Novembre 17th, 2013 Riccardo Fucile
I TONI BASSI DEL CAVALIERE PER STRAPPARE UN RINVIO A GENNAIO
Dieci giorni di tempo. E un patto in extremis.
Un accordo per chiudere quello che considera un incubo: la decadenza.
La linea della diplomazia che a sorpresa Silvio Berlusconi si è imposto nonostante lo strappo – e ha imposto ai suoi ieri – ha una data di scadenza assai ravvicinata. E coincide col voto per lui fatale del 27 novembre.
E infatti im vista di quell’appuntamento si è convinto che si possa ancora tracciare un disegno che porti dritto al rinvio. Con due alleati “speciali”: il Quirinale e il “figlio ribelle, ossia il vicepresidente del consiglio.
«Angelino — sospira nel retropalco della Palazzo dei Congressi — continua a dirmi che nonostante tutto si impegneranno per rinviare il voto sulla mia decadenza a gennaio, vedremo cosa sono capaci di fare». I fedelissimi fanno la fila per stringere la mano a un Cavaliere provato, sfiancato. Si è appena ripreso dalla crisi ipoglicemica che lo coglie sul palco. Ma il pensiero torna di nuovo ad Angelino. Tanto che molti sospettano che dietro la scissione ci sia addirittura un accordo sottobanco: rendere più facile lo slittamento al 2014 della sua decadenza
Dopo il pranzo a porte chiuse con la Pascale, si aprono le porte per Verdini, Santanchè e Fitto. Trovano un leader a quel punto risollevato.
«Oggi non mi è mancato nulla, abbiamo fatto la cosa giusta, abbiamo fatto di tutto, ma per Angelino sono dispiaciuto, lo consideravo un figlio. Degli altri no, non m’importava più nulla» è lo sfogo: «Non possiamo essere tristi per aver perso Giovanardi o Formigoni». Tutti insieme, alle prossime Europee, dice che «non andranno oltre il 4 per cento»
Ma il chiodo fisso della decadenza imminente si rivela la vera causa dell’angoscia che lo attanaglia. «A me basta che rinviino il voto di alcune settimane, a gennaio.
Il presidente Napolitano non può restare ancora una volta a guardare, ho fatto di tutto per farlo eleggere e dar vita al governo che lui voleva, deve fare qualcosa ». Serve tempo.
Ma suo a giudizio uno spiraglio si apre. «Mi dicono che la possibilità di fare un patto in extremis con il Colle esiste ancora»
In attesa che arrivino dagli Stati Uniti le nuove carte su Frank Agrama, l’italo egiziano del processo sui diritti tv. Ghedini e Longo lo hanno convinto che saranno il jolly per ottenere la revisione del processo.
E per aiutare il ricorso alla Corte di Giustizia europea. A quel punto – questa la strategia studiata a Palazzo Grazioli – «basterebbe un ordine del giorno da votare al Senato per ottenere un rinvio del voto sulla decadenza sine die, fino al pronunciamento della Corte europea ».
Disegno velleitario, ormai fuori tempo massimo, continuano a ripetere invano i consiglieri più moderati a un Berlusconi che non si rassegna. «Se ci saranno elementi tali da giustificare questa istanza, come noi pensiamo, certamente non ci tireremo indietro » dice del resto da Bari l’altro legale Franco Coppi a proposito dell’ipotesi revisione. Intanto i falchi sono già al lavoro per la manifestazione di piazza per mercoledì 27 a Roma
Eppure, nel discorso fiume di un’ora e mezza il Cavaliere non parla mai di crisi, mai accenna al passaggio all’opposizione. Ma non è un caso.
L’obiettivo ora è cambiato, in pochi adesso parlano di voto anticipato. «Adesso alle elezioni non potremmo andare » ha ammesso lo stesso Berlusconi.
Il leader promette ai suoi che martedì tornerà a Roma per lavorare all’organizzazione dei club Forza Silvio e soprattutto agli assetti gerarchici.
Chi è rimasto al suo fianco adesso scalpita. Il posto da vicepresidente al quale Alfano ha rinunciato rientra ora nelle mire di Raffaele Fitto. Verdini potrebbe restare coordinatore, sarà i dominus delle liste comunque.
Tra i due ormai un asse, vanno via insieme, nella stessa berlina, dal Palazzo dei congressi. Annamaria Bernini e Paolo Romani sono in pole position per la carica di capogruppo al Senato lasciata da Schifani.
Malore a parte, sotto il cielo grigio del novembre romano i toni sono dimessi, nessun’aria di festa, pare celebrarsi il divorzio dai «traditori» più che la rinascita di Forza Italia. Le prime file con i volti di un tempo, da Martino a Dell’Utri, da Scajola a Brancher, non giovano al maquiellage.
E a poco vale che fuori da lì si fronteggino i “falchetti” della Santanchè e quelli della Giovane Italia di Annagrazia Calabria.
Quando è tutto finito da un pezzo, sui gradini del piazzale antistante siedono i vincitori della battaglia campale di questi giorni. Fitto, Santanchè e Verdini, tutti e tre intenti a fumare la sigaretta liberatoria.
Con Angelino in realtà Berlusconi si è sentito fino a venerdì notte, quando tutto era già concluso. E si dice che contatti indiretti ci siano stati anche ieri.
Al capo la conferenza stampa di Angelino in fondo sembra non sia dispiaciuta.
Ma ora aspetta un segnale, l’unico che gli interessi
Dieci giorni di tempo.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 17th, 2013 Riccardo Fucile
VOLEVANO CANTARE “ANGELINO TRADITORE”, MA IL CAPO HA ORDINATO MANIERE GENTILI… PASSERELLA DI FEDELISSIMI PER IL SECONDO DEBUTTO DI FORZA ITALIA
Il toscano Maurizio Bianconi, tesoriere del “fu Pdl”, è un uomo di poche risposte e di tante domande: “Quante chiappe ha Angelino Alfano?”.
Va in automatico: “Una, no? E quante seggiole aveva? Tre, no?”. Allora? “Troppe seggiole per un paio di chiappe. Caro Angelino, ti voglio bene. Ma non potevi fare dentro e fuori”.
E ora? “Fa un partitino con i democristiani, con pezzi di Casini e di Monti. Senza soldi, là i soldi non ci sono”.
La cassa è protetta, ci pensa Bianconi. Scassata la gabbia, i falchi vanno a sbattere un po’ di qua e un po’ di là .
Volevano cantare in coro “Angelino traditore”, ma Silvio Berlusconi ha ordinato le maniere gentili. Zitti, per adesso. E Alessandra Mussolini, che cammina con passo incerto per adescare i giornalisti, ingoia la ferocia. E tace. Alfano? Tace. I ministri? E tace. Un sussulto, piccolo: “Quelli sono i nostri cugini”. La nipote e i cugini.
Augusto Minzolini lo chiamavano lo squalo: avrà un desiderio di sangue, una branchia di cattiveria? Faccia seria, faccia rara: “Io credo che il progetto di Alfano non sia politicamente solido”.
Il socialista Lucio Barani ha un mazzo di garofani: “Sono qui per onorare Silvio. Vi ricordate Bettino Craxi, finito esule e martire?”. E commosso cita La Scienza Nuova di Gian Battista Vico e chiede conforto a un cronista: “Ho indovinato il titolo?”.
E tra Stefania Prestigiacomo in giacca azzurra e Osvaldo Napoli in abbronzatura d’autunno, ecco che passa Gianfranco Polillo, sottosegretario nel governo di Monti.
I falchi s’erano svegliati pimpanti, però.
Michaela Biancofiore aveva preparato un buon giorno per Alfano: “È il comandante Schettino, abbandona la nave. E i ministri non sono degni di rappresentare l’Italia”. Un delegato napoletano viene fermato per un’intervista rapida. Sbianca. E che faccio? E che dico? Un amico lo consiglia, lo rassicura. E ci prova, accetta: “Le porte per Alfano restano aperte. Ha ragione Berlusconi, possiamo fare una grande coalizione insieme”.
E vai con i complimenti: “A Gennà , chillo Socrate ha ‘mparato da te”. Ecco che passa Gianfranco Polillo. Il palazzo dei congressi è presidiato da telecamere e taccuini: i falchi, oggi, sono timidi. Oh, c’è Marcello Dell’Utri. Arriva la botta, preparatevi. Niente, maledettamente niente: “Alfano non ha fatto una bella mossa”. Tutto qua? E mentre passa Gianfranco Polillo, appare Maurizio Gasparri. Bene. Gasparri non delude mai: “Chi è qui merita affetto”. Forse non era Gasparri.
Lo spirito di Forza Italia è la gente di Forza Italia. Berlusconi ha riempito la sala, non c’è posto per le comitive. Neanche per quella campana sbarcata con l’autobus “Angelino”, unico sussulto, unica emozione.
E così il partito ha riservato uno spazio con un centinaio di poltrone e un paio di tavoli. Mezzogiorno e qualche minuto. Quesito: “Quanno se magna?”. Un cameriere sistema i bicchieri. La folla rumoreggia: “Che stanno a fa’?”. Le 13 e qualche minuto. Lo spezzatino di maiale si fa sentire. Berlusconi ha finito, stremato, e va a pranzo con Francesca Pascale.
Il popolo di Forza Italia è qui. Un ragazzo con lo zainetto espropria due piatti: pasta al sugo, scrigno di melanzana, lasagna in bianco con funghi e un po’ di carne, magari per dolce.
I ragazzi vestiti di bianco non provano a servire: “No, prego fate con le vostre forchette”. Il vino circola. E i gruppi scattano fotografie. Le 14 e qualche minuto. Lo spezzatino di maiale si è estinto. Ma Gianfranco Polillo passeggia. E l’omonimo Rotondi sbeffeggia: “Siamo giovani, l’avvenire è nostro”.
Ora l’interesse è per la passerella. No, non quella di Polillo. Una decina di elettori, con due cagnolini e uno striscione, aspettano con ansia Silvio e Francesca.
Tocca a Claudio Scajola, sì a Scajola: “Il Pdl fu una fusione a freddo. Qui vedo entusiasmo. E io sto per tornare. In Liguria hanno bisogno di me”. La scorta di Berlusconi si agita.
Ma spunta Laura Ravetto, che impalla Polillo, che fuma. Di nuovo la Biancofiore legge il cartello del signor Francesco da Napoli: “Silvio, sei un mito. I parrucconi e gli invidiosi ti vogliono sulla croce, ma tu risorgerai”.
Daniela Santanchè lo intona con passione. Le 16 e qualche minuto. L’esercito di Silvio si presenta al teatro Orione, e la commedia è divertente.
Il fondatore Simone Furlan, imprenditore veneto di Padova, che in Rete si fa ammirare sdraiato sul divano, illustra il piano: “Siamo 20 mila con 200 reggimenti, difendiamo il nostro Silvio”. Chiarisce: “Io non ho mai avuto problemi con la giustizia”. Ultima fila: “Allora che ce stai a fa’ qua?”.
Silvio ha promesso una visita ai soldati, pare stia riposando. Dà buca. Farà una telefonata, cioè un messaggio registrato. E via con le presentazioni: “Ciao, sono Giorgia, 25 anni, faccio parte del reggimento romano. Siamo insieme per la rinascita del Paese”. Le sedie sono vuote. Scongelano il video di Silvio con mamma Rosa. Addio. Finito. E Gianfranco
Polillo è pure in ritardo.
Carlo Tecce
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Novembre 17th, 2013 Riccardo Fucile
IL PROFILO DEL NUOVO MOVIMENTO
Nome e numeri. Simbolo e strutture. Logo e adesioni. Tessere e soldi. Soprattutto, soldi.
Quando fondi un movimento o partito politico ‘nuovo’ sono questi i problemi che ti assillano quotidianamente. Quasi un incubo.
È evidente che è così anche per il ‘Nuovo Centro-Destra’ (col trattino…) i veri e più intricati busillis ruotano tutti e solo intorno a questi interrogativi. A maggior ragione se un nuovo partito o movimento lo fondi in una notte, quella intercorsa tra la riunione a Palazzo Santa Chiara degli ‘scissionisti’ e la conferenza stampa tenuta ieri da Angelino Alfano alla Stampa Estera.
Ministri e gruppi parlamentari.
Qui il bilancio è più che positivo. Anzi, la ‘scissione’ delle colombe proprio qui parte: dal cuore del governo Letta.
Cinque ministri su cinque del Pdl aderiscono alla nuova formazione di cd (Alfano, pure vicepremier, Quagliariello, Lupi, Lorenzin, De Girolamo) ma solo due (Quagliariello e Lorenzin) vanno a fare da ‘supporter’ di ‘Angelino’ alla conferenza stampa. Lupi non è pervenuto mentre ‘Nunzia’ manda un sms ai colleghi che la cercano. “Oggi sto solo male, non parlo”.
Tra viceministri e sottosegretari dovrebbe finire in una sostanziale parità , ma è nei gruppi parlamentari che la scissione degli alfaniani sfonda il Pdl che è (e la Forza Italia che sarà ) come lama nel burro.
Alfano scandisce: “hanno aderito al nuovo partito 30 senatori (compreso Renato Schifani, che si è dimesso da capogruppo, ndr.) e 27 deputati”, ma “la slavina è appena iniziata – spiegano tante colombe ministeriali – “non appena ci sarà il voto sulla decadenza di Berlusconi (il 27 novembre, ndr.) si trasformerà in una vera valanga. A nostro favore, si capisce”.
Già nei prossimi giorni, dicono i ‘realisti’ rimasti fedeli ad Alfano – “i senatori saranno 34 (in arrivo due campani, Cardiello e Langella, un veneto e un lombardo, ndr.) e i deputati almeno trenta, forse anche di più”.
Insomma, un terremoto, se si considera che il Pdl conta 91 senatori e 96 deputati. ‘Fedeli’ al Cav. perinde ac cadaver resterebbero ‘solo’ una sessantina di senatori (o meno) e un’altra sessantina di deputati.
Certo, un numero bastevole per ‘far male’ al governo in Aula come nelle commissioni (dove, peraltro, tutti i presenti equilibri dovranno essere ristabiliti, dalla nascita dei nuovi gruppi in poi), ma non a mandare a casa Letta (e Alfano), forti di trenta (e più) senatori.
Territori, regioni, strutture.
Qui bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto. Se i numeri dati dai falchi sugli aventi diritto del Consiglio nazionale disertato dalle colombe fossero veri (cosa di cui queste dubitano assai…) mancano all’appello, nel Parlamentino del Pdl/FI, 230 membri su 870.
Gli alfaniani sono forti in gran parte del Sud Italia (controllano l’intera Sicilia, la Calabria, la Sardegna, pezzi di Puglia, persino la Basilicata e il Molise) ma pareggiano solo il conto nelle regioni del Centro (metà Lazio, Umbria, Abruzzo e Marche, pochissima Toscana e ancor meno Emilia-Romagna) e lo perdono sonoramente nelle regioni del Nord, dove i falchi o lealisti straripano in Lombardia, Veneto e Piemonte, pareggiando solo in Liguria. Alfano e i suoi, però, contano e molto sul cd “partito degli eletti”. Si vedrà .
Soldi, simbolo, alleanze.
Qui, per gli alfaniani, arrivano i dolori peggiori. Alfano annuncia che, a breve, si terrà “la grande convention nazionale” del ‘Nuovo Centro-Destra e che verranno presentati “simbolo e statuto” mentre per la leadership il metodo prescelto sono le primarie.
Le alleanze restano (solo in teoria, ovvio…) “quelle attuali”, e cioè Pdl-FI/Lega/Fd’It mentre l’orizzonte e l’obiettivo sono le Europee del 2014, rispetto a cui Alfano vuol correre sotto l’egida del Ppe (alleato con Udc e Popolari?).
Il dramma vero sono i soldi. “Non ce ne sono”, dicono in coro le colombe, ma poi ammettono che “i soldi che arriveranno ai nuovi gruppi autonomi di Camera e Senato serviranno anche per fare politica sul territorio. Poi ci affideremo all’autotassazione, al fundraising e alle donazioni dei privati. Del resto – chiude una di loro – i falchi del Pdl si terranno pure i debiti”. Vero. Come è vero, però, che costruire nuovi partiti è dura, ai giorni nostri.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 17th, 2013 Riccardo Fucile
CON I MONTIANI 30 DEPUTATI E 8 SENATORI… I DUE MINISTRI SU FRONTI DIVERSI…MONTI: “NESSUNA CONSEGUENZA PER IL GOVERNO”
Cosa accade dalle parti di Scelta civica, il partito creato da Mario Monti alla fine dello scorso anno? Arrivò in certe previsioni al 20 per cento, prese intorno al 9, negli ultimi sondaggi è al 4
Dopo la baruffa di venerdì all’assemblea nazionale, chi è rimasto con Monti (da qui, solo per facilità , «montiani») conta su una trentina di deputati e 8 senatori.
Nessuno più di loro è al governo, perchè il ministro della Difesa Mauro è a capo dei «popolari» che si sono ribellati e il ministro D’Alia è membro dell’alleato rinnegato Udc. Resterebbe il ministro Moavero, ma si occupa quasi esclusivamente di Affari europei.
Monti ora dice che la divisione di Scelta civica «non indebolirà la coalizione di governo». Aggiunge: «Credo».
Linda Lanzillotta chiede invece «le riforme» e vuole che «la voce di Scelta civica sia presente in Consiglio dei ministri».
Rimpasto, insomma. Stefania Giannini dice che se la scissione diventerà effettiva «dovrà essere rivista la nostra rappresentanza nel governo: se un ministro rappresenta un’altra forza politica, dovremo occuparcene».
Giannini, docente di Glottologia e linguistica, è da ieri il segretario politico di Scelta civica, con Bombassei presidente, Balduzzi e Borletti vicecepresidenti. Nuovi marosi in vista per Enrico Letta.ùù
Pienamente solidali con il governo sono i «popolari», che venerdì hanno lasciato la sala urlando.
I «popolari» (d’ora in poi così, per semplificare) sono 12 al Senato e 20 alla Camera con l’Udc.
L’ipotesi è che vadano a congiungersi in nozze politiche con l’Udc, appunto, e con la nuova formazione di Alfano, ex Pdl.
Interrogato, il leader Udc, Casini, ha risposto, naturalmente: «Si vedrà …».
E ha rilanciato, come fa da molti anni, una nuova «casa dei moderati» (appuntamento il 23 novembre). Lorenzo Dellai, capogruppo di Scelta civica alla Camera (ancora per poco) ha preannunciato una formazione «concorrente con la sinistra, alternativa alla destra».
Il giorno dopo la separazione, accuse reciproche.
Monti dice che «i popolari guardano a Casini e soprattutto a quanto sta avvenendo all’interno del Pdl: vi intravedono opportunità elettorali».
Della Vedova sostiene che i popolari venerdì erano venuti per andarsene: «Non si sono nemmeno levati il cappotto…».
Il deputato Andrea Vecchio, imprenditore catanese, dice che quelli andati via sono «politici politicanti».
Ecco l’accusa bruciante: chi resta con Monti è «società civile», gli altri «occupatori di poltrone». Basti pensare, continua, «al decreto di torbido clientelismo del ministro D’Alia sui precari della Pubblica amministrazione…».
I «popolari» rispondono.
Gregorio Gitti venerdì ha dato il via all’uscita dall’aula: «Non avevano la maggioranza, volevano introdurre una norma che prevedeva le deleghe».
Gitti è intervenuto: «Così non si può! È un vulnus alla democrazia!». «Tiratelo giù a calci!», ha gridato un montiano non identificato.
Gitti ieri assicurava: «Volevano il colpo di mano. Ma non c’è stata nessuna inciviltà , solo vivacità ».
E il senatore Di Biagio: «Monti è stato utile al Paese, ma ormai è il vecchio che avanza». Il coordinatore di Scelta civica per l’Emilia, Giuliano Cazzola: «Pensavamo di essere i migliori, ci siamo divisi su un regolamento come i condomini di un palazzotto del Tufello»
Finisce così con un salto di qualità (in basso) delle parole il movimento creato da Monti, premier che parlava un perfetto inglese e incontrava da pari a pari Merkel e Obama, con un ministro, Fornero, che diceva choosy per chiamare i giovani «schizzinosi».
Venerdì c’è stato anche un «vaffa», che non è stato possibile attribuire.
Il deputato Mario Marazziti è addolorato per quel che succede e sintetizza così: «Lo scontro è fra partito-yacht e nave vasta e inclusiva, fra club e movimento di popolo e società ».
Scelta civica «non è un club del golf», ha attaccato Mario Mauro. E ha aggiunto: «Monti è sempre il benvenuto nella grande famiglia popolare»
Vestito casual , però.
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 17th, 2013 Riccardo Fucile
CHI HA APPOGGIATO “NUOVO CENTRODESTRA” NELLO STRAPPO
“Onorevole, il progetto che state elaborando è interessantissimo. Andate Avanti”. Angelino Alfano chiude il telefono, si guarda intorno.
A Palazzo Chigi ha riunito i ministri insieme a Chicchitto e Sacconi. Scruta le facce dei suoi, quando incrocia lo sguardo di Gaetano Quagliariello si apre in un sorriso: “Sei tu che gli hai detto di chiamarmi, eh?”. “Ma nooo”, si schermisce il ministro delle Riforme.
Quella che il vicepremier ha sentito dall’altra parte del telefono è una voce flebile e ferma nello stesso tempo, una voce inconfondibile: quella di Camillo Ruini.
Il retroscena, raccontato sulle pagine del Messaggero, è solo uno di una serie di esempi.
Già , perchè in chiaro c’è la politica, la plastica rottura tra le truppe del delfino e il padre nobile, i bagni di folla e le conferenze stampa.
Poi, appena si spengono i riflettori, la trama si ingarbuglia, ed è mossa da una fitta rete di interessi e di relazioni che spesso spingono in direzioni contrapposte.
Dalla parte di Angelino si sono schierati gli uomini di Cl. Tutti, senza eccezioni, lo hanno seguito nel Nuovo centrodestra.
Dall’ex presidente della Compagnia delle opere Raffaello Vignali al sottosegretario Gabriele Toccafondi (fiorentino, un ottimo rapporto con Matteo Renzi, il quale, a sua volta, coltiva da anni i rapporti con la Cdo) fino al pasdaran Roberto Formigoni (il cui tessuto relazionale nella ricca terra lombarda è a prova di bomba) e al ministro Maurizio Lupi, tra i principali artefici della costituzione del nuovo gruppo.
Proprio il lavorio del titolare delle Infrastrutture sul caso Alitalia ha portato a galla la sintonia tra il vicepremier e un importante stakeholder come Massimo Sarmi, che dalla tolda di comando di Poste italiane può dire la sua su più partite strategiche in campo politico ed economico.
Vedi quella sulla compagnia di bandiera, nella quale figura come vicepresidente Savatore Mancuso, incidentalmente fratello di Bruno Mancuso, senatore fresco di passaggio in Ncd.
Si sa poi che Oltretevere da un po’ di tempo ha preso le distanze dalle stravaganze di Silvio Berlusconi. E, al di là della telefonata interessata di Ruini, una larghissima parte della Curia romana guarda con simpatia al Nuovo centrodestra. In Ncd, oltre a Lupi e Quagliariello, sono confluiti anche Maurizio Sacconi e Eugenia Roccella, i due teocon delle battaglie per la vita.
Quagliariello è una pedina chiave anche nei rapporti con il Colle, che osserva con occhi preoccupati ma soddisfatti l’evoluzione di queste ore.
È stato un tenace avversario come Sandro Bondi a legittimare involontariamente il rapporto privilegiato tra il vicepremier e l’inquilino del Colle: “Le mosse di Angelino – ha detto ieri – sono guidate da Napolitano”.
Ma non c’è solo Quirinale nei riferimenti istituzionali di Alfano.
Vi ricordate la telefonata di Barroso prima del due ottobre, quella nella quale consigliava il Cavaliere di non staccare la spina a Letta?
Ecco, il Partito popolare europeo è rimasto di quell’avviso. E, informalmente, raccontano che tutti i big continentali facciano filtrare soddisfazione per le determinazioni del ministro dell’Interno.
Lo stesso Alfano, d’altronde, ha un ottimo rapporto con Joseph Daul, presidente del Ppe e con Micel Barnier, mentre il legame con Hans Gert Poettering (ex presidente del Parlamento di Strasburgo) è stato portato in dote dai ciellini.
Non a caso l’eurodeputato tedesco qualche giorno fa ha incontrato sia Alfano, sia Mario Mauro, uomo di don Giussani nelle file di Scelta civica.
Che abbiano parlato di una prossima riunificazione? Probabile.
Quel che è sicuro è che se Angelino non ha i voti – come osservano i maligni – ha più di una carta in mano per andarseli a trovare.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 17th, 2013 Riccardo Fucile
E’ GUERRA DI CIFRE TRA I CANDIDATI ALLA SEGRETARIA DEL PARTITO SUL VOTO DEI CIRCOLI
Matteo Renzi vincente nei circoli Pd. Anzi no, il più votato è Gianni Cuperlo.
Ancora una volta, è guerra di cifre tra i candidati alla segreteria del Partito democratico.
Stando alle cifre riportate dalla pagina Facebook “Adesso partecipo”, gestita dal comitato del sindaco di Firenze.
Il “rottamatore”, secondo i dati riportati dai suoi sostenitori, ha ottenuto il 45,3% dei voti, conquistando 23.466 preferenze su 51.794 votanti.
A seguire, Gianni Cuperlo, che si sarebbe fermato al 38,3%, Pippo Civati, a quota 13,4%, e infine Gianni Pittella, con il 3,1% dei voti.
Di segno opposto i dati forniti dai sostenitori dell’ex portavoce di D’Alema: Cuperlo è dato in testa con il con il 42,4%, davanti a Matteo Renzi con il 41,9%, a Civati con il 12,1% e a Pittella con il 3,6%”.
“Questi numeri confermano che la partita è aperta e che l’annunciato trionfo renziano non c’è”, commenta Patrizio Mecacci, coordinatore del comitato a sostegno della candidatura di Gianni Cuperlo.
Sul terreno delle cifre, d’altra parte, i comitati di Renzi e Cuperlo si erano già dati battaglia. I sostenitori dell’ex portavoce di D’Alema avevano parlato di 49 segretari provinciali pronti a sostenere il loro candidato, contro i 35 del principale avversario.
I renziani avevano fornito numeri diversi: secondo i loro dati, il risultato vedeva vincere il sindaco di Firenze per 47 a 38.
La guerra di cifre era stata un episodio di una travagliata chiamata alle urne nei congressi Pd in tutta Italia, tra circoli “fantasma”, risse tra sostenitori dell’una e dell’altra parte e tessere gonfiate.
Oggi, l’ultimo colpo di scena. Un circolo della provincia romana, quello di Castel Giubileo e Settebagni, ha deciso di chiudere “in seguito ai gravi episodi avvenuti durante il congresso del Partito Democratico di Roma”.
In particolare, Silvia Di Stefano, coordinatrice del circolo, parla di un “atteggiamento superficiale delle commissioni congresso preposte riguardo ai ricorsi sulle votazioni dei circoli finti, quelli cioè inesistenti sul territorio e che aprono solo in occasione dei congressi, per affermare il potere di alcuni, e ai quali tuttavia è stato comunque permesso di esprimere delegati al pari dei circoli veri e storici”.
Altro tema che ha scatenato la bagarre nel partito, la questione delle “tessere gonfiate”.
Quest’ultimo caso aveva determinato la scelta dei vertici del partito di bloccare le nuove iscrizioni in vista del congresso nazionale, nel timore di tesseramenti “pilotati” per condizionare il voto.
Al di là di tutte le schermaglie nei circoli locali, tuttavia, i numeri che conteranno veramente, nell’elezione del nuovo segretario del partito, saranno quelli delle primarie dell’8 dicembre.
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Novembre 17th, 2013 Riccardo Fucile
RICOSTRUITA LA VENDITA DI UN ATTICO DI UNA SOCIETA’ CHE TRA GLI AZIONISTI HA L’EX MOGLIE DI ANTONINO PAPALIA, LEGATO ALLA COSCA VRENNA DI CROTONE
Mani mafiose sulla città . Alla fine si è dimesso il vicesindaco di Verona, Vito Giacino, uomo fidatissimo di Tosi.
Per il leghista si era allontanato dal partito di Berlusconi e dal suo mentore Aldo Brancher, il ministro più veloce della storia repubblicana.
Anche la carriera politica di Giacino sembra avere stessa vita breve. Nelle ultime settimane la Guardia di Finanza ha perquisito gli uffici suoi e della moglie, Alessandra Lodi, entrambi indagati per corruzione.
Tutto nasce dalla lettera del “corvo”, che avrebbe svelato gli intrighi del vicesindaco, a cui la magistratura avrebbe trovato conferme: “Siamo un gruppo di imprenditori stanchi dall’arroganza di questa amministrazione e soprattutto del vicesindaco, il quale senza mezzi termini obbliga a transitare per consulenze (tangenti) presso lo studio di sua moglie (giovane senza alcuna preparazione legale), altrimenti, qualsiasi lavoro trova impedimenti, lungaggini burocratiche o addirittura viene accantonato sia nel settore urbanistico che edilizio”, scrive il “corvo”, che parla anche della abitazione della coppia.
L’attico in borgo Trento a Verona, uno dei quartieri più esclusivi della città scaligera sarebbe costato fra acquisto e ristrutturazione circa 1,7 milioni di euro nel 2011 e intestato alla moglie.
Ma Giacino nel 2011 dichiara un reddito di circa 70 mila euro, mentre la moglie era iscritta all’ordine degli avvocati da appena tre anni.
Si dice che la famiglia della Lodi, bolognese, sia ricca e che sia stato il padre ad acquistare l’attico.
Ma da chi è stato acquistato e ristrutturato l’attico? Dalla Soveco Spa la quale ha più di un miliardo di euro nel portafogli ordini: un parcheggio interrato, il traforo delle torricelle, un ponte, il progetto del filobus e molto altro ancora.
Quasi tutti gli appalti sono stati assegnati dal comune.
E chi c’è nella società ? Gli azionisti sono due, con il 50 per cento, uno è Sabina Colturato, ex moglie di Antonino Papalia, pluripregiudicato e “legato alla ‘ndrangheta della cosca Vrenna di Crotone”, si legge in una informativa.
E secondo gli investigatori i due sarebbero ancora insieme. Papalia era stato arrestato alla fine degli anni 80 per aver creato nel veronese un arsenale per la produzione di esplosivi destinati a rifornire la ‘ndrangheta.
Le sei pagine di informativa stilata dagli inquirenti traccia gli intrecci della Soveco con Verona e la malavita.
La signora sarebbe, dunque, “un prestanome”, scrivono gli inquirenti. Non solo, secondo la “Polizia Tributaria — scrive Croce — il socio occulto di Soveco è Antonino Papalia”.
Michele Croce, avvocato ed ex uomo di Tosi, è colui che ha fatto emergere la corruzione a Verona.
Responsabile per il comune di Verona del provvedimento per la ristrutturazione dell’attico della moglie dell’ex vicesindaco è Cristina Salerno, moglie di Giuseppe Casagrande, uomo legato alla Soveco, mentre il progettista Dalle Molle fa parte della commissione urbanistica comunale. Forse solo un caso.
Il Veneto appare come una piccola Calabria. Infatti “il sistema mafioso è diffuso e ramificato”, si legge nelle pagine degli inquirenti, così diffuso che la commissione antimafia ha diffuso dati raggelanti: Verona è la prima città per numero di operazioni sospette segnalate alla Banca d’Italia.
E per il colonnello Sergio Raffa della Direzione investigativa antimafia a Verona ci sarebbero un gran numero di pregiudicati calabresi.
Nel 1990 il giudice Paolo Borsellino proprio in Veneto disse: “La corruzione è l’anticamera della mafia”.
E Tosi che fa? Querela i giornali e giornalisti che parlano del malaffare.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 17th, 2013 Riccardo Fucile
SONO 31 SENATORI 28 DEPUTATI, 5 MINISTRI, 1 PRESIDENTE DI REGIONE, 12 ASSESSORI REGIONALI, 75 CONSIGLIERI REGIONALI, 7 PRESIDENTI DI PROVINCIA, 4 SINDACI DI COMUNI CAPOLUOGO, 9 PARLAMENTARI EUROPEI
«Trecentoquattro? Ma questi sono numeri da partito serio, no?». Nella notte tra venerdì e sabato, quando Angelino Alfano e i ministri scissionisti si concedono un piccolo brindisi nel ristorante «Grano», a pochi passi dall’albergo Santa Chiara dov’è appena stato annunciato il nuovo partito, il deputato siciliano Dore Misuraca arriva coi foglietti che contengono la cifra esatta dei «fondatori» del Nuovo centrodestra.
Ha tenuto i conti al millesimo, Misuraca, da sempre vicino sia al vicepremier che a Renato Schifani.
E il conto finale dei membri del Consiglio nazionale dell’ex Pdl che si dichiarano pronti ad aderire alla nuova «creatura» governista fa «304».
Sono 31 senatori, che avranno come capogruppo provvisorio Laura Bianconi. E 28 deputati, che saranno guidati dal piemontese Enrico Costa.
E poi ci sono ovviamente i cinque ministri del governo, un governatore (il calabrese Giuseppe Scopelliti), 12 assessori regionali, 75 consiglieri regionali, 7 presidenti di provincia, 4 sindaci di comuni capoluogo (c’è il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani, tanto per dirne una), 9 parlamentari europei in carica (tra cui il piemontese Bonsignore, il siciliano La Via, la campana Mazzone, i laziali Angelilli, Antoniozzi e Pallone).
E ancora, 51 tra capigruppo e vicecapigruppo nei consigli provinciali, 5 coordinatori regionali dell’ex Pdl, 17 coordinatori provinciali, 22 segretari cittadini e persino tre dirigenti nazionali del giovanile.
L’unica voce affiancata al numero «zero» è quella relativa componenti dell’ufficio di presidenza del fu Pdl, che stanno tutti insieme ai lealisti.
Per il resto, tutta gente che – sulla carta – è stata sottratta alla nuova Forza Italia.
C’è anche una distribuzione regione per regione.
Il Nuovo centrodestra cancella i berlusconiani doc dalla cartina geografica della Calabria, è nettamente più forte dei «cugini» in Sicilia, va benissimo in Lombardia e Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, Piemonte e Abruzzo.
«Volendo, avremmo potuto impedire che Forza Italia rinascesse», mormora qualcuno citando il numero delle firme raccolte, sufficiente a tenere il testo approvato dal consiglio nazionale forzista al di sotto del quorum dei due terzi. Ma è solo una battuta.
L’attenzione, adesso, è concentrata sui numeri in Parlamento. Che hanno oscillato fino all’ultimo istante, anche venerdì. E che dall’inizio della prossima settimana potrebbero cambiare ancora.
Sono almeno tre i «mister X» dal volto ancora coperto che, alla Camera, potrebbero abbandonare Forza Italia per la creatura alfaniana.
E che andrebbero a compensare l’uscita di scena dell’ultim’ora di chi, come la sottosegretaria calabrese Jole Santelli o il senatore siciliano Francesco Scoma, ha deciso in extremis di abbandonare la nave del vicepremier per aderire a Forza Italia.
Ma l’aspetto più interessante della partita, e anche del risiko incrociato che coinvolge sia forzisti che neocentrodestri, riguarda Palazzo Madama. Renato Schifani, che si è dimesso da capogruppo del Pdl prima del consiglio nazionale, è ormai arruolato con i secondi.
Berlusconi sta pensando di sostituirlo con uno tra Annamaria Bernini e Paolo Romani. Nessuno dei due, tra l’altro, è catalogato tra i falchi.
Segno che, almeno fino al voto decadenza, i due gruppi non si guarderanno in cagnesco. E l’ex presidente del Senato? E’ improbabile che faccia il capogruppo della nuova forza politica ma nel caso di un eventuale rimpasto il suo nome potrebbe essere in prima fila per entrare nell’esecutivo.
Già , il rimpasto. È sulla composizione della squadra di governo che si avvierà , da lunedì, un nuovo giro di valzer.
Nella roccaforte del Nuovo Centrodestra ci stanno già facendo i conti se è vero che Paolo Naccarato, tra i fondatori del partito del vicepremier, allarga lo spettro: «Mica ci sono soltanto i ministri. I sottosegretari che hanno aderito a Forza Italia, tipo la Santelli o Miccichè, usciranno o no dall’esecutivo? E i presidenti di commissione come Daniele Capezzone o Nitto Palma, che pure sono arrivati dove sono grazie ai voti dell’odiato Pd, che faranno la settimana prossima? Rimarranno in carica oppure no?».
Ma oltre agli assetti, c’è anche una partita che rimanda all’esterno. Uno dei primi a manifestare il suo sostegno sottotraccia ad Alfano per la nascita del nuovo partito è stato Roberto Maroni. Anche perchè, come dice Naccarato, «questo è il momento storico in cui il centrodestra finisce di avere un capo unico e comincerà a caratterizzarsi come una coalizione in cui la leadership è contendibile. E questo», aggiunge il senatore, «è un discorso che non può che interessare anche la Lega».
Tra coloro che guardano senza ostilità alla nascita del nuovo partito, nascosto come al solito dietro le quinte, c’è anche Gianni Letta.
L’Eminenza grigia dell’ultimo ventennio berlusconiano, giorni fa, ha confidato a più d’un membro del governo la sua delusione per come i falchi sono riusciti a ottenere il controllo della cabina di regia del berlusconismo.
L’ex sottosegretario comunque conferma «amicizia eterna» al Cavaliere.
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 17th, 2013 Riccardo Fucile
ORGANIZZATO DAL MOVIMENTO “FIUME IN PIENA” CHIEDE LA BONIFICA DEI TERRITORI COLPITI DA SVERSAMENTI ILLEGALI DI RIFIUTI TOSSICI E NOCIVI
”“Stop al biocidio“. Migliaia di persone, unite da questo slogan, hanno marciato a Napoli per chiedere l’immediata bonifica della “terra dei fuochi“, l’area della Campania devastata dagli sversamenti illegali di rifiuti tossici e nocivi.
Il corteo, nonostante vento e pioggia, è partito alle 14.30 da Piazza Garibaldi per terminare in Piazza Plebiscito.
In testa al corteo, organizzato dal movimento “Fiume in piena”, c’era don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano che da anni si batte per le bonifiche. I manifestanti hanno esposto anche alcuni striscioni con le foto di persone morte negli ultimi anni per patologie oncologiche: a loro dire, si tratta di malattie legate all’inquinamento dei suoli.
Gli organizzatori della manifestazione parlano di 100mila partecipanti, mentre le forze dell’ordine stimano 30mila presenze.
Niente bandiere di partito, è stata la richiesta degli organizzatori. Erano presenti, invece, in coda al corteo, i gonfaloni dei Comuni del Napoletano e del Casertano, come auspicato dal sindaco della città partenopea, Luigi De Magistris.
Si era detto contrario, invece, Domenico Tuccillo, primo cittadino di Afragola, secondo cui “la legittima protesta dei cittadini di fronte a questo disastro annunciato non può essere l’ennesima occasione per confondere ruoli e responsabilità ”.
“Non sarà una piazza di sindaci e delle fasce tricolori, sarà la piazza dei cittadini”, è la posizione del movimento “Fiume in piena”, mentre don Patriciello accetta la presenza dei sindaci in piazza: “La cosa importante è che non ci siano politici presenti a livello ufficiale che possano strumentalizzare la cosa”.
Tante le adesioni delle associazioni, da Legambiente al Wwf. In piazza anche “Medici per l’ambiente”, artisti e amministratori del nord Italia.
Sostegno anche dalla Curia di Napoli, con il cardinale Crescenzio Sepe che non è presente ma sottolinea l’intento della manifestazione del “raggiungimento del bene comune e della dignità delle persone”, incoraggiando gli organizzatori e i partecipanti ad “andare avanti con coraggio” e a “non farsi strumentalizzare”.
Al termine del corteo sono state distribuite in piazza del Plebiscito oltre tre tonnellate di pane fatto nelle ultime ore con frumento dell’Avellinese e del Beneventano.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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