Luglio 31st, 2013 Riccardo Fucile
IL 9 LUGLIO ERA PARTITO DA LI’ IL TOUR NAZIONALE, L’ACCUSA PER I TITOLARI E’ DI ESSERE PRESTANOME DI UN CAPO CLAN
Dopo il sequestro del 2011, tornano i sigilli alla Ecoin Srl, impresa catanese che Simone Furlan, fondatore dell’Esercito di Silvio, ha scelto per iniziare, sotto i riflettori di Reportime, il tour nazionale a sostegno del Cavaliere.
LE ACCUSE
La Ecoin è stata sequestrata con il provvedimento disposto dal Gip Francesca Cercone, che ha dato il via a una maxi operazione con 21 indagati, accusati di essere a vario titolo prestanome di Emanuele Caruso, condannato in primo grado nel 2011 per associazione a delinquere e nipote di “Pippo Mirenna”, elemento di spicco del Clan Ercolano-Santapaola.
Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza guidata dal colonnello Francesco Gazzani, esperto a livello internazionale di lotta al riciclaggio, ipotizzano che Caruso gestisse, attraverso familiari e amici, un patrimonio del valore di 30milioni di euro.
Secondo gli investigatori, «Le indagini hanno consentito di accertare che è stata scientemente realizzata una situazione di difformità tra la titolarità formale e la titolarità di fatto delle società poste sotto sequestro».
«Emanuele Caruso – si legge ancora negli atti degli inquirenti – in ragione delle indagini condotte nei suoi confronti in passato, aveva avuto la necessità di costruire attorno a sè una fitta rete di prestanome per dissimulare la riconducibilità alla sua persona delle società ».
IL CALVARIO GIUDIZIARIO
Arrestato nel 2003 con l’accusa di concorso in associazione mafiosa, Emanuele Caruso è stato condannato nel 2011 in primo grado per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa di gare d’appalto, ma prosciolto dal presunto favoreggiamento di Cosa Nostra.
Nello stesso anno è scattata la misura di prevenzione che ha portato al sequestro del patrimonio che sarebbe stato a lui riconducibile, provvedimento revocato qualche settimana addietro, mentre erano in corso le nuove indagini: appena in tempo per organizzare la manifestazione dell’Esercito di Silvio.
L’IMPRESA E I SOLDATI DI SILVIO
Nonostante i trascorsi giudiziari, la Ecoin Srl è stata scelta dall’Esercito di Silvio per inaugurare la lunga serie di manifestazioni nazionali con cui saldare il territorio alla nuova Forza Italia.
La manifestazione è stata pubblicizzata a livello nazionale e sul sito ufficiale dell’Esercito di Silvio sono presenti foto e video che ritraggono anche Gaetano Caruso, fratello di Emanuele, novello soldato di Silvio che, intervistato da Reportime, diceva: “I problemi li stiamo affrontando noi e dobbiamo vedere di risolverli perchè nessuno ci sta aiutando».
Gaetano, arrestato insieme al fratello nel 2003 con l’accusa di concorso in associazione mafiosa, è stato assolto nel 2011 e gli stessi legali hanno evidenziato come all’interno di alcune inchieste risultasse vittima di estorsione.
Alla luce di questa nuova indagine, Gaetano sarebbe prestanome del fratello Emanuele: l’accusa è “intestazione fittizia di beni”.
Antonio Condorelli
(da “il Corriere della Sera“)
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Luglio 31st, 2013 Riccardo Fucile
UN EVENTUALE RINVIO A UN NUOVO PROCESSO DI APPELLO FAREBBE ANDARE TUTTO IN PRESCRIZIONE
Quello che la sezione feriale della Corte di Cassazione presieduta da Antonio Esposito deciderà
– forse già stasera, al massimo domani – , non sarà condizionato da quanto ha sostenuto ieri la pubblica accusa.
Quattro ore e mezza per ripercorrere il rompicapo del processo Mediaset, che ha portato in due gradi di giudizio a riconoscere Silvio Berlusconi colpevole di una frode fiscale da sette milioni e trecentomila euro.
Quattro anni – tre coperti da indulto – , e soprattutto la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici che bloccherebbe ogni immediata velleità politica del leader del Pdl.
La Corte d’appello milanese, a maggio, aveva confermato cinque anni. Ieri, invece, Mura ha chiestodi riformare questo dato numerico.
Nulla che infici la decisione finale.
Solo un errore commesso dai giudici milanesi, secondo la tesi sostenuta dal procuratore generale, che ne ha calcolati due in meno.
E che ha chiesto ai giudici di stabilirli nella loro sentenza, senza bisogno di un ulteriore rinvio.
Da stamattina tocca alle arringhe, l’anticamera della decisione finale.
I cinque giudici della sezione feriale hanno tre corsie percorribili.
Accogliere le richieste dell’accusa e rigettare i ricorsi, rendendo così definito il «precedente » per il Cavaliere.
Oppure due opzioni, decisamente più favorevoli all’imputato.
La prima porterebbe la Cassazione a inviare nuovamente gli atti a Milano, per un nuovo processo d’appello.
Accogliendo così uno dei 47 «vizi» contenuti nel ricorso firmato dai legali Franco Coppi e Niccolò Ghedini.
Con questa prospettiva, Berlusconi e il Pdl potrebbero tirare un bel sospiro di sollievo. La frode fiscale legata alla fiscalità 2002, sarebbe ufficialmente morta.
Al Tribunale del capoluogo lombardo rimarrebbero altri tredici mesi – pena la prescrizione definitiva – per concludere il processo e sperare in un nuovo verdetto favorevole all’accusa.
Con una pena, doverosamente più bassa, visto che la frode ipotizzata si limiterebbe a un annualità soltanto (il 2003).
Tenuto conto che i fatti sono comunque coperti da un indulto di tre anni, le conseguenze immediate per l’imputato sarebbero praticamente ridotte a zero.
Ancora più trionfale l’ultima ipotesi, quella dell’accoglimento del ricorso delle difese, senza il rinvio.
In questo caso, infatti, il Cavaliere verrebbe assolto nel merito dalle accuse.
Addio condanna, interdizione, possibile affidamento in prova ai servizi sociali o detenzione domiciliare.
Sullo sfondo rimangono due ultime due opzioni.
La prima che venga confermata la condanna e venga inviato a Milano solo il capitolo della misura interdittiva per il ricalcolo.
L’ultima, in realtà piuttosto remota anche se ipoteticamente possibile: la derubricazione del reato, come chiesto in impugnazione dai difensori.
Da frode, la Cassazione potrebbe chiedere il processo per concorso in false fatture. Imputazione meno grave, con la prescrizione che, però, comprometterebbe alla radice un ulteriore processo d’appello.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
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Luglio 31st, 2013 Riccardo Fucile
IN QUEL CASO SI DIMETTEREBBE SUBITO PER FAR DECORRERE I TERMINI AL PIU’ PRESTO… SOSTEGNO AL GOVERNO FINO ALLA SCADENZA DELLA INTERDIZIONE PER POI RIPRESENTARSI COME SE NULLA FOSSE
«Forse non tutto è perduto, forse ho un’ultima chance ».
È il sogno che ha illuminato la lunga notte insonne del Cavaliere, che lo sta rianimando in queste ultime ore che precedono la sentenza più temuta.
Uno squarcio di luce nel tunnel, aperto dal pg della Cassazione Antonello Mura giusto a conclusione della sua requisitoria, e che tiene in vita la possibilità che Silvio Berlusconi sia ancora il leader candidabile quando nella primavera 2015 con una certa probabilità si potrebbe tornare al voto.
«Se l’interdizione viene ridotta a 18 mesi è fatta, la sconto prima della chiusura della legislatura e torno in Parlamento alla guida di Forza Italia» è desiderio più recondito che diventa la strategia dell’ultimora confidata ai pochi che hanno varcato Palazzo Grazioli.
Se così fosse anche i propositi dei falchi di scatenare la rappresaglia sul governo Letta finirebbero dissinescati.
Con Palazzo Chigi in grado di riprendere la navigazione tranquilla.
E’ del resto quel che si aspetta Giorgio Napolitano, che anche dalle sue vacanze in Alto Adige ha continuato a gettare acqua sul fuoco.
Non è rientrato a Roma in coincidenza con la sentenza (come si era in un primo momento ipotizzato), come a dare un segnale di tranquillità e stemperare il clima.
E ha ribadito ai suoi interlocutori la linea del Colle: «Nessuna sovrapposizione fra sentenza Berlusconi e vita del governo. Non prendo nemmeno in considerazione l’idea stessa di elezioni anticipare in presenza di un governo in carica e che ha la piena fiduciadel Parlamento».
Marina e Piersilvio Berlusconi, appreso dello slittamento a stasera (se non a domattina) della sentenza, hanno rinviato a oggi l’arrivo a Roma per trascorrere le ore cruciali della sentenza al fianco del padre.
Nel momento in cui il pg tiene la sua requisitoria, Berlusconi è in compagnia di Gianni Letta e del capogruppo al Senato Renato Schifani, solo il portavoce Paolo Bonaiuti presente per tutto il giorno.
Breve blitz di Maurizio Lupi per avere indicazioni in vista del Porta a Porta notturno.
Proprio con Letta e Schifani l’ex premier commenta la sequenza diaffondi del procuratore generale.
Nessuna sorpresa, commenteranno i presenti, il Cavaliere non si attendeva nulla di diverso, di più morbido.
Finchè non giunge quell’apertura finale a un’opportuna riduzione (1-3 anni) dell’interdizione che l’appello ha fissato in 5 anni. Ed è su quei termini quasi dimezzati chenel gabinetto ristretto di Palazzo Grazioli si delinea la nuova, possibile exit strategy dall’attuale vicolo cieco.
Ancora meglio se tutto il pacchetto “interdizione” venisse rimandato in appello per essere riesaminato.
Trascorrerebbero altri mesi preziosi.
In ogni caso, se poi l’interdizione venisse ridotta a 24, ancor meglio a 18 mesi, tutto il quadro cambierebbe.
Berlusconi si dimetterebbe immediatamente dal Senato per far subito decorrere l’interdizione scontandola ai primissimi mesi del 2015.
«Il governo Letta non si tocca, non lasciatevi andare ad alcun fallo di reazione e in queste ore pretendo il silenzio assoluto » è stato non a caso il diktat imposto ieri dal capo.
Falchi e colombe tacciono obbedienti.
Tenere in vita l’esecutivo sarebbe fondamentale per ripresentarsi al voto tra due anni come se nulla fosse.
Sta di fatto che quando in serata gli avvocati Coppi e Ghedini hanno varcato di nuovo Palazzo Grazioli, si respirava un cauto, riservatissimo ottimismo.
Anche se nella consegna del silenzio, in Transatlantico per tutto il giorno tra dirigenti e semplici peones Pdl si sono sprecate le previsioni più disparate e disperate.
Quasi tutti convinti, come il capo, che «difficilmente i giudici si lasceranno sfuggire l’occasione di far fuori il loro nemico numero uno».
E il Quirinale? Sembra che Giorgio Napolitano non veda poi tutte queste gran nuvole nere, e l’ansia che si è scatenata attorno alle sorti del governo.
Tanto per cominciare, nessun rientro anticipato a Roma in coincidenza della sentenza di oggi, il capo dello Stato continuerà tranquillamente le sue passeggiate fra i monti della Alta Val Pusteria, il ritorno nella capitale non prima di sabato prossimo e quindi alla fine delle due settimane previste di vacanze.
Nessuna emergenza: «Il governo non deve subire contraccolpi ».
Napolitano lo ha confermato al premier Letta, che in questi giorni lo ha chiamato in Alto Adige per riferirgli dei suoi incontri in Grecia e a Londra, e lo ha riconfermato agli ambasciatori di Berlusconi.
Non ci sarebbero sponde al Quirinale per le manovre dei falchi del Pdl, «nessuno pensi a elezioni anticipate».
Ma nemmeno per falchi nel Pd, «maggioranze diverse, per esempio con il movimento 5Stelle, nonne vedo» ha avvisato il Colle.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Luglio 31st, 2013 Riccardo Fucile
COMUNQUE VADA A FINIRE OGGI, CAMBIA POCO O NULLA
Orsù, signori del Pd, non vi agitate. 
Comunque vada a finire il processo Mediaset in Cassazione, cambia poco o nulla. Siamo in Italia, mica in un Paese serio.
Altrimenti oggi si processerebbe un vecchio pensionato della politica, già da tempo allontanato dai suoi compari di partito per questioni di decenza e isolato dalle opposizioni (pare che nei Paesi seri esistano, e si oppongano pure) e dalle massime cariche dello Stato, che rifiuterebbero di stringergli la mano e farsi fotografare con lui per motivi igienici.
Ma, appunto, siamo in Italia: dunque non c’è nulla che la Corte possa aggiungere sul conto dell’illustre imputato che già non si sapesse prima.
Nulla che possa precludergli ciò che una legge del ’57 e i principi di disciplina e onore fissati dalla Costituzione avrebbero dovuto da sempre impedirgli: fare politica.
Se la Corte annulla la sua condanna con rinvio a un nuovo appello, il reato cade in prescrizione (e sarebbe la nona volta).
Se la Corte annulla la condanna senza rinvio (pare che il giudice relatore sia un annullatore impenitente), B. è salvo per un altro paio d’anni, finchè non arriva in Cassazione il processo Ruby.
Se la Corte conferma la condanna a 4 anni, di cui 3 coperti dall’indulto gentilmente offerto dal centrosinistra nel 2006, B. sconterà l’anno residuo agli arresti domiciliari in una delle sue numerose dimore o, se ne farà richiesta, in affidamento in prova al servizio sociale: che, detta così, sembra una gran cosa, in realtà significa libertà assoluta con la finzione di firmare ogni giorno in qualche comunità di recupero, magari per minorenni disadattate da rieducare.
Lui dice che vuole andare in galera, tanto sa benissimo (la legge Cirielli l’ha fatta lui) che non ci andrà mai neppure se insiste.
Ci sarebbe, è vero, l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Ma intanto deve passare dal voto della giunta e dell’aula del Senato, dove col voto segreto può succedere di tutto: anche che il partito unico Pdmenoellepiùelle trascini la cosa alle calende greche sino a fine legislatura (come a fine anni 90 con Dell’Utri) o addirittura respinga la sentenza definitiva innescando un conflitto di attribuzioni dinanzi alla Consulta dai tempi biblici.
Ma, anche se B. fosse interdetto col timbro del Senato, continuerebbe a fare politica esattamente come oggi.
Come Grillo, mai eletto nè candidato.
E B., pur eletto, in Parlamento non mette mai piede (ha il record mondiale di assenteismo: 99,84%).
In ogni caso, nessuno gli impedirebbe di presentare alle elezioni una lista Pdl o Forza Italia o Forza Gnocca o Forza Frode con su scritto “Berlusconi Presidente” e, in caso di vittoria, intestare il governo al solito prestanome (magari la figlia) in attesa che scada l’interdizione e qualche servo si dimetta per farlo eleggere al suo posto.
Dunque, signori del fu Pd, cos’è tutta questa agitazione?
Che sia un delinquente lo sappiamo tutti da anni, basta leggere una sola delle sue sentenze di prescrizione o di assoluzione perchè si era depenalizzato il reato.
L’unico pericolo per il governo sarebbe un vostro colpo di reni: un leader, ad averlo, che si alzasse in piedi e dicesse “con quel delinquente non possiamo restare alleati un minuto di più”. Ma avrebbe già potuto-dovuto accadere prima di entrare con lui in Bicamerale 15 anni fa, o nel governo Monti due anni fa, o nel governo Nipote due mesi fa. Ora è tardi.
E B. il governo Letta non ve lo fa cadere manco se lo condannano, tanto comanda lui e la faccia la mettete voi. Il peggio che può capitarvi è sputtanarvi un altro po’ con i vostri elettori superstiti, ma anche qui il più è fatto. Dunque state sereni.
Fate come lui che la sa lunga: se fa casino è solo per spaventare la Corte, caricandola di responsabilità che toccherebbero ad altri, e per ricattare il Pd e il Colle.
Così domani incasserà l’ennesimo premio-fedeltà : tipo un’amnistia o una mezza grazia alla Sallusti che gli commuti la pena cancellando l’interdizione.
Tranquilli, ragazzi. Domani, comunque vada in Cassazione, è un altro porno.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 31st, 2013 Riccardo Fucile
RIVOLUZIONE NEL PARTITO, NELL’ENTOURAGE E NELLO STAFF LEGALE
Se è vero che davanti alla Suprema corte si sta consumando una normale causa di Cassazione, è altrettanto vero che la causa contro «Berlusconi e altri» è un affare di Stato.
Ecco perchè attorno al processo si affannano vertici istituzionali e politici, che da tempo vegliano e per tempo hanno operato con discrezione in modo da evitare il collasso del sistema.
E non c’è dubbio che se i giudici decidessero per il rinvio in Appello con annullamento della sentenza, l’esito della causa verrebbe accolto con un sospiro di sollievo in gran parte dei palazzi della politica, di sicuro in quelli che contano, compreso Palazzo Chigi.
È assai probabile che ieri l’argomento sia stato affrontato da Berlusconi con Gianni Letta, l’unico che – dopo l’incontro della sera prima con Alfano – abbia avuto accesso alla residenza del Cavaliere fino al tardo pomeriggio.
L’isolamento dell’ex premier, voluto anzi desiderato, è stato violato solo dai suoi legali che dalla Cassazione lo tenevano informato sullo svolgimento della causa. L’intervento del relatore aveva fatto ben sperare Berlusconi.
La requisitoria del pg invece è stata vissuta in modo assai pesante, specie per quel passaggio in cui l’accusa lo ha definito «l’ideatore del meccanismo di frodi fiscali»: «Su questa frase i giornali mi massacreranno», ha commentato il Cavaliere, che tuttavia non ha smarrito la speranza infusagli dal professor Coppi.
Come un leone in gabbia, il leader del centrodestra ha continuato a tormentarsi.
Un sentimento condiviso con la figlia Marina, pronta a raggiungerlo a Roma per la sentenza, e che – al pari del padre – è stanca delle tante interpretazioni, delle tante conclusioni a cui potrebbe giungere il processo e di cui ha sentito discutere negli ultimi tempi: che facciano presto, non se ne può più di questa attesa snervante.
È evidente che la componente umana in questo affare di Stato ha un peso, e Berlusconi (Silvio) ne porta il carico maggiore, sebbene gli effetti si riprodurrebbero sull’intero sistema.
Un verdetto che riportasse il caso Mediaset in Appello, garantirebbe a Letta (Enrico) una navigazione relativamente più tranquilla alla guida del governo, una condanna del Cavaliere gli spalancherebbe invece sotto i piedi le porte dell’inferno.
Politicamente, in caso di sentenza avversa, il capo del Pdl ha più volte detto che terrà «fede alla parola data», che cioè non farà mancare l’appoggio all’esecutivo di «larghe intese».
Per certi versi sarebbe una mossa obbligata, siccome la crisi porterebbe al caos e spetterebbe al Cavaliere pagarne il conto.
Ma a Palazzo Chigi come nel partito di Berlusconi si rendono conto che una cosa è ragionare a freddo, un’altra è affrontare la questione dopo un verdetto che espellerebbe il leader del centrodestra dal Parlamento.
I ministri del Pdl devono aver intuito che il Cavaliere non chiederebbe mai le loro dimissioni, che forse (forse) si aspetterebbe da loro un gesto. A meno che…
A meno che proprio Berlusconi, tenendo a freno l’istinto, decidesse di non mollare la presa sul governo, impedendo mosse avventate come ha fatto in questa ultima fase: così toccherebbe sempre e solo a lui l’ultima parola.
D’altronde, se ai tempi di Monti il saldo politico è stato negativo, con Letta (Enrico) il saldo per ora è positivo, come testimoniato dai sondaggi.
Se questa fosse la decisione, qualora si avverasse la peggiore delle ipotesi, il Cavaliere manterrebbe il profilo «responsabile» che si è dato, scaricando sul Pd l’eventuale responsabilità dello strappo.
E Letta (Enrico) sa che il suo partito difficilmente potrebbe reggere: come farebbe infatti la «ditta» ad andare a congresso mentre è ancora alleato con un Pdl il cui capo è stato condannato?
Come potrebbe gestire allo stesso tempo l’assedio di Renzi e l’accerchiamento di una base già in rivolta, senza correre il rischio della spaccatura?
Ecco perchè la causa in Cassazione contro Berlusconi è un affare di Stato.
Il resto è attesa, e nell’attesa il Cavaliere ha già anticipato le sue prossime mosse ai dirigenti del Pdl. «Se mi assolvono, facciamo Forza Italia. Se mi condannano, vi darò l’indirizzo a cui mandarmi le arance».
Comunque vada cambierà tutto. Berlusconi è pronto a cambiar tutto, nel partito, nell’entourage, nello staff legale.
Lo ha deciso da quando davanti a lui il professor Coppi ha fatto il Bartali, e gli ha detto che era tutto sbagliato tutto da rifare, nell’approccio processuale come in quello politico.
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera“)
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Luglio 31st, 2013 Riccardo Fucile
TRA TELECAMERE APPOSTATE, ANTENNE PARABOLICHE E VENTILATORI DA BERLINO EST
Quando il procuratore generale ripone l’ultimo foglio in fondo a cinque ore di articoli e rilievi e
Franco Coppi passeggia con eccessiva fierezza, mentre Ghedini resta inchiodato a una poltrona per niente comoda, la giornata di condanne e assoluzioni, di timide proteste e ruvide tensioni, va sigillata in cima ai gradoni che cingono la Cassazione: il tramonto di fuoco, un cordone di poliziotti, uno spazio vuoto, un muretto di telecamere, intorno i ragazzini giocano a pallone e vanno in bicicletta. Indifferenti.
Una bambina con i capelli biondi, che non avrà dimestichezza col codice penale, scrive la sentenza: “Mamma, Berlusconi esiste davvero?”.
Perchè questo martedì di attese incompiute, di facce travolte da un parto a travaglio costante, fanno pensare che Berlusconi sia più dentro di noi — dentro quel palazzo imponente — che fuori fra le palme e il prato: dove la gente si gode il sole e non rinvia l’estate.
Il viso pallido di Niccolò
Oltre l’involucro di nervosismi e giurisprudenza, oltre la noia di poliziotti che devono badare ai cellulari rigorosamente spenti, alla sinistra dei giudici, c’è la coppia Franco Coppi e Niccolò Ghedini: la coppia assortita male.
Ghedini ha un viso pallido, emaciato, incassa i colpi: soffre, fisicamente. Franco Coppi, il professore, fa cadere un pezzo di toga, scopre le spalle e il petto, si mostra fiero, coinvolto e distaccato, esperto e non umorale: “Abbiamo un asso nella manica”, e tante cose ancora.
Una strategia: “Non portate iella”, dice ai cronisti.
Quando il pg Antonio Mura inverte il percorso e invita a ridurre le pene accessorie, l’interdizione dai pubblici uffici, per Berlusconi, Coppi irrigidisce il collo e Ghedini s’abbandona, poi s’illumina e prova a smorzare quel ghigno serrato .
Le bottigliette d’acqua di Ghedini sono disposte in parallelo intorno a un mucchio di caramelle. Per i tennisti è uno strumento di prossemica per sedurre la fortuna, ma l’avvocato del Cavaliere è semplicemente maniacale: prende appunti con la penna nera, segna le noticine con la penna rossa e un paio di punti esclamativi.
Il ventilatore di Berlino Est per il presidente Esposito
La prima giornata di sudori evidenti e odori non contenuti, nonostante il presidente Antonio Esposito ordini un ventilatore in aula, ovviamente vintage e di quel giallo che poteva piacere a Berlino Est, si può consegnare ai pezzi di giornali e televisioni col trionfo, poco sobrio e molto tronfio, di Franco Coppi: “L’interdizione era un errore palese. Vado in giro con le corna, sono superstizioso e non faccio previsioni. Ma è chiaro che vogliamo l’annullamento radicale . Ho apprezzato lo sforzo del pg che voleva difendere ciò che non si poteva difendere”.
Eppure Coppi, nato a Tripoli, dovrebbe giocare in difesa, ma preferisce apparire in attacco: prima donna, prima punta.
Il pranzo al ristorante ”L’antico porto”
Quando Coppi sfila fra i poliziotti che lo circondano con ammirevole apprensione, Ghedini stende le gambe e ascolta, in solitario, le parti civili : il nulla cosmico, il servizio di un apprendista.
Coppi arriva in Cassazione in largo anticipo, incrocia Piero Longo, l’altro avvocato, l’altro notabile escluso, e poi evangelizza Ghedini, che non riesce, no proprio non riesce, a trattenere le emozioni.
Un tempo, nascondeva se stesso pur di non dare segnali di cedimento. Il salone al secondo piano ha un tavolino e una panchetta. Coppi fa sedere Ghedini: raccomandazioni, spiegazioni e la consegna di un silenzio totale.
Quando la Corte decreta un’ora di pausa pranzo, il gregario Ghedini s’infila nei corridoi, parla al telefono e corre a Palazzo Grazioli per rassicurare il Cavaliere: dicono che non abbia morso nemmeno un panino neppure un tozzo di pane.
Coppi cammina con disinvoltura, disciplina i giornalisti e va al ristorante l’Antico porto con i suoi collaboratori: torna con la camicia un po’ sgualcita, ma il principe del foro romano non può attirare critiche.
Ghedini lo tratta con riverenza, commenta le parole del procuratore generale e, a volte, allunga il braccio sinistro e sfiora il corpo rigido di Coppi. Quasi a dire con accento veneto però: “A Frà , che te serve?”.
I cinque giudici sono abituati a queste maratone incomprensibili ai comuni mortali, i poliziotti e i carabinieri fanno uno sforzo di pazienza: vanno su e giù con l’ascensore, osservano dai palchetti laterali e presidiano la porta d’ingresso.
E poi si domandano disperati: “Quando finisce? Domani o giovedì? Che palle…”.
Incolonnate di fronte al palazzo, le telecamere fissano il niente: dove sono i tifosi di Berlusconi e dove sono i gruppi d’opposizione (non certo al governo, si nota)? Una rievocazione storica del Popolo Viola agita i cartelli: “La legge è uguale per tutti, anche per Silvio Berlusconi”.
Cicale nel deserto del Palazzaccio
Un signore ha stampato un foglio di notevoli dimensioni con il Cavaliere crocifisso: “Sei un mito, i parrucconi e gli invidiosi ti vogliono in croce, ma tu risorgerai, Forza Italia”. Evviva.
Il caldo non è sopportabile, la scenografia popolare, molto molto sparuta, si dilegua subito. All’ora del caffè, mentre le cicale fanno da sottofondo ai giornalisti che cercano l’ombra nel deserto di piazza Cavour, un signore fa il giro con un manifesto addosso : “Basta attacchi ai magistrati, basta armata Brancaleone”.
Questo fatidico 30 luglio se n’è andato di soppiatto.
C’erano le camionette dei poliziotti, le antenne paraboliche, i microfoni di qualsiasi misura e colori, c’era l’adrenalina giusta. Perfetto. Il copione era perfetto.
Gli attori erano pronti a recitare per l’evento che può far crollare il governo o un ventennio. Non c’era il pubblico però.
Forse aveva previsto i supplementari o forse non ci crede più.
Carlo Trecce
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
UNA CONDANNA SOTTO I TRE ANNI LO SALVEREBBE DALL’INTERDIZIONE… MA IL CAVALIERE E’ CONVINTO CHE SARA’ CONDANNATO
“Vogliono eliminarmi. Sono vent’anni che ci provano, e non si faranno sfuggire questa occasione. Per loro è un’occasione storica”. Alla requisitoria, il brivido.
È nelle parole del procuratore generale Mura che Silvio Berlusconi vede una condanna già scritta.
Chiuso a palazzo Grazioli l’ex premier compulsa nervosamente le agenzie stampa. È chiaro, è il suo ragionamento, che il pm fa il suo mestiere, ma la sensazione è che Mura davvero non ha concesso nulla.
Non solo è andato giù durissimo sulla strategia dei legittimi impedimenti, difendendo totalmente l’operato della procura di Milano.
Ma ha scolpito nei titoli dei giornali le parole che assomigliano a una rasoiata: “Berlusconi è l’ideatore della frode”.
Nè la paura è mitigata dalla richiesta di abbassare gli anni dell’interdizione: cinque o tre non cambia nulla. E’ difficile che i togati ribaltino l’impostazione del procuratore generale.
Normalmente ci si muove su uno spartito comune.
È un segnale sinistro, la requisitoria.
Perchè è lì che ci si sarebbe aspettato un “appiglio”.
Ecco che invece il Cavaliere sente che la sentenza è già scritta. Di condanna. La verità è che sul piano del diritto tutto porta a vedere nero.
La speranza è legata a quella che i ben informati chiamano soluzione politica.
La spiega a microfoni spenti un azzurro di rango: “Se la Corte decide di accogliere il motivo della pena, può rideterminarla la Corte stessa. Ovvero la Corte conferma la condanna, in modo da non sputtanare il lavoro della magistratura, ma abbassa la pena sotto i tre, così non scatta l’interdizione obbligatoria. Si potrà dire che giustizia è fatta perchè Berlusconi è condannato, ma non viene messa la dinamite”.
Più che un rinvio in Cassazione, è lo “sconto” – per evitare l’interdizione – il vero obiettivo di quella che è diventata una partita politica.
Che si giocherà mercoledì. E forse anche giovedì.
Già , trapela che Coppi sarà l’ultimo a parlare prima del Verdetto, ma avrebbe chiesto di non tenere la sua arringa nella serata di domani, al termine di una giornata lunga e faticosa. Il che significa che potrebbe slittare tutto a giovedì mattina.
È un tempo infinito. che non passa mai. È in un misto di rabbia e di senso di ingiustizia che Berlusconi a tutti ha ripetuto la stessa giaculatoria: “In una situazione normale io sarei considerato innocente. Io non partecipavo alle decisioni dell’azienda e non avevo alcun ruolo diretto nella gestione Mediaset. Che ne potevo sapere dei diritti tv quando facevo il presidente del Consiglio?”.
I pochi che hanno parlato col Cavaliere raccontano che il vecchio leone è provato: “Sta vivendo questa storia come la fine”.
È la sensazione di chi sente che potrebbe terminare un’epoca nel peggiore dei modi. Con una sentenza.
Ecco la voglia di non sentire nessuno, e di rinviare la processione a palazzo Grazioli. E quella di avere solo la famiglia accanto: Francesca e i figli, Piersilvio e Marina, arrivati in serata.
È come se si stesse chiudendo quel Ventennio di cui parla spesso in questi giorni, raccontato anche nel film di Giro.
E c’è un motivo se il Cavaliere ripete, spesso, in queste ore una frase che suona come un atto d’orgoglio: “Non farò l’esule, nè andrò ai servizi sociali. Se si assumono la responsabilità di condannarmi andrò in carcere”. E’ l’ultima sfida.
Perchè la verità è che il Cavaliere pensa che ci sarà la condanna.
E basta per creare il terremoto politico.
Nell’altalena di umori che contraddistingue una giornata carica di tensione c’è un elemento che non muta: “Come fa — si chiede più di un big azzurro il Pd a reggere? Come fa a stare al governo con uno condannato per frode, anche se non interdetto?”
(da “Huffington Post”)
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
“SONO PRESENTI TUTTI GLI ELEMENTI DEL REATO, MA LA SANZIONE ACCESSORIA E’ TROPPO ALTA”
Prima giornata dell’udienza in Cassazione del processo Mediaset, che vede tra gli imputati
Silvio Berlusconi, condannato in appello per frode fiscale a 4 anni di reclusione e all’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici.
LA REQUISITORIA DEL PG
Al termine della sua requisitoria il sostituto procuratore generale della Cassazione, Antonio Mura ha chiesto al collegio di rigettare tutti i ricorsi, confermando così le condanne per gli imputati, tra cui appunto l’ex premier.
Quindi quattro anni di reclusione per Berlusconi, tre anni e otto mesi per l’ex manager di Mediaset, Daniele Lorenzano, tre anni per il produttore cinematografico Frank Agrama e a un anno e due mesi per l’ex manager Mediaset, Gabriella Galetto.
Una richiesta motivata perchè nella vicenda Mediaset “sono presenti tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di reato di frode fiscale ascritta agli imputati”.
Ferma la pena della reclusione discorso diverso sull’interdizione dai pubblici uffici. “Occorre ricondurre questa sanzione accessoria ai termini di legge” – è la richiesta del pg della Cassazione.
Ossia ridurla, nel caso dell’ex premier, da 5 a 3 anni.
Richiesta analoga per Lorenzano. “Era un errore palese”, ha commentato l’avvocato di Berlusconi, Franco Coppi.
Per il resto, nelle sue conclusioni, Mura ha sottolineato che l’ex premier “è stato l’ideatore del meccanismo di frode fiscale” al centro della vicenda giudiziaria, visto il suo “controllo perdurante su Mediaset”.
Quanto allo svolgimento del processo, secondo il pg, “le regole di legge sono state rispettate e non c’è contrasto con i principi del giusto processo”.
All’inizio del suo intervento il rappresentante dell’accusa si era invece soffermato sul grande clamore attorno al procedimento giudiziario.
“Questo è un processo carico di aspettative e che suscita passioni ed emozioni esterne che sono manifestazione del libero dibattito e della vita democratica – ha sottolineato Mura -, ma aspettative e passioni devono rimanere confinate fuori dallo spazio dell’Aula giudiziaria”.
LA RELAZIONE INTRODUTTIVA
In apertura si era svolta, invece, la relazione introduttiva della causa del consigliere Amedeo Franco, durata due ore e mezza. “E’ stata una relazione completa e Impeccabile. Non si può dire nulla. Ha ripercorso le diverse fasi della questione”, ha commentato il difensore dell’ex premier, Franco Coppi.
“Puntiamo all’assoluzione”, ha aggiunto il legale, “a un annullamento radicale della condanna”
COPPI PREVEDE TEMPI LUNGHI
“Non escludo che il verdetto possa arrivare anche giovedì” ha detto Coppi disegnando un pronostico sui tempi: “Prevedo tempi abbastanza lunghi”.
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Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile
“MARONI FERMI I LEGHISTI NEGLI INSULTI O NON VENGO ALLA FESTA”: LA LEGA DI PANCIA E QUELLA DI TESTA NON HANNO TROVATO UN TIMONIERE ADEGUATO E TRA I DUE LITIGANTI NESSUNO GODE
Non ci sta Cecyle Kyenge a diventare l’oggetto della faida interna alla Lega.
E a Maroni dice:”Fermi i suoi o non vegno alla festa”.
Il presente e il futuro della Lega si sta giocando sulla pelle (nera) del ministro. Attacchi brutali contro inviti al dialogo, la schizofrenia leghista nei confronti del ministro dell’integrazione mette a nudo la verità più profonda del Carroccio: la creatura fondata da Umberto Bossi è ormai vittima di una lacerazione insanabile.
E le polemiche su e con la Kyenge sono l’esempio più evidente, più profondo.
Da una parte i bossiani, i duri e puri quelli dei paragoni con gli oranghi, delle accuse sulla razza, degli insulti, delle minacce via web, delle accuse.
“È la pancia più profonda che parla” dice chi come Giancarlo Galan, li conosce bene. E non si parla di semplici militanti ma di assessori e consiglieri comunali.
La pancia e la testa,
Perchè dall’altra c’è il blocco maroniano – e tosiano seppur con qualche distinguo – che invece si muove in tutt’altro modo: inviti al dialogo e alle feste, dichiarazioni che condannano il razzismo: “Non è certo il colore della pelle il nostro problema” spiegano, incontri abbracci e strette di mano (vedi il sindaco di Varese Fontana, maroniano di ferro) .
Tra i due litiganti non c’è nessuno che gode anzi.
La Kyenge resta la vittima sacrificale di una faida destinata a lasciare il segno. La Lega di lotta (il celodurismo bossiano, tanto per intederci) contro la lega di governo (Maroni ex ministro, Maroni presidente di Regione).
“Se continuano gli attacchi non andrò alla loro festa ” dice il ministro.
L’invito è diretto al segretario, Maroni, ma è un messaggio a tutta la Lega: “Ho accettato volentieri di confrontarmi con il governatore Zaia alla festa della Lega Nord dell’Emilia Romagna a Milano Marittima il prossimo 3 agosto – scrive in una nota – ma se se da qui a dieci giorni che ci separano all’appuntamento di Milano Marittima continueranno attacchi contro la mia persona di pari virulenza, mi troverò costretta a declinare l’invito”.
“Spero partecipi da noi nessun isulto e solo condanne per alcuni comportamenti” le risponde il vicepresidente dei deputati della Lega Nord Gianluca Pini (maroniano di ferro).
Intanto la Kyenge domenica sarà a Verona per inaugurare la Summer school di Villa Buri, Business incubator for Africa.
A rivceverla l’assessore all’integrazione Anna Leso e non il sindaco Tosi. Ufficialmente perchè in ferie anche se i maligni dicono che il primo cittadino – viste tutte le polemiche – abbia preferito non esporsi troppo.
Sancire ora un patto (l’apertura di una scuola) con il ministro avrebbe forse significato incendiare ancor di più il dibattito interno? Domande, per ora, senza risposta.
Certo è che il gioco tra la Lega di pancia e la Lega di testa sembra giocarsi sulla pelle di un ministro.
Il primo di colore della storia della nostra Repubblica.
Andrea Punzo
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