Dicembre 20th, 2022 Riccardo Fucile
CONTINUERANNO A FAR FINTA DI AVERE IL BANCOMAT ROTTO, O USERANNO LA SCUSA (FALSA) DELLE COMMISSIONI, CON IL SOLITO OBIETTIVO DI EVADERE LE TASSE? TANTO CI SONO QUEI COGLIONI DEI LAVORATORI DIPENDENTI CHE LE PAGANO
Per qualche settimana è stata una specie di orgogliosa parola d’ordine, tassisti di ogni città se la scambiavano. Tanto orgogliosa da conquistarsi pian piano il ruolo e il rango di un grido di vittoria, l’espressione verbale di una rivalsa ottenuta. Ottenuta ed esibita, diciamo anche sbattuta in faccia.
Vittoria su chi, rivalsa su chi, sul volto di chi? Immediatamente e ripetutamente vittoria e rivalsa sui clienti che insistevano nel non voler pagare la corsa cash e invece insolentivano il tassista estorcendogli un pagamento corsa via Pos.
Vittoria e rivalsa sul Pos come strumento, idea, oggetto, funzione e simbolo. Vittoria del cash sul Pos. Per volontà di categoria e, finalmente, per volontà di governo. L’orgogliosa parola d’ordine e il grido di vittoria pronunciati all’inizio e alla fine di molte corse di taxi era “La pacchia è finita”.
La pacchia di pagare no cash, la pacchia dei clienti pigri e provocatori nel non procurarsi cash prima di salire in taxi, la pacchia delle banche, la pacchia, niente meno, del Pos. I tassisti l’avanguardia ma bastava affacciarsi in ogni mercatino di Natale o ad esempio in un lavaggio auto per vedere, constatare, sentire la stessa gioia fremente e impaziente di liberarsi del Pos, dell’obbligo di accettare pagamenti no cash.
Per cultura, per interesse, per calcolo, per ideologia, per umore. Per uno o più di questi motivi e motivazioni, spesso mescolati e fusi insieme, non erano certo solo i tassisti a festeggiare e sbandierare la rivincita. E cioè la “fine della pacchia”. E cioè il ritorno al sempre e solo contanti e Pos vade retro, anzi sia guardato col fastidio e ostilità che merita.§
Ora chi glielo dice?
Ora chi glielo dice ai tassisti e agli altri che hanno festeggiato il Pos finalmente scacciato dai loro affari, chi glielo dice che hanno cantato vittoria prima del tempo. Anzi, che hanno cantato vittoria che proprio non c’è? Che anche l’umore del governo che sentivano il loro governo ha dovuto prendere atto del rapporto stretto, se non proprio equazione, tra pagamenti cash e reddito grigio, anzi nero?
Che fare la guerra al Pos è dare una mano e una copertura all’arrangiarsi dell’economia in nero? Chi glielo dice ora ai tassisti che il Pos resta, non vien scacciato e che la pacchia del cash non è tornata e non torna neanche sotto il governo sovranista? Chi glielo dice che la loro libertà di non accettare pagamenti col Pos finisce dove finiva prima e non si allarga e non deborda? Chi glielo dice ai tassisti, agli ambulanti, alle stazioni di servizio, ad ancora non pochi commercianti e artigiani?
Uno dei grandi argomenti anti Pos è stato ed è quello per cui chi riceve pagamento via Pos “non vuole regalare soldi alle banche”. Si intende così il costo delle commissioni sulla transazione economica via Pos. Non sono solo le banche, anche i circuiti su cui viaggia il pagamento, comunque, tutto e davvero sommato la media di quanto ci rimettono col Pos è dello 0,7 per cento della transazione. Non un salasso ma di certo un costo. Che categorie ed esercenti possono aver voglia di non sostenere. Ma non oltre evidenza e misura.
Quella dei bar costretti a rimetterci facendosi pagare caffè e brioche col Pos è una falsità di successo. Ripetuta all’infinito anche da chi sa o dovrebbe sapere che sotto i 5 euro di spesa non c’è nessuna commissione. E lo 0,7 per cento di reale commissione sui pagamenti dovrebbe essere rapportato ai costi, reali anch’essi, della gestione del contante.
Fatti i conti e senza sconti per nessuno, si vedrà con massima evidenza come la lotta al Pos sia culturale, ideologica. Basata sul rifiuto e sospetto. Rifiuto di ogni aggeggio che consenta ad “altri” di sapere quanto viaggia in tasca mia. Sospetto che pagamenti e incassi tracciabili servano allo Stato e al fisco per venire a mettere le mani in tasca mia. In un habitat socio economico in cui circa 19 milioni di contribuenti su 40 dichiarano redditi annuali intorno ai 15 mila euro lordi, una cultura e una ideologia così, un sospetto e un rifiuto così hanno ampia cittadinanza e ottima ragion d’essere.
(da blitzquotidiano)
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Dicembre 20th, 2022 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DELL’ECONOMIA SI È VISTO BOCCIARE DAL PRESIDENTE DELLA CAMERA, SUO COLLEGA DI PARTITO, IL MAXI-EMENDAMENTO ALLA LEGGE DI BILANCIO
L’iter verso l’approvazione della legge di bilancio fa scattare il corto circuito in casa Lega tra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il presidente della Camera Lorenzo Fontana.
Per accelerare i tempi, gli uffici di via XX settembre predispongono il maxi-emendamento alla legge di Bilancio. Ma da Montecitorio arriva l’alt. Lo scontro si consuma domenica sera, poche ore prima dell’arrivo del ministro Giorgetti in commissione Bilancio alla Camera.
Il presidente di Montecitorio Fontana segnala per iscritto, in una missiva inviata al Mef, la richiesta di spacchettare l’emendamento, arrivato come maxi, in tanti emendamenti più piccoli. Il ministro Giorgetti, letteralmente infuriato per la decisione del collega di partito, si sfoga con i componenti della commissione bilancio: «È la prima volta che la Camera chiede una cosa del genere. Prendiamo atto di tanto zelo». Parole che consegnano al presidente della Camera tutta l’irritazione del ministro dell’Economia.
È ormai tensione a tutto campo tra Fontana e il capo del Mef. Ma anche in commissione, la trattativa per la definizione della manovra fa registrare malumori da parte di tutte le forze politiche. Il terreno di scontro è il tesoretto (inizialmente di 400 milioni di euro) messo a disposizione del Parlamento che si riduce a 200 milioni.
«Non esiste che dopo 5 giorni di lavori, quando mancano 18 ore alla fine, non c’è certezza su un solo emendamento partito dalla Camera», si lamenta un parlamentare. L’altra miccia viene piazzata con le intercettazioni. Il governo con un emendamento cambia le regole per quelle disposte dagli 007: saranno a tempo, per 40 giorni prorogabili di 20 in 20.
I dati acquisiti verranno distrutti entro sei mesi ed il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma potrà autorizzarne la conservazione per 24 mesi al massimo. Le spese, infine, non saranno più coperte dal ministero della Giustizia ma dal Copasir, anche per evitare la circolazione di informazioni riservate fuori dal comparto. Il Pd si ribella: «Intercettazioni poste sotto il controllo politico, Stato di polizia».
Il clima si surriscalda mentre tra i corridoi di Montecitorio rimbalza una proposta d’intesa per chiudere la partita e andare in Aula. Dei 200 milioni della dote per le modifiche parlamentari il governo avrebbe offerto all’opposizione una ripartizione a metà: 100 milioni per la maggioranza e 100 per il centrosinistra. Si tratta a oltranza. I cinque emendamenti presentati dal governo riscrivono la manovra. La commissione Bilancio riprende l’esame del testo alle 18.30. Si deve votare il relatore di maggioranza.
Mentre la conferenza dei capigruppo si riunisce alle 21.30 per fissare i tempi verso l’ok. Si proverà a chiudere tutto il 21 dicembre per andare in Aula il 22 dicembre con la fiducia. Non ha dubbi il ministro Giorgetti: «Sicuro dell’approvazione prima di Natale». Le opposizioni attaccano: «Continui rinvii, riunioni convocate e poi annullate, testi sbagliati, pareri controversi.
Impossibile approvare la manovra in Commissione. Abbiamo chiesto intervento del Presidente della Camera» – incalza Serracchiani. Il Terzo Polo sale sulle barricate. Dal fronte della maggioranza Ylenia Lucaselli di Fdi fissa il timing: «Si andrà in Aula mercoledì».
Dentro il Palazzo però, il Pd apre un canale di confronto con la maggioranza. Il capogruppo Serracchiani si siede a tavolo con gli esponenti del centrodestra: «È stato un primo incontro interlocutorio. Abbiamo chiesto delle risposte sui temi per noi fondamentali: opzione donna, la sanità pubblica, i Lep, i lavoratori dello spettacolo.È la prima volta che avviene questo confronto, vediamo le risposte».
La partita politica nel centrodestra si delinea. Fi è fiduciosa sugli obiettivi: «Questa manovra ci convince. Forza Italia sta facendo un grande lavoro in Commissione per migliorarne alcuni aspetti. Siamo ad un passo per ottenere le pensioni minime a 600 euro, per togliere le tasse agli imprenditori che assumono giovani under 35 e tornare alle vecchie scadenze per il 110 per cento» – commenta il capogruppo Alessandro Cattaneo. La meta si avvicina. La fatica raddoppia.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2022 Riccardo Fucile
LO HA DECISO ALFREDO ROMEO, SEMPRE PIÙ EDITORE E SEMPRE MENO IMPRENDITORE DELLE PULIZIE… PER ROMEO, CONDANNATO A DUE ANNI E MEZZO PER CORRUZIONE PER I BANDI CONSIP, QUESTA OPERAZIONE È UN’OCCASIONE PER RESETTARE I RAPPORTI CON LA POLITICA
Alfredo Romeo, sempre più editore (di sinistra, si fa per dire) e sempre meno imprenditore delle pulizie (di destra), condannato in primo grado a due anni e mezzo per corruzione relativa a dei bandi di gara Consip, ha deciso: l’Unità, che ha recentemente rilevato dal curatore fallimentare, torna in edicola come quotidiano, mentre il Riformista, che edita dal 2019 quando il gruppo Tosinvest (famiglia Angelucci) gli cedette la testata, in edicola ci rimane, ma come settimanale.
L’imprenditore napoletano ha anche scelto i direttori: Piero Sansonetti dirigerà il quotidiano fondato da Gramsci, di cui è stato condirettore (direttore Peppino Caldarola) oltre averci lavorato a lungo, lasciando così la tolda di comando del Riformista, che andrà a Paolo Liguori, già nel gruppo come direttore editoriale di RiformistaTv (lo è anche di TgCom, l’unico legame professionale che gli è rimasto con Mediaset).
La staffetta tra Riformista e Unità avverrà tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, e comunque non oltre il 12 febbraio, quando il giornale che è stato l’organo ufficiale del Pci compirà 99 anni.
Per Romeo questa operazione “di sinistra” – fatta propria mentre a palazzo Chigi si è insediato il primo governo di destra della storia repubblicana – è anche l’occasione per resettare i suoi rapporti con la politica.
Ha fatto rumore, per esempio, la rottura con Italo Bocchino, già parlamentare di An finiano di stretta osservanza, ora direttore editoriale del Secolo d’Italia ma soprattutto lobbista
Bocchino aveva lavorato per Romeo, tanto da essere coinvolto nel caso Consip, ma il re delle pulizie parla di pessimi risultati e di tradimenti. Resta invece solido il rapporto di Romeo con un altro napoletano doc, Paolo Cirino Pomicino.
(da Dagonews)
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Dicembre 20th, 2022 Riccardo Fucile
LUFTHANSA È SPAVENTATA DALLE OLTRE MILLE CAUSE DI LAVORO INTENTATE DAI DIPENDENTI DI ALITALIA CHE NON SONO STATI ASSUNTI NELLA NUOVA COMPAGNIA
C’è un macigno sulla strada della vendita di Ita Airways a Lufthansa. La compagnia tedesca è spaventata dalle oltre 1.147 cause di lavoro che pendono sulla testa di Ita. Sono le cause che – tra Roma, Milano e alcuni tribunali esteri – hanno intentato i dipendenti di Alitalia in cassa integrazione.
La tesi dei ricorrenti è chiara: Ita non sarebbe una società del tutto nuova, come vuole far credere. Al contrario, opererebbe in continuità con Alitalia. Quindi dovrebbe farsi carico dei suoi ex dipendenti.
Durante la trattativa con il ministero dell’Economia – che vende Ita – Lufthansa è stata chiara. Chiede che lo Stato accantoni e metta da parte decine e decine di milioni per risarcire i dipendenti di Alitalia vincitori delle cause (eventualmente) in uno dei tre gradi di giudizio. La richiesta di Lufthansa allarma il ministero dell’Economia che ha preso una prima contromisura. Ha suggerito a Ita un cambio nelle relazioni sindacali.
Negli ultimi incontri con i sindacati, i manager della compagnia aerea si sono mostrati molto più concilianti. Ita depone le armi non soltanto verso Cgil, Cisl e Uil (con cui aveva già un rapporto abbastanza sereno). Stavolta l’apertura investe anche i sindacati di base, come Cub e Usb. E, nel nuovo clima, Ita prende una posizione importante sulle vertenze. Lascia intendere ai sindacati che anche persone in causa contro Ita potranno essere assunte nel 2023, quando il vettore recluterà oltre 1200 persone tra comandanti, piloti e assistenti di volo. Cadrà, così, la pregiudiziale che finora era in campo.
Ovviamente le udienze in Tribunale continuano, sulle cause di lavoro. La scorsa settimana, durante un’udienza a Roma, i legali di Ita hanno chiesto al giudice un rinvio dell’udienza al 2 marzo 2023. Nel motivare la richiesta di rinvio, i legali di Ita hanno spiegato che la vendita della compagnia avrebbe subito una forte accelerazione entro il 20 gennaio 2023.
Un’ultima novità riguarda proprio le dipendenti e i dipendenti della ex Alitalia. Queste persone stanno ricevendo solo la cassa integrazione di base. Non incassano l’assegno integrativo – ben più consistente – che è finanziato dal Fondo speciale per il trasporto aereo. Il mancato versamento va da fine settembre a dicembre 2022. Il problema, lentamente, sembra avviato a soluzione. I commissari di Alitalia, società fallita e ora in amministrazione straordinaria, vogliono garantire loro una prima parte dell’assegno integrativo. Coprirà il periodo che va dal 22 settembre al 31 ottobre.
(da Repubblica)
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Dicembre 20th, 2022 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA CLAUDIO LOCATELLI E IL FOTOGRAFO NICCOLÒ CELESTI VIAGGIAVANO SU UN’AUTOMOBILE CON LA SCRITTA “PRESS”, COLPITA DA UNA BOMBA E POI DA PROIETTILI RUSSI
Due giornalisti italiani hanno denunciato di essere stati oggetto di un “attacco intenzionale” da parte dei russi a Kherson, ma sono riusciti a mettersi in salvo.
Un colpo “ha danneggiato l’auto, siamo rimasti bloccati sotto tiro prima di riuscire a metterci in salvo, ho perso sangue ma la ferita è lieve – spiega in un video il reporter Claudio Locatelli nella vettura col collega Niccolò Celesti. Avessi aperto la porta sarei senza una gamba o peggio.
La macchina è ben segnalata l’attacco ai nostri danni visto luogo e dinamica è stato intenzionale”.
“Il tiro proveniva dalla sponda oltre il Nipro, lì dove si trova l’esercito russo. Sparare sulla stampa non ha scuse. Stiamo bene per fortuna”, aggiunge Locatelli nel video in cui si vede il momento dell’attacco e i vetri dell’auto in frantumi.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2022 Riccardo Fucile
DAI PROGRAMMI DI INTRATTENIMENTO A QUELLI DI CUCINA, LUI SI MATERIALIZZA IN OGNI TELE-ANFRATTO, MANCANO SOLO LE SAGRE DI PAESE E LE FUNZIONI RELIGIOSE
Trentatré ospitate in sei settimane, di cui diciannove solo nei primi diciotto giorni di dicembre. Sono i numeri dell’ennesima impresa di Bruno Vespa, chiamato – come ogni anno – a promuovere il suo libro su ogni canale, in qualunque programma. Che sia di approfondimento, di cucina o di puro intrattenimento poco importa. Bruno c’è.
Nel 2022 è toccato a “La grande tempesta”, quarto volume dedicato all’epoca fascista che si apre con l’arresto di Benito Mussolini e si conclude con la morte e la successiva esposizione del cadavere del duce a piazzale Loreto. Un percorso avviato nel 2019 con “Perché l’Italia diventò fascista” e portato avanti con “Perché l’Italia amò Mussolini” e “Perché Mussolini rovinò l’Italia”.
Superata la fase della pandemia e in concomitanza con il trionfo di Giorgia Meloni alle elezioni, quello attuale pareva sulla carta il contesto ideale per favorire una certa narrazione. Tuttavia, il discorso fascismo mai come stavolta si è incastrato a fatica nelle dinamiche dell’attualità, con il giornalista che ha dovuto convergere a più riprese sui fatti presenti, facendolo sempre con successo. Perché al di là delle ironie, a Vespa va riconosciuto il grande merito di adattarsi con facilità e freschezza ai temi e alle linee editoriali delle trasmissioni che lo accolgono. Ecco allora la capacità di regalare titoli e spunti sui casi Soumahoro e Saviano.
La lunghissima maratona quest’anno è partita il 7 novembre a Uno Mattina, per proseguire la sera seguente a DiMartedì e il 9 a Stasera Italia. Qualche giorno di pausa per riapparire il 15 novembre a Cartabianca, il 17 a Dritto e rovescio, il 18 al Maurizio Costanzo Show e il 20 a Non è l’Arena.
Il 24 novembre è stata la volta di Quante Storie, il 25 invece il cartellino è stato timbrato ad Accordi e Disaccordi e A Cena da Maria Latella su Sky Tg24. Il 26 Vespa è stato ballerino per una notte a Ballando con le Stelle e, poche ore dopo si è rivisto a Sottovoce da Gigi Marzullo. Altra doppietta il 28 novembre, con le incursioni a Oggi è un altro giorno e a Quarta Repubblica.
Una netta accelerazione, come detto, è avvenuta a dicembre, col mese che è cominciato negli studi di Piazzapulita il 1°. Sabato 3 è stato quindi il turno de Il Caffè, il 4 di Zona Bianca, il 5 di Linea Notte, il 6 di Tagadà e (di nuovo) di DiMartedì.
Il conduttore aquilano non si è fermato nemmeno all’Immacolata con le partecipazioni a E’ sempre mezzogiorno e a Tg2 Post. Ed ancora, il 10 dicembre capatina a Buongiorno Benessere e Controcorrente, il 12 a L’aria che tira e Restart e il 13 a Cartabianca.
Mercoledì 14 sveglia all’alba per la performance in assoluto più riuscita e gradita, ovvero quella da Fiorello a Viva Rai2. Subito dopo tappa ad Omnibus, mentre il 15 alla lista si è aggiunto Mattino 5.
Infine, sabato 17 approdo a Tv Talk e domenica interventi a Timeline e allo speciale Telethon dei Soliti Ignoti. Il conteggio non tiene conto delle diciotto puntate di Porta a Porta andate in onda nel lasso di tempo osservato, del commento della Prima alla Scala con Milly Carlucci e delle interviste rilasciate nei tg e nelle varie radio che spesso godono di un canale
(da tvblog.it)
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Dicembre 20th, 2022 Riccardo Fucile
L’UOMO DOVRA’ SEGUIRE CORSI DI RECUPERO IN UN CENTRO ANTI-VIOLENZA
Le immagini avevano fatto il giro del web scatenando un’ondata di indignazione. Il tifoso della Fiorentina che si avvicina alla giornalista, impegnata in una diretta fuori dal Castellani di Empoli, e allunga le mani toccandole il sedere.
Ora, a distanza di un anno, è arrivata la sentenza: un anno e sei mesi di reclusione, con pena sospesa, con l’accusa di violenza sessuale. Si chiude così il processo con rito abbreviato ad Andrea Serrani, 45 anni, il ristoratore marchigiano finito alla sbarra per aver molestato la giornalista Greta Beccaglia. Il gup Antonio Pezzuti non ha riconosciuto le attenuanti generiche, e ha disposto per lui anche l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e il pagamento delle spese processuali.
Non solo. Il giudice ha ordinato la sospensione della pena subordinandola “alla partecipazione dell’imputato a specifici corsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero” di soggetti condannati per violenza sessuale.Il caso era esploso durante la diretta della giornalista dal Castellani di Empoli, dove si era appena giocato il derby. Pochi secondi di degrado, che avevano fatto il giro del mondo: Serrani che punta dritto
verso la giornalista, spalleggiato da un amico, la palpeggia e si allontana come se nulla fosse. E un secondo tifoso che lo segue a ruota,
avvicinandosi a Beccaglia in modo molesto e con parole irriferibili.Né bravate né gesti goliardici, secondo la procura, ma abusi da codice penale. L’uomo, che aveva chiesto scusa parlando di una bravata, è finito a processo per violenza sessuale e alla fine è stato condannato. Il gup ha ordinato tra le altre cose anche un risarcimento da 10 mila euro a Beccaglia a titolo di provvisionale, e di 5 mila euro per le altre parti civili, il Consiglio nazionaledell’ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa italiana.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2022 Riccardo Fucile
ORA SARÀ IL PROCURATORE SPECIALE JACK SMITH A DOVERSI ESPRIMERE, E POI LA DECISIONE FINALE SARÀ DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, IL DEMOCRATICO MERRICK GARLAND
«Cospirazione, incitamento all’insurrezione, ostruzione di un procedimento ufficiale». Sono i potenziali reati per i quali Donald Trump è stato deferito al dipartimento di Giustizia. Nella storia degli Stati Uniti, non ci sono precedenti di questo tipo a carico di un ex presidente. La Commissione della Camera dei rappresentanti sull’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, nella sua ultima udienza, prima di essere dissolta il 3 gennaio, quando il controllo dell’Assemblea passerà ai Repubblicani, ha lanciato l’atto d’accusa definitivo nei confronti del tycoon.
Tutti i nove membri dell’organismo, a cominciare dal presidente, il democratico Bennie Thompson, hanno preso la parola per esporre i vari aspetti del «tradimento» di Trump e del suo «complotto» per sovvertire l’esito delle presidenziali del 3 novembre 2020, a partire dalla «falsa» e «premeditata» dichiarazione di vittoria pronunciata nella notte elettorale, passando per le «false» accuse di brogli elettorali, i tentativi di manipolare il voto in alcuni Stati chiave, fino a incitare la folla dei suoi sostenitori che presero d’assalto il Campidoglio, tentando di impedire la certificazione della vittoria di Joe Biden.
I terribili «187 minuti» che intercorsero tra il comizio all’Ellipse, il grande parco che si stende sul lato sud della Casa Bianca, nel quale Trump aizzò la folla, fino al riluttante messaggio con il quale invitò i suoi supporter – «we love you» – a ritirarsi. Centottantasette minuti, secondo una delle ricostruzioni video mostrate in aula durante l’udienza finale, nei quali Trump fu «inadempiente» al suo dovere di commander in chief e di difensore ultimo della Costituzione. Sul campo, nell’immediato e nei giorni successivi, rimasero cinque morti e 104 agenti di polizia feriti.
Lo strascico giudiziario contro gli invasati trumpiani ha già prodotto diverse condanne al carcere. «Tutti i presidenti della nostra storia hanno accettato la pacifica transizione dei poteri, tranne uno», ha ribadito la vice presidente, Liz Cheney, aggiungendo, in riferimento a Trump e alla sua annunciata candidatura per il 2024: «Quest’ uomo è inadatto a qualsiasi carica pubblica».
La Commissione a maggioranza Dem, dopo il rifiuto dei Repubblicani di farne parte e di costituire un organismo bipartisan, ha avuto al suo interno due uniche eccezioni: la deputata del Wyoming, Cheney, appunto, e il deputato dell’Illinois Adam Kinzinger. La scelta è costata loro cara. La Cheney non è stata rieletta, battuta nelle primarie dalla candidata trumpiana Harriet Hageman. Kinzinger ha preferito non ripresentarsi.
I numeri dell’organismo indicano l’impegno con il quale si è scavato: 18 mesi di indagini; 9 udienze pubbliche; oltre 1.000 testimonianze raccolte (di cui 70 in aula); oltre un milione di documenti messi agli atti. E tuttavia, come avvenuto in altre circostanze, è possibile che il deferimento di Trump al dipartimento di Giustizia non porti nell’immediato ad alcuna conseguenza pratica. Le autorità federali stanno già indagando sull’ex presidente, in alcuni casi per ipotesi di reato che coincidono con quelle indicate dalla Commissione.
Prima di assistere a un eventuale rinvio a giudizio bisognerà attendere la conclusione dell’inchiesta affidata al procuratore speciale Jack Smith. La decisione finale spetterà poi al ministro della Giustizia, Merrick Garland, chiamato a una scelta più politica che giudiziaria, dato che Trump è anche candidato per il 2024. A Garland spetterà il compito di infrangere o meno la tradizione delle amministrazioni Usa di non usare la giustizia ordinaria contro gli avversari politici. Anche questa potrebbe essere una conseguenza della legacy di Trump.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2022 Riccardo Fucile
SI RIPRESENTA GALLERA, FELTRI DI NUOVO CON MELONI, PREGLIASCO CAPOLISTA LISTA CIVICA A SOSTEGNO MAJORINO
In Lombardia il centrodestra che sente già la vittoria in tasca alle Regionali del prossimo anno punta soprattutto sulla ricandidatura degli assessori e dei consiglieri regionali uscenti. Nel centrosinistra, invece, il Pd dopo aver arruolato il virologo Fabrizio Pregliasco che guiderà la lista civica a sostegno di Pierfrancesco Majorino, conta di calare presto un nuovo asso: la scelta di una esponente della società civile come capolista in città.
Il nome è ancora coperto perché l’interessata non avrebbe dato ancora il via libera, ma i giochi saranno fatti per la Direzione del Pd che domani sera approverà i nomi dei candidati nelle liste.
Il Movimento Cinque stelle dal canto suo conta di indire le “Regionarie” entro Natale, per completare la selezione a partire dal 27 dicembre. Mentre la direzione nazionale di +Europa lo stesso giorno deciderà se presentare un suo candidato o meno dopo la scelta di Pd e Sinistra di allearsi con i pentastellati.
Nel centrodestra, Lega e Forza Italia ricandideranno praticamente tutti consiglieri regionali uscenti. Il vero problema infatti sarà quanti saranno effettivamente rieletti. Dal momento che attualmente i seggi leghisti al Pirellone sono ben 31 e quelli di Forza Italia si sono ridotti durante la legislatura ad otto.
Quelli di Fratelli d’Italia, al contrario, dai tre iniziali sono passati a cinque. E se l’esito delle elezioni Politiche del 25 settembre scorso saranno confermati, i rapporti di forza all’interno della coalizione che appoggia la ricandidatura del governatore uscente Attilio Fontana sono destinati a cambiare radicalmente. Il partito di Giorgia Meloni dovrebbe puntare su Vittorio Feltri come new entry.
La coordinatrice regionale di Fi Licia Ronzulli assicura: “Sulle liste per le elezioni Regionali in Lombardia siamo a buon punto. Saranno molto competitive e verranno candidati tanti amministratori locali. Faremo un grande risultato”. In realtà al momento si sa che in città il posto di capolista se lo contenderanno il presidente della commissione Bilancio del Pirellone ed ex assessore Giulio Gallera e il capogruppo di Fi in Consiglio regionale Gianluca Comazzi. Per il resto, dovrebbero essere ricandidati Claudia Carzeri a Brescia, Simona Tironi e Gabriele Barucco e Gianni Figini a Monza e Ruggero Invernizzi a Pavia.
Stesso discorso per la Lega che non ha ancora deciso chi sarà il capolista sotto la Madonnina. Tutte le segreterie provinciali dovranno completare le liste entro il 27 per sottoporle al via libera dei vertici nazionali. Si danno comunque per scontate le candidature degli assessori regionali uscenti Davide Caparini, Claudia Terzi, Elena Lucchini, Stefano Bruno Galli. Mentre Fabio Rolfi correrà per la poltrona di sindaco a Brescia. Oggi dovrebbero conoscersi i risultati delle primarie che il partito di Matteo Salvini ha indetto solo a Bergamo. Dove in lista dovranno vedersela quasi certamente il capogruppo uscente Roberto Anelli e l’ex deputato Daniele Belotti.
Dal fronte dei ” ribelli” che hanno lasciato la Lega per fondare il gruppo Comitato Nord arriva un segnale conciliante. “Non siamo traditori. Siamo stati eletti per sostenere il programma amministrativo di Attilio Fontana, cosa che faremo assolutamente, fino alla fine”.
(da agenzie)
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