Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
CHIUSO L’UFFICIO OMAGGIO, PAGA SOLO UN MANAGER
È una nuova Regalopoli?
Dopo un’interrogazione del senatore Salvatore Margiotta del Pd, la tv di Stato descrive una situazione cupa.
Nella sua risposta arrivata ieri in Parlamento, Viale Mazzini riconosce «criticità relative alla gestione degli omaggi e dei beni promozionali in ordine alla loro movimentazione e tracciabilità ».
La Rai «ha adottato opportune azioni correttive». E «dopo rituale procedimento disciplinare », ha preso «adeguati provvedimenti verso il responsabile di processo».
Pronta una lettera di licenziamento che — raccontano — sarà contestata, impugnata.
Il caso nasce da una missiva anonima che finisce nella posta del direttore generale della Rai Luigi Gubitosi, del presidente Tarantola, di alcuni dirigenti e consiglieri di amministrazione di Viale Mazzini.
La lettera anonima è livorosa ma dettagliata, e il direttore Gubitosi la gira agli “spettori interni” dell’azienda.
Che avviano un’indagine a tappeto e stimano le uscite, tra il 2008 e il 2012, in oltre mezzo milione. «Cifra che impressiona – nota il senatore Margiotta – in anni di così grave difficoltà per le famiglie».
Impressiona anche che gli ispettori, in tanti casi, non abbiano trovato i nomi dei destinatari dei regali nè il motivo del dono.
Sei orologi Jaeger-LeCoultre, spesa 18 mila 500 euro. Altri 250 orologi (di minori pregio, ma costati comunque 17.500 euro).
Ancora 250 orologi per altrettanti 17.500 euro.
Ben 92 oggetti di argenteria (spesa 18.750 euro). Quaranta gemelli per camicia in oro (16.800 euro). Venti ciotole d’argento e 76 penne (costo 17.800 euro); 70 bracciali (19.410 euro). Dove siano finiti questi e altri preziosi nessuno, forse, lo saprà mai
Il «responsabile di processo», scrive la Rai, «viene raggiunto da adeguati provvedimenti».
Cade un manager operativo che avrebbe disatteso il Codice Etico aziendale (capitolo 7, paragrafo 8, punto c) quando obbliga il dipendente a «documentare con precisione l’impiego dei beni aziendali, ove necessario».
Ma c’è un livello che non viene toccato dall’indagine interna di Viale Mazzini.
Punto primo. Chi stabiliva il flusso, il numero degli acquisti?
Punto secondo. Bussavano alla porta dell’ufficio “omaggi”, per ricevere preziosi, la segreteria dei Consigli di amministrazione; la segreteria della Direzione generale (prima dell’era Gubitosi); tanti direttori interni.
Qualcuno chiederà ai grossi “papaveri” della tv perchè volevano gemelli, penne, orologi? E soprattutto: che cosa ne hanno fatto
Il direttore generale Luigi Gubitosi avrebbe deciso, adesso, le «opportune azioni correttive». L’ufficio “omaggi” avrà un budget di spesa ridotto.
Comprerà solo beni che il Cerimoniale consideri indispensabili e che l’azienda distribuirà in occasioni già in calendario (ad esempio, il Festival di Sanremo).
L’acquisto degli oggetti, il destinatario finale e il motivo del dono saranno operazioni “tracciabili” perchè sempre registrate al computer.
Infine si proverà a smaltire preziosi e gadget che sono in magazzino con ancora impressa la “farfallina”, logo aziendale ormai superato.
Alcuni di questi beni finiranno in beneficenza.
Nella sua stessa delibera, Gubitosi disciplina gli omaggi in entrata (non solo quelli in uscita). I dipendenti — c’è scritto — non potranno ricevere doni di valore superiore ai 150 euro.
Commenta il senatore Margiotta, a proposito di Regalopoli: «Ho scritto la mia interrogazione dopo le prime notizie di stampa (apparse sul quotidiano Libero!)
Una lettera anonima, per quanto precisa, è sempre una coltellata alle spalle», aggiunge.
«Mi auguro che la Rai cambi anche attraverso altre strade. Gubitosi, in ogni caso, sta provando a riformare Viale Mazzini. Ha una gestione trasparente e il conto economico ne beneficia già in modo chiaro».
Aldo Fontanarosa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
SCANDALO BABY PROSTITUTE A ROMA: INTERCETTAZIONI TRA MADRE E FIGLIA
“Allora rifletti bene su questo aspetto della scuola per cortesia… perchè se no è inutile che… io ti ritiro”. La risposta: “Non mi puoi ritirare mamma non c’ho (ancora, ndr) 16 anni, non lo puoi fare”.
Fanno venire i brividi quelle conversazioni tra madre e figlia finite agli atti dell’inchiesta sulle due minorenni che in una stanza dei Parioli incontravano i loro clienti.
Chi parla al telefono è Emanuela (nome di fantasia), di appena 15 anni. Dall’altra parte della cornetta, la madre arrestata perchè, secondo l’accusa, avrebbe indotto la figlia a prostituirsi.
I magistrati romani che indagano sul caso infatti sono convinti che la donna non poteva non sapere, anche se la figlia – sentita dai pm lo scorso 28 ottobre — l’ha sempre difesa: “Mamma non chiedeva, ma io cercavo di aiutarla. Quando le davo i soldi li prendeva anche se pensava non fosse giusto”.
Ma è dalle intercettazioni che si capisce il ruolo della madre. La conversazione è dell’11 ottobre.
Madre: Allora… mi ha chiamato la tua professoressa di latino (…) voleva sapere perchè non stai andando… Gli ho detto: guardi che non si sente bene. (…) Ha detto no, a noi interessa che la ragazza venga a scuola perchè con il programma andiamo avanti, vorrei parlare con lei… e risiamo alle solite… Mi ha detto: pensa che domani verrà a scuola? Allora tu che cosa hai intenzione di fare? Dimmelo perchè se no andiamo lì… ci prendiamo in giro … andiamo dagli insegnanti e glielo diciamo. Figlia: Ma io voglio andarci a scuola… è solo che non c’ho tempo per fare i compiti. M: Vabbè, il tempo si trova per fare i compiti.
F: Ma quando si trova mamma?
M: Quando esci da scuola torni a casa… due ore studi… tre ore…
F: Non ce la faccio se studio prima.
M: Allora non sai studià (…) Io studiavo la sera, qual è il problema? Devi trovare un modo per organizzarti.
F: Non ce la faccio perchè dopo che ho studiato sono stanca.
M: Allora devi fare una scelta… puoi alternare i giorni… Qui una soluzione bisogna trovarla perchè non è che… allora rifletti bene su questo aspetto della scuola per cortesia. Perchè se no è inutile che… io ti ritiro e…
F: Non mi puoi ritirare mamma non c’ho 16 anni, non lo puoi fare.
M: Apposto, allora ce devi andà fino a che non…
F: Mamma ci voglio andare, però non voglio andarci senza aver fatto i compiti.
Poi la madre si sarebbe proposta di aiutare la figlia a studiare per due ore al giorno, per poi andare al “lavoro”.
Altra conversazione finita agli atti, risale al 7 ottobre scorso.
Madre: Senti un po’… ma tu che fai? Non te movi oggi?
Figlia: No ma’ perchè sto male.
M: E come facciamo? Perchè io…
F: Certificato medico.
M: Eh, lo so me… l’ho chiamata.
F: I compiti… eh, appunto.
M: E come facciamo perchè io sto a corto? Dobbiamo recuperà .
F: Eh, domani vedo che posso fà … comunque pure se… comincio tardi, cioè oggi ma’, veramente sto male.
M: no no, bè che c’entra.. certo, ma che sta a scherzà ? Assolutamente…
F: Domani dopo scuola si vede.
M: Ma ce la facciamo a recuperarla sta settimana?
F: Ma come no, avoja.
Valeria Pacelli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
“COSTA 30 MILIARDI, LE COPERTURE PREVISTE DA GRILLO NON ARRIVANO A 4”
Stefano Fassina smonta la proposta di legge dei Cinque Stelle sul reddito di cittadinanza, bollandola come un concentrato di “super balle”. Secondo il viceministro all’Economia, è impossibile, anche nella più generosa delle valutazioni, recuperare i soldi necessari a realizzarla.
“Il livello di demagogia nella discussione pubblica di proposte economiche è sempre più alto. Grillo supera tutti, impresa non facile dati i competitor in campo”, attacca Fassina, prendendo le mosse dalla proposta M5S di “un reddito di cittadinanza di 600 euro al mese per tutti coloro che siano disponibili a lavorare e un’integrazione al reddito fino a 600 euro per le pensioni e le indennità di importo inferiore”.
“Il costo complessivo – rileva il viceministro all’Economia – supera, secondo le valutazioni più prudenti, i 30 miliardi di euro all’anno. La cosiddetta ‘copertura’ arriverebbe dal taglio delle pensioni d’oro, dall’Imu sui beni della Chiesa e dal taglio delle spese militari. La prima voce, anche nell’ipotesi di considerare ‘d’oro’ le pensioni superiori a 3500 euro netti mensili, implica risparmi di alcune centinaia di milioni di euro all’anno”.
“L’eventuale Imu sui beni della Chiesa utilizzati per attività miste – prosegue Fassina – porterebbe un gettito aggiuntivo di alcune decine di milioni di euro all’anno. Infine, l’azzeramento delle spese militari, non soltanto gli F-35, ma tutto proprio tutto, a parte il ‘dettaglio’ dell’impossibilità di utilizzare risorse in conto capitale per finanziare spesa corrente, libererebbe circa 3,5 miliardi all’anno”.
“In tutto, in una generosissima valutazione, intorno a 4 miliardi disponibili soltanto per alcuni anni. Un decimo di una prudente previsione di spesa. Le balle di Grillo – è la stoccata finale dell’esponente Pd – sono sempre più grosse. Il nuovo che avanza”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE DECISO A RESTARE ALLA GUIDA… UN FALCO AMMETTE: “SE SILVIO INTRAVEDESSE UNA POSSIBILITA’ PER SALVARSI, CI SCARICHEREBBE TUTTI”
Dietro la battaglia dei numeri, che non tornano mai, oltre le dichiarazioni di guerra, che farebbero pensare ad una rottura ad horas , Silvio Berlusconi continua a far ballare i suoi.
I governativi e i lealisti, quelli che vorrebbero restare fedeli al governo e quelli che chiedono di passare subito all’opposizione, i più aggressivi dei falchi e le più tenere colombe.
Perchè a nessuno dice, realmente e fino in fondo, quello che davvero vuole: tenere in vita l’esecutivo o staccare la spina?
Concedere che Forza Italia divenga un partito normale dove si confrontano maggioranze e opposizioni o creare una creatura al suo servizio guidata da falchi e fedelissimi
Non lo fa il Cavaliere perchè il suo unico, reale obiettivo in questa fase è tenere le redini del Pdl, portarlo il più possibile unito all’appuntamento del 16 novembre – il Consiglio nazionale che dovrebbe affidargli tutti i poteri della nuova Forza Italia – e alla testa del suo movimento condurre le due battaglie delle settimane successive: quella della legge di Stabilità e quella, esiziale per lui, della decadenza.
Battaglie aperte a ogni esito: ai falchi il Cavaliere anche ieri ha assicurato che «una manovra tutta tasse come questa, se non verrà drasticamente cambiata, è per noi invotabile, e soprattutto che «quando sanciranno la mia decadenza, noi lasceremo questa maggioranza. Anche a costo di rimanere all’opposizione».
Con le colombe invece i toni sono più sfumati, perchè per tenere assieme il partito è fondamentale mantenere vivi i rapporti con quell’Angelino Alfano, incontrato ancora una volta ieri sera a cena a Palazzo Grazioli, le cui scelte farebbero la differenza sia per la compattezza di Forza Italia che per il destino della legislatura.
Per questo, in assenza di parole e mosse decisive di Berlusconi, nel partito è guerra aperta. Guerra di posizioni, di numeri, di documenti, di regole.
Una guerra che appare, allo stato, insanabile, se non fosse che sono proprio Berlusconi e Alfano i due che potrebbero – ancora non si ha idea come – chiudere.
I governativi sono infatti ieri passati all’attacco duro, sbandierando numeri altissimi sul loro documento che riconferma la leadership a Berlusconi ma anche il sostegno al governo: «Siamo a oltre 300 firme e possiamo arrivare a 400: vogliamo il voto segreto in Consiglio» ha proclamato Formigoni, uno degli Innovatori più invisi a Berlusconi, uno dei tanti del gruppone che non vorrebbe più riaccogliere a braccia aperte in Forza Italia.
Alle parole dell’ex governatore della Lombardia hanno reagito con la durezza assoluta ormai abituale di questi giorni tutti i lealisti, dalla Gelmini alla Bernini alla Carfagna, mentre da San Lorenzo in Lucina, sede Pdl-Fi, snocciolavano i numeri dei falchi: 595 le firme sul documento dell’ufficio di presidenza già depositate, una cinquantina quelle sicure in arrivo, su un totale di 863 aventi diritto.
I governativi? «Se gli va tutto bene, possono arrivare a 200-220. Ad oggi non ne hanno più di cento: se ci abbiamo messo dieci giorni noi, che siamo tantissimi, a raccogliere 600 firme, loro in un pomeriggio ne avrebbero recuperate 300? Neanche Superman…» dicono, indisponibili a trattare.
In verità Verdini ancora, a nome di Berlusconi, lavora ad una qualche forma di accordo che preveda il rientro nei ranghi di Alfano e magari di Lupi e la spaccatura del fronte degli Innovatori, se servirà , dando in cambio assicurazioni di ricandidature per un gruppo di fedelissimi del vicepremier e ruoli anche di peso nel partito.
Un accordo difficilissimo, che fa storcere il naso a tanti fra i governativi, come Cicchitto che già mette sul piatto l’ipotesi di «disertare» il Consiglio nazionale se non ci saranno ben altre, e con Lupi che frena: «Noi vogliamo l’unità , quindi non diserteremo».
Ma alla fine, si torna al nodo dei nodi: cosa vuole farci Berlusconi con il suo partito unito e la sua guida indiscussa?
Secondo la Santanchè dubbi non ce ne sono: «Non prendiamoci in giro, sugli organigrammi siamo tutti disponibili, ma sul fatto che, votata la decadenza, non si può rimanere al governo con i carnefici, non si transige».
E non c’è dubbio che anche Alfano sa bene come il nodo resti questo, e come lo sarà fino all’ultimo.
Perchè se, fosse anche al fotofinish, il Cavaliere intravedesse un’ancora di salvezza personale «fermerebbe le macchine, anche a costo di scaricarci tutti», ammette un lealista doc.
Ma la salvezza «dentro di lui, lo sa: non arriverà ».
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
“LA POLITICA DEVE PERSEGUIRE IL BENE COMUNE, NON GLI INTERESSI DI PARTE”… “LE LARGHE INTESE? UNA ESPERIENZA DISASTROSA”…. “GIUSTO ASCOLTARE E MEDIARE, MA POI OCCORRE ANCHE DECIDERE”… “PARTITI TROPPO CONDIZIONATI DALLA RICERCA DEL CONSENSO, OCCORRE PIU’ CORAGGIO”…”LA BUROCRAZIA UCCIDE LE IMPRESE”
Incontriamo Daniele Toto, uno dei fondatori della nuova associazione “Blu per l’Italia” che ha scelto come slogan “nasce per gli italiani” proprio per rimarcare l’esigenza di “uscire” dai personali percorsi angusti o dal disimpegno per creare una nuova classe politica al servizio dei cittadini.
Impronta moderata, nucleo dirigente formato da giovani quarantenni, utilizzo aggressivo dei social network per veicolare proposte e idee, provenienze diverse, linguaggio diretto lontano dal politichese, ambizione di aggregare e coinvolgere altre giovani intelligenze del Paese: chi è abituato al prototipo del centrodestra italiano perennemente in conflitto interno, rimane in effetti un po’ spiazzato ad ascoltarli parlare di problemi concreti e non di alleanze, beghe e correnti.
Parafrasando un vecchio successo discografico, si potrebbe dire che alla base del vostro nuovo soggetto politico vi sia la considerazione che “se il mondo è grigio, l’alternativa è blu”? E’ possibile passare dal grigio al blu?
E’ necessario. Dobbiamo uscire da una politica dell’annuncio e passare ad una politica fattiva. Lo scollamento tra l’elettore ed il politico risiede nella distanza tra quanto annunciato da quest’ultimo e la percezione della realtà che ha il primo. Il politico che decide e incide positivamente sul cittadino elettore è blu.
Nel vostro Manifesto c’è un concetto interessante che forse merita un approfondimento: “essere concreti nella prassi e visionari nel pensiero”. Questa sintesi finora in Italia non ha avuto molti interpreti, non crede?
La visione strategica volta al bene comune ed allo sviluppo nella politica italiana è assente da anni. La concretezza invece è presente ma non volge al bene comune ma agli interessi personali o corporativi, a seconda degli schieramenti
Il vostro Movimento si colloca su posizioni liberal di estrema apertura, magari uno si aspetterebbe arroccamenti, invece parlate anche di sussidio di disoccupazione universale accompagnato da formazione. Ambite a essere trasversali?
La trasversalità non mi appassiona. Piacere a tutti non mi sembra una gran cosa, si rischia di avere una visione inficiata e non risolutiva di alcun problema, ricadendo nell’effetto annuncio. Ci sono cose che si possono e devono fare e sono disponibile al confronto ma non a compiacere l’elettore solo per ricercare il consenso.
La vostra proposta parte dalla necessità di superare i due “mali assoluti” della società e della politica nel nostro Paese: “la deriva statalista” e “il populismo demagogico”. In questi due concetti sembra di intravedere una forte critica al modus operandi di certa sinistra e di certa destra italiana, non escludendo neppure Grillo…
Con la dovuta cautela necessaria a giudicare in casa degli altri, ritengo che il Pdl e il Movimento 5 stelle rappresentino la deriva populista della Nazione, la “pancia” scollegata dal cervello di un certo elettorato. A conferma di ciò la loro esperienza governativa è stata disastrosa. Il Pd è schiacciato su posizioni che proteggono rendite di posizione ingiustificabili.
Voi siete per le liberalizzazioni. Ci spiega perchè in altri Paesi la loro introduzione ha portato a un vantaggio per il consumatore, mentre in Italia, tariffe telefoniche a parte, non hanno prodotto alcun abbassamento dei prezzi?
Le liberalizzazioni devono essere reali, senza contaminazione alcuna con la politica ed aprire alla concorrenza. Altrimenti sono un costo per il cittadino. La concorrenza ed il mercato abbassano i costi dell’utente
Il malessere dei cittadini europei verso le decisioni dei vertici monetari e la sudditanza nei confronti dei Paesi economicamente più solidi, sta facendo nascere molti movimenti anti-euro: voi come vi collocate in questo dibattito?
Non ci può essere Stato senza possibilità di batter moneta, di avere potere legislativo e autonomia militare. Max Weber insegna. Gli Stati europei hanno delegato all’Unione solo il primo potere. Non poteva funzionare, ed infatti non ha funzionato. Alla crisi di sistema si risponde solo con più Europa, delegando un reale potere legislativo al Parlamento europeo, con un Esecutivo scelto dal popolo ed un esercito comune, che significa politica estera condivisa. Gli Stati Uniti d’Europa. Altrimenti, prepariamoci ad un’esplosione del sistema.
Competitività delle imprese, meno burocrazia, riduzione del cuneo fiscale, riduzione delle imposte: tutti ne parlano. Poi cambiano solo il nome alla tassa o restituiscono 14 euro in busta paga: si può e si deve fare di più?
Il legislatore deve intraprendere un cammino di semplificazione amministrativa e fiscale per permettere maggiore competitività . Si deve prevedere un testo nuovo, unico, che ripensi in maniera radicale il rapporto tra impresa e Stato, cancellando il passato e diminuendo gli adempimenti. Un solo esempio: una comunicazione fatta dal cittadino ad una qualsiasi burocrazia statale deve valere per qualunque Ente dello stesso, senza doppioni o ulteriori comunicazioni
Scuola, ricerca, università . siamo tra i Paesi europei che investono di meno sul futuro: brutto segnale…
Anche qui una semplice proposta accademica e, forse, provocatoria: tutte le spese degli Enti pubblici in consulenze esterne, quasi 2 miliardi di euro l’anno, siano investiti in ricerca
Turismo, beni culturali, ambiente: li indicate nel Manifesto come volano di sviluppo. Qualche proposta concreta?
Una sola: che il turismo torni ad essere competenza esclusiva dello Stato. Da quando, con la modifica del titolo V della Costituzione si è passati alla competenza regionali l’Italia ha perso competitività nel settore. La programmazione deve essere centralizzata, sì anche da evitare sprechi.
A giudicare dalle centinaia di circoli che avete già costituito sul territorio, molti italiani sembrano disponibili a colorarsi di blu…quali sono i vostri progetti a breve e medio termine?
Faremo un’assemblea nazionale prima di Natale per contarci e ratificare i riferimenti sul territorio.
Ultima domanda personale: più frustrante rapportarsi con il “potere politico” da imprenditore o da parlamentare? Quale ruolo consente di essere più “visionari” ?
La politica è l’etica finale della decisione. Chi fa politica con questo spirito, non ha visioni ulteriori.
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
“I MILITANTI SONO UN PATRIMONIO DI IMPEGNO CIVILE, ATTENTI A NON RIDURRE IL SEGRETARIO A UNA CARICATURA”
«Attenti a non ridurre il segretario del Pd a una caricatura ». Gianni Cuperlo, lo sfidante di Renzi alla guida del partito, difende gli iscritti, «il radicamento del partito».
Non le regole che i Democratici si sono dati. Anche se il congresso, dice, non è certo una discussione sulle regole, ma sul Paese, sulla giustizia sociale e i diritti. Sui tesseramenti gonfiati, non accusa i renziani, però rilancia: «Si blocchi tutto e si annullino i casi controversi».
Cuperlo, come si è arrivati dall’orgoglio dei tesseramenti alla vergogna delle tessere gonfiate, dei brogli nei circoli?
«Ho un rispetto profondo per gli iscritti al mio partito. Sono un tesoro di impegno civile e umanità . In questi anni si sono fatti carico di tutto, dal montaggio dei gazebo alle campagne elettorali. E’ un patrimonio di persone perbene con una forza di volontà e una passione che tolgono il respiro. Noi dobbiamo convincerli che il loro è un partito sano e trasparente e che i tesseramenti gonfiati, per quanto circoscritti, sono un oltraggio prima di tutto verso chi ha resistito all’invito martellante che vedeva il nostro partito e in generale i corpi sociali come un residuo da cancellare. È per questo che hosollevato il problema, perchè ne va della nostra identità ».
Sia Renzi che lei non potevate non sapere.
«Ho chiesto che si andasse fino in fondo, senza guardare a chi ne ha beneficiato. Perchè nessuno può beneficiare di metodi che sono un danno per tutti. Da mesi io parlo del paese, di come rinnovare l’ambizione e la speranza di una sinistra vincente. Ma ritengo del tutto sbagliata l’idea che gli iscritti siano un ingombro, un sovrappiù rispetto all’appello diretto al popolo».
Renzi è un populista?
«Ho letto che il sindaco di Bari avrebbe detto “adesso aboliamo gli iscritti”. Mentre altri sostengono che vada abolita la convenzione con il voto degli iscritti per andare subito alle primarie perchè solo il voto dell’8 dicembre conta».
Quanto appunto hanno sostenuto i renziani.
«Se si ragiona così muore il Pd. E non solo perchè un partito senza iscritti è come una democrazia senza elezioni, non esiste in natura, ma perchè i diritti di chi si iscrive sono una parte fondamentale della rivoluzione che dobbiamo fare».
Cos’è diventato il Pd, un votificio e un partito di oligarchie?
«No. Quando sento liquidare il voto di 330 mila iscritti come l’espressione degli apparati, penso he chi lo dice non sappia di cosa sta parlando. 330 mila persone non sono una oligarchia, sono una comunità ».
Lei vuole un “partito pesante”, fatto di iscritti, di sezioni?
«Voglio una forza popolare e radicata nel paese. Penso a un partito- società , a un partito-movimento che si organizza sulla base di principi e traguardi che scuotano le coscienze. Voglio un partito che si opponga all’idea che ciascuno debba rimanere isolato nel suo rapporto con il potere perchè in quel modo il potere, anche quando viziato, avrà sempre la meglio».
Diffidando delle primarie non si condivide il timore di Sposetti, per il quale ai gazebo potranno votare anche delinquenti e pedofili?
«La battuta di Sposetti è sbagliata. Non solo non diffido ma ho una grande fiducia nelle primarie e nella saggezza del popolo democratico. Però quelle primarie hanno bisogno di una forza alle spalle:il Pd non può ridursi a un comitato elettorale permanente».
Pensa di vincere le primarie?
«Penso che il nostro sia un congresso aperto e questi primi risultati hanno sorpreso anche me. È stato raccontato come un congresso scontato. Invece quella che emerge è una grande voglia di ricostruire una sinistra moderna, di reagire al pensiero unico e anche di ribellarsi alle scelte del circuito politico-mediatico».
Se vincesse Renzi sarebbe disposto a un ticket?
«Mi sono candidato a fare il segretario sulla base di un impianto culturale che non è quello di Renzi».
A norma di Statuto (che non siete riusciti a cambiare) il segretario diventa anche il candidato premier. Lei non pensa a palazzo Chigi?
«No, sono primarie per scegliere il segretario del Pd. Chiunque avrà questo compito vi si deve dedicare anima e corpo. È caricaturale l’idea che descrive il segretario del principale partito del centrosinistra rinchiuso nelle stanze del Nazareno a fare riunioni inutili. Il segretario del Pd dovrà percorrere questo Paese in lungo e in largo, tornare nei luoghi della sofferenza e anche dove si misura la risposta alla crisi. Se si vuole cambiare tutto nella sinistra e nel paese, ci si candida a guidare una alternativa vera. Ma questo non lo si fa come secondo lavoro».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
“NON VEDO UN FUTURO A DESTRA, MANCA UN LEADER”… FINI POTREBBE RIENTRARE… “I SOLDI DELLA FONDAZIONE FANNO GOLA A MOLTI”
Barone Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse, cosa bolle nel pentolone della destra italiana?
«Non bolle, ribolle: e ne verrà fuori una ribollita.Disgustosa».
Continui
«La settimana scorsa assistetti alla presentazione del libro di Gianfranco Fini presso la Fondazione Corriere della Sera , e rimasi molto sorpreso. Non dai toni di Fini, che come al solito quando parla di politica è burocratico, senza un grammo di passione: no, a sorprendermi fu il modo in cui egli glissò sui suoi rapporti con Berlusconi. Ero certo che spiegasse, almeno in parte, cosa è realmente accaduto con il Cavaliere dopo quel famoso “Che fai, mi cacci?”. E invece niente, non una parola, stranamente molto tiepido…».
Secondo quanto riportato dal Foglio , tra una precisazione e l’altra, Guido Crosetto di Fratelli d’Italia sostiene che in realtà Fini spera di scongelare simbolo e patrimonio di Alleanza nazionale e, per riuscire nell’operazione, starebbe cercando di ricucire i rapporti con il Cavaliere, visto che nella fondazione di An siedono due berlusconiani come Gasparri e Matteoli.
«Mi sembra del tutto credibile, sì. Fini, del resto, ha tutta l’aria di essere intenzionato a rientrare in pista e lui, meglio di chiunque, sa bene quanto sia ingente il tesoretto di An, che poi altro non è che la magnifica eredità del Msi, tra donazioni di denaro liquido e di beni immobili, cui – modestamente – contribuii anche io, quando nel 1970 acquistai per 2 milioni di lire la sede del partito a Milano, in via Mancini».
Il tesoretto ammonterebbe a circa 400 milioni di euro
«È chiaro che una simile somma faccia gola, no? Ma per fare politica, o tornare a fare politica, solo i soldi non bastano».
E qui arriviamo al secondo indizio: Fini glissa sul Cavaliere ma, nelle interviste, è spesso ruvido con La Russa e Meloni di Fratelli d’Italia…
«Sondaggi alla mano, la mossa di Fini potrebbe apparire strategicamente sbagliata, perchè Fratelli d’Italia sembra avere numeri discreti. Però io un’idea ce l’ho. Primo, qualcosa a livello personale con La Russa, di cui era molto amico, e con la Meloni, una sua creatura, è successo. Secondo: il fatto che intorno a quel partito ronzino tipi come Magdi Allam e Oscar Giannino insospettisce Gianfranco… Terzo: ho la sensazione che Fini subisca molto l’influenza della sua compagna».
E così arriviamo a una sola conclusione possibile.
«Semplice semplice… se Fini vuol davvero rientrare nei giochi della politica, a destra non gli resta che Francesco Storace. I due sono stati legatissimi, Storace è stato un suo formidabile portavoce…».
Ma su alcuni temi, come quello dell’immigrazione, ad esempio, ci sarebbero profonde incompatibilità .
«Con uno come Fini lei parla di incompatibilità ? Ah ah ah! Ma no, ma cosa dice? E poi in politica tutto si gira, rigira, tutto si giustifica… No, anzi: Storace sarebbe perfetto per lasciar fare a Fini il padre nobile di una certa destra…».
L’accoppiata Fini-Storace sarebbe davvero clamorosa.
«Clamorosa, ma piuttosto obbligata. Fini è rimasto isolato, non soltanto fisicamente, ma anche dal punto di vista politico. Certe posizioni, che lo avevano portato alla deriva che sappiamo, le aveva condivise con la Perina, con Granata… tutti spariti… chi gli è rimasto? Bocchino?».
Lei, barone, è comunque molto severo con Fini
«È un uomo che non ha mai faticato per ottenere qualcosa. A cominciare da quando diventò segretario del Fronte della Gioventù, scelto da Giorgio Almirante in una rosa di dieci candidati dove lui, Fini, era però arrivato sesto. Un giorno lo andai a trovare nel suo ufficio alla Camera. E gli chiesi: ma perchè non ti dimetti da presidente, e ti batti? Mi osservò con quel suo sguardo lungo, immobile. Allora lo incalzai: ma come hai fatto a stare tutti questi anni con Berlusconi? E lui: “Posti e potere”. Mi arrabbiai, gli chiesi: e ora ti metti pure con Casini? Mi rispose gelido: “Casini è un ombrello. E quando piove, un ombrello serve”. È questo Fini».
Però stiamo qui a parlare ancora di lui.
«Il dramma della destra italiana è questo: non aver cresciuto nessun quarantenne in grado di traghettare il mondo del neo-fascismo a qualcosa che andasse oltre An, senza scivolare in nostalgismi cretini, saluti romani, eia eia alalà , che tornano buoni solo in campagna elettorale, per racimolare qualche voto».
Ci sarebbe la Meloni.
«Mah, insomma… Ha imparato, ha studiato… Ma riscalda i cuori?».
Alemanno?
«Alemanno è sempre alla ricerca di un posto retribuito… Direi di no».
Resta Storace.
«Mi sta simpatico, ma ha un volto vecchio, usurato».
Lei non vede futuro a destra
«No, non ne vedo. Certo, per onestà intellettuale, non nego possa essere influenzato da un certo mio risentimento…».
(Ultimo testimone di rango di ciò che fu il Msi, parlamentare in tre legislature, oggi a 81 anni vive a Lesa, sul Lago Maggiore ).
Fabrizio Roncone
(da “Il Corriere della Sera”)
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
OSCAR LANCINI ERA DIVENTATO TRISTEMENTE FAMOSO PER AVER NEGATO LA MENSA AI BAMBINI CHE NON POTEVANO PAGARE LA RETTA
Fu tra i primi sindaci sceriffi a negare il pranzo ai piccoli stranieri i cui genitori non potevano pagare la mensa e finì nella bufera per aver tappezzato la scuola materna di simboli leghisti. Oscar Lancini, sindaco di Adro (Brescia), è stato arrestato dai carabinieri ed è già ai domiciliari. Il leghista è accusato di “turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente” e “falso in atto pubblico”.
Avrebbe favorito alcune aziende nella gara d’appalto per la realizzazione di alcune opere in paese; in particolare la turbativa d’asta riguarderebbe la realizzazione dell’area feste della cittadina.
In totale sono 24 gli indagati. Ai domiciliari anche Carmelo Bagalà , segretario comunale, l’assessore ai Lavori pubblici Giovanna Frusca, il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune Leonardo Rossi e due imprenditori edili, Alessandro Cadei e Emanuele Casali.
Secondo gli inquirenti gli indagati avrebbero utilizzato crediti che il Comune di Adro vantava nei confronti di imprenditori locali per finanziare l’area feste di via Indipendenza.
L’esecuzione dell’opera, oltre un milione il valore, sarebbe stata affidata, evitando i bandi di gara, direttamente a imprenditori vicini al primo cittadino.
Per fare questo a verbale gli indagati aveva dichiarato falsamente la gratuità ed urgenza della realizzazione dell’opera che è costata oltre un milione di euro.
Tra le contestazioni anche l’aggiudicazione di un’area comunale, nel frattempo inserita nel patrimonio alienabile dell’Amministrazione, in favore di un imprenditore locale.
La scuola tappezzata con il “Sole della Alpi”.
Nel 2010 il caso Adro scosse l’Italia perchè il simbolo della Lega era stato piazzato ovunque in un polo scolastico: dal cestino della raccolta differenziata allo zerbino d’ingresso, dai cartelli messi nel giardino al tetto e impresso anche sui banchi della scuola materna. L’inaugurazione della prima scuola padana aveva fatto notizia e destato sdegno. Soldi pubblici sprecati per cui poi la giustizia amministrativa gli ha chiesto conto.
Negò mensa ai bimbi stranieri con genitori che non pagavano la retta.
Lancini, candidato non eletto alle ultime elezioni al Senato, è stato un pioniere della linea dura, come hanno fatto poi in seguito anche altri primi cittadini per lo più del Carroccio, contro i genitori morosi che non pagano la retta scolastica.
Ancora pochi mesi fa ad alcuni ragazzini stranieri erano stati negati i pasti ed era stata la Croce Rossa di Adro ad adottarli. Dieci insegnanti, tra cui il dirigente scolastico, si erano autotassati per pagare mensa e scuolabus, servizi che il sindaco aveva deciso di non erogare ai bambini le cui famiglie appunto erano rimaste indietro con i pagamenti.
Condannato dalla Corte dei conti e indagato per peculato.
Lo scorso 24 ottobre la Corte dei conti aveva condannato lui e i sei componenti della sua giunta al pagamento al Comune bresciano di circa 10.600 euro in tutto per il ”danno indiretto” legato alla vicenda delle centinaia di ‘soli delle Alpi’.
I giudici amministrativi lo hanno a pagare 7 mila e 398 euro, mentre i sei assessori dovranno versare 528 euro a testa per il ”danno patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione, in una condotta connotata da colpa grave o dolo”. Lo scorso giugno i carabinieri di Brescia gli avevano notificato anche un avviso di garanzia per peculato.
Nell’aprile 2011 la Cgil di Brescia lo aveva denunciato perchè nel marzo di due anni fa Lancini aveva inviato alle famiglie del piccolo paese delle lettere su carta intestata del Comune per replicare ad alcune prese di posizione della stessa Camera del Lavoro di Brescia.
(da “il Fatto Quotidano“)
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
QUANDO SI HANNO DIECI SECONDI PER DIRA QUALCOSA DI IMPRESSIONABILE PER ATTIRARE L’ATTENZIONE DEI MEDIA
Ieri la notizia più diffusa e chiacchierata del giorno è stata l’affermazione, attribuita a Enrico Letta da un giornale irlandese, di avere le palle d’acciaio.
Brunetta, dall’alto delle sue competenze siderurgiche, ha commentato che i lavoratori dell’Ilva gliele fonderebbero all’istante.
Beppe Grillo ha lanciato nella Rete una discussione urgente sul tema «Letta ballista d’acciaio».
Dalle Alpi alle Piramidi è stato subito un crepitio di tastiere.
La battuta migliore: se i leader europei magnificano gli attributi di Letta, allora è vero che quando andiamo a Bruxelles ci caliamo le braghe.
Anche il sottoscritto ha confezionato un corsivo sul celodurismo democratico che da alcuni minuti giace esanime nel cestino.
Infatti in serata è emersa la banale verità : l’espressione palle d’acciaio («balls of steel») era una traduzione colorita del pensiero castigato di Letta da parte dell’intervistatore irlandese.
Non è il momento di soffermarsi sulla qualità della stampa di Dublino rispetto ai tempi di Joyce.
Sta di fatto che abbiamo dato per buona una dichiarazione del presidente del Consiglio per la semplice ragione che era stata diffusa sul web.
E che a mettere in moto la baracca mediatica non è stato un discorso, ma una battuta: volgare o estrema come quella (purtroppo vera) sugli ebrei, consegnata da Berlusconi al suo memorialista Bruno Vespa.
Siamo all’informazione liofilizzata, alla politica Zelig: hai dieci secondi per dire o scrivere qualcosa di impressionabile, meglio se impressionante, altrimenti cala il sipario dell’attenzione.
Il prossimo passo, esprimersi a gesti e grugniti.
Bossi verrà ricordato come un precursore.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
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