Novembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
GLI ORTODOSSI: “VADANO VIA, QUELLA E’ LA PORTA”
Un comunicato. Che metta nero su bianco tutte le difficoltà che stanno vivendo in questi mesi. Che vanno dal solito tema della mancanza della democrazia interna al ruolo dello staff della comunicazione, dalla condivisione delle leggi da proporre al coinvolgimento degli attivisti nelle scelte che si prendono in Parlamento, fino a toccare la presunta parentopoli.
Lo spiega un senatore stellato: “Dobbiamo una volta per tutte spiegare quel che non funziona nel Movimento. Chi lo dirige impedisce a tutti di crescere, di evolvere. Per questo dopo il V-Day renderemo pubbliche le nostre perplessità “.
Si prende tempo, un po’ per organizzarsi, un po’ per non dare a Beppe Grillo un’arma con cui attaccarli dal palco di Genova.
Chi è stato ieri su al nord per fare il punto con il leader (si è parlato a lungo anche di questo) non va tanto per il sottile: “Tutti noi, ma anche Grillo e Casaleggio, non siamo preoccupati. Se qualcuno vuole uscire quella è la porta, a noi interessa portare avanti le idee del Movimento”.
La parola “scissione” è pronunciata con molta cautela dalle parti di Palazzo Madama.
La prudenza è tanta: “Bisogna capire che soluzione sarebbe un nuovo gruppo, chi rappresenterebbe. E soprattutto far capire alla gente, nel caso si decidesse di farlo, quale sono le ragioni”.
Per gli ortodossi la situazione è lineare: “Sì, ci è arrivata la notizia del comunicato – spiega uno di loro – La spiegazione è semplice: creare una polemica, un polverone, per avere il pretesto di andarsene. Fanno così sulle piccole cose da tempo, ma hanno capito che non funziona più”.
Secondo un’autorevole fonte stellata, “la cosa potrebbe anche non dispiacere a Napolitano, che vedrebbe così puntellato un governo dai numeri fragili” (secondo chi ci ha parlato, Gianroberto Casaleggio conterebbe in 6 i voti di margine del governo di Enrico Letta al netto di Forza Italia).
Nessuno lo ammette apertamente. Si parla di “dialettica interna”, di “malumori normali che ci sono da tempo”.
La senatrice Elena Fattori allarga le braccia: “Che ci vuole fare, ogni volta che mi allontano da Roma qualcuno scrive che me ne voglio andare, non capisco perchè”.
Si allontana, ma ci ripensa e da lontano: “Lo scriva che non esco, mi raccomando”.
A microfoni accesi nessuno ancora si sbilancia. Ma alcuni senatori sono andati dai loro colleghi che hanno preso le distanze dal M5s (Adele Gambaro, Fabiola Anitori, Paola De Pin) e gli hanno chiesto come si fa a formare un nuovo gruppo.
Al ristorante di Palazzo Madama raccontano di una Monica Casaletto che spiegava sorniona: “Avrete delle sorprese”.
E Laura Bignami, la senatrice che aveva denunciato a Grillo la parentopoli, avrebbe mandato un messaggio ad un comunicatore che lavora in corso Rinascimento: “Ti va di fare il responsabile comunicazione del nuovo gruppo?”.
Alla richiesta di delucidazioni sono arrivate una serie di emoticon scherzose. Si ironizza, per il momento, ma allo stesso tempo si tasta il terreno per capire chi ci sta.
La questione è politica, ma anche umana. Chiunque parla racconta di una situazione relazionale all’interno del gruppo ormai esplosa.
“C’è un gruppo A – racconta un senatore – al quale interessa avere il controllo. E così facendo si scontra con un gruppo B, che vorrebbe fare politica. Molti stanno in mezzo e poi c’è il gruppo C che è composto dallo staff della comunicazione, che gioca una partita tutta sua, spesso anche di mediazione. Il problema è che il gruppo A e il gruppo B non si parlano, anzi, nel più dei casi si detestano”.
Ieri sera, alla riunione congiunta dei parlamentari, Luis Orellana ha provato ad avanzare perplessità sulla mancata condivisione del disegno di legge sulla riforma elettorale.
Ma, a giudizio di un collega, Orellana non aveva il diritto di esprimersi: “Proprio tu parli, che hai presentato una delle prime leggi senza chiedere niente a nessuno?”.
Un parlamentare riassume la cosa con il “Paradigma dell’olio fritto”.
“Ma ti pare possibile che tra legge di stabilità , europee che si avvicinano, caso Cancellieri, problemi a non finire, un nostro meetup stia due ore a litigare perchè qualcuno va in giro a raccogliere l’olio fritto senza il consenso dell’assemblea? Ecco, qui in Parlamento è la stessa cosa”.
Vedere per credere.
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Novembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
IL FLOP IN BASILICATA E I PREPARATIVI PER GENOVA… PARLAMENTARI ASSENTI E COLLETTA A RILENTO
“Succede”. Lo diceva Beppe Grillo, cinque giorni fa, dai palchi di Potenza e Matera. Intendeva dire che sì, può succedere il miracolo. Ma per ora, il massimo successo, è quello di aver eletto due consiglieri in Basilicata.
La lista Cinque Stelle si ferma al 9 per cento, i voti al candidato presidente Piernicola Pedicini arrivano al 13.
E sul blog di Beppe, stavolta, nemmeno una riga.
Lascia parlare alcuni deputati e senatori, che ripetono la teoria già elaborata per le regionali in Trentino Alto Adige (gli eletti furono 3): non si possono paragonare le elezioni locali alle politiche.
“Ci sarà sempre una parte di cittadini che andrà a votare per interessi personali e clienterali”, dice la lucana Mirella Liuzzi.
Angelo Tofalo festeggia: “Siamo entrati! In soli 4 anni siamo entrati anche in Basilicata!”. “Al netto delle colpe e degli errori che tutti noi possiamo fare – chiude Giuseppe D’Ambrosio – le analisi tragiche sono completamente errate”
Il problema è l’astensionismo, quel 53 per cento di elettori che non si è presentato alle urne.
Presumibilmente, in parte sono persone che alle politiche di febbraio votarono il Movimento (che arrivò al 24 per cento) e che stavolta sono rimaste a casa. “Indubbiamente è una vittoria del sistema, della macchina”, dice il senatore Maurizio Buccarella. Ma forse è anche negli ingranaggi dei Cinque Stelle che qualche cosa si è inceppato
Grillo, venerdì scorso in Basilicata, era accompagnato da una ventina di parlamentari. Metà di loro, fanno parte di quello che gli altri eletti non esitano a chiamare “il cerchio magico”.
Sono quelli ammessi a partecipare al corso di comunicazione televisiva, quelli invitati a sedere al tavolo di Grillo quando capita a Roma, quelli che anche domenica prossima, primo dicembre, potranno avvicinarsi al microfono del V-day di Genova.
Sarà quella la grande prova dei numeri, al di là degli ultimi deludenti risultati elettorali. Hanno scelto piazza della Vittoria, a Genova.
Dallo staff giurano che preoccupazione per i pullman in arrivo non ce n’è.
Piuttosto, ammettono, sono i soldi che scarseggiano.
Era stato chiesto ai parlamentari un contributo di circa 100 euro a testa, ma la risposta è stata no: preferiscono darli alle manifestazioni sul territorio, spiegano, senza celare un po’ di risentimento perchè a molti di loro, l’invito per Genova, non è mai arrivato.
Si è aperta una sottoscrizione sul blog: ma la raccolta fondi è ferma a 200 mila euro. Si pensava di raccoglierne almeno centomila in più, assicurando che eventuali rimanenze (San Giovanni costò 52 mila euro) sarebbero state usate per le prossime Europee.
Cifre lontanissime, comunque, dalle somme raccolte a febbraio, quando le donazioni sfiorarono gli 800 mila euro.
Per questo, ieri, il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, ha lanciato il suo appello: “Ho fatto la mia donazione per il V-3DAY come le volte scorse. Abbiamo già raccolto 200.000 euro e mancano ancora 10 giorni. Raggiungerò Genova in pullman con gli attivisti. Ci vediamo in piazza il primo dicembre Chi non viene è un ‘grillino’!”.
Al Movimento i soldi servono, anche perchè hanno rifiutato i 42 milioni di euro dei rimborsi elettorali e restituito la parte di diaria non spesa.
Presto ci sarà il secondo Restitution day: al primo (a luglio) è stato reso allo Stato un milione e mezzo di euro. Stavolta non è detto che si raggiunga la stessa cifra.
C’è di nuovo malumore, sui soldi.
E le nuove voci di scissione al Senato (dovrebbe arrivare un documento dei ribelli) vengono attribuite alla scadenza imminente. Riccardo Fraccaro accusa i colleghi malpancisti di “castite”. Francesco Campanella replica: “È mai possibile che alcune persone riescono a ragionare solo in euro?”.
Eppure c’è già – a cominciare dalla dissidente Laura Bignami – chi ha detto che il prossimo bonifico lo destinerà ad altre associazioni.
La scadenza è martedì.
Paola Zanca
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Novembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
BRUNETTA ATTACCA: “ALFANO E’ AL 3,6%…. MA ALTRI LO DANNO AL 10%
Si va dal 3,6 fino al 10,5%. Ora che il Nuovo centrodestra è nato, gli istituti di sondaggi sono corsi a testare il suo potenziale «peso» elettorale.
Con risultati abbastanza simili — percentuali dal 6 al 9-10% circa — fatta eccezione per Euromedia Research, l’istituto di fiducia del Cavaliere, guidato da Alessandra Ghisleri: secondo le sue, rilevazioni che dovevano restare riservate ma che il Mattinale di Brunetta ieri ha svelato, il nuovo partito delle ex colombe Pdl è al 3,6%, mentre Forza Italia si assesta sul 20,1%.
Percentuali più generose per Alfano e i ministri arrivano da altri istituti: dal 6% di Piepoli (che attribuisce un 18% alla risorta Forza Italia) al 7,1% che l’Istituto Emg ha diffuso nel corso del Tg de La7 (Forza Italia al 18,1%) al 9% di Demopolis (17% al partito di Berlusconi) e di Ipr Marketing (18,5% al Cavaliere e i suoi).
Ancora più alti i numeri riscontrati da Coesis Research, che in un sondaggio realizzato per affaritaliani.it assegna al Nuovo centrodestra un 10%, e da Ispo di Renato Mannheimer, che a «Porta a porta» lo ha quotato al 10,5%.
«In 24 ore e senza simbolo: un dato entusiasmante e straordinario!», ha esultato il fondatore Alfano presente in studio.
Roberto Weber, responsabile ricerca di Ixè, spiega di aver testato varie volte negli ultimi mesi l’attrazione di una formazione del vicepremier sull’elettorato del Pdl, registrando oscillazioni tra il 6 e il 9%, percentuali che però, valuta, «valgono se il partito resta nell’ambito del centrodestra. Se invece si sposta verso il centro, allora queste percentuali rischiano di calare: in questo senso il nome Nuovo centrodestra è molto intelligente».
Certo, come sottolinea Antonio Noto di Ipr, «si tratta per ora di risultati emotivi», sull’onda della scissione appena consumata, «bisogna vedere se il nuovo partito saprà poi interagire con i delusi di Berlusconi».
E Alfano gode di fiducia? Per Noto, tra gli elettori della sua parte politica, resta secondo e staccato dal Cavaliere (40 a 55%), ma i pesi si invertono se si indaga tra il complesso degli elettori italiani (30% di fiducia al ministro dell’interno, 23 a Berlusconi).
Anche nelle rilevazioni di Ixè Alfano è più alto di Berlusconi, «di una decina di punti — spiega Weber — perchè pesca anche fuori dal recinto di centrodestra»; nel complesso dell’elettorato, Alfano al 24 e Berlusconi al 18 anche secondo Piepoli.
E ci sono un paio di altre figure della nuova formazione che fanno registrare buoni tassi di fiducia: li segnala Weber, i ministri Nunzia De Girolamo e Maurizio Lupi (quest’ultimo molto “quotato” anche nelle rilevazioni di Piepoli).
Un altro dato da osservare è che secondo più istituti la somma dei due partiti nati dalla rottura del Pdl regalerebbe qualche punto in più al centrodestra.
Lo ha sottolineato a «Porta a porta» Mannheimer, e lo rileva anche Pietro Vento, direttore di Demopolis: «Berlusconi ed Alfano, insieme, oggi otterrebbero il 26%, cioè 3 punti in più. Complessivamente, oltre 8 milioni di voti, 800mila in più rispetto a febbraio scorso».
E da dove possono arrivare i consensi al nuovo partito? «L’elettorato di Scelta civica in questo momento è abbastanza disorientato: il Nuovo centrodestra potrebbe attirarne una parte», spiega Vento.
Individua un bacino possibile negli elettori di Monti anche Coesis Research, oltre alla possibilità di rosicchiare punti a Forza Italia e pure al M5S.
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Novembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
SE RIUSCISSE A SPIEGARE AI SUOI CHE BATTERE CUPERLO, D’ALEMA ED EPIFANI NON E’ COME ABBATTERE BOKASSA SAREBBE COSA BUONA E GIUSTA
C’è un problemino mica da ridere con i leader vincenti.
Ed è rappresentato dai seguaci entusiasti dei leader vincenti. Ora, la faccenda si presenta annosa e di difficile soluzione, tipo l’uovo e la gallina, per intenderci. Sarà meglio Grillo o i grillini? Meglio un leader populista per sua stessa ammissione o certi suoi zelantissimi seguaci?
È una dura battaglia.
Meglio Renzi o certi arditi renziani che sembrano pronti al salto nel cerchio di fuoco col coltello tra i denti?
Anche qui, partita aperta
Giù il cappello al vincitore, in ogni caso. Con una buona maggioranza anche tra gli iscritti al partito, Renzi si prende il Pd a pieno titolo.
Giro di campo, bacio accademico, eccetera eccetera. Ma proprio nel giorno della consacrazione, ecco qualche tono un po’ sopra le righe dai suoi tifosi.
Si sa, la curva è la curva, dagli ultras non ci si aspetta che agitino il galateo invece della bandiera.
Però c’è un grandinare di livore che lascia perplessi.
“Ora fate gli scatoloni!”, dicono beffardi alla leadership uscente. “Ci credo solo quando li vedo!”, ribattequalcuno. E poi giù col repertorio noto: via il vecchiume, via i cattivi che arriviamo noi buoni. Via quelli che hanno distrutto il partito, ora ci siamo noi che lo facciamo vincere! Eccetera eccetera.
Si capisce l’entusiasmo, ma un pochino, forse, anche no.
I toni sono quelli degli schiavi liberati, dei primi cristiani che escono dalle catacombe e guardano il sole, comprensibilmente entusiasti e burbanzosi.
Un filmone americano, dove i poveri ragazzotti yankee liberati dai terribili campi vietcong non vedono l’ora di imbracciare il mitra per fare giustiziae ripristinare i giusti valori.
Ecco, amigos, calma. Renzi non è esattamente un reietto confinato in un campo di lavoro cinese che finalmente si libera dal giogo della dittatura.
È il sindaco di una grande città , prima era il presidente di una grande provincia.
Il suo inner circle (scusate la parolaccia: vuol dire il suo entourage più stretto) è composto da amministratori, politici di lungo corso, presidenti di enti, finanzieri, imprenditori più o meno illuminati.
Ha un correntone di oltre quaranta deputati dato in impetuosa crescita.
Insomma, abbastanza confortevoli, come catacombe.
Si aggiunga che ad alcuni dei suoi più zelanti interpreti capita di pisciare fuori dal vaso, tipo il finanziere Davide Serra che (testuale alla Leopolda) dice di sentirsi italiano di serie B, mentre i pensionati a mille euro al mese sarebbero italiani privilegiati di serie A.
O la senatrice Nadia Ginetti che invoca come modello Margaret Thatcher (e perchè non Reagan? Perchè non Bush padre e figlio?).
Dunque, detto che tutto è giusto e regolare e persino prevedibile, e che il Pd da domani si chiamerà Renzi, suggerirei una ragionevole limatura di toni e parole, perchè si rischia di somigliare pericolosamente ai craxisti della prima ora, quelli che si atteggiavano a schiavi liberati da chissà quale oppressione, destinati a costruire un luminoso, arrogantello e vendicativo futuro (poi s’è visto, tra l’altro…).
Insomma, calma e gesso. Essere decisionisti è una gran bella cosa, ma dipende da cosa si decide.
Cacciare i dinosauri è una gran bella cosa, purchè chi li caccia non somigli a un più feroce, veloce, vorace e giovanile velociraptor.
Insomma, saper vincere è importante come e più di saper perdere. Sicuramente Renzi lo sa. Se riuscisse a spiegare a certi suoi zelantissimi seguaci che battere Cuperlo, D’Alema ed Epifani non è come abbattere Bokassa sarebbe cosa buona e giusta.
Alessandro Robecchi
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Novembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
LIGRESTI MENTE SPUDORATAMENTE, MA CERTA STAMPA RILANCIA, E’ ORA CHE QUALCUNO CHIARISCA: DIETRO QUESTO ACCANIMENTO CI STA PER CASO IL FATTO CHE, DA MINISTRO DEGLI INTERNI, HA FATTO SCIOGLIERE PARECCHI COMUNI PER MAFIA?
Anna Maria Cancellieri sarebbe rimasta a Parma per merito di Salvatore Ligresti.
È quanto dichiarato a verbale dallo stesso don Salvatore ascoltato dal pm di Milano Luigi Orsi.
“Mi feci latore – afferma – del desiderio dell’allora prefetto Cancellieri che era in scadenza a Parma e preferiva rimanere in quella sede anzichè cambiare destinazione. L’attuale ministro Cancellieri è persona che conosco da moltissimi anni e ciò spiega che mi si sia rivolta e che io abbia trasmesso la sua esigenza al presidente Berlusconi. In quel caso la segnalazione ebbe successo perchè la Cancellieri restò a Parma”.
“Qui c’è un accanimento che non ha limite, c’è un disegno che non comprendo”. È quanto si limita a dire a caldo il Guardasigilli smentendo come “falsa e destituita da ogni fondamento” la ricostruzione che emerge dai verbali dell’imprenditore di Paternò.
Continua a girare una balla (smentita dai fatti) che il Ligresti avrebbe riferito ai pn in merito al suo intervento riuscito su Berlusconi per far prorogare un incarico alla Cancellieri.
Nelle settimane scorse la bufala venne rilanciata da “Il Falso Quotidiano” di Travaglio che addirittura scriveva che l’incarico in questione era quello di “Prefetto di Bologna”, città nella quale la Cancellieri non ha mai fatto il Prefetto.
Ora in diversi (tra cui anche Repubblica) rilanciano la “balla” del Ligresti che avrebbe ottenuto da Berlusconi una proroga dell’incarico alla Cancellieri a Parma.
Che sia una palla lo dicono ancora una volta i fatti (che però non pare interessino a nessuno).
Vediamo: la Cancellieri è stata nominata come Commissario Prefettizio al Comune di Parma il 14 marzo 1994 ed è stata sostituita nel maggio 1994, ovvero meno di due mesi dopo la nomina. La proroga quindi non c’è, anzi..
La Cancellieri è stata poi nominata di Commissario Prefettizio al Comune di Parma il 20 ottobre 2011 ed è rimasta a tale carica sino al 16 novembre 2011, ovvero meno di un mese dopo la nomina.
Perchè si sparano castronerie colossali?
E’ così semplice verificare i fatti, ma ciò appare davvero improponibile per alcuni.
O forse, come sosteniamo da tempo, dietro l’accanimento nei confronti della Cancellieri, oltre a un disegno politico, c’è un interesse vendicativo di ambienti legati alla criminalità organizzata che vogliono far pagare all’ex ministro degli Interni il fatto di aver sciolto numerosi comuni per infiltrazioni mafiosi senza guardare in faccia nessuno?
Ma stranamente questo la stampa di regime non lo dice….
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Novembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
INSIEME AL CONDANNATO IN VIA DEFINITIVA PER OMICIDIO COLPOSO E DIFFAMAZIONE RAPPRESENTANO DUE PERSONE CREDIBILI PER DARE LEZIONI DI ETICA POLITICA
L’Aula di Montecitorio ha respinto la mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, presentata dal Movimento 5 Selle a seguito del caso Ligresti.
Su 562 presenti, i no sono stati 405, i sì 154, 3 gli astenuti.
Nel corso delle dichiarazioni di voto, si erano espressi a favore dell’iniziativa dei grillini i gruppi Fratelli d’Italia, Lega Nord e Sinistra ecologia libertà .
Contrari invece Partito democratico, Forza Italia, Scelta civica e Nuovo centrodestra.
Fiducia assicurata, ma il prezzo non è basso, se è vero che Guglielmo Epifani in persona non rinuncia alle critiche in Aula e, una volta uscito in Translatlantico, non può far a meno di ammettere che «il governo è più debole» e ora serve «uno scatto». Anna Maria Cancellieri si difende, viene difesa e ripete.
«Ho affrontato questi giorni da persona libera e forte sapendo di aver agito sempre con lealtà e fedeltà alle istituzioni. Se avessi avuto anche solo un dubbio su questo, avrei lasciato l’incarico», sillaba dal banco del governo, chiamata a parlare.
I numeri ci sono, ma quando Renato Brunetta prende la parola ha facile gioco nel girare il coltello nella piaga.
«È una fiducia di Pirro», esclama mentre dai banchi del Partito Democratico si odono mugugni. Ma lui tira dritto e si rivolge direttamente al premier Letta.
Gli dice: «Renzi ormai capo del Pd vuole sloggiarla al più presto»; ora il governo, ha aggiunto, ha «un doppio cappio attorno al collo».
Di più: «Assistiamo ad una danza macabra il cui protagonista è Renzi che intende demolire il suo avversario e finto compagno, nonchè premier protempore, Enrico Letta».
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Novembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
IN UN CIRCOLO 1401 VOTI A RENZI CONTRO 33 A TUTTI GLI ALTRI… CUPERLO AVEVA DENUNCIATO UNA “SITUAZIONE FUORI DA OGNI CONTROLLO”
Centinaia di tessere in bianco con la firma dell’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani sono state recapitate alla Procura di Salerno che ha aperto un fascicolo sul tesseramento in provincia di Salerno.
In queste ore il sostituto procuratore Vincenzo Montemurro sta interrogando il coordinatore nazionale dell’area Cuperlo Patrizio Mecacci, che nei giorni scorsi aveva definito “preoccupante” l’andamento del voto a Salerno e denunciato “situazioni fuori da ogni controllo democratico”.
Arrivando a palazzo di giustizia di Salerno, Mecacci non ha voluto però commentare la convocazione dei magistrati.
Nella convention dei circoli di domenica scorsa il 70% dei delegati ha sostenuto la mozione Renzi per le primarie dell’8 dicembre prossimo.
Fanno discutere i risultati come quello di uno dei circoli di Salerno che ha dato 1401 voti al sindaco di Firenze e 33 agli altri candidati.
A Salerno città Renzi è stato votato addirittura da 97,1% dei votanti
Gli inquirenti nei prossimi giorni ascolteranno a Roma anche l’ex segretario nazionale Pierluigi Bersani.
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Novembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
I CUPERLIANI CONTRO IL CHIACCHIERATO SINDACO DE LUCA
Un voto ogni 15 secondi. È il caso limite fra quelli denunciati dal comitato Cuperlo. Riguarda uno dei circoli di Salerno città : 1401 voti a Renzi, 33 a tutti gli altri; sei ore di apertura delle urne, dalle 15 alle 21; risultato: un votante sbrigato ogni 15 secondi. Con casi come questo la seconda città campana è diventata ufficialmente il fronte della guerra congressuale del Pd.
Tanto che il ricorso dei cuperliani, che chiedono l’annullamento dell’intero verbale provinciale, verrà discusso oggi dalla commissione di garanzia nazionale.
Mentre a Salerno negli ambienti del partito si teme anche l’apertura di un fascicolo in Procura
Non è contestabile in sè il successo di Renzi, che in Campania raccoglie il 51,8 per cento, seconda prestazione assoluta dopo il 53,6 delle Marche.
Ma il «granaio» salernitano non è roba da poco: quasi 13mila votanti, pari a circa il 4 per cento dell’intero corpo votante nazionale.
E nel capoluogo i voti superano quota 2600.
Rapportata ai voti conseguiti dal Pd per la Camera nel febbraio scorso, la statistica cittadina corrisponde all’11,25 per cento e quella provinciale al 9,5.
La media nazionale dei votanti delle primarie rispetto alle politiche è invece del 3,6 per cento.
Insomma, a Salerno si vota tre volte di più che nel resto del paese. E il risultato è sempre bulgaro.
Perchè, come ricorda su Facebook lo stesso sindaco del capoluogo, il viceministro Enzo De Luca, a Salerno nel 2009 Bersani prese il 71 per cento, e ora Renzi è al 71,3. «Allora?», chiede provocatoriamente De Luca, come a voler dire che non c’è scandalo, non è cambiato nulla, il Pd è sempre quello, il suo.
Finchè ha scelto Bersani non c’è stato problema per l’ex segretario.
Ora tocca a Renzi: 71,4 per cento in provincia, addirittura 97,1 in città .
La sortita di De Luca suscita commenti degli internauti sul sito non privi di sarcasmo. C’è chi domanda: «Pure lei è diventato renziano? Trasformismo a 360 gradi».
E chi rileva: «Vuol dire che al posto del giaguaro bisogna smacchiare il gattopardo». Ma De Luca non arretra: «C’è qualche lamentela, ma l’unico vero motivo di contestazione è il mancato gradimento del voto, e non sembra un argomento».
E, proprio come un Renzi del sud, lui ormai ha l’intero establishment nazionale nel mirino: «L’avete visto Zoggia che comunicava i dati? Era vestito come un raccoglitore di funghi. Servono altre spiegazioni?».
Roberto Fucillo
(da “La Repubblica”)
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Novembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
MA I FALCHI LO BACCHETTANO: ORA ROMPI DAVVERO CON ALFANO
La decadenza tra una settimana esatta, nient’altro nella mente. Ora che falchi e lealisti si contendono poltrone e posti di potere dentro Forza Italia dopo aver causato la scissione, Silvio Berlusconi si tiene lontano dalle diatribe romane, dal nuovo organigramma del partito, perfino dalla legge di stabilità alla quale Brunetta e i suoi hanno ormai dichiarato guerra
Il Cavaliere ha altro per la testa, ieri è rimasto ad Arcore per il breafing con gli avvocati proprio in vista del 27 novembre.
Anche perchè, come lo hanno informato i senatori di fiducia, il Pd concederà non più di 48 ore di slittamento. Insomma, ci siamo.
E a poco è valsa la lettera con cui i gruppi Pdl, Forza Italia, Gal e Lega al Senato hanno scritto al presidente Piero Grasso per chiedere il rinvio e la convocazione di un nuovo Consiglio di presidenza per «violazione del segreto della giunta per le elezioni» che ne avrebbe «inficiato i lavori».
Il leader di Forza Italia non ci spera e gioca in contropiede. E vuole lanciarsi in settimana in una campagna tv per denunciare l’esclusione «antidemocratica e illiberale» dal Parlamento.
La prima uscita ieri a Matrix è saltata per la tragedia in Sardegna.
Per il 27 la Santanchè e altri, con il supporto dei “giovani falchi”, sta organizzando una manifestazione di piazza.
«Se la decadenza passa, Forza Italia si dovrà muovere, non sarà un giorno qualsiasi per l’Italia e la democrazia » spiega.
Berlusconi intanto avrebbe selezionato 8 giovani, nel corso degli incontri a Villa Gernetto (lunedì sera l’ultimo), volti giovani e freschi da spedire nei talk show.
Lunedì nuovo incontro con altri 120 ragazzi dei circoli di Dell’Utri a Milano. Mentre sabato sarà a Roma alla kermesse dei giovani Pdl (oggi Forza Italia) guidati da Annagrazia Calabria.
Ritmi da campagna elettorale
Il rientro a Palazzo Grazioli di Berlusconi previsto per oggi, ma non è scontato (stasera è in progamma la festa del Milan alla quale non è mai mancato).
Il capo non ha alcuna voglia di riprecipitare nel vortice di incontri romani. Stavolta per sciogliere il nodo della scelta del capogruppo al Senato dopo le dimissioni di Schifani.
Al tandem Paolo Romani-Annamaria Bernini si sono aggiunti in corsa Elisabetta Alberti Casellati, Francesco Nitto Palma, Altero Matteoli e Lucio Malan.
Nei capannelli in Transatlantico è rimbalzata la notizia che Berlusconi e Alfano continuano a sentirsi. Di più: il Cavaliere avrebbe ventilato al vicepremier una sua puntata alla convention del 7 dicembre per il lancio del Nuovo centrodestra.
Falchi e lealisti l’hanno presa malissimo, Raffaele Fitto più degli altri. Berlusconi rassicura tutti: «Ho bisogno di evitare lo scontro con loro fino al 27 novembre».
Lasciando intendere che dopo, tutto può succedere.
Ma i duri e puri non si fidano e si sono già lanciati in un’offensiva contro Alfano e i suoi. «Tratteremo i cugini come Saccomanni» avvertono dal Mattinale i dirigenti del gruppo alla Camera.
«Per Alfano siamo il partito della rabbia? La sua è disonestà politica e intellettuale» attacca Sandro Bondi.
A ringalluzzire i forzisti e lo stesso leader il sondaggio ultimo di Alessandra Ghisleri, che riconosce a Fi il 20,1 per cento e al Ncd alfaniano il 3,6.
Il vicepremier non se ne cura, altri lo danno tra il 7 e il 10, e coi suoi lavora all’organizzazione del partito: la scissione procede, dal gruppo Ppe a Bruxelles all’Assemblea siciliana.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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