflettere prima di sparare sentenze. Io ed i miei condividiamo le scelte dei 12 che hanno votato Grasso. Rifletti caro Beppe….rifletti…».
La fronda meridionale raccoglie consenso: «Caro Grillo — scrive un altro utente — è vile sparare sui senatori M5S siciliani, il loro è stato un atto di coraggio».
Coraggio è la parola chiave, l’argine di chi sul blog si oppone alla denuncia del presunto «tradimento » dei senatori.
Le due anime si danno battaglia, innanzitutto sulla scelta di sfidare il movimento nel segreto dell’urna.
C’è chi attacca: «Da elettore del M5S esigo sapere chi ha votato Grasso, perchè è giusto che si dimetta immediatamente».
E c’è chi controbatte: «Voto palese perchè così tu lo potessi mettere sul patibolo per essere linciato?».
Stavolta la caccia all’infiltrato neanche parte, dalla valanga di commenti è chiaro che la sfida è tutta interna.
E infatti neanche Casaleggio, la mente, viene risparmiata: «Grazie al cielo — dice Alessandro Rodi — c’era il voto segreto, in questo modo non ha vinto Schifani e qualche senatore 5S ha ascoltato il cuore invece del guru ».
Difficile attribuire una percentuale al partito del dissenso interno.
Ma sfogliando a caso le pagine del blog, per costruire un rudimentale campione statistico, si scopre che almeno la metà  dei commenti sembra sfidare il leader.
Una valanga che secondo qualcuno non piace al quartier generale di Grillo, almeno secondo le denunce di alcuni utenti: «Ma i commenti più votati vengono eliminati? Esiste una censura?», chiede Ilario da Perugia.
Il sospetto si fa strada fra gli utenti, l’accusa è che il blog abbia sbianchettato gli interventi più duri e sgraditi.
La prova, sostengono, è che facendo di conto (ogni pagina contiene 250 commenti) mancano all’appello diverse centinaia di post.
Nulla viene risparmiato, in nome dell’amata trasparenza: «Volevo sapere — chiede Andrea — come mai non è stata mandata in streaming la riunione di ieri e se fosse possibile recuperarla da qualche parte».
E Maria, che evidentemente non ama i giri di parole: «Trasparenza una fava, dove è lo streaming della riunione prevoto???? ».
Dure le critiche a Grillo, durissime anche le repliche dei pretoriani del movimento: «Bravissimo Beppe — scrive Fabio — Basta coi furbini».
Antonio è altrettanto netto: «C’è sempre un buon motivo per comportarsi da cani sciolti ».
Non è da meno un altro utente, “dottorj zagortenay”: «Io e la mia famiglia di 6 persone non meritiamo di essere presi per i fondelli, buttali fuori altrimenti io con il movimento ho chiuso». Con lui, sono in migliaia a denunciare i frondisti meridionali con toni durissimi.
Resta evidente la contestazione, inarrestabile: «Esistono cose buone e cose cattive. Se una cosa buona viene da una persona che non reputi buona e tu non l’accetti sei un coglione, caro Grillo». Dalla trincea degli anti-Schifani si spara sul leader senza sosta: «Se non ci foste stati voi avremmo avuto Franceschini e Finocchiaro, perciò vi prego continuate così che allo psiconano gli è già  venuto il cagotto».
Non bastano le accuse di «stalinismo », lo spettro del presunto autoritarismo del Capo tracima: «Ho letto molti post che vogliono buttare fuori i traditori. Se siete fascisti — attacca Quinto da Arezzo avete sbagliato a votare M5S. Continuate pure la vostra caccia alle streghe. La caccia ai Senatori, paura, terrore. Che delusione!».
Per tutti, comunque, i problemi sono appena iniziati.
Che fare, come comportarsi per evitare nuove fratture? Tanti, tantissimi invocano forme di democrazia diretta via web, consultazioni telematiche per coinvolgere i cittadini.
Ma a leggere Arturo da Catania, il risveglio è stato brusco: «Caro Beppe, sono profondamente amareggiato. Ieri ho trascorso tre ore a cercare di esternare il mio desiderio a Crimi, a te e al M5S Sicilia a favore di Grasso. Oggi questo tuo post assolutamente antidemocratico dove si sancisce che uno vale uno e due valgono 2 milioni?? Non ci fare perdere la speranza».

Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)

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IL CAPOGRUPPO CINQUESTELLE VITO CRIMI: “COSI’ E’ ANARCHIA, NON DEMOCRAZIA: CHI HA DISOBBEDITO DOVRA’ SPIEGARE”

Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile

“SE FOSSI AL LORO POSTO RIMETTEREI IL MANDATO”

Il giorno dopo la spaccatura del suo gruppo in Senato, alla prima prova dei 5 stelle come parlamentari della Repubblica, Vito Crimi ha la voce di chi vuole tener duro.
A chi gli dice: «Non è stata una brutta prova», risponde con un sospiro: «Eh, non tutti lo capiscono».
È considerato un fedelissimo di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, non ha mai violato neanche mezza regola del Movimento, dice chiaro che «si è creato un grave precedente», e che questa «non è democrazia, è anarchia».
E però, non nasconde la comprensione per i siciliani, i calabresi, i campani. Per loro il voto di sabato non era un voto qualunque.
Ma la linea non era libertà  di coscienza?
«Assolutamente no. I giornalisti hanno frainteso le mie parole. Io ho detto: “Abbiamo sofferto insieme, abbiamo fatto una votazione a maggioranza, poi qualcuno ha agito in coscienza e questa è stata una grande espressione di libertà ”».
Che non è piaciuta a Beppe Grillo. Cosa succederà , dopo il suo post di sabato notte?
«Chiederò a ciascuno di dichiarare il proprio voto, se se la sente di farlo. Certo qualcuno potrà  mentire, ma su questo non ho alcun potere. Dovranno spiegare il perchè, le motivazioni alla base della loro scelta. Chiederò loro se si rendono conto della gravità  di quanto è accaduto. Abbiamo creato un precedente pericoloso. Questa non è democrazia, è anarchia. Avevamo promesso tutti di seguire le decisioni della maggioranza, e così non è stato».
Grillo ha invitato chi ha scritto sulla scheda il nome di Grasso a trarne le conseguenze. Chiederete loro di dimettersi?
«Se fossi al loro posto, io rimetterei il mandato nelle mani dei miei elettori. Direi: “Ho fatto una cazzata, ho violato una norma”, e chiederei in Rete se posso avere una seconda possibilità . Non invito nessuno a farlo, sarebbe troppo, ma è quello che farei io».
Il primo giorno in Parlamento la capogruppo alla Camera Roberta Lombardi era stata chiara: chi non vota col gruppo è fuori. E’ ancora così?
«Sì, è così. Ieri però c’è stato un primo momento un po’ particolare, in cui ci siamo trovati dentro ai meccanismi della vecchia politica. Loro sono più “smagati”, sono abili, e alcuni di noi hanno fatto un errore».
E però, anche sul blog, il nome di Grasso tornava tra quelli ipotizzati per una sorta di “governo dei sogni”. La scelta dei dissidenti non è andata contro i principi del Movimento.
«Infatti io non me la sento di criminalizzare quelli che hanno votato Piero Grasso in questo momento, perchè ho vissuto in prima persona la sofferenza di chi ha fatto quella scelta».
Ci sono state lacrime?
«Sì, qualcuno ha pianto. Per chi è siciliano, calabrese, campano, per chi è dalla parte di Paolo Borsellino e delle agende rosse, per chi come me ha perso qualcuno tra gli uomini della scorta in via D’Amelio, non era facile fare quella scelta».
Aveva un parente nella scorta di Borsellino?
«Una persona che conoscevo ».
Meglio Piero Grasso che Renato Schifani, è d’accordo anche lei?
«Bisogna andare a rileggersi bene tutto. Piero Grasso ha delle ombre nel suo passato. Ricordiamocelo. Si è compromesso con la politica fin dai tempi della nomina a procuratore nazionale antimafia. Non è un personaggio lontano dai partiti, come qualcuno vuole far credere».

Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)

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SCELTA CIVICA NEL CAOS: DOPO IL FLOP DELLE CAMERE E’ FRONDA CONTRO MONTI

Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile

DELLAI: “IL PREMIER PENSA SOLO AI SUOI SCOPI PERSONALI”…. ALLA CAMERA BALDUZZI CONTRO ROMANO, AL SENATO LANZILLOTTA CONTRO MAURO

Frammentati, eppure costretti a stare insieme. Almeno per il momento.
Scelta civica, già  malconcia dopo la batosta elettorale, conta i lividi procurati dalla trattativa (fallita) sulla Presidenza delle Camere.
E si prepara alla resa dei conti.
Il malumore verso Mario Monti fatica a restare negli argini e il partito unico sembra allontanarsi. Il Professore, d’altra parte, gioca in proprio senza abbandonare l’ormai noto contegno british: «Io voglio fare politica, non costruire un partito».
La fotografia dello scontro è l’ira funesta di Lorenzo Dellai, candidato centrista alla Presidenza della Camera abbattuto a un metro dal traguardo.
Lui, l’ex Presidente della Provincia di Trento, ha scoperto due giorni fa con raccapriccio di essere vittima di fuoco amico montiano. E l’ha scoperto direttamente dal premier, che nelle ore frenetiche del negoziato mostrava a diversi parlamentari basiti un sms di Giorgio Napolitano.
In quel messaggio il Presidente della Repubblica confermava lo stop all’ascesa di Monti sullo scranno più alto di Palazzo Madama, ma prendeva atto della possibile intesa tra Scelta civica e Pd, cementata dall’elezione di un montiano alla guida di Montecitorio.
Dellai, ovviamente, non ha potuto trattenere la rabbia: «Io ho investito in questo progetto e lui si è comportato così solo per scopi personali!».
Non è solo Dellai ad essere infuriato con il presidente del Consiglio.
Crescono i mal di pancia anche tra gli uomini di Italia Futura. Pier Ferdinando Casini, dal canto suo, ha bocciato senza appello le ultime mosse di Monti: «Ci fanno passare per centristi opportunisti – giurano di averlo sentito gridare l’altro ieri a Palazzo Madama – ma questo mi sembra addirittura mastellismo di ritorno».
Per il leader dell’Udc, il Professore si è mosso male e ha comunicato peggio: «Io cerco di evitare anche solo di salutare in pubblico Berlusconi e lui invece fa sapere di averlo addirittura incontrato…»
Eppure, il gruppo di Scelta civica del Senato – dopo aver sfiorato la spaccatura – è uscito praticamente indenne dal voto su Piero Grasso.
Il nuovo round è previsto per oggi, quando i gruppi parlamentari montiani torneranno a riunirsi. In gioco c’è la poltrona di capogruppo, ruolo ambitissimo in tempi di magra.
Ai nastri di partenza si presentano quattro neo deputati.
Il candidato di Monti è l’ex ministro Renato Balduzzi, ma la consistente pattuglia di Italia Futura spinge da tempo per imporre Andrea Romano.
Come se non bastasse, anche Dellai cerca la riscossa politica dopo il rovinoso infortunio interno. Outsider, ma comunque pronto a competere, è Gregorio Gitti.
Anche a Palazzo Madama le tensioni intestine rischiano di sfociare in conflitto aperto.
Mario Mauro, che tanto si è speso per cercare un’intesa con il Pdl sul nome di Renato Schifani, punta a guidare i senatori centristi.
Lo sfida Linda Lanzillotta.
Eppure, salvo clamorosi colpi di scena, i due gruppi parlamentari di Scelta civica vedranno la luce. Non è il momento di dividersi e i voti si peseranno soprattutto nel risiko parlamentare per la formazione di un nuovo governo.
L’equilibrio resta però precario e ogni scossone rischia di farlo saltare.
A traballare è soprattutto la prospettiva unitaria, come ha spiegato senza battere ciglio Monti a un ministro del suo governo: «Io non voglio fare un partito, voglio fare politica…».

Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)

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VERGOGNA GRILLO: ORA CENSURA PURE IL DISSENSO SUL SUO BLOG, SPARITI 2.250 COMMENTI CRITICI

Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile

PRIMA L’ANATEMA LENINISTA, POI LA PURGA STALINISTA: E’ IL BELLO DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA E DELL’UNO VALE UNO

Dopo la prima vera giornata convulsa del Movimento Cinque Stelle nel Parlamento italiano, con una dozzina di «dissidenti» che hanno scelto il segreto dell’urna per contribuire all’elezione di Piero Grasso alla presidenza del Senato, arriva via blog l’«anatema» di Beppe Grillo.
L’ANATEMA –
Un anatema che è, nell’ottica del portavoce di M5S, un invito al rispetto delle regole accettate liberamente, e in particolare del punto del codice di comportamento che prevede «votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S».
Va da sè che la richiesta di spiegazioni sul voto dato martedì al Senato implica anche il rispetto di un punto poche righe sotto: «I parlamentari del M5S riuniti, senza distinzione tra Camera e Senato, potranno per palesi violazioni del Codice di Comportamento, proporre l’espulsione di un parlamentare».
Cioè, l’eventuale espulsione spetta, comunque, agli altri «cittadini parlamentari», colleghi di quelli che hanno scelto di votare Grasso anzichè orientarsi alla scheda bianca.
IL DISSENSO –
Il post lanciato in rete poco prima delle 23 di sabato, domenica alle 14 aveva raccolto oltre 7.500 commenti.
E tanti altri sull’argomento sono finiti anche sotto ad altri post.
Insomma, ben oltre la media di 500 messaggi all’ora.
Tutti concordi con la linea? Non proprio. Anzi, quasi affatto (vedi foto).
E mentre nella notte i commenti schizzavano alle stelle, qualcuno di essi diventava anche il più votato.
Ferdinand Bardamu (uno pseudonimo da antieroe ispirato a Cèline) urlava – su internet usare solo lettere maiuscole equivale a lanciare un grido – il suo dolore per la «svolta autoritaria del M5S», e applaudiva «i senatori dell’M5S che hanno avuto il coraggio e la serietà  di ribellarsi ai diktat vergognosi di Grillo e ai suoi deliri di onnipotenza».
LA DENUNCIA –
Per Bardamu arrivano più di 250 preferenze.
Ma poi il post, a metà  mattina ,scompare, secondo la denuncia di diversi altri utenti. Uno, in particolare, Dario Raimo, ha fatto il copia e incolla del testo scomparso e lo ripropone (foto), denunciando a sua volta di essere stato censurato.
E anche dall’elenco dei commenti normali diversi post mancano.
Alle ore 14:00 sono accessibili 21 pagine di commenti, e ciascuna ne contiene 250. Per un totale di 5250 commenti leggibili.
Al saldo, ne mancano almeno 2.250.
E’ questa la democrazia diretta?
O forse dovrebbe dimettersi qualcun altro?

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“HO VOTATO GRASSO, PRONTO A DIMETTERMI”, IL CINQUESTELLE VACCIANO SFIDA GRILLO: “SONO COLPEVOLE DI ALTO TRADIMENTO”

Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile

E DOPO L’AUTODENUNCIA GLI ARRIVA LA SOLIDARIETA’ DEL DEPUTATO TACCONI

Prime ammissioni nel Movimento 5 Stelle.
Dopo l’anatema di Beppe Grillo contro coloro che sabato hanno votato a favore dell’elezione di Piero Grasso alla presidenza del Senato («se qualcuno… …ha mentito agli elettori, spero ne tragga le dovute conseguenze») arriva su Facebook il «mea culpa» di Giuseppe Vacciano.
VACCIANO
«Lunedì e martedì sarò a Roma per discutere l’opportunità  delle mie dimissioni», scrive Vacciano sul social media, ammettendo di aver votato per Grasso.
«Se si cercano i colpevoli di ‘alto tradimento ai principi del M5S’, ecco, uno l’avete trovato».
«NO A FIDUCIA PD»
«Nel mio futuro, se non sarà  tra i cittadini del M5S, non ci saranno ‘gruppi misti’ o gruppi di altri colori. La parola su cui si deve decidere è dimissioni sì o no», prosegue Vacciano, 40 anni, napoletano di origine ma eletto nel Lazio.
«Nessuno mi ha fatto ‘propostè, ‘offerte’ o ha tentato di ‘comprare’ il mio voto. Nessuno, se non me stesso e la mia coscienza, è responsabile della mia scelta», aggiunge Vacciano, che prima di entrare in Parlamento faceva l’impiegato alla Banca d’Italia.
«A nessuno venga in mente che questo voto, riguardante esclusivamente una figura di garanzia istituzionalmente prevista, possa automaticamente comportare una dichiarazione di fiducia al Pd. Su quello la posizione è stata netta sin dal primo giorno: nessuna fiducia a nessuno se non a un governo 5 Stelle!», sottolinea il senatore.
«Quello che sto scrivendo non mi è stato imposto da nessuno, tanto meno da Beppe Grillo che ho sempre stimato, ma che come ogni cittadino, nella mia ottica conta sempre uno. Anche in questo, devo rispondere alla mia coscienza, come ho fatto nell’urna», scrive ancora Vacciano.
«NON POTEVO»
«Di fronte al rischio di vedere nuovamente una persona come quella proposta dal Pdl quale seconda carica dello Stato (non credo che i cittadini italiani meritino una cosa del genere), pure con mille dubbi e consapevole che tra Pd e Pdl non esiste il meno peggio, ho votato Grasso», si giustifica Vacciano.
«A volte seguire la propria coscienza porta a delle scelte e io, liberamente, ho deciso di farne una.
SOLIDARIETà€
Ma a Vacciano arrivano i primi segnali di solidarietà  da parte di altri parlamentari M5S. Il veronese 35enne Alessio Tacconi ha inviato, infatti, questo tweet: «Massima solidarietà  ai senatori siciliani per la decisione presa di votare secondo la loro coscienza. Nel M5S non siete soli».
«NON LI CROCIFIGGO»
«Confermo che la linea era votare scheda bianca o nulla al Senato». Lo afferma Vito Crimi, capogruppo del Movimento 5 Stelle. «Poi qualcuno ha voluto votare secondo propria coscienza e non mi sento di crocifiggerlo perchè so la sofferenza che ci stava dietro».

(da “il Corriere della Sera”)

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CURIA, IL NUOVO STILE FRUGALE DEL PONTEFICE ANNUNCIA GIA’ LA RIFORMA: I CAPIDICASTERO POTREBBERO CAMBIARE PRESTO

Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile

DOPO CHE PAPA FRANCESCO NON USA LE BERLINE DI RAPPRESENTANZA, MOLTI CARDINALI E ALTI FUNZIONARI “COSTRETTI” A PRENDERE IL TAXI

Cosa aspettarsi da un Papa che continua a fare la fila al self service per la prima colazione nella Casa Santa Marta e si siede dove trova posto?
Tutti lo osservano in Vaticano, si interrogano e vivono «sospesi».
«Il Santo Padre Francesco ha espresso la volontà  che i capi e i membri dei dicasteri della Curia romana, come pure i segretari, nonchè il presidente della Pontificia Commissione dello Stato della Città  del Vaticano, proseguano, provvisoriamente, nei rispettivi incarichi donec aliter provideatur».
Arriva nel primo pomeriggio di ieri l’attesa conferma per i capi dei dicasteri della Curia romana, «sospesi» dal momento dell’elezione di Francesco.
Il Papa per il momento lascia ognuno al suo posto perchè, precisa il comunicato vaticano, «il Santo Padre desidera riservarsi un certo tempo per la riflessione, la preghiera e il dialogo, prima di qualunque nomina o conferma definitiva».
Tutti confermati, dunque, ma nessuno confermato davvero.
I capi dicastero, i cardinali delle congregazioni e gli arcivescovi presidenti dei pontifici consigli restano al loro posto, ma solo per il momento, «finchè non si provveda altrimenti».
Curiosamente, il comunicato menziona anche i segretari, cioè i numeri due dei dicasteri, che non decadono come i numeri uno nel momento in cui la Sede Apostolica diventa vacante e dunque non avrebbero bisogno di riconferma.
L’averli citati sta forse a significare che se tutti devono continuare a svolgere il loro servizio, nessuno può dare per scontato di conservare il posto occupato in questo momento.
La nota vaticana non menziona esplicitamente il segretario di Stato Tarcisio Bertone, che due giorni fa il Papa aveva salutato pubblicamente nella Sala Clementina ricordandone soltanto il ruolo di camerlengo.
Ma la Segreteria di Stato è il primo dei dicasteri vaticani e dunque la conferma momentanea riguarda anche il settantottenne porporato del Canavese, dal 2006 a capo della diplomazia vaticana e della cabina di regia della macchina curiale.
Il cambio del segretario di Stato, quasi settantanovenne, viene considerato come quello prevedibilmente più rapido, mentre altri cambiamenti potrebbero avvenire nei prossimi mesi.
Della riforma della Curia ha parlato ieri il cardinale brasiliano Claudio Hummes, amico del Papa, seduto vicino a lui durante il conclave e apparso al suo fianco sulla Loggia centrale di San Pietro.
Il porporato, intervistato dal quotidiano «Avvenire», ha detto: «Il tema della Curia romana è stato molto discusso da noi cardinali nel corso delle congregazioni generali. Moltissimi attendono una riforma della Curia e sono abbastanza certo che Francesco la farà , e la farà  alla luce della Parola, dell’essenzialità , della semplicità  e dell’umiltà  richiesta dal Vangelo. Sempre nella scia del santo da cui ha preso il nome».
Il Poverello di Assisi, ha aggiunto Hummes, «aveva un grande amore per la Chiesa gerarchica, per il Papa; voleva che i suoi frati fossero cattolici e ubbidissero al “Signor Papa”, come diceva lui».
Intanto, in attesa di possibili future riforme, nella Curia romana e in chi gravita in Vaticano si è innescata l’«autoriforma».
Il Papa non usa l’ammiraglia di un autoparco con berline di lusso?
Diversi di coloro che erano abituati ad usarle cominciano a chiedersi come possono continuare a farlo.
Alcuni uomini collegati alle istituzioni finanziarie vaticane vivono come sospesi: «Il nuovo Papa non è italiano, non è europeo, non conosce gli equilibri… L’Italia potrebbe diventare un Paese come un altro».
Una preoccupazione particolare serpeggia nel Torrione di Nicolò V, la sede dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione.
Si sono spesi centinaia di migliaia di euro soltanto per fare una ricerca di mercato e individuare il presidente della «banca vaticana».
E chi è abituato a usare grandi macchine di rappresentanza dell’autoparco vaticano per farsi venire a prendere o riaccompagnare comincia a pensare sia molto meglio prendere il taxi. Meglio non rischiare.
Il Papa abituato a usare il pullmino con i «fratelli cardinali» e a regolare di persona il conto in sospeso dell’albergo, potrebbe affacciarsi alla finestra e vedere che attorno a lui c’è chi non ha capito l’antifona e non ne segue l’esempio.
E l’«autoriforma» potrebbe non riguardare soltanto la Santa Sede, il Vaticano, lo stile della Curia, ma estendersi anche nelle diocesi.

Andrea Tornielli
(da “La Stampa”)

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LO STATO PAGHERA’ ALLE IMPRESE SOLO 3 MILIONI SU 70 MILIARDI

Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile

I VETI INCROCIATI TRA GOVERNO, BANCHE E CONSIP SVELANO IL BLUFF, LE FALSE PROMESSE E I RITARDI NELLE PROCEDURE

«Se ne occuperà  il prossimo governo». Ormai anche il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, getta la spugna sul pagamento dei 70 miliardi di euro di crediti vantati dalle imprese fornitrici della pubblica amministrazione (senza dire che i debiti delle amministrazioni locali sono prossimi ai 140 miliardi).
Proprio il ministro che un anno fa, al convegno Ambrosetti di Cernobbio, di fronte al pressing della Confindustria e di artigiani e commercianti, annunciò un intervento risolutivo del governo Monti, quello che poi si tradusse nel meccanismo della certificazione dei crediti.
Al gennaio scorso il bilancio di quella operazione parla chiaro: 1.227 amministrazioni abilitate all’utilizzo della piattaforma di certificazione (oltre 900 sono Comuni del Centro Nord, solo 70 sono enti del servizio sanitario); 71 certificazioni rilasciate per circa 3 milioni di euro su 467 istanze presentate dalle imprese, per circa 45 milioni di euro.
DECRETI E RITARDI
«Una goccia nel mare dei 70 miliardi» ammette lo stesso Passera. Che però non ci sta a portare da solo la croce del fallimento dell’operazione, essendo stato peraltro a lungo sostenitore di un’altra modalità  di pagamento dei debiti, quella attraverso l’emissione di titoli di Stato, bocciata dal ministero dell’Economia.
Ed è sempre il Mef, a ben guardare, che ha predisposto la parte più importante della macchina per la certificazione dei crediti: i decreti.
«Saranno pronti entro pochi giorni» diceva il ministro Vittorio Grilli il 13 maggio scorso.
Ma è il 2 luglio quando vengono pubblicati sulla Gazzetta ufficiale numero 152.
Le norme illustrano le modalità  di certificazione del credito da parte delle imprese e la compensazione dei crediti «certi, liquidi ed esigibili» con i debiti di natura fiscale iscritti a ruolo.
Nel frattempo l’Abi (l’associazione delle banche) si è seduta a un tavolo con le imprese e le cooperative dando finalmente disponibilità  a mettere a disposizione 10 miliardi di euro per consentire alle imprese di avere un anticipo immediato sui crediti.
CERTIFICAZIONI
Ma purtroppo non basta neanche questo a sbloccare la situazione: a ottobre scorso infatti mancava ancora il regolamento del Fondo di garanzia.
Quanto alla piattaforma, che doveva essere predisposta dalla Consip, è il 20 ottobre quando viene resa disponibile per l’accreditamento delle pubbliche amministrazioni e il 28 novembre, quando le imprese possono fare altrettanto. E manca sempre l’interfaccia tra la piattaforma e le banche..
Intervistato dal Corriere domenica scorsa il presidente dell’Anci, Graziano Delrio, ha lanciato accuse precise circa le lungaggini dell’operazione-certificazione dei crediti. «I ritardi della messa in opera del meccanismo hanno un nome e cognome – ha detto -: è la Consip che ha fornito solo adesso le modalità  per la certificazione. Per non parlare delle banche che fanno molte difficoltà  a anticipare il pagamento se il debito non è tracciabile».
UN ANNO DI ATTESA
Ma l’Abi non ci sta e accusa la Consip di aver inviato solo il 20 febbraio al consorzio Cbi, che lavora per le banche all’interfaccia, «le informazioni essenziali» per portare a termine il necessario collegamento.
La Consip respinge a sua volta l’addebito: «Non può esserci imputato alcun ritardo dal momento che il collegamento tra la piattaforma per la certificazione e il sistema
Cbi è stato collaudato a partire dal 29 novembre, in base alla tempistica concordata con il ministero dell’Economia».
Quanto al passaggio dalla fase di collaudo all’operatività  della connessione piattaforma, «è avvenuto il 2 febbraio 2013, in quanto il certificato digitale di sicurezza necessario per il collegamento, richiesto da Consip il 23 novembre, è stato rilasciato dalla Cbi il 23 gennaio».
Insomma per Consip è il consorzio che lavora per le banche che deve ancora chiudere il cerchio «portando a termine le azioni necessarie» per avviare la piattaforma.
Nel frattempo è passato un anno, e quelle 71 aziende che a gennaio hanno ottenuto la certificazione dei crediti stanno ancora aspettando…

Antonella Baccaro
(da “il Corriere della Sera”)

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INTERVISTA A LAURA BOLDRINI: “LA CAMERA DEVE DIVENTARE LA CASA DELLA “BUONA POLITICA”

Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile

LA NEOPRESIDENTE: “ADESSO CI FACCIANO LAVORARE”

Laura Boldrini, 52 anni, è la nuova presidente della Camera, la terza donna dopo Nilde Iotti e Irene Pivetti, ad avere l’onore dello scranno più alto.
Una improvvisa investitura, quasi il primo atto costitutivo di un nuovo centrosinistra: «Laura, tocca a te».
Lei racconta con ironia ed emozione: «Non me l’aspettavo. Mi è sembrato di vivere la vicenda di un’altra persona, qualcosa altro da me. Sono contenta della fiducia che ho visto negli occhi degli altri ma sento tutto il peso della responsabilità . Non c’è tempo da perdere. Ora ci devono far lavorare. Abbiamo la facoltà  di invertire la rotta».
Giorno di emozioni, di bella politica, un discorso preparato al volo che parla dei diritti degli ultimi, delle battaglie che l’ex portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha sempre fatto.
La sua promessa è un manifesto che parla anche ai grillini, già  incontrati ieri, su loro richiesta, a Montecitorio, dopo la prima uscita pubblica in via Fani, omaggio a Moro e agli uomini della sua scorta.
Presidente Boldrini: comincia ad abituarsi ad essere chiamata così?
«Confesso l’emozione. E’ successo tutto così in fretta. La mattina non sapevo ancora niente. Sono arrivata come un soldatino a Montecitorio per una riunione che Sel aveva convocato alle sette e mezzo del mattino prima dell’incontro di coalizione. Franceschini mi ha visto e mi ha fatto una battuta: “Vedrai, ci sarà  una sorpresa”. Mai più pensavo a me. Mi son detta: “Bello, chissà  che nome hanno trovato”».
Il nome era il suo.
«Quando l’ho capito ho vissuto sentimenti contrastanti: lusingata dalla stima e nello stesso tempo consapevole della serietà  dell’impegno preso. Io ho accettato di candidarmi per un progetto nuovo di società , perchè ero indignata della politica, degli scandali, della lontananza delle istituzioni dai problemi reali della gente. Vendola mi ha chiamato e ho deciso che era arrivato il momento di prendermi delle responsabilità . Non si può sempre rimanere estranei ai processi di cambiamento. Vendola mi ha chiesto di lavorare in Parlamento quando ero ad Atene, in un Centro medico, in mezzo a ragazzi picchiati perchè neri, a greci senza soldi che ormai si fanno curare dalle strutture sanitarie per stranieri perchè non hanno più soldi. Ho visto tanta sofferenza sociale nel cuore di un Paese cui la nostra cultura deve molto. E ho deciso che anche qui, in Italia, non era giusto stare a guardare. Ho mandato mia figlia a studiare all’estero per darle una chance in più. Anche il mio compagno è all’estero. La mia famiglia è fuori dal Paese. Io dico che i nostri figli devono crescere e studiare qui ed avere un futuro in Italia».
A proposito di sua figlia Anastasia, come l’ha presa?
«Ha 18 anni. Vive a Londra. Quando l’ho chiamata ancora dormiva. Le ho detto: “Sarò presidente della Camera”. Lei non capiva, era esterrefatta. Ho tradotto: Speaker, speaker, sarò la speaker…».
Niente cambio d’abito.
«E quando mai, tenuta d’ufficio, giacca e pantaloni neri, quelli che indossavo. Mi hanno detto: vai a cambiarti. Ma tanto non avevo niente di diverso a casa».
E poi la stesura del discorso. Un omaggio ai giovani, ai disoccupati, ai piccoli imprenditori strangolati dalla crisi, ai carcerati, alle donne umiliate, «ad una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà ».
«I temi della mia campagna elettorale, della mia battaglia. Devo dare atto a Sel che non ha interferito in alcun modo nelle cose che volevo dire. C’è chi mi ha fatto notare che non ho evocato le parole sviluppo e crescita. Ma erano insite in ciò che ho detto. Ho parlato di diritti ma non c’è sviluppo senza diritti, non c’è ricchezza senza diritti. Prima i diritti poi lo sviluppo».
Un discorso di 20 minuti, 22 interruzioni per gli applausi.
«E’ stata una giornata bellissima. Bellissima per il Paese. Ho ricevuto la telefonata di Napolitano, centinaia di messaggi, biglietti di auguri e nel pomeriggio ho tifato per Piero Grasso».
Potrebbe essere un’esperienza breve. L’avvio del governo è una sfida.
«Io dico che non possiamo permetterci di non rispondere ai bisogni delle persone, non possiamo non dare una risposta chiara. Se vogliamo che cambi la percezione che il Paese ha della politica e delle istituzioni dobbiamo andare avanti».
Quindi al più presto un governo.
«Quindi al più presto la risposta alla sofferenza del Paese. Abbiamo la facoltà  di invertire la rotta. Ci devono far lavorare. Questa Camera sarà  la casa della buona politica».
Si sarà  accorta delle freddezza in aula del Pdl.
«So che qualcuno ha definito il mio discorso ideologico, terzomondista e pauperista. Se pauperista vuol dire essere sobria e rigorosa io lo sono sempre stata e ne vado fiera».

Alessandra Longo
(da “la Repubblica“)

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INTERVISTA A PIERO GRASSO: “IL DISAGIO DELLA GENTE VA CAPITO, MI OCCUPERO’ ANCHE DI GIUSTIZIA”

Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile

IL NEO PRESIDENTE DEL SENATO: “IL M5S? CON LORO TANTE AFFINITA'”

La telefonata più importante? «Quella con Napolitano a cui ho detto “Sono pronto a cominciare questo cammino”».
Come confessa la moglie Mariella, mentre attende al Senato l’esito del ballottaggio, «stamattina ci siamo svegliati in un modo e adesso la nostra vita sta diventando un’altra». Nella quale però domina l’assoluta normalità , tant’è che Grasso – ufficialmente di nome Pietro, ma Piero per gli amici – mangia in piedi alla buvette del Senato mozzarella e prosciutto e dice subito «guardate che ho pagato io».
A sera cena in famiglia con il figlio Maurilio, funzionario della squadra mobile all’Aquila, che torna apposta per stare con lui e la madre.
Di mezzo ci sono 16 applausi in aula durante il suo discorso di insediamento, quando cita la costituente Teresa Mattei, quando definisce la nostra Costituzione «la più bella del mondo», quando ricorda il sacrificio di Moro.
L’altro ieri procuratore nazionale antimafia, ieri senatore, adesso presidente del Senato. La sua voce ha avuto sfumatura incrinate dalla commozione quando ha parlato in aula. Cosa prova adesso?
«Devo confessare che il momento davvero più emozionante e commovente l’ho vissuto quando sono uscito dal Senato e ho avuto la sorpresa di trovarmi davanti un mare di folla che mi ha applaudito e ha gridato “siamo con te, forza, questo Paese può migliorare”».
Nei giorni scorsi, quando Repubblica ha scritto che lei poteva diventare presidente del Senato, lei però alzava le spalle…
«Ero incredulo, certo. Lo sono stato fino a quando non mi ha chiamato Bersani. Erano le otto. Mi ha detto “ti propongo di fare il presidente del Senato”. Gli ho risposto “aspetta un attimo perchè devo sedermi”».
Cos’ha provato durante la votazione?
«Io ero quasi incredulo per quello che stava avvenendo. Il ballottaggio è stato emozionante. In una sfida così può avvenire di tutto, ma poi mi sono reso conto che ce l’avrei fatta».
Nel suo discorso lei ha citato Antonino Caponnetto, l’ex capo dell’ufficio istruzione di Palermo quando c’era Falcone, e quella frase che le disse all’inizio del maxi-processo «fatti forza ragazzo, vai avanti a schiena diritta e testa alta seguendo la voce della tua coscienza». Sarà  possibile farlo anche adesso?
«Ho lasciato il mio lavoro di magistrato, che ho amato profondamente, per spostarmiin politica con l’obiettivo di fornire la mia competenza tecnica sulla giustizia. Tant’è che, nel giorno stesso in cui si è insediato il nuovo Parlamento, ho tenuto a depositare subito la mia proposta di legge sull’anti-corruzione. Autoriciclaggio, voto di scambio politico- mafioso, falso in bilancio punito severamente, marcia indietro sulla concussione. Da quando sono stato eletto ho lavorato solo su quello perchè volevo dare subito un concreto segnale di cambiamento, dimostrando che dalle parole di Bersani si poteva passare subito ai fatti».
E adesso che succede? Cambierà  tutto? La giustizia passerà  in secondo piano?
«Nient’affatto. Tant’è che ho subito proposto di fare la commissione d’inchiesta sulle stragi irrisolte».
Non ci sono state gelosie nel suo partito per questo incarico?
«Assolutamente no. Nell’assemblea del gruppo le parole di Bersani sono state accolte da un’acclamazione. Ho ricevuto strette di mano e abbracci. Anna Finocchiaro mi ha detto subito di essere disponibile a darmi una mano e mi ha incoraggiato ad affrontare questo impegno con entusiasmo».
E Berlusconi in aula quando si è avvicinato a fine votazione che le ha detto?
«È venuto a complimentarsi. Ho ribadito che sarò il presidente di tutti e lui ha aggiunto che condivideva molte cose del mio intervento».
Ha già  avuto un primo contatti con i senatori grillini?
«Fino al momento della mia elezione non ho avuto alcun avvicinamento con loro. Poi, dopo essere stato eletto, ho parlato con Crimi che si è congratulato con me. Gli ho detto che c’è molto da fare e che ci sono anche molti temi in comune che possiamo affrontare. Siamo tutti e due palermitani e veniamo entrambi dal mondo della giustizia. Le condizioni per una possibile affinità  ci sono e i punti su cui poter lavorare pure, quelli che ho citato nel mio discorso, la trasparenza, la necessità  di diminuire i costi per una nuova politica, l’obiettivo di trasformare il Senato in un casa di vetro, i diritti che non devono diventare mai privilegi».
Progetti di lungo respiro, ma lei non fa i conti con una legislatura che potrebbe essere brevissima?
«C’è molto da fare certo, ma io lavorerò come se questa legislatura dovesse essere piena. I cittadini che hanno votato hanno espresso un disagio che va recepito e deve trovare una risposta. Adesso è importante che il Parlamento cominci subito a lavorare e che si faccia il governo».
Ha un segreto da rivelarci?
«Ho portato con me, nel taschino della giacca, l’accendino che fu di Falcone».

Liana Milella
(da “La Repubblica”)

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