LA NUOVA MAGGIORANZA COSTA A LETTA 110 MILIONI DI EURO
MANOVRA, FORZA ITALIA ALL’OPPOSIZIONE… ALFANO OTTIENE SOLDI PER I SUOI
Applausi. Evviva. Entusiasmo sparso al vento nel pomeriggio della nuova Forza Italia. Persino Renato Brunetta, non proprio l’uomo più amato nell’ultima trincea del berlusconismo, strappa il sonoro plauso all’assemblea dei gruppi neo-azzurri: “Mettiamo a regime una patrimoniale e questo è dirimente e non ci permette di votare la legge di stabilità . Se dovessimo votarla come potremmo presentarci al nostro elettorato?”. Battimani. Felicità .
Poco importa che le stesse scene, qualche settimana fa, si erano concluse con la retromarcia nell’aula di palazzo Madama di Silvio Berlusconi, poco importa che la nuova Forza Italia nasca solo come ridotta lealista per reagire alla decadenza da senatore del capo.
A volte il desiderio e le circostanze riescono a far percepire vere al mentitore le sue stesse menzogne: così è accaduto ai nuovi gruppi di Forza Italia, autoconvintisi che la manovra di Enrico Letta — se non migliore almeno simile a quelle approvate dai vari governi Berlusconi — sia invotabile per questioni di credo economico.
E così alle cinque del pomeriggio Renato Brunetta e Paolo Romani, ex ministri oggi capigruppo, si presentano ai giornalisti per dire: “Forza Italia esce dalla maggioranza. Le larghe intese sono finite”.
La sorpresa per la notizia è pari a zero. Il reprobo Angelino Alfano festeggia con una dichiarazione: “Avevamo detto e ripetiamo che è sbagliato sabotare il governo e portare il paese al voto, per di più con questa legge elettorale, a seguito della decadenza di Berlusconi”.
Gli ex amici lo accusano di tenere solo alla poltrona
Nel frattempo il governo s’incartava nel tentativo di arrivare al voto in Senato sulla legge di stabilità entro la notte.
Missione fallita, visto che il sì finale arriverà stamattina, dopo un Consiglio dei ministri convocato per approvare una Nota di aggiornamento ai conti pubblici.
Prima ancora la stessa commissione Bilancio — pur di votare la manovra prima della decadenza di Berlusconi come chiedeva Alfano — aveva licenziato il testo per l’aula senza finire i suoi lavori: per comporre il maxi-emendamento su cui chiedere la fiducia, dunque, il governo ha dovuto fare un lavoraccio, passato per una lunga trattativa pomeridiana coi partiti di maggioranza con tanto di urla e minacce che arrivavano fino in corridoio.
Il risultato, oltre a un ritardo di tre ore sul programma, comporta la presenza nella legge di cose tipo lo stanziamento da 110 milioni di euro per gli Lsu della Calabria: cinque senatori di quella regione sono, d’altronde, una componente fondamentale del gruppo in Senato degli scissionisti di Alfano. Non solo.
Quando finalmente il maxi-emendamento arriva in aula è un’accozzaglia di incoerenze, con tanto di note a margine scritte a penna, cifre lasciate in bianco e con una relazione tecnica — fondamentale per permettere a tutti i parlamentari di capire cosa votano — lacunosa e senza tabelle, anche se miracolosamente dotata della necessaria bollinatura della Ragioneria generale dello Stato.
Nella notte, al termine di una giornata di passione, si comincia a votare la fiducia: al momento di andare in stampa la procedura non è ancora conclusa, ma non dovrebbero esserci sorprese.
La nuova maggioranza politica deberlusconizzata conta, infatti, su 167 voti al netto dei senatori a vita e di altri sostegni. Ora la guerra si sposta su un altro fronte: Forza Italia vuole un altro voto di fiducia, solo politico, per sancire la nuova maggioranza; Letta e Napolitano invece, dopo un incontro ieri sera al Colle, sostengono che basti quello sul ddl Stabilit�
Nasce il reddito minimo, ma è solo sperimentale Assegni previdenziali bloccati e statali senza aumenti
Arriva il fondo per il contrasto alla povertà , che andrà a finanziare il reddito minimo garantito. Le risorse arriveranno dalle pensioni d’oro (a partire da 90.000 euro). Si tratta di poca cosa, però, e in larga misure è a carattere sperimentale.
Pensionati e statali continuano però a pagare. La legge di Stabilità proroga, infatti, per i prossimi 3 anni il blocco dell’adeguamento all’inflazione: l’indicizzazione sarà completa solo fino circa 1.500 euro lordi al mese, al 90 per cento per la parte fino a duemila per scendere poi al 50 per cento e a zero a partire dai tremila euro lordi mensili.
Quanto alle cosiddette pensioni d’oro c’è un contributo di solidarietà del 5 per cento tra i 90 e i 150 mila euro, del 10 fino a 200 mila e del 15 oltre questa soglia, ma vengono pure stanziati i soldi per risarcire gli stessi pensionati per lo stesso contributo voluto dal governo Monti e bocciato dalla Corte costituzionale.
Viene prorogato al 2014, per il quinto anno consecutivo, anche il blocco dei contratti degli statali: secondo Istat la perdita di potere d’acquisto cumulata è pari al 9 per cento per 11,5 miliardi di risparmi totali.
CASA AMAR
Gli sgravi salgono a 700 milioni, ma la Iuc costerà come nel 2012
L’IMU non c’è più, il Trise è esistito solo in teoria per qualche settimana, la nuova tassa sulla casa si chiama Imposta unica comunale (Iuc).
Si pagherà sempre sulla base della rendita catastale e si compone di tre parti: quella patrimoniale (ex Imu), da cui sarà esente la prima casa, l’imposta sui servizi (Tasi) e quella sui rifiuti (Tari).
Nonostante il gioco delle tre carte dei nomi, l’importo per contribuenti e imprese non dovrebbe scendere di molto rispetto al 2012: rispetto ai conti fatti sul Trise — che sarebbe costata come l’Imu e forse di più (la scelta stava ai sindaci) — la Iuc può vantare per il solo 2014 stanziamenti per detrazioni superiori di soli 700 milioni: i comuni dovranno stanziare mezzo miliardo per sgravare le famiglie con figli, altri 200 milioni andranno alle imprese.
Su un gettito massimo possibile di 27 miliardi è un po’ poco.
Saltano le misure su spiagge e stadi. Ma l’assalto è rinviato
Nonostante la pressione delle lobby il governo deve rinunciare sia alla norma sul demanio marittimo che a quella sui nuovi impianti sportivi: la battaglia si sposta alla Camera. Sulle spiagge, l’ultimo testo uscito dal maxi-emendamento andava persino oltre la svendita ai concessionari: una legge delega prevedeva infatti di disciplinare il demanio marittimo attraverso la costituzione “del titolo di uso”, che avrebbe garantito agli attuali concessionari la sostanziale proprietà sulle spiagge.
Non mancava nemmeno una sanatoria sui canoni non pagati: uno sconto fino al 70 per cento del dovuto che poteva costare allo Stato oltre un miliardo e mezzo di euro in mancati introiti.
Niente da fare nemmeno per la cementificazione dei comuni connessa alla realizzazione di nuovi stadi: il governo s’è limitato a stanziare alcuni milioni di euro per ristrutturare quelli già esistenti.
Mini condono sulle cartelle esattoriali: niente interessi
Se ne è parlato a lungo e alla fine è arrivata anche la sanatoria sulle cartelle di Equitalia. Rispetto alla proposta iniziale del fu Pdl però — niente sanzioni e interessi e pagamento del debito pregresso solo al 75 per cento — la soluzione scelta dal governo ha meno l’aria di un piccolo condono: chi si ritrova addosso la società di riscossione pubblica potrà uscirne pagando completamente il dovuto e le eventuali sanzioni, mentre verranno azzerati gli interessi di mora.
Per usufruire della sanatoria sulle cartelle di Equitalia, però, si dovrà fare richiesta del regime agevolato entro il 30 giugno prossimo versando subito il 50 per cento del debito e delle sanzioni. Restano esclusi, però, eventuali debiti su tributi iscritti nel bilancio europeo e quelli frutto di una sentenza della Corte dei conti.
Tra imposte e balzelli vari c’è in vista una mazzata
Non mancano le nuove tasse nel ddl Stabilità : in generale, rimanendo ai dati macro, se si fa la sottrazione tra maggiori e minori entrate previste dalla manovra per il 2014 si scopre che il conto è a vantaggio delle prime per 1,1 miliardi.
Tra queste c’è l’aumento dell’imposta di bollo sul dossier titoli — assai recessiva, perchè colpisce tutti i risparmiatori a prescindere da guadagni o perdite — che dovrebbe portare un gettito di 940 milioni l’anno; poi la rivalutazione dei beni delle imprese ai valori di mercato che è messa a bilancio per ottocento milioni.
Non mancano i balzelli sparsi, tipo l’imposta di bollo forfettaria da 16 euro per le comunicazioni online con la Pubblica amministrazione o la tassa da 50 euro che bisogna versare per potersi iscrivere all’esame di Stato per diventare avvocato, notaio o magistrato.
Più soldi in busta paga, ma con le detrazioni ci si rimette
Il taglio delle tasse sul lavoro è il fiore all’occhiello della manovra secondo Enrico Letta, ma si tratta di uno sgravio appena percepibile e comunque in parte controbilanciato dal taglio delle deduzioni fiscali: la riduzione del cuneo fiscale vale 1,5 miliardi nel 2014 (cinque nel triennio) e, nella versione votata in Senato, si applica ai redditi tra otto e 35mila euro.
Il vantaggio massimo si avrà nella fascia tra i 15 e i ventimila euro (225 euro l’anno, meno di 19 al mese) per azzerarsi a 35mila.
Il taglio delle detrazioni (spese mediche, rette universitarie, interessi sul mutuo della prima casa eccetera) scenderanno già per l’anno fiscale 2013 dal 19 al 18 per cento e diminuiranno ancora di un punto l’anno dopo.
Tradotto: gli stessi lavoratori pagheranno maggiori tasse per mezzo miliardo l’anno.
Fisco, garanzie e prestiti: i regali alle banche si fanno in tre
Enrico Letta e il suo governo non si sono dimenticati degli istituti di credito.
Anzi, questa manovra contiene almeno tre regalini assai graditi.
Il primo è un enorme sgravio fiscale, grazie al quale viene ridotto da 18 a 5 anni il tempo in cui le banche possono dedurre le svalutazioni sui crediti: secondo gli analisti questo farà aumentare gli utili del 7 per cento nel 2014 e dell’undici l’anno dopo, per un costo nel triennio di un miliardo e mezzo per l’erario.
In uno dei collegati, poi, è inserita una garanzia statale sulle operazioni in derivati degli istituti di credito: in pratica gli eventuali guadagni saranno privati, le eventuali perdite pubbliche.
Infine c’è l’emendamento introdotto al Senato che amplia le garanzie statali — di nuovo- sugli investimenti di Cassa depositi e prestiti anche verso le Pmi: quei prestiti, guarda caso, sono intermediati dalle banche.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
Leave a Reply