Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
MA DESIDERO NON AVERE NULLA A CHE FARE CON COLORO CHE OGGI, DOPO AVERNE TRADITO L’IDENTITA’ SOCIALE PER ATTOVAGLIARSI ALLA GREPPIA DEL POTERE, LO RICORDANO SENZA VERGOGNA
Venti anni di militanza politica, di giornate a macchiarsi con l’inchiostro del ciclostile, di serate ad attaccare manifesti, di interventi alle assemblee scolastiche in contrapposizione agli esponenti di Lotta Continua, di pomeriggi passati in volantinaggi o in sede a discutere di politica, di presenza ai comizi dove sulle nostre teste volavano pietre “democratiche”.
Fino a rappresentare il Msi, a soli 29 anni, come capogruppo in consiglio provinciale a Genova, portando avanti istanze sociali, ambientaliste, culturali, rispettando le altrui opinioni e ricevendo altrettanto rispetto. Passando per la creazione di un circolo di cultura politica, un centro librario, rassegne editoriali, pulizia delle spiagge, organizzazione di concerti, confronti con altre forze politiche anche di sinistra, cene sociali con presentazioni di libri, creando comunità.
In una città egemonizzata allora dalla sinistra ufficiale del Pci e da quella extraparlamentare di Lotta Continua, poi teatro delle azioni “militari” delle Brigate Rosse.
Con corollario di molotov contro la sede del circolo e un paio di tentativi di aggressione armata che ricordo come mero dato statistico. Mai lamentato e mai chiamato in soccorso “i tutori dell’ordine” o denunciato qualcuno. Chi fa una scelta di campo ne conosce le conseguenze, rinunce comprese.
La premessa finisce qui, con una considerazione: non ho nulla di cui vergognarmi.
Come chi legittimamente ha militato nel Pci o nei gruppi extraparlamentari, ognuno seguiva i propri ideali di società, giusti o sbagliati che fossero. Chi oggi dipinge il Msi come un mero partito di nostalgici non sa di cosa parla, bisogna averlo vissuto dall’interno, conoscerne le varie anime e le pulsioni. Lo stesso errore di chi a destra, ha dipinto per anni il Pci come emanazione perenne del Cremlino.
Ma proprio perchè si chiamava Movimento “sociale” non desidero essere accomunato a coloro che in questi giorni hanno ricordato il 76° anniversario della sua nascita, ovvero a soggetti che ne hanno tradito l’identità sociale per un posto in parlamento o in qualche greppia di potere.
Il Msi non era un partito di destra conservatore, non ha mai difeso gli evasori fiscali e i poteri forti, non ha mai fatto favori al neocapitalismo d’assalto e alle lobby, non ha mai condotto guerre contro i deboli e i poveri.
Questo andrebbe ricordato, altro che “le radici profonde non gelano mai”, qualcuno si è scongelato da tempo grazie a un posto vicino a un caldo caminetto borghese.
Se qualcuno ha usato il Msi come rampa di lancio per planare su una poltrona, abbia il buon gusto di non parlare a nome di una comunità dissolta in mille rivoli.
Tanti non entrarono in una sede del Msi per affogare dei disperati o per condonare chi danneggia lo Stato non pagando le tasse.
Eravamo “un’alternativa al sistema”, non un “sistema per garantirsi una poltrona”, non dovevamo “conservare” privilegi, li combattevamo, non dovevamo accreditarci con il “vestito buono” nei salotti che contano, venivamo dai quartieri popolari e ci siamo rimasti.
Non ci interessano le nostalgie, guardiamo avanti, oggi come allora.
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Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
SEA EYE: “SEGUIREMO LA LEGGE TEDESCA”… MEDICI SENZA FRONTIERE: “PRONTI A PARTIRE CON LA GEO BARENTS, RISPETTIAMO SOLO IL DIRITTO INTERNAZIONALE”
«Non seguiremo alcun codice di condotta illegale né qualsiasi altra
direttiva ufficiale che violi il diritto internazionale». È la reazione della Sea-Eye al decreto del governo italiano sulle attività di salvataggio in mare delle ong approvato poche ore fa dal Consiglio dei ministri. L’organizzazione non governativa tedesca nata nel 2015 con sede a Ratisbona, in Germania, rifiuta il provvedimento italiano, dichiarando le sue chiare intenzioni a non rispettare quanto deciso da Roma. «Rifiutiamo questo cosiddetto codice sulle Ong e temiamo che ciò possa portare a conflitti con le autorità italiane. Ci aspettiamo che il governo tedesco ci protegga», ha detto Annika Fischer, membro del consiglio di amministrazione Sea-Eye.
Tra le misure imposte dal decreto sono previste anche regole e sanzioni per le Ong, obbligate da ora in poi ad avviare le procedure per richiedere la protezione internazionale, a richiedere alle autorità Sar il porto di sbarco e a raggiungerlo senza ritardi. Il comandante dovrà poi riferire alla autorità italiane come si è svolta l’attività di ricerca e quella di soccorso dei migranti in mare.
Sempre secondo il decreto, in caso di operazioni plurime, le successive alla prima non dovranno compromettere le tempistiche concordate per il raggiungimento del porto sicuro. La violazione delle norme obbligherà il comandante al pagamento di una sanzione amministrativa tra i 10mila e i 50mila euro. Nello stesso tempo verrà imposto il fermo amministrativo dell’imbarcazione fino a 2 mesi, contro il quale si può fare ricorso al prefetto.
Regole a cui ha già reagito la ong tedesca Sea Watch, denunciando «un tentativo di delegittimazione da parte del governo» nei confronti del loro operato, e che ora vede anche la Sea-Eye in protesta contro Roma.
«Ci aspettiamo che il governo tedesco tuteli le organizzazioni di soccorso in mare sotto bandiera tedesca dal comportamento illegale delle autorità italiane e ci sostenga con decisione in caso di conflitto», ha continuato Fischer.
«Qualsiasi ritardo nelle nostre operazioni mette in pericolo vite umane». Intanto dagli account ufficiali dell’organizzazione è partita la recluta di candidati pronti a partire a gennaio 2023: «Siamo determinati ad aiutare quante più persone possibile in difficoltà in mare anche nel prossimo anno».
Medici Senza Frontiere torna in mare e sfida il decreto
Anche Medici Senza Frontiere poche ore fa si è espresso contro il decreto del governo Meloni, annunciando la nuova partenza della Geo Barents, attualmente ferma al porto di Augusta.
«Medici Senza Frontiere è pronta per ripartire con la Geo Barents. La strategia del governo ha l’obiettivo di ostacolare le attività di ricerca e soccorso delle Ong e non fa che aumentare in modo esponenziale il rischio di morte per migliaia di persone», ha spiegato il capomissione di MSF Juan Matias Gil.
«Salvare vite umane è il nostro imperativo ed è un obbligo sancito da tutte le convenzioni e le leggi internazionali e per questo continueremo a farlo».
Tra il 31 dicembre e il 1° gennaio la Geo Barents tornerà a navigare nel Mediterraneo con l’obiettivo di salvare vite. Ma il decreto preoccupa. «Immaginate un incidente in auto con molti feriti e le ambulanze costrette a portarli negli ospedali di un’altra regione. A un certo punto non ci saranno più ambulanze disponibili. È quello che succederà da oggi nel Mediterraneo», ha aggiunto tramite gli account ufficiali dell’ong il presidente Marco Bertotto.
(da Open)
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Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
LA RICERCA DEL NETWORK SANITARIO USA NICERX: MEDIA DI VITA DI OLTRE 84 ANNI
Nonostante i tantissimi problemi del nostro Paese, in Italia si vive generalmente bene. A dimostrarlo ancora una volta è la classifica sulle aspettative di vita alla nascita che colloca gli abitanti della Penisola tra i primi posti a livello mondiale per longevità.
Secondo una ricerca del network sanitario statunitense NiceRx, infatti, chi nasce oggi in Italia oggi ha una aspettativa di vita in media di oltre 84 anni. Un dato che colloca il nostro Paese al quinto posto nel Mondo, dietro solo a Hong Kong, Giappone, Svizzera, che possono vantare una aspettativa di vita di 85 anni, e a una passo da Singapore. Appena dietro di noi Spagna e Australia. Molti più indietro tutti gli altri
Ovviamente resta il gap di genere tra uomini e donne con le seconde che arrivano a una aspettativa di vita di ben 85,97 e i primi che invece si fermano a 81,9 anni.
Dati che in sostanza confermano la crescita registrata negli ultim tempi dai numeri ufficiali Istat, relativi però al 2021, secondo i quali a livello nazionale gli italiani possono contare su una speranza di vita di 82,4 anni contro gli 82,1 registrati nel 2020. Dati che confermano che la speranza di vita ha ripreso a salire dopo la pandemia covid. Per gli uomini, si è passati da 79,8 a 80,1, mentre quella delle donne è cresciuta da 84,5 a 84,7 anni.
Dati in qualche modo sorprendenti se si pensa che noi spendiamo molto meno degli altri partner occidentali nella sanità. L’indagine statunitense infatti esaminato anche l’ambito della spesa sanitaria pro capite dove per trovare l’Italia bisogna scorrere fino alla ventesima posizione. In questa speciale classifica, in cima alla graduatoria ci sono gli Stati Uniti seguiti da Germania e Svizzera.
Meglio va con il terzo aspetto che analizza il ‘NiceRx’ e relativo ai tempi di attesa medi per un ricovero. Con un punteggio di 0,27, il nostro Paese infatti si piazza al quindicesimo posto, insieme alla Danimarca. Prima è la Norvegia, che ha un punteggio di 8,13. Seconda e terza l’Australia e il Canada
(da Fanpage)
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Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DELL’OPERAZIONE E IL RUOLO FONDAMENTALE DEI DRONI TELECOMANDATI DALL’INIZIO DELLA GUERRA
Allo scoppio della guerra, dieci mesi fa, il corpo militare ucraino
pubblicava un post su Facebook in cui chiedeva a tutti i cittadini che possedevano un drone di donarlo al governo per aiutare nelle operazioni di sorveglianza. Dai droni Bayraktar turchi a quelli kamikaze iraniani fino all’impiego di quelli civili dal costo di poche centinaia di euro, l’utilizzo dei droni ha cambiato il corso della guerra e il modo in cui i conflitti saranno combattuti nel futuro.
Dzhyhit, guerriero del Caucaso e Hagrid, il mezzogigante guardiacaccia della saga di Harry Potter, sono i due giovani soldati ucraini che incontriamo sulla strada all’entrata di Bakhmut, utilizzano solo nomi di battaglia per motivi di sicurezza. Ci lampeggiano con i fari del loro fuoristrada ricoperto di fango e senza fanali.
Hagrid ha il passamontagna perché non vuole farsi riprendere in viso, ha paura che i militari russi possano riconoscerlo e accanirsi contro la sua famiglia che vive in un territorio occupato nella regione di Kherson. Saliamo sul loro fuoristrada e andiamo a circa tre chilometri dal fronte a far volare un drone super leggero verso le linee nemiche per comunicare le coordinate delle posizioni russe che l’artiglieria ucraina a sua volta bombarderà.
Le strade di campagna che percorriamo ad alta velocità sono una distesa di fango e pozzanghere, superiamo qualche postazione ucraina poi, dopo venti minuti, ci fermiamo, uno dei due scende per controllare che non ci siano pericoli. Quando torna alla macchina ci dice di seguirlo, cominciamo a correre tra gli alberi e gli arbusti imbiancati dalla neve, bisogna essere veloci per non essere individuati dai droni russi. Attraversiamo una radura ed entriamo in un avvallamento dove poterci riparare in caso di bombardamento.
Dzyhit prepara il drone, Hagrid con un fucile automatico gli copre le spalle e sorveglia l’area. Lo fanno alzare in cielo e quindi lo dirigono verso le posizioni russe, ci spiegano che bisogna essere rapidi in quanto ci sono dei dispositivi che riescono ad identificare il controllo remoto del drone e a geolocalizzarlo, quindi a bombardarne la posizione.
D’improvviso, tra i costanti e ripetuti echi dei bombardamenti che ci sovrastano, sentiamo un sibilo di bomba vicinissimo che ci fa lanciare tutti a terra nel minor tempo possibile. Non succede nulla ma c’è apprensione tra i soldati, Hagrid si guarda intorno, Dzyhit è accovacciato per terra e attraverso una radiotrasmittente invia le coordinate. Poco dopo vediamo dallo schermo del telecomando del drone l’artiglieria ucraina colpire, missione compiuta, lo fanno rientrare.
Appena atterrato il drone, un militare corre via verso l’auto, l’altro recupera il velivolo telecomandato, lo smonta e comincia a correre, questo è il momento più pericoloso, ci dicono, bisogna uscire il più in fretta possibile dall’area che potenzialmente può essere colpita.
Corriamo fino all’automobile che ci attende a motore acceso e con le portiere aperte. Saltiamo su. In quindici minuti di guida sfrenata, sgommate e derapate siamo fuori pericolo da un attacco russo. Ci riportano alla nostra auto e ci salutiamo. La mattina seguente andiamo a trovarli in una casa dove preparano esplosivi per il drone, delle piccole bombe – di tritolo e polvere da sparo – da attaccare al velivolo e sganciare sul nemico.
Dzyhit è in una stanza con una luce frontale di colore rosso a smontare munizioni di lanciagranate AGS17 e AGS40, le modifica affinché queste una volta sganciate tocchino terra ed esplodano. Vediamo che su un comodino ne ha svariate da preparare, mentre sul davanzale di una finestra ci sono altri droni, alcuni, racconta, sono russi, colpiti e abbattuti. Finita la preparazione delle bombe, prende un elemento di plastica che si aggancia al drone per trattenere la bomba finché questa non venga sganciata, racconta che il pezzo è stato disegnato al computer e stampato in 3D.
Per assicurarsi che tutto funzioni vi posiziona una bomba priva di carica esplosiva e fa delle prove di volo in casa, dice che il rischio maggiore è che la bomba si sganci mentre il drone sorvola le loro teste o le posizioni ucraine e colpisca il bersaglio sbagliato. I due ragazzi sono amici sin dall’infanzia, entrambi di Odessa, Hagrid ha raggiunto Dzyhit per aiutarlo e non lasciarlo da solo, ben sapendo, che se gli succederà qualcosa il suo amico si prenderà cura dei suoi quattro figli. Combattono una guerra tecnologica utilizzando computer, stampanti 3D, droni e iPad per la libertà della loro terra.
(da La Stampa)
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Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
GOFFREDO BETTINI: “CONTE HA SBAGLIATO, NEI MODI E NEI TEMPI, A FAR CADERE DRAGHI. MA ANCHE LETTA HA SBAGLIATO A DICHIARARE CONCLUSO IL RAPPORTO CON CONTE IMMEDIATAMENTE DOPO”… “LA SEPARAZIONE NEL LAZIO TRA IL PD E M5S È INCOMPRENSIBILE”
Crisi Pd-M5s, Goffredo Bettini ci va giù pesante e, in un’intervista a “L’Identità”, spara a zero sugli errori commessi finora dal segretario grillino e da quello dem.
L’orizzonte è naturalmente quello delle elezioni regionali in programma nel Lazio a febbraio. «La separazione nel Lazio tra il Pd e il Movimento 5Stelle è davvero incomprensibile. Avviene dove si è governato insieme e bene. Sul tema dell’inceneritore si potevano cercare e trovare altre vie, rispetto a una contrapposizione ideologica e distruttiva. E poi: si sarebbero potuti consultare i cittadini. Conte non ha aperto un dialogo, ha detto in una solenne conferenza stampa: o mangiate la mia minestra oppure ognuno per la sua strada».
Così Goffredo Bettini, dirigente nazionale del Pd, si esprime sulle prospettive delle Regionali nel Lazio in una intervista al quotidiano «L’Identità».
«Non so dare un giudizio su Donatella Bianchi che, francamente, conosco poco. Confido, invece, su un voto ampio, trasversale, civico attorno a Alessio D’Amato che si è dimostrato sul campo una persona di notevole valore – aggiunge – Questo clima di aspra competizione tra la sinistra e il Movimento 5Stelle ha origine in due errori commessi nei giorni finali del governo Draghi. Conte ha sbagliato, nei modi e nei tempi, a far cadere il premier. Ma anche Letta ha sbagliato a dichiarare concluso il rapporto con Conte immediatamente dopo. In tutti i collegi uninominali, un suicidio annunciato. Da allora, il Movimento 5Stelle ha deciso di intraprendere una corsa solitaria che può avvantaggiarlo nell’immediato. Ma che non ha futuro».
(da il Tempo)
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Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO: PORTARE A CASA, TRA CENTRODESTRA E “AZIONE”, TUTTI I DIECI LAICI DEL CSM
Da 48 ore lo scontro si è allargato alla prescrizione e all’ordine del giorno
di Enrico Costa di Azione che vuole buttare a mare la legge Spazzacorrotti di Alfonso Bonafede e ripristinare la prescrizione “eterna” – quella che Berlusconi ama perché ha fatto morire i suoi processi – anche se nella versione dell’ex Guardasigilli Andrea Orlando.
Non ci stanno Pd e M5S che accusano il Terzo polo di «fare sulla giustizia la terza gamba del governo », magari con l’obiettivo, tra un paio di settimane, di portarsi a casa tutti i dieci laici del Csm. Perché la destra, con i suoi 353 voti, da sola non ce la fa, ma con Azione e Iv può sbaragliare l’opposizione già al primo voto.
Valentina D’Orso, che per M5S ha bocciato la fiducia, parla di «una proposta inaccettabile perché è un altro attacco prevedibile alla Spazzacorrotti, perché il mood del centrodestra è proprio quello di scardinarla il prima possibile».
E poi l’attacco a Costa che «detta la linea sulla giustizia perché il Terzo polo è in assoluta assonanza con la maggioranza e vuole alleggerire le norme sui colletti bianchi. L’obiettivo è abbassare la guardia sulla corruzione e inviare un messaggio di impunità».
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
MONSIGNOR PEREGO: “HANNO SALVATO IL 10% DELLE PERSONE CHE ALTRIMENTI SAREBBERO AFFOGATE: SAREBBE QUESTO IL REATO?”
L’approvazione del decreto migranti – o decreto sicurezza – è arrivata ieri sera, mercoledì 28 dicembre, durante il consiglio dei ministri.
Dopo la reazione di alcune Ong, che ne hanno criticato il contenuto – soprattutto il sistema di sanzioni fino a 50mila euro e il sequestro della nave impiegata per il soccorso se non viene rispettato il nuovo codice di condotta – è arrivata la bocciatura da parte dei vescovi.
«È paradossale che sia considerato uno strumento di insicurezza uno strumento che in questi anni è stato di sicurezza per almeno il 10% delle persone che sono sbarcate nel nostro Paese e in Europa”, cioè le navi delle Ong, “sia considerato uno strumento di insicurezza», ha detto a Vatican News monsignor Gian Carlo Perego, riferendosi al lavoro di ricerca e soccorso delle navi ong, responsabili quest’anno del 10 per cento dei salvataggi, «credo che questo decreto cadrà presto, nel senso che è costruito sul nulla, costruito soprattutto su un segnale di insicurezza che è in realtà è fasullo», ha concluso l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione Cei per le migrazioni.
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
NON SI È MAI DIPLOMATO AL COLLEGE E NON HA MAI LAVORATO IN BANCHE D’AFFARI… HA DETTO DI ESSERE EBREO E CHE I SUOI NONNI ERANO SCAPPATI DAI NAZISTI MA LUI È CATTOLICO… FINTO ANCHE IL SUO MATRIMONIO, SANTOS È GAY… GLI AFFARI OPACHI IN FLORIDA
Tutte le bugie di George Santos. Ha mentito sulla sua istruzione, sui suoi
lavori passati, sulla sua religione e, forse, anche sulle sue finanze ma non si considera un “criminale” e intende assumere il suo incarico di rappresentante di Long Island e Queens a Capitol Hill.Il repubblicano George Santos, la cui vittoria alle ultime Midterm ha contribuito a riconsegnare al Grand old party il controllo della Camera, confessa le sue bugie anche se non risponde a tutte le domande sollevate dal New York Times e lascia molte ombre sulla sua figura politica e personale.
“Ho abbellito il mio curriculum, lo fanno in tanti”, ha ammesso il 34enne di origine brasiliana in un’intervista al New York Post e alla radio WABC. Durante la campagna, il repubblicano aveva dichiarato di essersi laureato all’università Baruch nel 2010 e di aver lavorato per Citigroup e Goldman Sachs.
Ma il Nyt aveva rivelato che sia al college che nelle banche d’affari non v’era nessuna traccia del passaggio di Santos. Dopo sette giorni di malumori all’interno del partito, è stato costretto ad ammettere non solo di non aver frequentato l’università menzionata nel cv ma anche di non essersi mai laureato né di aver lavorato a Wall Street. “Sono imbarazzato, nella vita si fanno cose stupide”, ha detto. Le bugie non si sono limitate alla sfera professionale.
In più di un comizio Santos ha parlato della sua famiglia ebrea in fuga dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale, dichiarandosi lui stesso ebreo. In realtà il politico è stato cresciuto in una famiglia cattolica ed è a tutt’oggi cattolico. “Sono cattolico ma poiché ho saputo che la mia famiglia materna aveva origini ebraiche ho detto che ero ‘ebreo’”.
Dichiarazioni che non sono piaciute alla Repubblican Jewish Coalition che lo ha bandito da ogni suo evento. Santos è anche sospettato di aver mentito sul suo orientamento sessuale per accaparrarsi i voti della comunità Lgbtq+ dopo che il Daily Beast ha rivelato che il deputato è stato sposato con una donna fino a quando non ha lanciato la sua prima campagna nel 2020.
Di per se’ nulla di strano tranne che non lo aveva mai dichiarato e la mancanza di trasparenza è un peccato che i media americani difficilmente perdonano ai personaggi pubblici. Su questo punto il deputato ha ammesso di essere stato sposato con una donna dal 2012 fino al 2017, ma ha precisato di essere gay oggi e felicemente sposato con un uomo.
Restano due punti, forse i più importanti, ancora da chiarire. il primo è un’accusa di frode in Brasile per aver firmato assegni di un libretto rubato. “Non sono un criminale, ne’ qui ne’ in Brasile ne’ in nessun’altra giurisdizione nel mondo”, ha risposto Santos.
E tuttavia il New York Times ha trovato il fascicolo del tribunale nel quale c’è la sua confessione, solo che il caso è rimasto irrisolto perché’ lui è sparito. Il secondo, le sue finanze. Durante la prima candidatura nel 2020 Santos aveva dichiarato di non aver entrate e versato per la sua campagna poche migliaia di dollari.
Passano due anni e dalla dichiarazione fiscale il politico sembra essere diventato improvvisamente ricco tanto da poter contribuire con quasi 700.000 dollari alla sua nuova campagna. Santos sostiene che la maggior parte della sua ricchezza arrivi da una società della Florida di cui è l’unico proprietario: la Devolder Organization.
Ma dai documenti visionati dal Washington Post risulta che la società sia stata creata a maggio del 2021, solo un mese prima di annunciare la sua candidatura, e a luglio del 2022 aveva un fatturato di soli 43.688. In più dopo aver millantato di possedere circa 13 case, Santos ha ammesso di non averne neanche una e di essere ospite della sorella
“Ho vinto le elezioni parlando delle preoccupazioni della gente, non del mio curriculum e di questo mi occuperò a Washington”, ha ripetuto Santos. C’è solo da vedere cosa succederà da qui al primo gennaio con il partito democratico che ne chiede le dimissioni e quello repubblicano sempre più in imbarazzo.
(da Blitzquotidiano)
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Dicembre 29th, 2022 Riccardo Fucile
PER I RAZZISTI E’ INCONCEPIBILE CHE QUALCUNO CERCHI DI FARE QUALCOSA PER IL PROSSIMO, CONTA SOLO IL DENARO DA CONSERVARE NEL MATERASSO
La guerra alle organizzazioni non governative, le Ong, che salvano persone in mare è una cifra identitaria del nazional-populismo italiano ed europeo. Poco importa che le navi umanitarie nel 2022 abbiano soccorso appena l’11,2% delle poco più di centomila persone approdate sulle coste italiane. Gli altri o arrivano con i propri mezzi, oppure sono soccorsi da altre navi, con la Guardia costiera e la Marina militare in prima fila, sebbene costrette a operare in silenzio.
Dai primi giorni del suo insediamento, il governo Meloni aveva ripreso l’odiosa campagna contro le Ong, fino al punto da provocare una crisi dei rapporti con la Francia. Preceduto, va ricordato, dall’improvvida iniziativa dell’allora ministro Minniti che per primo ha fatto di tutto per imbrigliare le attività di salvataggio delle Ong con il suo “codice di condotta”. Limitarne l’attività, se possibile allontanarle dalle acque territoriali, rendere più costosi e complicati i salvataggi: queste sono le linee-guida del governo Meloni. A cui si può aggiungere l’intento più malevolo e insidioso sul piano delle relazioni intergovernative: scantonare dall’obbligo di offrire approdo ai naufraghi e asilo ai profughi cercando di scaricarne l’onere sugli Stati di cui le navi inalberano la bandiera.
A scorrere l’elenco delle prescrizioni governative sembra che le navi umanitarie trasportino “rifiuti pericolosi” o svolgano un servizio di trasporto da disciplinare strettamente, perché foriero di chissà quali nefaste conseguenze. O le due cose insieme. Basti pensare agli effetti di alcune disposizioni, se non interverrà un moto di resipiscenza nell’iter di approvazione del decreto. L’obbligo di raggiungere «senza ritardi» il porto assegnato fa pensare che se il comandante ricevesse un’altra richiesta di soccorso dovrebbe ignorarla, lasciando affondare le persone, per non procrastinare lo sbarco o deviare, dalla rotta assegnata. I requisiti di idoneità tecnico-nautica innescano un paradosso analogo: se un salvataggio dovesse comportare il superamento del numero consentito di passeggeri, il comandante dovrebbe abbandonare qualcuno al suo destino?
Come minimo, il governo comunica una visione dei salvataggi in mare come un’attività dannosa, da circoscrivere, scrutare, penalizzare, con la minaccia di gravi sanzioni pecuniarie (cadute, per fortuna, quelle penali dell’epoca Salvini).
Serve ad aggravare i costi l’obbligo di raggiungere porti più lontani, anche se ammantato dalla (debole) motivazione di alleggerire i porti di approdo più prossimi: come se non si potesse in poche ore trasportare le persone, una volta sbarcate, in luoghi idonei ad accoglierle.
Ma non basta. L’imposizione di informare le persone tratte in salvo «della possibilità di richiedere la protezione internazionale», raccogliendo «i dati rilevanti» lascia trasparire l’obiettivo di devolverne la responsabilità agli Stati di bandiera delle navi. Non solo provocherà tensioni con i Paesi amici (che accolgono, va sempre ricordato, più rifugiati di noi), ma solleverà seri dubbi di legittimità e praticabilità: le richieste di asilo secondo le norme vanno sottoposte alle autorità di Stato, che hanno titolo fra l’altro per verificare l’identità, la provenienza, l’autenticità dei documenti di chi le presenta. Non sembra sostenibile che dei soggetti privati, nella concitazione dei salvataggi e della prima assistenza in mare, possano farsene carico.
Da tempo ormai la nuova enfasi sui confini e sulla sovranità nazionale come valori pressoché assoluti ha messo nel mirino le organizzazioni umanitarie indipendenti, specialmente se basate all’estero. Il fatto che ricevano finanziamenti privati e pratichino una solidarietà che travalica i confini scatena un immaginario complottista, altro marchio di fabbrica del nazionalpopulismo.
Di solito sono governi autoritari come quello russo o quanto meno dai dubbi standard democratici, come l’Ungheria di Orbán, a intralciare o vietare le loro attività. Ora anche il governo Meloni si aggiunge a questa poco commendevole compagnia.
Se le Ong non piacciono, un’alternativa ci sarebbe: una seconda operazione Mare Nostrum, con un ampio dispiegamento della Marina militare, per trarre in salvo i naufraghi senza coinvolgere soggetti terzi. Ma temiamo che non si farà: se il primo bersaglio sono le Ong, il secondo sono le persone che vorrebbero cercare scampo al di là del mare. Tant’è che noi europei, italiani purtroppo per primi continuiamo a sostenere la cosiddetta Guardia costiera e i «lager» – parola dell’Onu – della Libia.
(da Avvenire)
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