Dicembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
L’EX CAPO MILITARE, ORIGINARIO DI UNA REGIONE RUSSA CONFINANTE CON L’UCRAINA, AVEVA STRETTI LEGAMI CON IL PAESE CHE PUTIN HA INVASO
Un’altra scomparsa misteriosa in Russia. Un ex capo dell’esercito russo con legami di lunga data con l’Ucraina è morto “improvvisamente” a Mosca all’età di 69 anni. A darne notizia la fabbrica di carri armati in cui lavorava, l’azienda di costruzione di macchine Uralvagonzavod: il più grande produttore di carri armati al mondo. Il generale si chiamava Alexei Maslov e lavorava recentemente come rappresentante internazionale, non ha fornito ulteriori spiegazioni.
Il generale Maslov, che è stato comandante in capo delle forze di terra russe dal 2004 al 2008, è deceduto il giorno di Natale in un ospedale militare di Mosca, ha dichiarato l’azienda. Uralvagonzavod lo ha definito “un comandante distinto che ha compiuto un valoroso viaggio da comandante di plotone a comandante in capo delle forze di terra”.
I legami con l’Ucraina
L’ex capo militare, originario di una regione russa confinante con l’Ucraina, aveva stretti legami con il Paese che la Russia ha invaso a febbraio. La carriera militare del generale Maslov è iniziata nell’Ucraina sovietica, dove ha studiato in una scuola superiore per comandanti militari a Kharkiv. In seguito è stato dislocato nei Carpazi, al confine con la Romania. Dopo un periodo di quattro anni al comando delle forze russe, il generale Maslov è stato nominato vice di Dmitry Rogozin, l’allora inviato russo alla Nato a Bruxelles.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
LA ONG: “ASSURDO, CON I PORTI LIBERI VICINI, FARCI FARE 900 MIGLIA DI NAVIGAZIONE E FARCI PERDERE 4 GIORNI”
Le autorità italiane hanno assegnato in serata un porto alla Ocean Viking, la nave di Sos Mediterranee che la scorsa notte aveva soccorso 113 migranti al largo della Libia, tra i quali anche tre neonati, che si trovavano su un gommone alla deriva nel Mediterraneo: l’imbarcazione della Ong andrà a Ravenna.
L’Italia, scrive la stessa Ong su Twitter, “ha assegnato un porto molto lontano, invitando la nave a dirigersi a La Spezia” ma “poche ore dopo ha riassegnato un porto ancora più distante. Ravenna, a 900 miglia nautiche di distanza, a circa 4 giorni di navigazione”. Dalla ong si dicono “sollevati” per i migranti soccorsi, ma allo stesso tempo “preoccupati” per eventuali altre barche in distress: “Perché in questo momento – sottolinea infatti Sos Mediterranee – siamo l’unica nave ong operativa in mare”.
“Mentre ci dirigiamo verso Nord – scrivono dall’organizzazione umanitaria – temiamo che altre vite siano in pericolo”.
“Da alcune settimane si assiste ad una nuova, ridicola, saga della guerra Salvini-Piantedosi contro le ong che salvano vite in mare. Un senso del ridicolo che si estende a quanti nel Governo assistono inermi al nuovo copione. Dopo il fallimento dei porti chiusi, sconfitti dal senso di realtà e dai tribunali, e dei porti ‘socchiusi’ degli sbarchi selettivi, sconfitti dai medici delle ASP siciliane, adesso si passa ai ‘porti lontani’: Livorno, La Spezia, Ravenna. Dal momento che è facile verificare quante banchine libere vi siano in numerosi porti meridionali, la scelta del Governo di offrire ‘posti sicuri’ sempre più lontani, viola i trattai internazionali, dal momento che le persone soccorse vanno fatte scendere nel modo più veloce possibile nel primo posto sicuro”. Lo dice il senatore del Pd Antonio Nicita.
“La nuova strategia del Governo – prosegue Nicita – punta a punire chi salva vite e ad allungarne i tempi di sbarco, nonché a ritardarne il ritorno in acque internazionali al fine di poter salvare altre vite. Ci auguriamo che tali ritardi non debbano pesare sulla coscienza di chi opera scelte illogiche, inefficienti e politicamente infantili. Una nuova stagione della guerra salviniana contro le Ong che il Ministro Salvini perde da anni e che continuerà a perdere contro il diritto internazionale. Triste che il ministro Piantedosi si arruoli alla guerra della propaganda, contro il rispetto della dignità e del diritto”.
Oggi intanto a Lampedusa è stata una giornata di sbarchi. Sull’isola sono arrivati in tutto, a bordo di cinque imbarcazioni, 236 migranti. L’approdo più consistente è stato l’ultimo, e ha portato sull’isola 110 persone su un barcone di 12 metri. A soccorrerlo la Guardia di finanza. Ai soccorritori i naufraghi hanno riferito di essere originari di Egitto, Siria, Bangladesh, Etiopia e Marocco e d’essere partiti alle 21 di ieri da Zawiya, in Libia. All’hotspot dell’isola, dove sono stati portati tutti i migranti sbarcati oggi, ci sono circa 800 persone, il doppio della capienza massima
Saranno invece condotti in Sicilia i circa 500 migranti recuperati al largo di Portopalo di Capo Passero. Tra stanotte e domattina dei 489 tratti in salvo a quasi 80 miglia dalle coste dell’Isola, 180 giungeranno ad Augusta, 205 a Catania e 104 a Messina. Per loro sono state attivate le strutture e le procedure di accoglienza e identificazione.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
A BORDO DELLA ONG DEI PATRIOTI EUROPEI, LA NOTTE DEL PRIMO SOCCORSO IN MARE
Da Bordo della Ocean Viking
La prima cosa è il nero. Una cappa, una glassa che si stende sul mare, si incolla all’orizzonte e cancella ogni punto di riferimento. Poi arriva l’odore. Di paura, benzina, umanità pressata, disperazione.
Ci si sbatte contro come se fosse un muro, ma subito diventa colla, si aggrappa alla pelle e alla gola, ritorna dopo ore e non bastano una, dieci, cento docce. Ritorna su ancora e ancora. Con lui, l’eco delle grida.
Un naufragio è inferno stampato su mare e quando si accendono le luci dei gommoni di salvataggio, negli occhi di chi si gioca la vita sul Mediterraneo c’è tutta la disperazione dei dannati. Il disinteresse dell’Unione Europea, con l’Italia pronta a mettere a punto l’ennesimo codice di condotta che imbriglia le navi di soccorso, ha deciso la loro pena: rischiare la vita pur di poter declinare i verbi al futuro. Ma loro non lo sanno, possono solo scontarla giocandosi tutto in un’unica traversata.
Non si dorme
Nella notte fra il 26 e il 27 dicembre sulla Ocean Viking non si dorme. Non c’è risacca di cenoni e bagordi, non c’è la pigrizia delle feste. La nave di Sos Méditerranée è da qualche ora nella Sar – la zona di salvataggio – al confine fra Malta e Libia, da qualche giorno sulla sponda sud il tempo è tornato bello dopo settimane di tempesta. “Prepariamoci”, dice Caterina, medico di bordo con alle spalle anni di missione, che inutilmente prova ad andare a dormire qualche ora. Si sa che sono ricominciate le partenze, anche Alarm phone ha fatto sapere che sul mare ondeggiano dei gommoni. Uno lo si comincia a cercare già dal tardo pomeriggio. Invano. “Attorno alle 4.30 – è l’ordine che a tarda sera arriva dal ponte di comando – dovremmo intercettare il target, tutti svegli e con tute e giubbotti addosso”. Ma è tutto l’equipaggio che si mette in moto. Il deck è illuminato a giorno, la clinica sul ponte pronta. A bordo le onnipresenti radio gracchiano sui canali dell’emergenza. Sono da poco passate le due e mezza quando scatta l’allarme. C’è un altro gommone in pericolo ed è vicino. Tuta, giubbotto, elmetto. Con la fretta ancor di più.
Si parla poco
“Preparatevi, prendete un caffè e mangiate qualcosa. Non si sa mai quanto durerà”, consiglia Claire. Si parla poco, qualcuno prova a stemperare la tensione. Lucia, ostetrica del team medico alla prima missione, è pallida come un cencio, tesa. “Sono pronta, non so come reagirò dopo, ma sono pronta”, ripete. Stridono gli argani che lanciano a mare i tre rhib. In pochi minuti sono in acqua. Si cerca il gommone, lo si intuisce dietro una lucina. Si sa che a bordo ci sono centinaia di persone. Molti sono bambini. “Mi sembrava quasi fosse solo un fagotto di vestiti”, dice Tanguy quando il soccorso è concluso e i rhib sono agganciati agli argani. Quello che sembrava un pacchetto di stracci era un bebè di appena tre settimane. Immobile. “Ma respira? Non capisco”. E tocca scavare fra gli stracci che porta addosso per capire che quel corpicino è ancora in vita. Lo chiameremo Abdou, ma è un nome di fantasia. “Sì tutto ok”, dice Justine.
Bimbi zuppi e terrorizzati
Dopo di lui ne arriva un altro di tre mesi, poi uno di un anno appena, e ancora altri. Tutti zuppi, tutti terrorizzati. Una bimba, treccine e maglione rosa, trema e piange senza sosta fin quando un adulto non la prende in braccio. Dodici ore dopo sul ponte di Ocean Viking gioca a nascondersi tra le gambe della mamma. Il bebè più piccolo è in braccio al fratellino, con viso da monello che ha cancellato le lacrime di ieri. Sul volto di alcuni degli adulti scorrono quelle di felicità. “Addio Libia, addio Libia”, cantano, improvvisando una danza. “Credevo che non saremmo arrivati mai, che saremmo morti lì in mezzo”, dice Moussa, un ragazzo di neanche vent’anni che sogna di raggiungere un cugino in Germania. Una donna invece stringe le braccia attorno a quel bambino che porta in grembo e temeva di aver perso. Sono centotredici, se non fosse arrivata la Ocean Viking forse non ci sarebbero più.
Quattro giorni e si arriva in Italia
Sara, responsabile della Croce rossa a bordo, Ahmed e Mosley, i mediatori culturali, hanno appena comunicato a tutti che fra quattro giorni si arriverà in Italia. L’indicazione di porto sicuro, in passato negata a Ocean Viking per settimane tanto da costringerla chiedere approdo a Tolone, è arrivata ancor prima che venisse richiesto. “Per tutte queste persone – spiega Alessandro Porro – è sicuramente meglio, però non possiamo dimenticare che ci ancora sono partenze, che la Guardia costiera libica sta intercettando e riportando indietro tantissime persone. Sentiamo sul canale raradio 16, quello delle emergenze, che ci sono vari pescherecci che segnalano barche in difficoltà. Sottrarre un mezzo di soccorso, vuol dire lasciare sguarnita un’area potenzialmente pericolosa”. Da Roma hanno ordinato a Ocean Viking prima di andare a La Spezia, qualche ora dopo a Marina di Ravenna. C’è una strategia? “Il primo porto è a 650 miglia di distanza, il secondo a 913 miglia di navigazione. Ogni giorno di navigazione necessita di dieci tonnellate di carburante, c’è da andare e da tornare”. Ma si farà. E sulla rotta se ci saranno imbarcazioni in difficoltà, la vita umana – come da legge del mare – avrà la priorità.
(da La Repubblica)
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Dicembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
NEGLI ULTIMI MESI SOLTANTO IL 5% DEI VIAGGIATORI PARTITI DAL PAESE ASIATICO È ARRIVATO IN ITALIA CON UN COLLEGAMENTO DIRETTO. L’ALTRO 95% HA FATTO SCALO ALTROVE
L’ordinanza del ministro della Salute Orazio Schillaci di re-introdurre i tamponi obbligatori — e «relativo sequenziamento del virus» — per i passeggeri provenienti dalla Cina «e in transito in Italia» rischia di non individuare la maggior parte delle persone che dal gigante asiatico arrivano nel nostro Paese. Negli ultimi mesi soltanto il 5% dei viaggiatori partiti dalla Cina è arrivato in Italia con un collegamento aereo diretto. L’altro 95% ha fatto scalo altrove — in Asia, in Medio Oriente e in Europa — prima di mettere piede nel nostro Paese. È questa una prima stima del Corriere sulla base dei flussi forniti dalle piattaforme specializzate.
«Come tre anni fa»
Gli addetti ai lavori ricordano che l’introduzione dei test — rapidi o molecolari — in aeroporto è lo stesso provvedimento di tre anni fa quando dalla Cina arrivavano informazioni poco rassicuranti su un nuovo coronavirus. Ma il virus era già diffuso ovunque nel mondo. Secondo i dati forniti al Corriere da Airline Data Inc dal 18 al 28 dicembre i voli diretti dalla Cina all’Italia sono stati appena 13 per un totale di 3.869 sedili: 10 frequenze verso Roma Fiumicino, 3 verso Milano Malpensa. Ma è solo una piccola parte. Perché molti fanno scalo a Parigi, Francoforte, Helsinki.
Le porte di accesso in Europa
Chi controlla i flussi alle dogane spiega al Corriere che la principale porta d’ingresso per l’Italia è lo scalo di Bruxelles. E infatti nel periodo 18-28 dicembre ci sono stati 97 voli diretti Cina-Europa (per quasi 28.500 posti offerti): di questi 14 verso Bruxelles, al primo posto, 13 verso la Germania (come l’Italia), quindi 9 verso la Gran Bretagna, 7 verso la Finlandia.
Gli hub internazionali
L’altra porta di ingresso dalla Cina all’Italia è costituita dagli hub mediorientali: una volta sceso a Dubai, Doha e Abu Dhabi in diversi si sono imbarcati sui collegamenti per l’Italia. Nello stesso periodo di riferimento ci sono stati 21 voli tra il gigante asiatico e Dubai/Abu Dhabi per esempio. Un ulteriore percorso tra la Cina e il nostro Paese è quello costituito dal transito all’aeroporto di Singapore: negli undici giorni di analisi ci sono state 73 partenze dalla Cina alla città-Stato asiatica per oltre 18 mila sedili. Non tutti, è ovvio, sono arrivati in Italia, ma una fetta sì. Per questo, spiega più d’uno, se i test non vengono introdotti da tutti i Paesi per chi arriva dalla Cina le misure dei singoli Stati rischiano di essere insufficienti.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
“UNA NUOVA VARIANTE POTREBBE RIPORTARCI AL PUNTO DI PARTENZA”… “I CONTROLLI SOLO ALLA MALPENSA SONO INSUFFICIENTI”
“Servono tamponi a livello europeo e quarantene per chi arriva dalla Cina ed è positivo, o rischiamo di vanificare tutti i successi che abbiamo avuto contro il Covid” spiega l’infettivologo Matteo Bassetti, coordinatore delle Malattie infettive di Alisa, l’azienda sanitaria ligure. Domani si avranno i risultati del sequenziamento dei primi 210 tamponi effettuati su viaggiatori provenienti dalla Cina all’aeroporto di Milano Malpensa, che ci daranno qualche indicazione sul possibile arrivo di nuove varianti: per Bassetti non possiamo correre il rischio di trovarci impreparati.
Professor Bassetti, come giudica la misura – tamponi facoltativi ai provenienti dalla Cina – presa a Malpensa?
“È già un passo avanti, ma rischia di essere una misura puramente cosmetica. Perché non mi risulta che Malpensa sia l’unico hub aeroportuale italiano ed europeo: queste misure vanno prese in tutta Europa, perché poi chi arriva in qualsiasi aeroporto europeo può arrivare in ogni altro Paese. Ed è chiaro che la misura di un test facoltativo è insufficiente: sono stati fatti finora 210 test, ma io non credo che a Malpensa in questi giorni siano arrivate solo 210 persone dalla Cina. In un momento in cui in Europa la situazione è molto controllata – in particolare in Italia grazie alla possente campagna vaccinale del 2021 e a coloro che hanno fatto le dosi di richiamo – io, nei panni dell’Europa, non mi assumerei un rischio anche remoto di importare una variante che possa resistere ai vaccini e ci faccia ripiombare indietro al punto di partenza”.
Quindi in concreto cosa bisognerebbe fare?
“Se tu domani dici che tutti quelli che vengono dalla Cina obbligatoriamente devono fare un tampone molecolare alla partenza, e quando arrivano devono sottoporsi a un tampone molecolare, oppure alla quarantena obbligatoria con un tampone molecolare alla fine, tutto sommato questa sarebbe una misura a costo zero. L’hanno fatta per tre anni in Cina e non vedo perché non dovremmo farlo noi. Vedrà che nelle prossime 48 ore inizieranno a farlo gli americani. L’Italia potrebbe fare da apripista per l’Europa. Nessuno vuole fare allarmismo, ma mi pare evidente che qualcosa in Cina non sta funzionando, perché i dati sono impressionanti, con 10.000 morti al giorno. Dopo quello che abbiamo visto in Italia, tutelarci per primi in Europa sarebbe opportuno. Dopodiché se tra tre mesi la situazione in Cina si normalizza, si potrebbero togliere le restrizioni che auspico e tornare a viaggiare come prima”.
Lei dice che il rischio è quello di importare una variante resistente ai nostri vaccini. La situazione attuale in Cina aumenta questo rischio?
“Lei consideri che una variante che circola così tanto come sta circolando oggi: 350 milioni di casi in 20 giorni, e si prevede che arriveremo a 700 milioni nei prossimi 20 giorni. Quindi si avranno in Cina il numero di casi che abbiamo visto in tutto il mondo nei tre anni precedenti. E mentre all’inizio della pandemia ad essere interessata era una sola area, ovvero la provincia di Hubei, oggi invece il contagio si estende su tutto il territorio. È evidente che se un virus circola così tanto in un Paese dove c’è moltissima gente non vaccinata – soprattutto gli anziani: molti di loro sono legati alla medicina tradizionale cinese – e dove il vaccino funziona meno – è un vaccino a vettore virale che ha efficacia dimezzata rispetto ai nostri vaccini a mRNA – questa è la condizione ideale per lo sviluppo di nuove varianti. Perché le varianti circolano molto, e si moltiplicano, quando c’è poca gente con gli anticorpi opportuni. Si conta che ad oggi nella sola Cina sono state selezionate, solo per Omicron, 29 sottovarianti. Quindi immaginiamoci cosa succederà nei prossimi mesi. Oltretutto la Cina non è solo Pechino e Shanghai, ma anche la provincia recondita, dove non è che abbiano proprio ospedali come i nostri. Il sequenziamento in molte zone è raro. Un 5% dei cittadini può permettersi una tutela della salute efficace, ma dal punto di vista degli ospedali, il 95% della popolazione cinese ha un sistema sanitario al livello dei nostri anni ’50. Questo dovrebbe indurci alla prudenza”.
Lei detesta l’allarmismo. Ma secondo lei gli italiani, oggi pressoché tutti vaccinati e molti con la quarta dose, hanno un senso di falsa sicurezza, alla luce del possibile arrivo di nuove varianti?
“Quello che mi preoccupa di più non è la popolazione generale, sulla quale Omicron non farà gran che, perché alla fine noi abbiamo fatto tre dosi l’anno scorso, e molti hanno fatto il Covid quest’anno. Il vero problema è che abbiamo ancora una fascia abbastanza importante di over 70 che non hanno fatto la quarta dose. Più del 60% degli over 70 italiani non hanno fatto dosi nel 2022. È chiaro che se dovesse arrivare una variante Omicron più contagiosa, e che magari ha subito qualche altra mutazione che la rende resistente al vaccino, chi ha 80 anni e non ha fatto la quarta dose potrebbe infettarsi in maniera importante”.
Qual è il messaggio?
“Il messaggio è: oggi da noi il Covid è all’angolo. Però non dormiamo troppo sugli allori, perché i settantenni che si sono vaccinati nel 2021 e poi nel 2022 non hanno fatto la quarta dose sono a rischio. Quando sento qualcuno dire: “Sono andato a farmi il vaccino antinfluenzale, ma non ho fatto il richiamo per il Covid”, mi sembra come se un motociclista si mettesse solo metà casco perché si sente sicuro di cadere da una parte sola”.
(da La Repubblica)
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Dicembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
NON CI SONO LIMITI PER LA MORATTI CHE ORA APRE ANCHE AI BOSSIANI DI “COMITATO NORD” E AI DELUSI DI “+ EUROPA”
«Benedetta Parodi scansati» ironizza qualche follower. Letizia Moratti, in campo con il Terzo Polo di Renzi e Calenda per la Regione Lombardia, tenta (anche) un’operazione simpatia sui social. In un video pubblicato su Instagram la sera di Santo Stefano si cala negli improbabili panni della casalinga e mostra ingredienti e preparazione per una torta «senza zucchero al cioccolato con marmellata di frutti di bosco».
La chiama «torta Stella» in onore a una «carissima amica ospite a cena». Ma la «sciura Moratti» si attira le ironie di chi la paragona a una Maria Antonietta dei giorni nostri: «I lombardi chiedono sanità pubblica e aria respirabile? Che mangino torte senza zucchero».
Tant’ è, in una campagna elettorale tutta in salita contro il governatore uscente Attilio Fontana che i sondaggi danno in netto vantaggio per il bis e il candidato Pd-M5S Pierfrancesco Majorino, Moratti sognava di essere il nuovo che avanza ma per ora continua a infornare ex: leghisti, azzurri, grillini, dem, esponenti della lista Beppe Sala. Allarga le braccia anche a bossiani e +Europa.
«Siamo al lavoro sulle liste nelle varie province della Lombardia e abbiamo un’abbondanza di candidature» ha raccontato ieri Manfredi Palmeri che dopo averla persino sfidata nel 2016 candidato sindaco di Fli e Udc (era appena uscito da Fi) guiderà la Lista civica Letizia Moratti a Milano. Qualche nome «nuovo»?
Non Valentina Aprea, che dopo la mancata nomina a sottosegretario all’Istruzione ha lasciato Forza Italia dopo quasi 30 anni (e ruoli da parlamentare, sottosegretario, assessore regionale). Si candida Marco Tizzoni, ex capogruppo lombardo della lista Maroni, stessa area di Luca Ferrazzi (con un passato anche in An) e dell’ex segretario provinciale della Lega Davide Boni, presidente del Consiglio regionale fino al 2012, ultima giunta Formigoni. Dalle vecchie file di Fi rispunta Gianfranco Baldassarre, già consigliere comunale quando Moratti era sindaco di Milano.
Dalla truppa dei delusi M5S (o senza prospettiva del bis) Moratti ha imbarcato i consiglieri regionali Monica Forte e Roberto Cenci. Al sindaco Sala ha «scippato» una vicepresidente di Municipio, Elisabetta Genovese. Daranno invece una mano per la campagna ma non correranno nella sua lista l’ex ministro del governo Letta Mario Mauro, ciellino, e l’ex fantasista dell’Inter anni Ottanta e poi commentatore Evaristo Beccalossi.
Stessa proposta e stessa risposta sarebbe arrivata da Claudio Cecchetto. Correranno nella lista del Terzo Polo che la appoggia (presentati in pompa magna da Calenda) Gianmarco Senna, uscito dalla Lega a fine novembre, rischiava di non conquistare il bis in consiglio regionale, e Elisabetta Strada che ha lasciato il gruppo Lombardi Civici Europeisti (prima era consigliera comunale della lista Beppe Sala).
E se Matteo Salvini per ora chiude le porte all’alleanza con i bossiani usciti dalla Lega per fondare il gruppo Comitato Nord e +Europa ha mollato Majorino dopo il patto con i 5 Stelle, lady Letizia assicura: «Nordisti e +Europa? Il mio è un progetto civico aperto a tutti». Ci scappa pure una fetta di torta.
(da Il Giornale)
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Dicembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
LA MUSICISTA NON HA MAI NASCOSTO LE SUE POSIZIONI PRO-PUTIN. LO SCORSO MAGGIO, AVEVA SUONATO NELLA MARIUPOL OCCUPATA DAI RUSSI
La polemica è iniziata con un dibattito «squisitamente» social. «Questa è Valentina Lisitsa e pare che stia per fare un concerto al prestigioso Teatro La Fenice di Venezia. È conosciuta per le sue posizioni pro Putin e ha perfino fatto un concerto in maggio nella Mariupol occupata». Apriti cielo. Il messaggio lanciato nell’etere da Mariia Kramarencko ha fatto il giro del mondo con tutte le conseguenze del caso: reazioni a catena, Twitter in fiamme, telefonate di smentite e lettere di cancellazione evento.
Valentina Lisitsa è una pianista di fama mondiale di origine ucraina. E già in passato ha espresso opinioni politiche molto critiche rispetto alla linea di Kiev. Lisitsa, che è nata proprio nella capitale, è molto seguita sui social. Alcuni dei suoi concerti hanno ottenuto milioni di visualizzazioni su YouTube.
Nei social non fa mistero delle sue posizioni, anzi. E già altre volte erano piovute cancellazioni: una di queste dall’orchestra sinfonica di Toronto lo scorso anno. Il concerto nella Mariupol bombardata, accanto alle rovine del teatro distrutto, ha dato il colpo di grazia. Non per Venezia, però. Ad incappare nell’impasse, perché «non ne sapevamo proprio nulla» è stata in realtà Musikamera, l’associazione che da anni organizza una stagione di musica da camera nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice.
«Non eravamo a conoscenza del suo attivismo politico e delle polemiche che la coinvolgevano – chiarisce la presidente Sonia Finzi – sono molto rammaricata e in imbarazzo. Non avrei mai voluto trovarmi in una situazione di questo tipo per nessuna ragione al mondo. Nessuno naturalmente ha obiettato sulla sua scelta sul fronte dell’arte e della musica, vista la sua fama mondiale e le sue indiscutibili capacità. Ma abbiamo moltissimi contatti di pianisti importanti, se solo fossimo stati a conoscenza della situazione avremmo scelto qualcun altro. Proprio per questo e per le tensioni che ne stavano nascendo abbiamo ritenuto di rinviare il suo concerto. Anche per rispetto dell’istituzione che ci stava ospitando».
Il botta e risposta tra l’associazione e la musicista
La Fenice, dal canto suo, serve un lapidario no comment lasciando che sia l’associazione a gestire la problematica. «Abbiamo scritto alla pianista – continua Finzi -, le abbiamo detto che abbiamo ritenuto di rinviare il concerto in altri momenti in cui commenti e osservazioni nei suoi confronti potranno essere mossi esclusivamente da pensieri di carattere artistico e non politico. Ho firmato in prima persona la lettera perché mi piace prendermi le mie responsabilità, abbiamo bloccato il concerto».
Valentina Lisitsa naturalmente non l’ha presa benissimo. Ha subito risposto ufficialmente a «Musikamera» chiarendo che «la musica e l’arte sono al di sopra della politica» e ritenendo dunque di non aver assolutamente meritato questo trattamento. Ma ormai la decisione è stata presa.
Anche se ora la battaglia a colpi di tweet si è spostata dall’indignazione per l’ingaggio della pianista pro Putin a Venezia al dibattito sull’assurdità della censura (o meno) in tempi di tensioni politiche e di guerra sul fronte dell’arte. Prima della cancellazione i tweet chiedevano (al teatro, al sindaco Luigi Brugnaro, al Comune, al Ministero) la cancellazione dello spettacolo.
Ora i tweet ragionano di censura e di applicabilità della stessa al fronte artistico. In fondo situazioni di questo tipo non sono nuove in questi anni. Basti pensare al direttore Valery Gergiev allontanato da La Scala di Milano dopo aver deciso di non firmare una lettera di presa di distanze dal leader russo di cui è amico.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
“FU UN ORGANISMO VIVO, ISOLATO, TENUTO INSIEME DALLA DISCRIMINAZIONE ANTIFASCISTA CHE STETTE A FONDAMENTO DELL’ARCO COSTITUZIONALE”
Isabella Rauti ha sostato un momento in ricordo del Movimento sociale italiano, ed è stato subito un mezzo scandalo. Farlocco. Abortito.
Ora è tutta una gara a dimenticare, in nome della memoria condivisa, ma personalmente ho sempre trovato più interessante la memoria divisa.
Con il governo Milazzo in Sicilia, anni Cinquanta, i comunisti, per fottere i democristiani sorretti dai poteri collusi e mostrare tutto il loro machiavellismo, con l’assenso di Togliatti e sotto la guida di Macaluso e Bufalini, entrarono in un governo regionale assieme ai missini ancora molto lontani dallo sdoganamento.
Segni Sr. fu eletto anche con i loro voti. Leone fu eletto capo dello stato con i loro voti determinanti. Tra botte, drammi, tragedie, farse e ruffianerie incrociate il Movimento sociale, alterne vicende elettorali, tentativo di preservare una cultura di destra non troppo polverosa, e chi più ne ha più ne metta, fu un organismo vivo, isolato, e fu un organismo tenuto insieme dalla discriminazione antifascista che stette a fondamento dell’arco costituzionale, base della democrazia consociativa, che ha reso l’Italia un paese progredito e opulento ma lo stava alla fine paralizzando nella gnagnera, contro la quale si batterono Pannella e Craxi.
Una visione non moralistica e non retorica delle cose deve riconoscere che è legittimo, che non crea imbarazzo alcuno, ricordare il Msi, un partito forse orrendo ma non un movimentaccio populista; un partito che era nato dai morti, dell’una e dell’altra parte, ma non era nato morto.
Giuliano Ferrara
(da “il Foglio”)
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Dicembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
LO STRAFALCIONE GRAMMATICALE DELLA LEGA CHE NON SA SCRIVERE “ACCELERAZIONE”
Anni di campagna elettorale al grido di “Prima gli italiani”, ma forse sarebbe stato più opportuno urlare ai quattro venti “Prima l’italiano” per stimolare la conoscenza della lingua.
E, invece, ecco che dai profili social della Lega – Salvini Premier arriva una chicca tipica di una pubblicazione senza controllo e verifica di quanto scritto.
E la card in cui si esulta per la presunta “accellerazione” (con due “elle”, quindi grammaticalmente sbagliato) per quel che riguarda il comparto trasporti nel nostro Paese, è diventata virale e oggetto di moltissima ironia.
La card social con l’errore grammaticale è ancora online, nonostante siano trascorse moltissime ore dalla sua pubblicazione, ma ora dopo le segnalazioni di moltissimi utenti – alcuni con fare critico, altri per puro dileggio di fronte all’errore marchiano – che hanno tenuto a ricordare che il termine “accellerazione” con le due “elle” non esista all’interno del vocabolario della lingua italiana, la Lega ha pubblicato un nuovo tweet (qui il link) con “accelerazione” scritto nella forma grammaticale corretta.
In molti hanno voluto sottolineare un aspetto fondamentale: anni e anni a parla di “Prima gli italiani” per poi cadere in un errore grammaticale. D’altronde, per conquistare l’elettorato è meglio gridare slogan sintetici e fascinosi. Poi non importa se il contenuto sia del tutto sbagliato. Anche grammaticalmente.
(da NextQuotidiano)
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