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REGIONE SICILIA: FONDI EUROPEI DIROTTATI SU CONTI PRIVATI, ANCHE QUELLI PER LA LEGALITA’

Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile

ARRESTATI 13 DIPENDENTI E DUE IMPRENDITORI: AVREBBERO SOTTRATTO 800.000 EURO PUBBLICI CAMBIANDO I CODICI IBAN DEI VERSAMENTI: E NESSUNO PER ANNI SI SAREBBE ACCORTO DI NULLA

Quasi ottocentomila euro di fondi europei sottratti alle casse pubbliche e accreditati su conti correnti personali senza che nessuno se ne accorgesse.
È quello che è successo per anni negli uffici della Regione Siciliana, dove tredici dipendenti e due imprenditori riuscivano a distrarre fondi europei per migliaia di euro con un semplice clic, per poi trovarsi con conti correnti gonfiati a dismisura. Compresi i soldi per un’iniziativa sulla legalità  intitotalata al generale Dalla Chiesa, assassinato da Cosa nostra.
I furbetti dell’Iban, li hanno ribattezzati i carabinieri, che stamattina hanno notificato a tutti il provvedimento di custodia cautelare richiesto dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dal sostituto Alessandro Picchi.
È proprio alterando le credenziali bancarie che ingentissime somme venivano prelevate dalle casse dell’Assessorato regionale alla Formazione per poi finire nei conti correnti di Emanuele Currao, funzionario regionale indicato come il principale elemento della maxi truffa, finito agli arresti domiciliari insieme a dodici colleghi. Diversi i casi clamorosi in cui sul conto corrente di Currao finivano soldi pubblici destinati ad altre attività .
È il caso dei 200 mila euro che spettavano alla Regione Veneto, ma che invece Currao accreditò ad una società  appaltatrice dell’assessorato siciliano alla Formazione, grazie alla semplice modifica dell’Iban.
La somma di 42 mila euro per pagare un viaggio in America Latina di alcuni dirigenti regionali fu invece erogata due volte: prima per pagare il debito con l’agenzia che aveva organizzato la trasferta, poi per rimpinguare il conto corrente di Currao.
Soldi pubblici sarebbero stati elargiti anche all’imprenditore Mario Avara, una probabile contropartita dato che aveva appena costruito una casa a Sciacca per lo stesso Currao.
Ancora più paradossale è invece il destino dei fondi destinati ad un progetto dedicato alla memoria del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso da Cosa Nostra a Palermo il 3 settembre 1982: le risorse destinate dalla Regione a un progetto per la legalità  intitolato a suo nome, sono invece finite nelle disponibilità  personali dei dipendenti indagati.
Semplicissimo il metodo con cui Currao, ex funzionario dell’area Affari generali, dirottava il denaro su conti correnti a lui vicini: bastava modificare il numero dell’Iban accedendo al sistema informatico della Regione ed ecco che come d’incanto, fondi destinati alla formazione professionale finivano tra le sue entrate personali.
“Qualcuno ha considerato la Regione come una vacca dalle mammelle disponibili” è l’amara considerazione di Nello Musumeci, presidente della commissione antimafia regionale.
“Lascia sgomenti, perplessi e increduli e mette in evidenza l’assenza di un idoneo sistema di controllo lungo la filiera di pagamento di mandati, se non addirittura l’assoluta indifferenza da parte di dirigenti e funzionari e in generale di dipendenti pubblici della Regione siciliana per un’amministrazione occulta delle risorse pubbliche” commenta il colonnello Pierangelo Iannotti, comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo.
“Gli arresti di oggi sono un ulteriore episodio di una storia che sembra infinita. Tutte le volte che si va a verificare una vicenda che attiene all’erogazione di fondi pubblici, è molto facile riscontrare un quadro di illegalità ” ha invece sottolineato Francesco Messineo, procuratore capo di Palermo.
Currao, secondo gli inquirenti, aveva trasformato le casse regionali nel suo bancomat personale grazie alle password e alle credenziali del sistema informatico regionale, che gli erano state fornite da un’altra dipendente regionale indagata, Maria Concetta Cimino.
La dirigente oggi in pensione era già  stata travolta da un’altra vicenda giudiziaria nel 1996, finita dieci anni dopo con l’assoluzione, e poi raccontata in un libro, in cui si dipingeva come un semplice capro espiatorio: la pubblicazione, intitolata “Giustizia in contumacia”, è stata addirittura insignita di un premio intitolato ad Elio Vittorini, mentre oggi la Cimino è finita nuovamente al centro di un’inchiesta della magistratura.
Se come capro espiatorio o meno, sarà  un giudice a stabilirlo.

Giuseppe Pipitone

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AGENZIA SPAZIALE, LA NUOVA SEDE NON HA NEANCHE I PANNELLI SOLARI OBBLIGATORI PER LEGGE

Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile

BOLLETTE DELLA LUCE DA 80.000 EURO… DA 12 MILIONI INIZIALI PREVISTI, ALLA FINE E’ COSTATA 84 MILIONI

Se l’astronauta italiano Luca Parmitano, di ritorno dalla sua lunga missione spaziale, volesse fare una visitina al complesso dell’Asi a Tor Vergata, gli suggeriamo di presentarsi senza qualche suo collega russo o americano.
Eviterebbe di sicuro una domanda imbarazzante per i vertici dell’ente. La seguente: perchè con tutto quello spazio a disposizione nella sede nuova di zecca di un ente che dovrebbe rappresentare la nostra avanguardia tecnologica, non c’è nemmeno un pannello solare
Ma ancora più imbarazzante, ne siamo sicuri, sarebbe la risposta: perchè costano troppo. Spaventa il prezzo dei pannelli.
Mentre non spaventava la lievitazione, quella sì davvero spaventosa, dei costi per la realizzazione della sede dell’Agenzia spaziale italiana, passati dal 12 milioni di euro inizialmente previsti alla fine del 2000 agli 84,4 milioni certificati da una pepatissima relazione dell’Autorità  per gli appalti pubblici.
Da non crederci.
Eppure è proprio con tale motivazione, secondo Walter Pelagrilli della Uil, che si sarebbe arenato qualche anno fa un progetto per la realizzazione di un impianto fotovoltaico.
Con il risultato, insiste il sindacalista, che non soltanto in questo modo l’Asi rinuncia agli incentivi (pagati dagli utenti e non dallo Stato) garantiti dal solare, ma si vede recapitare bollette da 80 mila euro a bimestre.
E questo, sottolinea ancora, nonostante esistano una legge e una delibera del Comune di Roma che impongono agli edifici nuovi l’obbligo di dotarsi di impianti per l’energia rinnovabile.
La vicenda della nuova sede dell’Asi a Tor Vergata con la singolare moltiplicazione per sette della spesa, sulla quale indaga la procura della Corte dei conti, andrebbe raccontata nelle scuole per amministratori pubblici: come esempio di quello che non si deve fare se si vogliono evitare gli sprechi.
Sempre che sia soltanto una semplice faccenda di sprechi.
L’Authority, com’è noto, ha segnalato una serie di «illegittimità  e irregolarità » nella gestione dell’opera. A cominciare dalla curiosa procedura con cui l’appalto venne secretato per le «ragioni di sicurezza» rivendicate dall’ex presidente Sergio Vetrella, successivamente senatore del Pdl. Di conseguenza la cosa venne affidata al provveditorato del Lazio di Angelo Balducci, che scelse la ditta a trattativa privata.
E la scelta cadde su una delle imprese che sarebbero finite nelle inchieste sulla «cricca».
Risultato? Una spesa di 84 milioni 434.755 euro e 65 centesimi: senza pannelli solari, ovvio.
Più le consulenze e più l’indennizzo all’architetto Massimiliano Fuksas autore del primo progetto che venne gettato alle ortiche con la scusa che era necessaria, giuravano, una superficie molto più grande di quella preventivata perchè sarebbe stata assunta un sacco di gente. E così fu. Soltanto che le assunzioni erano una pura fantasia e due edifici del nuovo complesso sono rimasti completamente vuoti.
Qualcuno allora ha pensato di trasferire in quei locali deserti le aziende controllate dall’ente.
Ma il provveditorato ha detto di no.
Il motivo? Dovrebbero pagare un canone doppio di quello che pagano oggi. Poco importa che sia una partita di giro, visto che incasserebbe l’ente pubblico loro proprietario: con un risparmio non indifferente per l’Erario. Dunque i due stabili continuano a restare vuoti.
Del resto, anzichè le 500 persone immaginate ci sono oggi a Tor Vergata sempre le stesse 238 che erano nelle vecchie, più piccole e meno costose sedi dei Parioli.
Fra affitto e a tutto il resto prima si spendevano un paio di milioni: adesso per la gestione degli uffici di proprietà  ne servono almeno tre.
Per non parlare dei soldi buttati via perchè il trasloco si è fatto 14 mesi dopo il completamento dei lavori: due milioni e mezzo, forse tre.
La stima è del solito Pelagrilli, che non cessa di inondare di richieste di chiarimenti il presidente Enrico Saggese.
Su tutto: dai pannelli solari, al personale distaccato, alle consulenze. Come quella per cui la Corte dei conti ha condannato in primo grado il 10 ottobre scorso il medesimo Saggese a rimborsare l’ente che presiede con 5 mila euro.
Ovvero circa un terzo del valore della consulenza da 15.600 euro assegnato nel 2009 alla dottoressa Daniela Di Battista. Oggetto, «il servizio di supporto psicologico al personale»…

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)

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CONSERVATORI INGLESI: “BASTA PRIVILEGIATI DALLE SCUOLE PRIVATE”

Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile

IN NOME DELLA “MOBILITA’ SOCIALE”, I CONSERVATORI GIUDICANO ECCESSIVI I RUOLI INFLUENTI RICOPERTI DA CHI HA STUDIATO NEI COLLEGI PRIVATI: “I GIOVANI DEVONO AVERE LA POSSIBILITA’ DI SCALARE I GRADI DELLA SOCIETA'”

Se «mobilità  sociale» era il motto di Margaret Thatcher, la Lady di Ferro stenterebbe oggi a riconoscersi nel Partito conservatore che ha portato David Cameron a Downing Street.
Secondo John Major, l’unico predecessore del premier ad aver frequentato l’umile scuola statale, sono esagerati i ruoli d’influenza ricoperti da chi ha studiato nei collegi privati.
«In ogni sfera della vita pubblica di questo Paese – ha detto l’ex primo ministro, celebre anche per aver lasciato la scuola a 16 anni – troviamo gente che ha frequentato scuole private o che è cresciuta in famiglie benestanti».
Un fatto che Major trova «sconcertante».
«Il nostro sistema scolastico – ha aggiunto – dovrebbe permettere ai giovani di emanciparsi, non chiuderli nella classe dalla quale provengono. Abbiamo bisogno di loro, di ragazzi che possano utilizzare fortuna, intelletto e duro lavoro per sviluppare al massimo le loro potenzialità »
Il governo Cameron è almeno per metà  composto da ministri e sottosegretari che hanno frequentato scuole a pagamento: il premier ha studiato a Eton e poi all’università  di Oxford come il sindaco di Londra Boris Johnson.
Il cancelliere dello scacchiere George Osborne ha fatto il liceo presso la St Paul’s Boys School e si è laureato a Oxford, il vicepremier Nick Clegg il liceo a Westminster e l’università  a Cambridge.
Il primo ministro è spesso criticato per essersi circondato da gente che come lui proviene da una classe sociale medio-alta e sulla scia dei commenti di Major uno stretto collaboratore di Cameron ha fatto sue le stesse preoccupazioni.
«La mobilità  sociale deve essere tra le prime preoccupazioni di ogni governo perchè non può mai bastare», ha detto Sajid Javid, consigliere finanziario di Osborne.
Suo padre, proprio come quello di Major, faceva il conducente d’autobus.

Paola De Carolis
(da “il Corriere della Sera”)

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TORINO, CHIUDE LA MENSA UNIVERSITARIA, GLI STUDENTI LA OCCUPANO E LA GESTISCONO: “ORA PREZZI POPOLARI, APPENA 2,5 EURO”

Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile

I TAGLI DELLA REGIONE LEGHISTA AVEVANO FATTO SALIRE IL COSTO DEL PASTO A 7,5 EURO E A GIUGNO LA MENSA AVEVA DOVUTO CHIUDERE I BATTENTI… A TORINO GLI UNIVERSITARI SONO 100.000

A giugno la storica mensa universitaria di Torino situata accanto a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà  umanistiche, ha chiuso i battenti.
I tagli della Regione hanno fatto lievitare il costo del pasto, 7.5 euro per primo e secondo, e sempre più studenti hanno preferito rivolgersi alla ristorazione privata per risparmiare qualcosa. Oggi la mensa è stata riaperta in autogestione con prezzi popolari in aperta sfida al governatore Roberto Cota e al sindaco Piero Fassino: due euro e mezzo per un piatto caldo e un’insalata. “Due anni fa il nostro sindaco è stato eletto — spiega uno studente — anche grazie a un disegno di città  universitaria, peccato che oggi però stia cacciando gli studenti”.
A Torino ci sono circa 100mila universitari, quasi un abitante ogni 9.
Le amministrazioni, su cui gravano i tagli dello Stato centrale, hanno ridotto i servizi legati all’istruzione ed esternalizzato il più possibile.
“La mensa era gestita da una ditta — racconta uno degli occupanti — che vuole fare profitto e questo è difficilmente conciliabile con il diritto allo studio”

Cosimo Caridi

argomento: denuncia, Università | Commenta »

GLI ONOREVOLI VOGLIONO LA MANCIA

Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile

CI PROVANO TUTTI: MIGLIAIA DI EMENDAMENTI ALLA LEGGE DI STABILITà€ PER FAR ARRIVARE SOLDI AI PROPRI SOSTENITORI

Cambiargli nome non serve a niente. Inventarsi una bizzarra procedura di tutela europea nemmeno.
Quando arriva il momento della Finanziaria, anche se ora si chiama ddl Stabilità , gli eletti non resistono e scaricano sugli uffici una valanga di emendamenti. Microrichieste per far girare un po’ di soldi verso collegio, amici o lobby di riferimento.
La maggior parte di queste proposte verrà  cassata ancor prima del voto. Ecco il riassunto della lettura di alcune centinaia di emendamenti su oltre tremila.
TERREMOTI
Insieme a nevicate eccezionali, inondazioni e altre calamità  sono un’attrazione irresistibile per i parlamentari: dal Veneto alle Marche, dal Molise alla Toscana, dall’Abruzzo alla Sicilia, non c’è Regione che non chieda un po’ di soldi per ricostruire, ristrutturare, rilanciare .
Qualcuno esagera. Paola Pelino (Pdl) chiede 600 mila euro per i Comuni che hanno subito danni fuori dal cratere de L’Aquila: Sulmona, la città  in cui produce i confetti, ne beneficerebbe. Il braccio destro di Alfano, Giuseppe Marinello, vuole 10 milioni per i contenziosi post-sisma del Belice (1968).
CULTURA
I senatori la hanno assai a cuore. Andrea Marcucci (Pd) vuole “diffondere la cultura contemporanea” con un milione al Piccolo Teatro e uno alla fondazione RomaEuropa. In molti chiedono soldi per celebrare Resistenza e Prima guerra mondiale. Pare che servano 5 milioni alla Fabbrica del Duomo, a Milano, in vista dell’Expo. E poi il calabrese Caridi vuole 500mila euro per valorizzare i Bronzi di Riace; il trentino Panizza li darebbe al Club alpino; il siciliano Alicata preferirebbe finanziare l’Istituto del Dramma Antico di Siracusa (2 milioni); Pagliari del Pd è preoccupato per il Regio di Parma (un milione); Bonfrisco e Ceroni vogliono darne 300mila all’Orchestra sinfonica di Sanremo e altrettanti al complesso “I virtuosi italiani” di Verona.
Non mancano sacrari (al Vajont), archivi storici (Fiume), gente preoccupata per il destino della lingua slovena in Italia (3,4 milioni). Il renziano Martini chiede 450mila euro per pagare i mondiali di ciclismo che si sono tenuti a Firenze in settembre.
STRADE
Ognuno vuole la sua. Va elogiata la pervicacia della Lega, che tenta in ogni modo di togliere soldi ai lavori nel Mezzogiorno (con una preferenza per la Salerno-Reggio Calabria) per pagare strade padane. Pdl e sudisti reagiscono rilanciando alla grande il Ponte sullo Stretto.
MILITARI
Il Pdl vuole dare cento milioni ai carabinieri (invece di dieci) e 400 per l’acquisto di nuove armi (invece di cinquanta). Il democratico Vattuone e altri chiedono invece 25 milioni l’anno per la ristrutturazione delle fabbriche di armamenti.
ASSUNZIONI
Per il Pd servono operai alla Forestale (1,5 milioni di euro), il Pdl gradirebbe l’utilizzo degli Lsu (Lavoratori socialmente utili) nelle opere di pubblica utilità  connesse alle grandi infrastrutture. Per i Pdl Ceroni e Milo serve personale pure all’Ente nazionale per il microcredito (mezzo milione), feudo di Mario Baccini, ex Udc.
CIECHI
L’alfaniano siculo Marinello vuole “ampliare il panorama dei servizi culturali per i non vedenti del Meridione”: per farlo la Biblioteca italiana per i ciechi deve convenzionarsi per 800mila euro con il Polo tattile multimediale di Catania.
Almeno quattro emendamenti, poi, vogliono togliere soldi all’Unione dei ciechi per darli all’Associazione Privi Vista: servono 300mila euro per la scuola di cani guida di Campagnano (Roma).
MEDICINA
L’attivissimo Ceroni (Pdl) chiede due milioni per l’Istituto di genetica molecolare “per potenziare la ricerca da osso”. Il democratico Salvatore Tomaselli vuole 1,5 milioni per il Polo tecnologico Magna Grecia (che sta a Bari).
Motivo? “In considerazione delle forti criticità  ambientali e sanitarie che affliggono Taranto”. Al relatore berlusconiano D’Alì bastano 20 milioni per ricerca e formazione a Napoli. Motivo: lo sviluppo del Mezzogiorno.
AGRICOLTURA
Roberto Formigoni chiede 15 milioni per rifare da capo il settore caseario, 25 per i centri di assistenza agricola, 40 per i premi ippici. Al pugliese del Pdl Tarquinio serve un milione per l’Agenzia per la sicurezza alimentare che sta a Foggia, mentre il fantasioso Pd molisano Ruta vuole fondere tutti gli istituti di ricerca in uno solo. Il nome? “Verdissima”.
SANTO PADRE
Secondo la Lega bisogna dare 10 milioni a Sotto Il Monte, comune di nascita di Giovanni XXIII, visto che il Papa buono sarà  canonizzato ad aprile.

Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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“IN CINQUE ANNI PERSI 1.040 EURO DI REDDITO”: LE DICHIARAZIONI DI REDDITO AI CAF

Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DELLA CISL: “VOLA IL PESO DELL’ADDIZIONALE IRPEF: + 31%”

Un’indagine sul fenomeno del “fiscal drag” mostra come il mancato adeguamento dell’imposta all’inflazione durante il periodo 2007-2012 abbia determinato un minor reddito disponibile.
Lo afferma la Cisl analizzando le dichiarazioni dei redditi elaborate dal suo Caf: nel periodo considerato la perdita è del 5,83%, circa 1.040 euro.
La perdita di reddito dovuta al cosiddetto “fiscal drag” è sopportata soprattutto dalle classi centrali (tra 10 e 55 mila euro di reddito complessivo 2012).
Tra 29 e 50 mila euro la percentuale di reddito «perso» supera il 6%.
Restano poco o per nulla toccati dal fenomeno – evidenzia lo studio del Dipartimento di Democrazia economica e Fisco della Cisl, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell’economia dell’Università  di Firenze – i contribuenti all’interno della no tax area, molti dei quali con un’imposta netta pari a zero nei due scenari, «così come rimangono solo marginalmente sfiorati dal fenomeno i redditi alti e medio alti (sopra i 55 mila euro l’entità  del fenomeno è relativamente contenuta; è minima per i redditi superiori a 150mila euro)».
I lavoratori dipendenti subiscono più di tutti il mancato adeguamento del meccanismo Irpef all’inflazione e per loro la perdita di reddito cumulata, a valori 2012, è stimata al 6%.
Calcolando la perdita del reddito, la Cisl, sulla base delle dichiarazioni dei redditi elaborate dal proprio Caf, sottolinea «l’esigenza di compensare in modo più che proporzionale gli aumenti dell’Iva attraverso una significativa riduzione dell’Irpef per non deprimere le già  scarse propensioni al consumo che incidono negativamente sulla domanda interna e sulle prospettive della ripresa economica. L’adeguamento delle detrazioni per lavoro dipendente e pensioni – rileva il sindacato di Via Po – resta dunque fondamentale per consentire il recupero del reddito disponibile delle famiglie, soprattutto in uno scenario in cui la minore disponibilità  di reddito riduce la capacità  di spesa e, indirettamente, la fruibilità  delle detrazioni concesse su alcune tipologie di spesa».
Dall’indagine emerge anche che negli ultimi anni l’aumento delle tasse (+5% tra 2010-12) ha quasi vanificato l’incremento dei redditi: «Molto forte è l’incremento delle addizionali comunali e regionali. Il loro ammontare complessivo nel 2012 è in media di 408 euro: in crescita del 6% rispetto al 2011 e di oltre il 31% sul 2010».
Per la Cisl è «fondamentale» quindi agire sui redditi familiari complessivi di ammontare basso, collocati sotto i 15.000 euro, che risultando incapienti non riescono a beneficiare appieno delle detrazioni e delle deduzioni fruibili e subiscono il maggiore peso dell’Iva.

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“DERUBARONO I PROFUGHI SIRIANI”: INDAGATI GLI UOMINI DELLA MARINA

Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile

“ORO, CELLULARI E 80.000 TRA EURO E DOLLARI”: A BORDO DELLA “CHIMERA” DOPO IL SALVATAGGIO DEL 25 OTTOBRE

Li hanno riconosciuti guardando le foto di marò e ufficiali imbarcati sulla corvetta Chimera.
Quegli stessi uomini in tuta mimetica che li avevano salvati.
Proprio loro li avrebbero costretti a consegnare soldi e gioielli mentre si trovavano a bordo della nave.
E così nell’indagine sugli ammanchi degli averi dei profughi siriani salvati il 25 ottobre spuntano i primi indagati.
Furto aggravato: è questo il reato ipotizzato dal procuratore Renato Di Natale dopo la denuncia di una ventina di migranti.
Quel giorno, a bordo della corvetta, c’erano anche marò del battaglione San Marco, come dimostra un video diffuso dalla Marina dopo il salvataggio e ora acquisito agli atti dell’inchiesta.
Alcuni di loro avrebbero perquisito i profughi appena giunti a bordo.
Una delle donne derubate racconta: «Ci separarono dai nostri bambini mentre iniziarono a perquisire accuratamente noi donne: alcune avevano nascosto i beni più preziosi nel reggiseno, altre nelle mutande. Io, per esempio, avevo cucito all’interno della mia biancheria intima più di 5mila euro. Ma ci sequestrarono tutto: l’oro, gli euro, i dollari e i cellulari. Chiesi più volte come avrei potuto recuperare i miei effetti personali, facendogli presenteche erano l’unica possibilità  per farci arrivare a destinazione. Ma quelli provavano a rassicurarci: “Mettiamo a ciascuno, in un sacchetto numerato unico, tutte le proprie cose e ve lo riconsegniamo appena scesi”». E invece
Donne e uomini separati durante il tragitto fino a Porto Empedocle.
«Iniziarono ad afferrare e sollevare i bambini per farli entrare in bagno in una maniera tale che non potessimo accorgerci se li stavano toccando per cercare soldi nascosti tra i vestiti».
All’arrivo a Porto Empedocle, la sorpresa: «Fecero scendere prima donne e bambini. Nessuno di noi aveva ancora potuto rivedere il marito in modo che non potessimo raccontargli che ci erano stati presi i soldi. Poi ci dissero che erano arrivate le nostre cose. Aprimmo i sacchetti, c’era un po’ di oro, i documenti e i cellulari. Ci avevano lasciato i soldi siriani e libici mentre i dollari e gli euro erano scomparsi. In tutta la nostra imbarcazione sono spariti 64mila euro e 25mila dollari circa. Io stessa mi sono vista sparire 4.300 dollari e 1.500 euro».
Il marito aggiunge: «Noi abbiamo venduto la nostra casa, abbiamo venduto tutti i nostri averi in modo da non aver bisogno di chiedere aiuto. E ora non abbiamo più i soldi per mangiare. Quelli non erano soldati, erano l’esercito di Alì Baba. Ladroni».

Francesco Viviani e Alessandra Ziniti
(da “la Repubblica”)

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DIETRO LA DEPENALIZZAZIONE PER REATI TRIBUTARI SPUNTA UNA NORMA SALVA-SILVIO

Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile

TENTATIVO COLPO DI SPUGNA SUL PROCESSO MEDIASET

Un contenitore: la delega fiscale. Uno strumento: i decreti legislativi. Un sogno: depenalizzare d’un colpo i reati fiscali, in particolare la frode fiscale.
Indovinate per chi? Ma per Silvio, ovviamente.
D’un soffio ecco sparire il processo Mediaset, la condanna a quattro anni, l’interdizione dai pubblici uffici di due anni, e pure la conseguente, dannatissima decadenza.
Berlusconi ne uscirebbe pulito, con la fedina penale di un ragazzino.
Con la chance intatta di potersi candidare come premier alle prossime elezioni politiche. Proprio quello che, se la storia resta invece quella attuale, non potrà  più fare per sei anni.
Non è un periodo del terzo tipo quello che precede. Ma il rischio realistico che, nella legge sulla delega fiscale, in discussione presso la commissione Finanze del Senato dopo il via libera della Camera, il Pdl possa accelerare i tempi con l’obiettivo di far approvare poi un decreto legislativo che ridisegni i confini dei reati finanziari.
Ci lavora il capogruppo alla Camera Renato Brunetta che ha come longa manus Daniele Capezzone.
Per ora, nella legge, è sufficiente un accenno generico alla necessità  di rivedere le norme che puniscono il vasto ambito delle evasioni fiscali. Il resto si farebbe per decreto legislativo, o ancor meglio nella legge di stabilità , una volta che il principio è passato.
Proprio Capezzone, a chi lo interroga sui reali obiettivi della manovra, spiega che la stessa Guardia di Finanza, per bocca del suo comandante generale audito in commissione, avrebbe parlato della necessità  di utilizzare meno le sanzioni penali per le dichiarazioni infedeli e sfruttare invece quelle amministrative.
Ma va da sè che la dichiarazione infedele non è la frode fiscale, e qui Capezzone e Brunetta si trincerano dietro la promessa che «il regime penale per i comportamenti più gravi non sarà  cambiato».
Ma conoscendo i berlusconiani si sa che l’appetito vien mangiando.
Un fatto è certo: nel più stretto entourage dell’ex premier è insistente la voce di una possibile revisione del processo. Una depenalizzazione risolverebbe il problema alla radice perchè cancellerebbe l’inchiesta Mediaset dalle fondamenta.
Fatta la norma – che però deve essere secca e riguardare specificamente il reato contestato a Berlusconi, e cioè l’articolo 2 del decreto legislativo del 10 marzo 2000 (numero 74), che disciplina la «dichiarazione fraudolenta», alias frode fiscale – ecco che si deve applicare l’articolo 673 del codice di procedura penale.
Il quale impone «la revoca della sentenza in caso di abrogazione della norma incriminatrice».
Il giudice dell’esecuzione – in questo caso la procura di Milano dopo la sentenza della Cassazione – «revoca la sentenza di condanna dichiarando che il fatto non è previsto come reato».
Sarebbe il capolavoro tra i tanti tentati e, alcuni realizzati,colpi di spugna. Per ora Brunetta e Capezzone negano, dicono che i reati più gravi non verranno toccati, ma già  il ronzare proprio intorno ai reati finanziari è un fatto innegabilmente sospetto.
Sul quale accendere un riflettore di massima attenzione.
Basterebbe un blitz: far passare la norma, e contemporaneamente far slittare la decadenza dal 27 novembre a dicembre, magari ampliando il numero già  abnorme degli emendamenti alla legge di stabilità .
Poi, se passa il principio che la frode fiscale va derubricata a sanzione amministrativa, a quel punto sarebbe arduo per i partiti prodecadenza mandare avanti la procedura come se niente fosse.
Bloccarla fino a congelarla del tutto sarebbe inevitabile. A quel punto il Cavaliere è salvo.
Tutto questo però sarebbe possibile se il Pdl riuscisse a trovare una sufficiente maggioranza.
Qui sta il punto debole dell’operazione, perchè c’è da giurarci che mai il Pd potrà  sottoscrivere la madre delle leggi ad personam, quella che cancella la condanna definitiva di Berlusconi per Mediaset.

Liana Milella
(da “La Repubblica”)

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CICCHITTO ACCENDE LA MICCIA: “COSI DISERTIAMO IL CONSIGLIO NAZIONALE”

Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile

“MANCANO LE CONDIZIONI PER UN SERENO DIBATTITO”…”VOTO ANTICIPATO:? QUALCUNO NEL PDL VUOLE FARE UN FAVORE A RENZI”

La colomba ministeriale Fabrizio Cicchitto torna a minacciare la diserzione del Consiglio nazionale del Pdl in programma il 16 novembre.
Nelle ultime ore “c’è stata la radicalizzazione dello scontro da parte di fuochisti, lealisti e falchi, per cui sembra che vengano meno le condizioni per un dibattito sereno”, afferma l’ex capogruppo alla Camera in un’intervista al Mattino.
“Aggiungo anche che non è chiaro l’ordine del giorno e neanche il contesto nel quale una riunione così delicata dovrebbe svolgersi. Ecco dunque che i dubbi sulla nostra partecipazione sono meritevoli di approfondimento”.
Un’area del partito, chiarisce Cicchitto, si riconosce nelle posizioni del segretario Angelino Alfano, ma “non si tratta di scippo” del partito a Berlusconi.
“In ogni caso è assolutamente sbagliato fare quest’accelerazione ai danni del governo” perchè, spiega, “se si va a elezioni immediate il centrosinistra è già  pronto con Matteo Renzi e noi invece non abbiamo un candidato, visto che Alfano non è condiviso da una parte del partito. Ma se poi non si va al voto le cose non sono meno gravi: da un governo amico si passerebbe a un governo ostile, nel quale il Pdl non ci sarebbe. E allora mi chiedo: che senso ha questa accelerazione?”.
Cicchitto risponde anche al paragone con la magra sorte elettorale toccata a Gianfanco Fini dopo la rottura con Berlusconi, uno spettro evocato dal Cavaliere stesso pochi giorni per frenare le tentazioni scissorie degli alfaniani. “Penso — aggiunge Cicchitto — che non ci sia nessun motivo per cui si debba bollare alcuni esponenti del partito come traditori” mentre “la storia di Gianfranco Fini non c’entra proprio niente con quanto sta accadendo”.
I falchi, evocati, rispondono. Daniela Santanchè avverte gli alfaniani che alla fine del Consiglio nazionale potrebbero “risvegliarsi in un incubo“.
La Pitonessa spera che sabato finisca così: “Dobbiamo essere tutti d’accordo che si torna a Forza Italia e che tutte le deleghe sono in mano a Berlusconi, che è quello che prende voti per tutti e quindi deve poter decidere. Poi se c’è qualcuno che preferisce la poltrona del ministro, pensando di essere diventato capace e di essere il più bravo, si sveglierà  e sarà  un incubo”. Ieri sera a “Quinta Colonna” (Rete 4), Santanchè ha voluto ricordare   che “tutto è stato fatto da Silvio Berlusconi: non è che Alfano è diventato segretario perchè ha vinto un concorso. Non è che la Lorenzin fa il ministro perchè ha vinto un concorso, ma perchè Berlusconi lo ha deciso”.
Oggi dovrebbe essere resa pubblica l’annunciata lettera-appello degli autodefiniti “innovatori” guidati da Alfano, indirizzata a Silvio Berlusconi in vista appunto del Consiglio nazionale. Secondo quanto riferito nel documento, firmato da circa la metà  dei membri della Direzione nazionale, viene ribadita la necessità  di continuare a sostenere il governo Letta anche in caso di decadenza di Silvio Berlusconi da senatore.

(da “il Corriere della Sera”)

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