Novembre 27th, 2013 Riccardo Fucile
INFAME CARTELLO ALLA MANIFESTAZIONE DI FORZA ITALIA: PARAGONARE LE VITTIME DEL TERRORISMO A UN PREGIUDICATO PER REATI FISCALI DIMOSTRA QUANTO SENSO DELLO STATO E CONOSCENZA DELLA STORIA HANNO CERTI LOSCHI FIGURI
Appena 2.000 sostenitori di Berlusconi si sini radunati sotto la residenza romana del leader di Fi dove è stato allestito un palco dal quale l’ex premier dovrebbe intervenire tra pochi minuti mentre all’interno di Palazzo Madama continua il dibattito sul voto di decadenza dell’ex premier.
Dagli altoparlanti le note di ‘Azzurra libertà ‘.
Via del Plebiscito è chiusa al traffico e iniziano i primi disagi per il traffico in piazza Venezia e vie limitrofe. Diversi anche i cartelli di solidarietà e sostegno all’ex premier: “Forza Silvio, vai avanti”, “il tuo popolo è con te”, sono alcune delle scritte. Niente manifesti e bandiere su Palazzo Grazioli, invece, per ragioni di sicurezza. Forza Italia ha inutilmente protestato contro l’ordine di rimozione dello striscione nero su bianco “colpo di stato” che era stato appeso alle griglie delle finestre di casa Berlusconi.
Ma tra la folla spunta anche un cartello con un parallelo che riconduce alle Brigate Rosse e che scatena subito polemiche per l’accostamento.
Un accostamento indegno che vorrebbe paragonare un condannato per reati fiscali con tanti servitori dello Stato, uomini delle forze dell’ordine, magistrati che hanno sacrificato la vita per difendere le istituzioni.
E’ blindata tutta la zona intorno Palazzo Grazioli e piazza Venezia. In piazza delle Cinque Lune, a pochi passi dalla residenza del Cav dove i ‘berluscones’ si sono dati appuntamento per attendere Berlusconi e contestare con lui il verdetto sulla decadenza, il movimento del “popolo viola” ha indetto un sit in di contro-manifestazione per festeggiare insieme la messa alla porta di Berlusconi dal parlamento.
Le forze dell’ordine temono e vogliono evitare confluenze e scontri fra i due eventi.
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Novembre 27th, 2013 Riccardo Fucile
I PARLAMENTARI DI FORZA ITALIA DOV’ERANO?…CONFERMATO: BERLUSCONI PARLERA’ ALLE 16
«È un colpo di Stato». Questo lo striscione comparso davanti al palco che è stato issato a palazzo Grazioli dove alle 16 parlerà Silvio Berlusconi prima che inizi il voto in Senato per la sua decadenza.
La polizia presente ha invitato a rinnosso lo striscione portato lì da un militante pugliese. La zona è presidiata.
Ad ora non ci sono allarmi per quanto riguarda l’ordine pubblico.
Imponente lo schieramento dei media fin dal primo mattino e traffico già congestionato tra via del Plebiscito e piazza Venezia.
«Apprendiamo la notizia – dicono in una nota congiunta i due capigruppo di Forza Italia Renato Brunetta e Paolo Romani – secondo la quale alcuni funzionari delle forze dell’ordine hanno sequestrato preventivamente un cartello che sarebbe stato esposto questo pomeriggio durante la manifestazione di Forza Italia a sostegno del nostro presidente Silvio Berlusconi. «Giudichiamo molto grave quanto accaduto e, in attesa di chiarimenti, preannunciamo sin d’ora interrogazioni urgenti al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, affinchè venga fatta piena luce su questo inaccettabile episodio».
La replica della Questura arriva poco dopo l’inizio ufficiale del sit-in, previsto per le 14: «Gli agenti non hanno rimosso e sequestrato il cartello ma hanno invitato i manifestanti a rimuoverlo».
Quindi invece che difendere lo striscione e informare un parlamentare, chi lo ha appeso l’ha tolto di sua iniziativa…. gran bella figura.
Stanno cominciando ad arrivare a palazzo Grazioli i fedelissimi di Silvio Berlusconi, che incontreranno il cavaliere prima della manifestazione e del comizio dell’ex premier previsto per le 16.
Sono già entrati, dall’ingresso posteriore, nella residenza di Berlusconi: Daniela Santanchè, Daniele Capezzone, Francesco Nitto Palma, Raffaele Fitto e Denis Verdini.
La pitonessa in tenuta da manifestazione indossa jeans e scarpe da tennis.
“Berlusconi oggi parlerà alle 16, poi andrà ad Arcore dai figli, nel focolare domestico”. Lo conferma Licia Ronzulli, eurodeputata di forza italia, intervenendo a ‘Un giorno da pecora’.
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Novembre 27th, 2013 Riccardo Fucile
IL VOTO ANTICIPATO ALLE 17
Dopo che martedì notte il governo ha ottenuto il voto di fiducia sul maxiemendamento alla legge di stabilità , con 171 sì e 135 no , a Palazzo Madama è iniziata la lunga maratona che culminerà con il voto di decadenza di Silvio Berlusconi, con gli interventi dei vari parlamentari: ben 22 su 25 sono pro Cavaliere. Il quale, dal canto suo, affila le armi: rinchiuso nella residenza romana di Palazzo Grazioli prepara il discorso per il pomeriggio, quando si terrà una manifestazione a suo sostegno sotto casa.
«VOTO SEGRETO? NO»
La prima richiesta di Forza Italia, per bocca della senatrice Elisabetta Alberti Casellati, è stata quella di istituire il voto segreto: istanza presto condivisa dagli ex-compagni di partito tramite Schifani (Ncd) .
Ma il presidente Grasso non ha accolto l’istanza del centrodestra: «La Giunta per il Regolamento del Senato – dice – il 30/10 ha stabilito che per casi di non convalida dell’ elezione il voto fosse palese perchè a tutela della composizione del plenum e non sulla persona. Non ci sono novità per riaprire ora il dibattito». –
CASINI: «SOSPENSIVA»
Intanto, si è appreso, da ambienti parlamentari, che sono state presentate, da parte del centrodestra, 6 questioni pregiudiziali e 7 ordini del giorno in difformità della relazione della Giunta per le Immunità .
Mentre si alternavano dunque diversi esponenti di Forza Italia(da Mussolini alla Gasparri), spiccava la proposta di Pierferdinando Casini : « Una sospensiva e il rinvio alla decisione della Corte di Cassazione sul riconteggio dell’interdizione: non possiamo liquidare la storia di 20 anni come un evento criminale».
ATMOSFERA MOLTO TESA
L’atmosfera in Aula è comunque molto tesa: Sandro Bondi e Roberto Formigoni hanno avuto un alterco, Alessandra Mussolini se l’è presa con Angelino Alfano: «È un piranha, lo chiamo Lino e non Angelino», mentre ancora Bondi e Gasparri hanno apostrofato i senatori a vita: «Vergognatevi» .
Colpevoli, secondo i due forzisti, di essersi presentati soltanto in occasione del voto sull’espulsione del Cavaliere
IN PIAZZA
Intorno alle 14, a poca distanza da Palazzo Madama, in via del Plebiscito comincerà la manifestazione in difesa del proprio leader. Gli organizzatori di Forza Italia attendono 300 pullman di fedelissimi.
È invece giallo sulla partecipazione del Cavaliere, che potrebbe anche restare a casa. O, se decidesse di intervenire, sarebbe intorno alle 17.
Mentre è saltata la sua partecipazione a Porta a Porta di Bruno Vespa, su consiglio (pare) dei propri figli. Intanto le reti Mediaset hanno modificato la programmazione delle proprie reti per seguire con una maratona informativa l’intera giornata politica.
PRIMO AUTOGOL DI AN
“Come movimento per Alleanza Nazionale anche noi saremo a Roma per manifestare il nostro affetto la nostra adesione e vicinanza al presidente Berlusconi, in questo momento così difficile e drammatico per la sua vita politica e personale”. Lo afferma Adriana Poli Bortone, portavoce del Movimento per Alleanza Nazionale.
GRASSO: SI VOTA ALLE 17
“Secondo accordi intercorsi tra i gruppi, i tempi del dibattito sono armonizzati al fine di consentire che lo svolgimento delle dichiarazioni di voto, sul complesso degli ordini del giorno, abbia luogo a partire dalle 15.30, Con trasmissione diretta tv, e con le votazioni intorno alle 17”. Lo ha detto il presidente del Senato, Pietro Grasso, in aula sui tempi di discussione e voto della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Il voto quindi è stato anticipato dalle 19 alle 17.
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Novembre 27th, 2013 Riccardo Fucile
VERDINI CONSIGLIA AL CAPO DI NON PARLARE TROPPO TARDI: “FA FREDDO”… MINZOLINI DENUNCIA I CONTROLLI DELLA DIGOS… IL MEDICO: “DEVE RIPOSARE”
L’ultimo scatto di decadenza berlusconiana è Denis Verdini in formato meteorino: “Silvio, non possiamo tenere la gente per cinque ore. Non puoi parlare dopo le 19. Farà un freddo cane”.
E Silvio annuisce.
Il Cavaliere voleva provare l’effetto sovrapposizione, una tecnica antica, rigurgiti di TeleMilano: a palazzo Madama, verdetto verso le 20, i senatori lo cacciano; a palazzo Grazioli, carovane convocate per le 14, il Capo arringa al pubblico. E Francesca lo consola in diretta.
Dai bollori del 4 agosto con Francesca Pascale che s’affaccia da un finestrone di casa, sofferente per la condanna in Cassazione del fidanzato, al 25 novembre di piumini montani e bibite calde (saranno distribuite a pacchi): la decadenza è pure climatica. Oggi la temperatura toccherà lo zero, come le speranze di Berlusconi di trovare una soluzione a se stesso.
Il prudente Alberto Zangrillo, medico di fiducia, consiglia al Capo di restare in salotto, tanto riposo e, soprattutto, di non guardare il voto in televisione.
Un disastro. Perchè Verdini e Santanchè hanno ordinato un maxischermo da finale mondiale: sotto, intorno, accanto, a cento metri da piazza Venezia, i tifosi di Forza Italia potranno far sentire un’esultanza oppure far arrivare il cordoglio.
La Piazza deve oscillare e pressare, ma la piazza non deve perire nè di freddo e nè di noia.
E così Verdini ha respinto, per il momento, la brillante idea di Renato Brunetta: facciamo un’orazione di quattro o cinque ore, i deputati prendono il microfono e raccontano il “colpo di Stato”.
Ovviamente, Brunetta riservava per sè un minutaggio maggiore: Verdini non abbocca.
La sede di Forza Italia ha ospitato riunioni interminabili per definire una scaletta che sia piacevole al Capo: tra scissioni e riposizioni, numeri di sezioni locali che non funzionano, stavano per dimenticare di radunare la gente.
Perchè Forza Italia non esiste, le cariche ufficiali sono tre: Berlusconi presidente, Sandro Bondi commissario e, da pochi giorni, Deborah Bergamini responsabile per le comunicazioni.
Il tesoriere del fu Pdl, il toscano Maurizio Bianconi, non vuole sapere troppo di questa manifestazione: “I soldi del vecchio partito restano lì. Forza Italia non ha nulla, soltanto una fideiussione milionaria di Berlusconi”.
Quanto? “Più di cento milioni di euro, ma non vorrei sbagliare. Io ho ricevuto una lettera: ci andrò, non so nemmeno quando. Appena mi fanno cenno, li raggiungo”.
Non si aspettano folle memorabili nel budello che circonda palazzo Grazioli: per l’esattezza via del Plebiscito, quasi a metà strada fra il Quirinale e il Senato.
Saranno in poche migliaia, non di più.
Augusto Minzolini ha ricevuto un messaggino di un coordinatore ligure e poi ha denunciato in tv: “Mi dicono che la Digos chiede il numero di targa degli autobus e anche la lista dei passeggeri. Assurdo”.
E i forzisti più complottisti credono che sia l’effetto di una scomunica quirinalesca.
Ma Berlusconi non s’arrende a una resa inevitabile: “Sarà una manifestazione legittima e pacifica. Questo è solo l’inizio”. Un inizio che comincia da una fine.
E si trascina con sè l’ascesa di Pascale: Dudù resterà da solo, Francesca sarà tra le bandiere di Forza Italia.
Per far pendere di meno l’amato decadente.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 27th, 2013 Riccardo Fucile
ALTERNA DEPRESSIONE ED EUFORIA: “DOVRO’ PORTARE VASSOI NELLE MENSE”
Inseguendo il sogno impossibile di una ricandidatura, a dispetto della legge Severino, delle condanne e dell’interdizione dai pubblici uffici: «Non finisce qui, tornerò a Palazzo Chigi nel 2015».
Berlusconi confessa di non dormire da giorni e sarà per questo che l’umore oscilla tra il baratro più nero e l’eccitazione irrazionale per la battaglia.
«Io non ho paura », ripete a tutti nella notte più lunga.
Ma i suoi parlamentari, quelli che l’hanno seguito nel Ridotto alpino repubblicano, l’hanno visto prostrato, gonfio di pensieri cupi. «Oggi sono qui tra voi, ma da domani i commessi non mi lasceranno nemmeno entrare».
Non lo abbandona l’ossessione di uscire dalla scena per finire in un cono d’ombra sempre più largo.
Così quell’affidamento ai servizi sociali, che in estate era sembrata agli avvocati la via più astuta per tendere al massimo l’elastico della cosiddetta «agibilità politica», ora gli appare una gabbia insopportabile, un’umiliazione intollerabile per chi si è sentito statista e si vede ora ridotto a delinquente.
«Ieri sera – ha confidato ai deputati forzisti pensando all’amico “Vladimir” – avevo a cena da me l’uomo più potente del mondo e tra poco dovrò servire i vassoi alle mense. Putin mi ha detto: se vai in prigione la prima settimana ci sarà un milione in piazza a manifestare per te, la seconda settimana saranno mezzo milione, la terza settimana non ci sarà più nessuno».
E siccome il personaggio è una formidabile matrioska, capace di cambiare repentinamente maschera a seconda dell’interlocutore e della situazione, ai più avviliti tra i suoi ha raccontato subito una barzelletta antidepressiva: «Mi sento come quello che tornava tutto pesto a casa dicendo alla moglie: me ne hanno date tante, ma quante gliene ho dette!».
La situazione è disperata e i primi a saperlo sono i figli. «Mi dicono che tra le procure di Napoli e Milano — ha detto ai deputati nella sala della Regina a Montecitorio — c’è una gara di velocità per chi mi agguanta prima».
Ieri pomeriggio, per spezzare il nodo dell’angoscia e lo sgocciolare lento delle ore, il Cavaliere ha pensato anche di ritornare ad Arcore per stare con loro, con la famiglia, almeno a cena.
Alla fine sono stati i figli a raggiungerlo a Roma in serata per stargli più vicino nel momento più difficile. Unica consolazione la vittoria del Milan in Champions League, che ha spezzato una serie nera.
Zangrillo non lo molla d’un passo, sa bene che la botta di oggi sarà dura. Lo psicoterapeuta Luigi Cancrini, con la Zanzara, si è persino spinto a una diagnosi: «È una persona che ha un disturbo narcisistico della personalità , è tutto centrato sulla sua immagine, e sta vivendo un momento in cui la realtà gli si mette contro».
A metterglisi contro è stato intanto Alfano, il prediletto, un affronto che Berlusconi non può lasciare invendicato.
La famiglia, Confalonieri, lo supplicano di mantenere una linea di non belligeranza, di non approfondire il solco con quelli che domani potrebbero essere l’unico argine per la difesa delle aziende nel caso qualcuno nel governo intenda colpire. Ma il Cavaliere guarda già alle Europee, una battaglia tutta proporzionale dove non esistono amici e, per la prima volta, sarà in vigore uno sbarramento del quattro per cento.
«Non posso lasciare che questi crescano a mie spese», diceva ieri a proposito degli alfaniani del nuovo centro destra.
La tentazione di iniziare a chiamarli «traditori » — come da tempo fa il Giornale e l’ala più dura dei falchi è sempre più forte. Solo al comizio di oggi si capirà se le pressioni dei figli — che ieri l’hanno indotto a rinunciare almeno a Porta a Porta — saranno state sufficienti a farlo desistere da un attacco diretto e personale all’ex segretario del Pdl.
In ogni caso la scelta presa a caldo due giorni fa di snobbare il Senato è stata mantenuta.
Andrà solo in piazza, al comizio che gli hanno preparato Verdini e Santanchè.
Per sfuggire all’affronto del presidente Grasso: «Prego i commessi di accompagnare il senatore Berlusconi fuori dall’aula».
Per sottrarsi al dileggio prevedibile dei grillini, in diretta tv.
Ma soprattutto per allontanare lo spettro che lo sta tormentando, quello di Bettino Craxi, delle monetine di vent’anni fa al Raphael, lo scempio dell’immagine che già Berlusconi ha assaggiato quella sera del 12 novembre 2011, scendendo dal Quirinale dopo le dimissioni da presidente del Consiglio.
«Vorrebbero che facessi la fine di Bettino, che fuggissi, ma sono io che vado all’attacco. Lo vedranno quando apriremo circoli Forza Silvio in tutta Italia».
È l’assediato che circonda gli assedianti, la realtà ribaltata di un condannato che si fa perseguitato e insegue ancora la ricandidatura a palazzo Chigi.
L’ultima trovata è la nascita di un partito satellite di Forza Italia, un «Movimento vittime della mala giustizia», da schierare sulla scheda elettorale.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Novembre 27th, 2013 Riccardo Fucile
CON IL VOTO DECADE IMMEDIATAMENTE, ECCO COSA PUO’ SUCCEDERE
E adesso, che ne sarà di Silvio? Cos’altro perderà , oltre allo scranno senatoriale?
Un’altra sottrazione – che certo gli darà una stilettata non da poco – già possiamo metterla in calendario.
Questione di mesi, ma non appena la Cassazione confermerà (perchè confermerà , è fuor di dubbio) l’interdizione di due anni dai pubblici uffici, Berlusconi non potrà più fregiarsi del titolo di Cavaliere.
Glielo conferì Giovanni Leone nel ’77, ma sarà ingoiato dalla condanna.
Per carità , anche quella sull’interdizione ormai è una battaglia. Giusto ieri mattina il suo team di avvocati – Niccolò Ghedini, Piero Longo, Franco Coppi – ha presentato il ricorso alla Suprema corte contro la decisione della Corte di appello del 19 ottobre.
Ma dire che pensano di avere delle chance di riuscita è un eufemismo. Proprio come nel caso della revisione del processo.
Ghedini, già ieri, nascondeva un dossier segreto nella sua borsa, aveva una prima bozza del ricorso alla Corte di appello di Brescia, per la revisione del processo Mediaset. A spiarla, parevano un centinaio di pagine.
Revisione certa?
Coppi dice che ancora non si sa. Dubbi, incertezze, punti interrogativi.
Su tutto quello che lo riguarda da qui ai prossimi mesi, il quadro è giocato su che cosa perde, non certo su cosa guadagna.
Per esempio?
La libertà personale, quella politica, i suoi diritti, la sua candidabilità , la possibilità di tornare a essere premier.
Materialmente, Berlusconi quando non sarà più senatore?
Subito. Pare che, proprio per questo, abbia deciso di non essere presente in aula durante la discussione, nè tantomeno al momento del voto. Sarebbe troppo umiliante per lui sentire il presidente Pietro Grasso pronunciare la formula di rito, «invito i commessi ad accompagnare il senatore decaduto Berlusconi fuori dall’aula…».
Un minuto dopo, il leader di Forza Italia, mentre arringa i suoi fan in piazza, potrebbe essere arrestato?
Ebbene sì, potrebbe anche accadere, se una procura birichina si fosse già premunita del sì del giudice a una misura cautelare. Ovviamente i suoi avvocati lo escludono. Ecco Coppi – protagonista ieri con Ghedini di una lunga e affollata conferenza stampa nella sede della stampa estera («Propaganda anti-decadenza? Ma quando mai, ce l’hanno chiesto loro e abbiamo detto di sì») – che è pronto a escluderlo come «un’ipotesi irrealistica e assurda, oltre il limite della provocazione». Eppure… tutto può succedere.
Berlusconi ha fatto considerazioni molto pesanti («Non vado a pulire i cessi…») sull’ipotesi di scontare i 9 mesi di pena che gli restano con un affidamento ai servizi sociali. Rischia gli arresti domiciliari?
I suoi avvocati lo escludono.
Coppi, pur pigliando nettamente le distanze dal fraseggiare inopportuno del suo assistito, ribadisce la regola per cui Berlusconi «non deve cospargersi il capo di cenere, nè fare atti di pentimento ».
Sì, ma la legge dice anche che il magistrato di sorveglianza deve assumersi la responsabilità di decidere se il condannato merita oppure no la forma più lieve di espiazione della pena. Chi sente Berlusconi inveire pesantemente contro i giudici pensa subito che dovrebbe finire in ceppi.
Ma in futuro l’ex premier sarà libero di fare attività politica?
Tutto dipende da cosa deciderà il magistrato, dai margini di libertà che gli vorrà concedere. Ma è fuori di dubbio che, per 9 mesi, e se non intervengono nel frattempo eventuali fatti nuovi, Silvio sarà fortemente limitato nei suoi spostamenti e nei suoi contatti.
In queste condizioni, come potrà gestire una campagna elettorale?
Non sarà affatto facile, perchè per ogni appuntamento dovrà chiedere un permesso al giudice.
E se volesse candidarsi di nuovo in Parlamento o a premier?
Non potrà assolutamente farlo. Non potrà correre nè per palazzo Chigi, nè per Camera o Senato. La legge Severino, in questo, è assai rigida, il cartellino rosso durerà per i prossimi sei anni.
Quante chance ha la revisione di salvarlo cancellando la condanna per Mediaset?
Diciamo la verità , se Berlusconi è convinto del successo della revisione, Ghedini e Coppi paiono molto, ma molto più cauti. «Dobbiamo calibrare bene ogni carta, con un cliente così non si può rischiare una pronuncia di ammissibilità » dichiara Coppi.
Ghedini preannuncia che dalla rogatoria di Hong Kong «sono arrivate 16mila pagine, pure scritte in cinese oltre che in inglese, dobbiamo tradurle, ci vorrà tempo».
Quella revisione che, nelle parole di Berlusconi sembrava come cosa fatta, adesso si ridimensiona. Coppi pare nettamente più freddo di Ghedini («Non sappiamo neppure se la presentiamo…»), anche se i due ci lavorano assieme, tant’è che nella borsa di Ghedini c’è la prima bozza possibile.
Quanto dura un processo di revisione?
Mesi, mesi, mesi.
Che cosa succede qualora arrivi per Berlusconi una seconda sentenza definitiva di condanna?
Sarà un vero guaio perchè la legge sull’indulto del 2006 stabilisce che, in caso di nuova condanna, chi ha fruito dello sconto deve “restituirlo”.
I nove mesi di pena torneranno a diventare 4 anni.
E a quel punto…Berlusconi potrebbe essere davvero nei guai.
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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Novembre 27th, 2013 Riccardo Fucile
CONTO SALATO PER LE FAMIGLIE SE I COMUNI SCELGONO L’ALIQUOTA PIU’ ALTA
La Iuc, la nuova Imposta unica comunale, sarà meno salata dell’Imu per le prime case solo se l’aliquota scelta dai sindaci rimarrà quella base all’1 per mille.
Se dovesse salire — fino a un massimo del 2,5 per mille — addio ai risparmi in moltissimi casi.
Anche perchè le detrazioni che il governo ha reintrodotto purtroppo sono briciole rispetto al passato.
Appena 25 euro medi a famiglia, per un totale di 500 milioni, calcolano Uil e Cgia.
A meno che i Comuni vogliano concentrare gli aiuti su alcune categorie. Ma una cosa è certa: una larga parte dei cinque milioni di proprietari già esenti con l’Imu per effetto delle detrazioni non lo sarà più.
Due fatti, intanto.
Anche le prime case pagheranno la Iuc. E poi non esiste, nel testo finale, alcuna quantificazione delle detrazioni.
La nuova imposta ha tre gambe: Imu (solo sulle seconde abitazioni e le prime di lusso), Tasi per i servizi e Tari per i rifiuti. La Tasi (aliquota tra 1 e 2,5 per mille) è dovuta anche dalle prime abitazioni, affittuari compresi (verseranno tra il 10 e il 30%).
Ma temperata dalle detrazioni. Il Fondo vincolato da 500 milioni, stanziato in extremis nella legge di Stabilità , sarà ripartito tra i Comuni, in proporzione al numero di prime case.
Il centro studi della Uil calcola in 27 milioni il tesoretto per Roma (al top delle città principali, con oltre un milione di prime case) e 12 milioni quello per Milano, ad esempio.
Come li distribuiranno i sindaci? Una soluzione piatta — 25 euro per tutti — esenterebbe solo 1,8 milioni di abitazioni italiane, tra popolari e ultrapopolari.
Ma scelte selettive potrebbero premiare zone specifiche, classe catastali, famiglie in base al numero dei figli o in base al reddito Isee.
Con tutti i paradossi del caso, visto che la coperta è corta.
Aiutare le case di periferia, ma escludere quelle popolari diffuse in zone centrali, ad esempio. E così via.
La Cgia raffronta invece la Tasi con l’Imu 2012 e le rispettive detrazioni: 25 euro nel primo caso, 200 euro nel secondo più 50 a figlio.
Ebbene se l’abitazione è nella categoria A2 (di tipo civile), con un figlio la Tasi conviene quasi sempre.
Ma all’aumentare dell’aliquota e della numerosità della prole, parte la nostalgia per l’Imu.
Se la casa è un A3 (di tipo economico), la Tasi conviene ancora meno. Meglio l’Imu
Le perplessità sulla Iuc, nonostante gli annunci rassicuranti, sfiorano anche il governo. Ieri Delrio invitava a «valutare bene».
«Vediamo se ci sono margini per migliorarla e stiamo attenti a non consegnare ai sindaci uno strumento azzoppato», suggeriva il ministro.
Delrio teme un buco da 1,3 miliardi nei bilanci comunali per via della riduzione al 10,6 per mille (dall’11,6) del tetto all’aliquota per le seconde case (totale tra Imu e Tasi).
Buco certo non compensato dai 500 milioni in più, tra l’altro vincolati alle detrazioni. Nè dagli altri 238 milioni trovati ieri per le imprese che potranno dedurre l’Imu sui capannoni (al 30% già sul 2013, al 20% dal prossimo anno).
L’Anci, l’associazione dei Comuni, intanto teme di non riuscire a pagare le tredicesime.
Il suo presidente, il sindaco di Torino Fassino, ha scritto a Letta chiedendo un incontro urgente. E facendo capire che la situazione è «al limite della rottura dei rapporti istituzionali».
Il nodo è l’Imu 2013, cancellata per le prime case. I Comuni hanno alzato le aliquote e chiedono 500 milioni in più di rimborso allo Stato.
Valentina Conte
(da “La Repubblica“)
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Novembre 27th, 2013 Riccardo Fucile
MANOVRA, FORZA ITALIA ALL’OPPOSIZIONE… ALFANO OTTIENE SOLDI PER I SUOI
Applausi. Evviva. Entusiasmo sparso al vento nel pomeriggio della nuova Forza Italia. Persino Renato Brunetta, non proprio l’uomo più amato nell’ultima trincea del berlusconismo, strappa il sonoro plauso all’assemblea dei gruppi neo-azzurri: “Mettiamo a regime una patrimoniale e questo è dirimente e non ci permette di votare la legge di stabilità . Se dovessimo votarla come potremmo presentarci al nostro elettorato?”. Battimani. Felicità .
Poco importa che le stesse scene, qualche settimana fa, si erano concluse con la retromarcia nell’aula di palazzo Madama di Silvio Berlusconi, poco importa che la nuova Forza Italia nasca solo come ridotta lealista per reagire alla decadenza da senatore del capo.
A volte il desiderio e le circostanze riescono a far percepire vere al mentitore le sue stesse menzogne: così è accaduto ai nuovi gruppi di Forza Italia, autoconvintisi che la manovra di Enrico Letta — se non migliore almeno simile a quelle approvate dai vari governi Berlusconi — sia invotabile per questioni di credo economico.
E così alle cinque del pomeriggio Renato Brunetta e Paolo Romani, ex ministri oggi capigruppo, si presentano ai giornalisti per dire: “Forza Italia esce dalla maggioranza. Le larghe intese sono finite”.
La sorpresa per la notizia è pari a zero. Il reprobo Angelino Alfano festeggia con una dichiarazione: “Avevamo detto e ripetiamo che è sbagliato sabotare il governo e portare il paese al voto, per di più con questa legge elettorale, a seguito della decadenza di Berlusconi”.
Gli ex amici lo accusano di tenere solo alla poltrona
Nel frattempo il governo s’incartava nel tentativo di arrivare al voto in Senato sulla legge di stabilità entro la notte.
Missione fallita, visto che il sì finale arriverà stamattina, dopo un Consiglio dei ministri convocato per approvare una Nota di aggiornamento ai conti pubblici.
Prima ancora la stessa commissione Bilancio — pur di votare la manovra prima della decadenza di Berlusconi come chiedeva Alfano — aveva licenziato il testo per l’aula senza finire i suoi lavori: per comporre il maxi-emendamento su cui chiedere la fiducia, dunque, il governo ha dovuto fare un lavoraccio, passato per una lunga trattativa pomeridiana coi partiti di maggioranza con tanto di urla e minacce che arrivavano fino in corridoio.
Il risultato, oltre a un ritardo di tre ore sul programma, comporta la presenza nella legge di cose tipo lo stanziamento da 110 milioni di euro per gli Lsu della Calabria: cinque senatori di quella regione sono, d’altronde, una componente fondamentale del gruppo in Senato degli scissionisti di Alfano. Non solo.
Quando finalmente il maxi-emendamento arriva in aula è un’accozzaglia di incoerenze, con tanto di note a margine scritte a penna, cifre lasciate in bianco e con una relazione tecnica — fondamentale per permettere a tutti i parlamentari di capire cosa votano — lacunosa e senza tabelle, anche se miracolosamente dotata della necessaria bollinatura della Ragioneria generale dello Stato.
Nella notte, al termine di una giornata di passione, si comincia a votare la fiducia: al momento di andare in stampa la procedura non è ancora conclusa, ma non dovrebbero esserci sorprese.
La nuova maggioranza politica deberlusconizzata conta, infatti, su 167 voti al netto dei senatori a vita e di altri sostegni. Ora la guerra si sposta su un altro fronte: Forza Italia vuole un altro voto di fiducia, solo politico, per sancire la nuova maggioranza; Letta e Napolitano invece, dopo un incontro ieri sera al Colle, sostengono che basti quello sul ddl Stabilit�
Nasce il reddito minimo, ma è solo sperimentale Assegni previdenziali bloccati e statali senza aumenti
Arriva il fondo per il contrasto alla povertà , che andrà a finanziare il reddito minimo garantito. Le risorse arriveranno dalle pensioni d’oro (a partire da 90.000 euro). Si tratta di poca cosa, però, e in larga misure è a carattere sperimentale.
Pensionati e statali continuano però a pagare. La legge di Stabilità proroga, infatti, per i prossimi 3 anni il blocco dell’adeguamento all’inflazione: l’indicizzazione sarà completa solo fino circa 1.500 euro lordi al mese, al 90 per cento per la parte fino a duemila per scendere poi al 50 per cento e a zero a partire dai tremila euro lordi mensili.
Quanto alle cosiddette pensioni d’oro c’è un contributo di solidarietà del 5 per cento tra i 90 e i 150 mila euro, del 10 fino a 200 mila e del 15 oltre questa soglia, ma vengono pure stanziati i soldi per risarcire gli stessi pensionati per lo stesso contributo voluto dal governo Monti e bocciato dalla Corte costituzionale.
Viene prorogato al 2014, per il quinto anno consecutivo, anche il blocco dei contratti degli statali: secondo Istat la perdita di potere d’acquisto cumulata è pari al 9 per cento per 11,5 miliardi di risparmi totali.
CASA AMAR
Gli sgravi salgono a 700 milioni, ma la Iuc costerà come nel 2012
L’IMU non c’è più, il Trise è esistito solo in teoria per qualche settimana, la nuova tassa sulla casa si chiama Imposta unica comunale (Iuc).
Si pagherà sempre sulla base della rendita catastale e si compone di tre parti: quella patrimoniale (ex Imu), da cui sarà esente la prima casa, l’imposta sui servizi (Tasi) e quella sui rifiuti (Tari).
Nonostante il gioco delle tre carte dei nomi, l’importo per contribuenti e imprese non dovrebbe scendere di molto rispetto al 2012: rispetto ai conti fatti sul Trise — che sarebbe costata come l’Imu e forse di più (la scelta stava ai sindaci) — la Iuc può vantare per il solo 2014 stanziamenti per detrazioni superiori di soli 700 milioni: i comuni dovranno stanziare mezzo miliardo per sgravare le famiglie con figli, altri 200 milioni andranno alle imprese.
Su un gettito massimo possibile di 27 miliardi è un po’ poco.
Saltano le misure su spiagge e stadi. Ma l’assalto è rinviato
Nonostante la pressione delle lobby il governo deve rinunciare sia alla norma sul demanio marittimo che a quella sui nuovi impianti sportivi: la battaglia si sposta alla Camera. Sulle spiagge, l’ultimo testo uscito dal maxi-emendamento andava persino oltre la svendita ai concessionari: una legge delega prevedeva infatti di disciplinare il demanio marittimo attraverso la costituzione “del titolo di uso”, che avrebbe garantito agli attuali concessionari la sostanziale proprietà sulle spiagge.
Non mancava nemmeno una sanatoria sui canoni non pagati: uno sconto fino al 70 per cento del dovuto che poteva costare allo Stato oltre un miliardo e mezzo di euro in mancati introiti.
Niente da fare nemmeno per la cementificazione dei comuni connessa alla realizzazione di nuovi stadi: il governo s’è limitato a stanziare alcuni milioni di euro per ristrutturare quelli già esistenti.
Mini condono sulle cartelle esattoriali: niente interessi
Se ne è parlato a lungo e alla fine è arrivata anche la sanatoria sulle cartelle di Equitalia. Rispetto alla proposta iniziale del fu Pdl però — niente sanzioni e interessi e pagamento del debito pregresso solo al 75 per cento — la soluzione scelta dal governo ha meno l’aria di un piccolo condono: chi si ritrova addosso la società di riscossione pubblica potrà uscirne pagando completamente il dovuto e le eventuali sanzioni, mentre verranno azzerati gli interessi di mora.
Per usufruire della sanatoria sulle cartelle di Equitalia, però, si dovrà fare richiesta del regime agevolato entro il 30 giugno prossimo versando subito il 50 per cento del debito e delle sanzioni. Restano esclusi, però, eventuali debiti su tributi iscritti nel bilancio europeo e quelli frutto di una sentenza della Corte dei conti.
Tra imposte e balzelli vari c’è in vista una mazzata
Non mancano le nuove tasse nel ddl Stabilità : in generale, rimanendo ai dati macro, se si fa la sottrazione tra maggiori e minori entrate previste dalla manovra per il 2014 si scopre che il conto è a vantaggio delle prime per 1,1 miliardi.
Tra queste c’è l’aumento dell’imposta di bollo sul dossier titoli — assai recessiva, perchè colpisce tutti i risparmiatori a prescindere da guadagni o perdite — che dovrebbe portare un gettito di 940 milioni l’anno; poi la rivalutazione dei beni delle imprese ai valori di mercato che è messa a bilancio per ottocento milioni.
Non mancano i balzelli sparsi, tipo l’imposta di bollo forfettaria da 16 euro per le comunicazioni online con la Pubblica amministrazione o la tassa da 50 euro che bisogna versare per potersi iscrivere all’esame di Stato per diventare avvocato, notaio o magistrato.
Più soldi in busta paga, ma con le detrazioni ci si rimette
Il taglio delle tasse sul lavoro è il fiore all’occhiello della manovra secondo Enrico Letta, ma si tratta di uno sgravio appena percepibile e comunque in parte controbilanciato dal taglio delle deduzioni fiscali: la riduzione del cuneo fiscale vale 1,5 miliardi nel 2014 (cinque nel triennio) e, nella versione votata in Senato, si applica ai redditi tra otto e 35mila euro.
Il vantaggio massimo si avrà nella fascia tra i 15 e i ventimila euro (225 euro l’anno, meno di 19 al mese) per azzerarsi a 35mila.
Il taglio delle detrazioni (spese mediche, rette universitarie, interessi sul mutuo della prima casa eccetera) scenderanno già per l’anno fiscale 2013 dal 19 al 18 per cento e diminuiranno ancora di un punto l’anno dopo.
Tradotto: gli stessi lavoratori pagheranno maggiori tasse per mezzo miliardo l’anno.
Fisco, garanzie e prestiti: i regali alle banche si fanno in tre
Enrico Letta e il suo governo non si sono dimenticati degli istituti di credito.
Anzi, questa manovra contiene almeno tre regalini assai graditi.
Il primo è un enorme sgravio fiscale, grazie al quale viene ridotto da 18 a 5 anni il tempo in cui le banche possono dedurre le svalutazioni sui crediti: secondo gli analisti questo farà aumentare gli utili del 7 per cento nel 2014 e dell’undici l’anno dopo, per un costo nel triennio di un miliardo e mezzo per l’erario.
In uno dei collegati, poi, è inserita una garanzia statale sulle operazioni in derivati degli istituti di credito: in pratica gli eventuali guadagni saranno privati, le eventuali perdite pubbliche.
Infine c’è l’emendamento introdotto al Senato che amplia le garanzie statali — di nuovo- sugli investimenti di Cassa depositi e prestiti anche verso le Pmi: quei prestiti, guarda caso, sono intermediati dalle banche.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 27th, 2013 Riccardo Fucile
“E’ STATO IL CAVALIERE CHE HA COMPROMESSO TUTTO DICHIARANDO GUERRA A PARLAMENTO E GOVERNO: A SILVIO L’HO DETTO GUARDANDOLO NEGLI OCCHI”
“Dichiarando guerra al Parlamento e al governo”, Silvio Berlusconi “ha bombardato la prospettiva della grazia”. Lo afferma, in una intervista a Libero, il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, secondo il quale non esiste alcun complotto contro il leader di Fi: “Sono andato più volte a parlare col presidente della Repubblica su mandato di Berlusconi e non mi sento in coscienza di sottoscrivere una simile ipotesi. Escludo ogni complotto da parte di Napolitano e che ci fosse l’intenzione a priori di non concedergli la grazia. Anzi, per quel che ho compreso, è vero il contrario”.
“Le annunciate dimissioni di tutti i parlamentari, un atto di gravità istituzionale, senza precedenti, che non era accaduto nemmeno dopo l’assassinio di Matteotti”, è stato, secondo l’esponente del Ncd, il segnale di una rottura insanabile all’interno del Pdl.
Inoltre, “vi erano tutti i presupposti affinchè la grazia fosse concessa. Nel momento però in cui si chiedono le dimissioni di 200 parlamentari, si porta l’esecutivo a riunirsi senza la certezza della base parlamentare e poi gli si imputa di non aver bloccato l’aumento dell’Iva, si fanno dimettere cinque ministri, è chiaro che si intraprende una linea massimalista alternativa al percorso verso la grazia”.
“È assai più difficile essere leali che lealisti. Io a Berlusconi ho detto tutto quel che penso guardandolo negli occhi. E non sapendo se per me ci sarebbe stato o no un futuro politico. Rimorsi non ne ho. Ho sofferto nel momento in cui ho capito che la divisione era un esito scontato, prima che si verificasse. Ma in politica, capire prima le cose non è una qualità . Se sei in ritardo puoi sempre recuperare, se sei in anticipo sei fottuto. Soffri due volte”, conclude Quagliariello.
(da “Huffingtonpost“)
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