Dicembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
IN CASA MELONI SI REGISTRA UNA SPACCATURA CON LA CORRENTE DI RAMPELLI SUL PIEDE DI GUERRA
La candidatura di Francesco Rocca continua a scuotere i nervi del centrodestra e di Fratelli d’Italia. Ieri ha iniziato a girare la voce dell’esistenza di un sondaggio interno, riservato, sulle regionali nel Lazio. Un motivo come un altro per continuare ad accusarsi reciprocamente, sospettare sabotaggi e dare sfogo alla discussione sulla scelta dell’ex presidente della Croce Rossa come candidato.
A dare notizia del sondaggio – « FdI lo ha chiesto per capire se il nome di Rocca sia stato intaccato dopo le notizie sul suo passato, tra spaccio e rapporti ingombranti » – è Dagospia. A sentire lo stato maggiore di FdI però la rilevazione non esisterebbe. Mistero di Natale.
Ormai, però, il danno è fatto. Riecco la spaccatura interna. C’è chi accusa gli esponenti di FdI vicini al vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, di aver messo in giro la voce del sondaggio per screditare Rocca. Altri alimentano il sospetto: il partito ha mai sondato l’ex presidente della Cri? E se una rilevazione c’è stata perché non è stata diffusa neanche all’interno del partito? Il timore è che i risultati non siano allettanti, non al punto da farli girare.
Quelli pubblicati dalla stampa davano Rocca vincente ( di poco) con il 40%. Rampelli? Al 50%.
Intanto si cerca di allargare la coalizione creando una lista civica per attrarre « società civile, mondo produttivo e delle professioni » , ha detto ieri Rocca dopo l’incontro con i coordinatori regionali Paolo Trancassini (FdI), Claudio Durigon (Lega) e Claudio Fazzone (Forza Italia).
Della civica presto parlerà con Vittorio Sgarbi di Rinascimento e Maurizio Lupi di Noi Moderati. Chi invece deve ancora sciogliere la riserva è il M5S che sta continuando a sondare diversi profili ma sarebbe ormai pronto all’annuncio. Il nome, o almeno quello più papabile tra le varie opzioni, è nelle mani di Conte e pochi fedelissimi. Il terzo (o la terza) aspirante presidente del Lazio dovrebbe uscire allo scoperto prima della fine dell’anno.
(da agenzie)
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Dicembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
IL GOVERNO HA IN MANO IL VOLANTE DELLA MACCHINA DEL POTERE MA SE IL DEEP STATE DECIDE DI NON METTERE LA BENZINA, PUOI SCHIACCIARE IL PEDALE DEL GAS QUANTO VUOI MA NON VAI DA NESSUNA PARTE
Il responsabile del disastroso via libera alla manovra si chiama Giancarlo Giorgetti, il semolino di Salvini. Eppure il ministro dell’Economia non aveva davanti un compito granché complicato visto che i due terzi della Finanziaria erano già destinati a combattere il caro-bollette. Ne restavano appena 14 miliardi da gestire ed è finita nel caos più grottesco. La Ragioneria di Stato ha mosso ben 44 rilievi alla manovra e sulla graticola i parlamentari di Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno spedito all’inferno il ministro leghista e la scelta dei suoi tecnici del Mef.
Una questione che ripropone un tema che non ha granché accesso sui giornali e talk: il vero potere non ha un volto, non va sui giornali né viene ospitato nei talk, è lontano dagli occhi dell’opinione pubblica perché lavora in quel mondo che viene definito Deep State. Quello ‘’stato sotterraneo’’, esiziale per la vita di un governo, è composto da organismi come Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Servizi segreti, poteri militari, civil servant, eminenze grigie varie e avariate.
Un invisibile “Stato dentro lo Stato” costruito di burocrati che esercitano il vero potere esecutivo dietro le quinte. Di più: sono gli unici veramente inamovibili nelle istituzioni nazionali. Insomma: il governo ha in mano il volante della macchina del potere ma se il Deep State decide di non mettere la benzina, puoi schiacciare il pedale del gas quanto vuoi ma non vai da nessuna parte.
Nondimeno, fare a meno della giuntura che lega le grandi burocrazie pubbliche al governo, è il sogno della classe politica. Ma non riescono a emanciparsene perché non possono. Non solo perché i politici de’ noantri non saprebbero scrivere neppure tre righe di una legge. Ma, dato che più sono incapaci, più sono arroganti, non riescono a capacitarsi che una burocrazia ostile, ma anche semplicemente non collaborativa, è in grado di impedire, confondere, rallentare qualsiasi decisione.
’In Italia la selezione dei capi di gabinetto avviene attraverso canali diversi di cooptazione. Ci sono i magistrati del Consiglio di Stato. Quelli della Corte dei conti. I professori universitari. I funzionari parlamentari. I burocrati di carriera, che agivano per decenni nelle pubbliche amministrazioni. Ciascuna categoria ha un suo codice di comportamento, regole di affiliazione, baronie, gelosie, ritualità, scandali, ricatti, mele marce, figure leggendarie’’.
Racconta l’ottimo giornalista de “La Stampa” Giuseppe Salvaggiulo nel suo fondamentale libro “Io sono il potere. Confessioni di un capo di gabinetto” (Feltrinelli, 2020), l’errore di Giulio Tremonti: “Erano già quindici anni che faceva politica ai più alti livelli quando nominò capo di gabinetto a Palazzo Chigi, dov’era stato nominato vicepremier, Marco Milanese. Un ufficiale della Guardia di finanza che dopo Mani Pulite si era buttato in politica con Berlusconi. Per noi gabinettisti un finanziere che si laurea a quarantacinque anni e diventa capo di gabinetto è come un mercante nel tempio. Nessuno a Roma rispondeva al telefono a Milanese. Fu isolato come fosse portatore di un virus pestilenziale”.
Ancora Salvaggiulo: ‘’Il più madornale errore di Matteo Renzi, dopo la presa del potere del 2014, fu sbagliare la squadra. Non dei ministri, che in quel governo – a parte Padoan e pochi altri – erano perlopiù comparse’’. Il Deep State lo abbandonò al suo destino quando Renzi arruolò il capo della polizia municipale di Firenze, Antonella Manzione.
Subito malevolmente ribattezzata “la vigilessa” per sottolinearne il curriculum giuridico modesto a fronte dei predecessori (in genere alti magistrati) nel prestigioso incarico di capo dell’ufficio legislativo della presidenza del Consiglio, in realtà non aveva sfigurato. Nei cosiddetti “preconsigli”, le riunioni dei capi staff cui seguono quelle dei ministri, si segnalava per formalismo e pignoleria.
Ma la sua autorevolezza derivava dalla piena copertura politica di Renzi. Di fronte a un contrasto, per chiudere la discussione le bastava dire “chiedo a Matteo” e dopo pochi minuti, mostrando il cellulare, “Matteo mi ha detto di fare così”, conclude Salvaggiulo.
Il risultato tragico della manovra by Giorgetti ha origine dallo sconsiderato turn-over fatto all’interno della burocrazia del Mef. Fuori Giuseppe Chiné, potentissimo consigliere del Consiglio di Stato (gran serbatoio del Deep State) ed ex capo di gabinetto di Daniele Franco, sostituito dal magistrato Stefano Varone, che era stato capo di gabinetto di Giorgetti al Mise, è stato il primo errore visto che i tempi per varare la manovra erano strettissimi. Mettere poi al coordinamento dei legislativi, anziché un consigliere del Consiglio di Stato ma la magistrata alla Corte dei Conti Daria Perrotta, è stato il secondo.
E forse Giorgetti in parte l’ha capito quando si è opposto ai desiderata della Meloni di far fuori subito Alessandro Rivera, influentissimo direttore generale del Tesoro. Ma, a quanto pare, non è bastato per evitare una figura da cioccolataio.
(da Dagoreport)
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Dicembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
LA PRIMA LEGGE DI BILANCIO DEL GOVERNO MELONI E’ UN MEZZO DISASTRO
Nella migliore delle ipotesi, non erano pronti. A dispetto di quanto sbandierato in campagna elettorale e nelle prime dichiarazioni dopo la vittoria alle Politiche, infatti, il centrodestra ha dato prova di grande confusione e di una certa eccentricità nella determinazione delle priorità di intervento. .
La gestione della legge di bilancio in tal senso è paradigmatica, tra errori, ritardi e scelte incomprensibili. Eppure sembrava tutto in discesa o quasi, considerando il lavoro “in continuità” con l’esperienza Draghi e il via libera delle istituzioni europee. Invece, ne abbiamo viste di ogni.
Ci è toccato assistere a un clamoroso dietrofront sui pagamenti elettronici, una misura rivendicata con forza dalla Presidente del Consiglio (che addirittura ha rilanciato la ridicola battuta del “Pos ai rave”…), dopo un balletto di cifre e ipotesi totalmente incomprensibile. Abbiamo visto una serie di tentativi di inserire condoni, scudi fiscali e penali, senza una ratio chiara e definita.
Passo dopo passo, il governo ha smontato il reddito di cittadinanza senza però chiarire cosa intenda fare per assistere le persone che si troveranno in grave difficoltà: la riforma complessiva dei meccanismi di sostegno è poco più di un annuncio.
Sono emerse distanze tra le diverse anime della maggioranza, che hanno portato a compromessi al ribasso e accordi dal respiro corto. Un “errore di distrazione” ha riportato il testo in Commissione, poche ore dopo l’avvio della discussione. La ragioneria ha chiesto decine di variazioni e il tempo stringe. Un disastro, insomma, nonostante un’opposizione divisa per strategie e ambizioni.
È sembrata mancare una regia lucida, che imponesse una direzione e riuscisse a convogliare tutte le energie di tecnici e ministri su un obiettivo chiaro. L’incredibile caos dei lavori della Commissione Bilancio della Camera dei deputati e il grande ritardo accumulato ancora prima che cominciasse la discussione d’Aula sono stati segnali chiari delle difficoltà della maggioranza. Ma lo è ancora di più la dinamica che ha portato all’approvazione di alcune misure simbolo del nuovo corso meloniano.
L’incapacità di resistere a pressioni e condizionamenti esterni è ad esempio alla base della generosa (eufemismo) dilazione dei pagamenti delle ritenute Irpef, dell’Iva e delle addizionali concessa alle società sportive (il cosiddetto salvacalcio), che addirittura era inizialmente accompagnata da uno scudo penale.
Circa 900 milioni di euro che sono una boccata d’ossigeno per le società, ma che da qualche parte devono pur essere saltati fuori. E se si considerano le mancate promesse su pensioni, oneri di sistema sul caro energia e in parte sul taglio del cuneo fiscale, qualche dubbio sull’opportunità di tale scelta resta.
Abbiamo a lungo parlato della ratio dietro la nuova regolamentazione del reddito di cittadinanza, quello che colpisce è però la progressiva cancellazione della misura di sostegno a colpi di emendamenti e proposte aggiuntive. La tecnica è sempre la stessa, mutuata dal piano comunicativo: non presentare mai il piano complessivo, ma aggiungere un tassello alla volta, in modo da valutare le reazioni dell’opinione pubblica e, nel caso, essere in grado di ricalibrare e tornare indietro. Non si stesse giocando con la vita di decine di migliaia di persone, potremmo discutere di strategia efficace e produttiva. Così, è solo un gioco cinico.
(da Fanpage)
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Dicembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
IL KILLER RIVENDICA: “L’HO FATTO PERCHE’ SONO RAZZISTA”
Parigi protesta dopo la strage compiuta venerdì 23 dicembre da un 69enne estremista di destra che, animato da sentimenti razzisti, come lui stesso ha confessato durante l’arresto, ha sparato in un centro culturale curdo, uccidendo tre persone e ferendone altre quattro.
Tensioni e scontri con la polizia sono scoppiati in Boulvard du Temple, vicino a Place de la République, dove è stata organizzata una manifestazione. Come riporta Le Parisien, dopo un inizio di protesta tranquillo, la manifestazione è degenerata: alcuni manifestanti hanno lanciato fumogeni, oggetti e arredo urbano contro la polizia che ha risposto con i lacrimogeni. A margine della manifestazione, sono stati dati alle fiamme auto e scooter, come si vede dalle immagini diffuse sui social dal giornalista di Brut, Remy Buisine. Secondo l’Ansa, almeno quattro auto sono state ribaltate, di cui almeno una incendiata e dei bidoni della spazzatura sono stati dati alle fiamme.
Il 69enne, durante il suo arresto, ha rivendicato di aver agito perché è “razzista“. A riferirlo una fonte vicina al dossier precisando che l’uomo, un macchinista in pensione, aveva accanto a sé una valigetta contenente “due o tre caricatori carichi, una scatola di cartucce calibro 45 con almeno 25 cartucce all’interno”. L’arma utilizzata è una “1911 Colt 45” dell’esercito americano “dall’aspetto logoro”.
Secondo il portavoce del Consiglio democratico curdo in Francia, Berivan Firat, citata da Bfmtv, ci sarebbero dei “provocatori” alla base dei disordini e degli scontri. Un “veicolo con la bandiera turca” sarebbe passato, facendo “il segno dei Lupi grigi” e “provocando i giovani”. I Lupi grigi sono un’organizzazione ultranazionalista turca, estremamente ostile nei confronti della comunità curda. Il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, aveva ordinato lo scioglimento di questa organizzazione di estrema destra nel 2020.
In centinaia, comunque, a Place de la République hanno sventolato bandiere della nazione curda e del Pkk, esibendo anche le foto di tre militanti curdi uccisi a Parigi nel gennaio 2013. Le persone in piazza hanno anche osservato un minuto di silenzio in onore di tutte le vittime e dei “curdi morti per la libertà”. In molti hanno denunciato quanto accaduto ieri come un atto “politico” e di “terrorismo”.
“Non abbiamo dubbi che siano degli omicidi politici. Il fatto che le nostre associazioni siano prese di mira rivela un carattere terroristico e politico”, ha dichiarato Agit Polat, portavoce del Consiglio democratico curdo in Francia (Cdkf), che ha anche qualche recriminazione da fare all’indirizzo delle autorità francesi per la mancanza di un piano per la sicurezza del circolo culturale preso di mira ieri dalla mano omicida ieri e delle altre entità curde in Francia. E fra i manifestanti non mancano quelli che evocano un coinvolgimento della Turchia.
Intanto anche a Marsiglia diverse centinaia di persone si sono radunate in centro, rispondendo all’appello dell’associazione per la difesa dei diritti dei curdi, Solidarietà e Libertà.
Dopo gli scontri, il Consiglio democratico in Francia ha deciso di porre fine alla manifestazione.
(da agenzie)
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Dicembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
SUL MES LA LEGA CONTESTA L’APERTURA DI MELONI
È un caso che esplode all’improvviso, in un Transatlantico che si appresta lentamente a celebrare il sofferto via libera alla manovra. Uno dopo l’altro, due deputati di Fratelli d’Italia mettono nel mirino i tecnici del Mef, il ministero retto dal leghista Giancarlo Giorgetti. Raccontano un malumore diffuso, che è proprio di altri colleghi e pure di autorevoli esponenti di Forza Italia alla Camera. Nella seconda, convulsa, notte di lavoro in commissione Finanze sarebbe venuto a mancare il supporto fondamentale della struttura del ministero dell’Economia. Un retroscena, lo chiama proprio così, che il deputato Federico Mollicone, vicinissimo al vicepresidente di Montecitorio Fabio Rampelli, consegna ai cronisti. È lui a raccontare di mail a vuoto, inviate ai funzionari di via XX settembre, alle quali è arrivata risposta solo nella mattina seguente. Mollicone è irritato per un fatto personale, la difficoltà nel trovare un conforto tecnico mentre si stava discutendo un emendamento a sua firma, quello sul bonus cultura.
Ma al parlamentare romano dà man forte Tommaso Foti, che di Fratelli d’Italia è capogruppo: “È vero, è stato irrituale che soprattutto alla Camera nelle ultime ore non vi fosse il personale del Mef”. Insomma, una sostanziale condivisione delle parole del compagno di partito sulle cause del “caos amministrativo” che ha caratterizzato il transito a Montecitorio della manovra. “È un fatto vero – sottolinea Foti – d’altra parte dobbiamo anche tenere presente che erano impegnati su due fronti, quello della Camera e quello del Senato dove c’era l’Aiuti Quater. Purtroppo quando il personale che deve assumere delle decisioni è quello che è – conclude il capogruppo dei meloniani – si verifica questo”. Sono critiche non leggere, davanti alle quali arrivano smentite. E il ministro Giorgetti per primo difende i tecnici di Mef e Ragioneria: “Ma no, sono stanchi, hanno lavorato tanto”.
Ma ciò non toglie che una manovra pasticciata lascia sul campo ferite che bruciano, nella maggioranza: Fdi avanza le proprie perplessità sulla struttura del ministero dell’Economia, non coinvolgendo il vertice politico, ma certo queste accuse non possono far piacere a Giorgetti. E se, da un lato, qualcuno ipotizza una vendetta di settori della maggioranza verso una Ragioneria che ha mosso 44 rilievi alla manovra (certo non un inno alla competenza dei parlamentari), dall’altro la questione ripropone i dubbi sull’efficacia del turn-over fatto all’interno della burocrazia del Mef. Con il nuovo capo dell’ufficio coordinamento del legislativo Economia Daria Perrotta in prima fila: “In questi giorni sembrava lei il ministro”, dice malignamente un deputato “graduato” di Forza Italia. E sullo sfondo c’è il braccio di ferro, che dura da ottobre, fra Fdi e Giorgetti sul direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera: Meloni vuole sostituirlo, il ministro finora ha resistito.
L’apprezzamento unanime sull’approvazione della legge cela insomma malumori. Come quelli di Forza Italia: diversi parlamentari fanno notare che la guerriglia in commissione si poteva evitare se il governo avesse varato un disegno di legge già definito e blindato nei punti essenziali, come le pensioni minime.
Non sono tensioni trascurabili, anche perché in prospettiva c’è un altro passaggio d’aula delicato: quello sulla ratifica del Mes. La premier ha aperto alla possibilità di un sì alla riforma del regolamento, pur escludendo un ricorso al fondo salva-Stati. Posizione che piace a Fi ma molto meno alla Lega: “Ratifica del regolamento e utilizzo del Mes non sono due cose separate – dice il senatore Claudio Borghi – la ratifica farebbe scattare un pericoloso meccanismo di aggressione al nostro Paese. Sono convinto che in aula troverò gli argomenti giusti per convincere chi, in buona fede, sta cambiando idea su un no già deliberato con un ordine del giorno della maggioranza”.
(da La Repubblica)
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Dicembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
I MOVIMENTI DI TRUPPE FAREBBERO PARTE DI UN’OPERA DI DISINFORMAZIONE
Il capo dell’intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov considera che un’invasione da Nord con l’aiuto della Bielorussia sia uno scenario poco probabile. In dichiarazioni concesse in un ampio colloquio con il New York Times, il 36enne alla guida dei servizi segreti ha spiegato che la frenetica attività militare delle ultime settimane sulla frontiera settentrionale del Paese è interpretata dall’esercito di Kiev come una grande messa in scena per indurre gli ucraini a spostare truppe dai fronti nel Sud e nell’Est del Paese.
L’opera di “disinformazione”
“Ci sono tutti gli elementi di un’ampia campagna di disinformazione”, ha spiegato Budanov. Nelle ultime settimane Mosca ha rinforzato la sua presenza a Sud di Minsk. Treni carichi di coscritti sono stati mossi avanti e indietro nelle regioni meridionali della Bielorussia. Esercitazioni militari congiunte sono state realizzate e amplificate da una grande azione mediatica. Infine, lo stesso Putin ha lasciato il paese per recarsi a Minsk e ieri la sua visita è stata ricambiata con Lukashenko a Mosca.
Queste attività intense hanno alzato il livello di allerta riguardo a una possibile operazione militare dal Nord del paese. Budanov ritiene che la minaccia “non è imminente”. Questo non significa che non vada considerata. “Sarebbe sbagliato scartare in pieno questa possibilità”, ha detto, “ma è anche sbagliato dire che abbiamo elementi che la confermano”.
E’ stata la stessa intelligence ucraina a suggerire le scorse settimane che ci potrebbe essere un escalation del conflitto da parte russa “in inverno”. Budanov non contraddice nell’intervista questa valutazione, ma per prima volta dice chiaramente che la sua agenzia non ha alcuna prova concreta dell’imminenza di una minaccia dalla Bielorussia.
Una tattica sovietica
A supporto di questa visione ha spiegato che, secondo le osservazioni dell’esercito di Kiev, i soldati mobilitate nella regione non sono equipaggiati per l’assalto e nella maggior parte dei casi si tratta di giovani coscritti che vengono spostati per l’addestramento e poi essere mandati a combattere in Donbass. I campi di addestramento infine non sarebbero dotati dei blindati necessari per iniziare un’operazione.
L’esercito sovietico, ricorda Budanov, impiegava tattiche simili durante la Seconda guerra mondiale, muovendo soldati lungo percorsi senza senso in treno per simulare attacchi. L’intelligence di Kiev ha osservato recentemente episodi analoghi: un treno carico di soldati russi in Bielorussia è arrivato fino al confine ucraino e poi è tornato indietro con tutti i soldati ancora a bordo. “Un giro di giostra”, secondo Budanov.
Anche gli ultimi attacchi di artiglieria realizzati dai russi a Kharkiv e Sumy andrebbero letti in questo contesto. Nonostante le 12 vittime degli ultimi due giorni, non ci sarebbe qui un’intenzione reale di sfondare da questo fronte. “Le truppe su queste posizione non sono assemblate per un attacco e non possono essere assemblate da un giorno all’altro”, ha assicurato.
(da agenzie)
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Dicembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
IL CAPITONE, SICURO DI VINCERE A FEBBRAIO NELLA “SUA” LOMBARDIA E ANCHE NEL LAZIO, HA PRESO ATTO DEL CAMBIO DEI RAPPORTI DI FORZA
Il modo in cui Matteo Salvini ha chiuso la porta in faccia ai dissidenti lombardi guidati dal fondatore Umberto Bossi mostra insieme molta sicurezza e altrettanta irritazione. Sicurezza di vincere a febbraio nella «sua» Lombardia, e anche nel Lazio di Giorgia Meloni, sebbene dalle sue parole traspaia la sensazione che a prevalere sarà dovunque un centrodestra trainato da Fratelli d’Italia. Irritazione, invece, perché i malumori che hanno portato al distacco di un pezzo di Lega sono un colpo diretto alla sua leadership.
Il «tanti saluti e buon Natale» rivolto sbrigativamente ai transfughi del «Comitato Nord» è un «no» a qualunque ipotesi di trattativa e di compromesso con loro: quello che sembrava avesse tentato il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ricevendoli qualche giorno fa nel suo ufficio milanese.
E riflette anche la certezza che lo spostamento dei loro consensi verso Letizia Moratti, candidata del terzo Polo, non cambierà l’esito del voto. «La Lega vincerà in Lombardia e nel Lazio», scommette Salvini.
Il capo del Carroccio aggiunge anche che «sta portando a casa l’autonomia» differenziata voluta dalle regioni del Nord.
Ma in realtà, quest’ ultimo risultato appare tuttora virtuale. Che però Salvini senta aria di ulteriore affermazione del suo schieramento dopo le Politiche del 25 settembre è innegabile. E sembra anche rasserenato, o rassegnato, alla prospettiva che il partito di Meloni sorpassi nuovamente i propri alleati.
«Chi prende un voto in più o in meno non importa», assicura. «È già successo. L’importante è che sia nella coalizione».
È la presa d’atto del cambio dei rapporti di forza, in apparenza senza voglie di rivincita interna: con il primato della destra meloniana ormai acquisito. Ed è un passo in qualche modo obbligato; reso inevitabile dall’indebolimento oggettivo che la fronda di Bossi provoca.
La Lega è stata storicamente una forza compatta e fedele al proprio leader. La crepa che si è prodotta negli ultimi mesi rappresenta una novità e un piccolo trauma, compensato solo in parte dalle quote di potere ottenute da Salvini nella trattativa per formare il governo. Forse, l’unico grumo visibile di malumore e di resistenza che rimane è berlusconiano. In parte è la conseguenza dello scontro sui ministri e, ora, di una manovra finanziaria nella quale alcune richieste di FI sono state accantonate per mancanza di coperture.
(da Il Corriere della Sera)
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Dicembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
66MILA PERSONE OGNI SERA DORMONO IN UN RIFUGIO, IL 70% DEI SENZATETTO SE NE SONO ANDATI DOPO UNA SETTIMANA. IL MOTIVO? SI SENTONO PIÙ SICURI PER STRADA
Il problema dei senzatetto di New York City peggiora di mese in mese. Secondo la Coalition for the Homeless, i numeri hanno raggiunto il massimo storico: il numero medio di persone che dormono in un rifugio ogni notte è salito a quasi 66.000 in ottobre.
A febbraio, il sindaco Eric Adams ha lanciato il suo piano per la sicurezza della città e ne ha ripetutamente propagandato il successo. Ma i dati ottenuti dal New York Daily News mostrano che circa il 70% dei senzatetto che sono stati trasferiti nei rifugi se ne sono andati entro una settimana dall’ammissione.
Da febbraio ad agosto, quasi 2.300 senzatetto sono stati spostati dalle metropolitane ai rifugi. Ma di queste persone, solo il 30% è rimasto effettivamente più di una settimana.
Molti senzatetto hanno affermato di non sentirsi al sicuro nei rifugi e molte strutture hanno anche regole rigide, come il coprifuoco.
La notizia arriva anche in mezzo alla controversa nuova politica del sindaco di iniziare a costringere i senzatetto che potrebbero soffrire di problemi di salute mentale a essere portati in ospedale per una valutazione anche se si rifiutano di andarci da soli. L’idea ha subito dure critiche.
(da Dagonews)
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Dicembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
SI VA DAI DUE MILIONI DI RISTORI PER GLI ALLEVATORI DI BUFALE AL TAGLIO FISCALE AI FRONTALIERI PENSIONATI DI MONACO, AI MILIONI PER LE PRO LOCO D’ITALIA E GLI IMPIANTI IPPICI
Decine e decine di micro norme e fondi a pioggia sono stati inseriti in manovra durante l’ultima maratona notturna in commissione Bilancio a Montecitorio. L’impegno delle Camere di rendere la finanziaria più asciutta, quasi tabellare, è stato tradito negli ultimi anni: proliferano sempre di più piccoli interventi che nel corso dell’iter parlamentare trasformano la legge di Bilancio in una sorta di legge mancia.
Anche in questa prima finanziaria del governo di centrodestra, nonostante le risorse limitate e i tempi stretti, sono stati approvati un centinaio di emendamenti pensati esclusivamente per rispondere agli interessi territoriali più vari. Interventi che nel merito sono giusti e importanti, ma nel gran calderone della manovra assumono quel sapore elettorale che risulta incoerente rispetto al budget economico di un Paese del G7 come l’Italia.
Uno dei temi politici più discussi è stato l’emendamento sulla caccia ai cinghiali in città, tuttavia le proposte accolte per la natura e gli animali sono state parecchie. Ad esempio il rifinanziamento di un milione di euro del fondo per la cura e il recupero della fauna selvatica. O i due milioni di ristori per gli allevatori le cui bufale sono state colpite da brucellosi e tubercolosi. Altri 8 milioni vanno per il programma nazionale della pesca e dell’acquacoltura 2022-2024; senza dimenticare i ristori strutturali (2 milioni all’anno dal 2024) per i vigneti colpiti dalla flavescenza dorata.
Turismo
Natura fa rima con turismo e, anche su questo fronte, i deputati non si sono risparmiati. Per l’Unione nazionale delle Pro loco d’Italia sono stati stanziati 900 mila euro per il 2023 e un milione all’anno nel biennio successivo. Ci sono 14 milioni in tre anni a “Sport e salute” per il progetto Bici in Comune e 500 mila euro per i cammini religiosi. Quindi gli aiuti per le attività in difficoltà a causa del caro energia, come le vetrerie di Murano che ricevono un milione e mezzo e quelli per le alluvioni: ad esempio la funivia Savona-San Giuseppe di milioni ne ottiene quattro.
Sicilia e Calabria
Si spera che il rilancio del Mezzogiorno possa arrivare grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza, intanto in questa manovra si sommano una serie di misure senza un vero filo conduttore. È passato il “Salva Sicilia”, il provvedimento che spalma in dieci anni, anziché in tre, il debito di 866 milioni di euro contestato alla regione dalla Corte dei Conti. La Calabria, invece, porta a casa un contributo straordinario di 15 milioni di euro nel triennio da ripartire tra i comuni «per la realizzazione di opere pubbliche finalizzate alla riduzione del divario infrastrutturale».
La riqualificazione
Un pacchetto di risorse è destinato alla riqualificazione, al recupero e al restauro del patrimonio storico e paesaggistico di Reggio Calabria. Si va dal Borgo di Pentidattilo (2 milioni) ai 3 milioni per il Lido comunale Zerbi, fino ai 2 milioni di euro destinati alla valorizzazione dello stabilimento termale Antonimina–Locri.
Volontariato e cultura
Il terzo settore e il patrimonio artistico e culturale sono due pilastri fondamentali dell’Italia, ma sorprende che una legge di bilancio debba occuparsene senza una vera discussione, affidando le risorse in base alla “tagliola” del governo che approva o boccia proposte arrivate in commissione a notte fonda, con buona pace della trasparenza. La Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia riceve un milione e mezzo di euro per fronteggiare il caro prezzi, mentre il Censis viene finanziato con due milioni l’anno per preparare il rapporto annuale. Un finanziamento di 300 mila euro a decorrere dal 2023 è riservato alla Fondazione Biblioteca Benedetto Croce di Napoli; 500 mila euro vanno al sostegno della Fondazione Graziadio Isaia Ascoli per la formazione e la trasmissione della cultura ebraica.
Per Roma Capitale ci sono 700 mila euro per organizzare le celebrazioni in ricordo dell’ottantesimo anniversario del rastrellamento degli ebrei del ghetto.
Capitolo università. Approvati 35 milioni di euro fino al 2024 per i policlinici gestiti direttamente da atenei non statali, e 14 milioni per l’Istituto universitario di studi superiori di Pavia.
Lavoro e fisco
Le agevolazioni fiscali e i mini fondi per le imprese rappresentano la gran parte delle proposte su cui si è concentrato l’impegno di maggioranza, opposizione e governo nel corso delle sedute fiume in commissione alla Camera. Tra le tante norme approvate spiccano i 4,7 milioni di euro (sia per il 2023 che per il 2024) per il funzionamento degli impianti ippici, o lo stop all’Imu per i palazzi dell’Accademia dei Lincei, pure sugli immobili non direttamente utilizzati per finalità istituzionali. E poi c’è il taglio delle tasse (con un’aliquota sostitutiva al 5%) per i frontalieri pensionati che hanno lavorato nel Principato di Monaco.
Arriva inoltre un fondo presso il ministero dell’Agricoltura con una dotazione di 500 mila euro, a decorrere dal 2023, a favore degli imprenditori agricoli che provvedono alla raccolta di legname che si è depositato sulle sponde di laghi, fiumi o in riva al mare a seguito di eventi atmosferici.
(da La Stampa)
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