Dicembre 12th, 2022 Riccardo Fucile
IL BANCHETTO ORGANIZZATO DAL BOSS A FAVORE DEL CANDIDATO
Tra le dieci persone arrestate questa mattina, 12 dicembre, durante un blitz della polizia di Stato di Milano a Pioltello c’è anche Cosimo Maiolo. Presunto boss appartenente a una delle due famiglie attive sul territorio a est del capoluogo lombardo. Come ricostruito dall’inchiesta condotta dal pm Paolo Storari, avrebbe fatto “campagna elettorale” nel 2021 a favore del candidato sindaco di Fratelli d’Italia e del centrodestra Claudio Fina.
Il “banchetto elettorale per Fina e Menni”
Fina non è stato eletto, dato che è stato battuto per poco più di 2mila voti dall’avversaria sostenuta dal centrosinistra Ivonne Cosciotti. Tuttavia, tra le quasi 4.500 schede elettorali che riportavano una ‘x’ sul suo nome c’erano quelle raccolte dalle iniziative organizzate da Maiolo.
Le indagini hanno ricostruito come il presunto boss di ‘ndrangheta avrebbe organizzato “un banchetto elettorale” anche per “l’aspirante assessore all’urbanistica Marcello Menni”.
Inoltre, avrebbe “invitato” le comunità di albanesi e pakistane a “votare per Fina e Menni”. Il loro nome appare tra gli accusati “in concorso” di coercizione elettorale con aggravante mafiosa. I due politici però non sono indagati.
L’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di dieci persone è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari di Milano Fabrizio Filice. Le accuse, a vario titolo e tutte aggravate dalla contestazione di mafiosità, sono di: associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, tentata estorsione, tentato omicidio, ricettazione, porto illegale di armi, furto aggravato, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, intestazione fittizia e coercizione elettorale e usura.
(da Fanpage)
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Dicembre 12th, 2022 Riccardo Fucile
“LA NOSTRA RISPOSTA ALL’ATTACCO RUSSO CON I DRONI SU ODESSA”
Sono almeno 200, secondo il sindaco di Melitopol Ivan Fedorov, i militari russi uccisi in un attacco missilistico contro una base del Cremlino nella città della regione di Zaporizhzhia. I soldati feriti sono stati trasportati nelle strutture ospedaliere della Crimea perché i nosocomi della città occupata sono attualmente sovraffollati.
In queste ore, Melitopol è stata al centro dello scontro armato tra Russia e Ucraina: nella serata di ieri sono state diverse le esplosioni udite in città, dove sarebbe stato colpito dalle forze armate di Zelensky anche un albergo dove alloggiavano russi.
L’Ucraina meridionale, più in generale, resta il principale teatro del conflitto in questo momento. Mosca ha infatti lanciato più di 10 droni su Odessa. Molti, secondo quanto riferisce Kiev, sono stati abbattuti dall’esercito. Altri 5 avrebbero però colpito gli impianti energetici della zona lasciando 1,5 milioni di persone senza elettricità. “La situazione nella regione di Odessa resta difficile – ha riferito il presidente Zelensky nel suo consueto videodiscorso notturno – i colpi inferti sono stati molti, ci vorrà del tempo per ripristinare l’elettricità. Non ci vorranno ore, ma giorni”.
Le infrastrutture energetiche del Paese sono uno dei principali obiettivi degli attacchi russi dal mese di ottobre. Mosca si sta avvalendo principalmente di droni di fabbricazione iraniana, aggiornati per adattarsi a un clima più freddo.
Le forze armate di Vladimir Putin sono tornate a utilizzare le armi iraniane a Kherson, Mykolaiv e Odessa. Secondo l’Institute for the Study of War ISW, l’attuale strategia del Cremlino è quella di minare la resistenza e la motivazione della popolazione ucraina. I blackout periodici e prolungati lasciano infatti senza riscaldamento ed elettricità 4,5 milioni di persone, rendendo così più difficile sopravvivere all’inverno.
A mantenere ancora alto l’umore di Kiev, le diverse difficoltà riscontrate dalla Russia. Vladimir Putin rischia ora di perdere anche il sostegno dei “piani alti” governativi delle repubbliche di Donetsk e Luhansk. Igor Grikin, ex ministro della Difesa dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, ha infatti criticato apertamente il presidente russo per non aver fornito “risposte adeguate” all’esercito ucraino. L’ex ministro della sicurezza, Alexander Khodakovsky, ha osservato invece che Putin agisce in un contesto di “forte corruzione militare”, sottolineando la necessità di “cambiare le cose” e rimuovere il capo di stato maggiore russo Valery Gerasimov.
Gli attacchi al Cremlino sono sintomo del malcontento anche nelle due autoproclamate repubbliche filorusse: di fatto, Putin non ha mai raggiunto il suo scopo di “salvare i civili del Donbass” costringendo il governo di Kiev a capitolare così come aveva annunciato il 24 febbraio, né ha mai portato a casa gli obiettivi militari localizzati nella zona. Inoltre la guerra, che avrebbe dovuto essere breve, sta andando avanti ormai da dieci mesi.
(da Fanpage)
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Dicembre 12th, 2022 Riccardo Fucile
SE IL GOVERNO NON RIDUCE L’EVASIONE DI 15 MILIARDI ENTRO IL 2024, IL PNRR È A RISCHIO … 32 MILIARDI DI IRPEF EVASA AL 68% DA LAVORATORI AUTONOMI E IMPRESE… 27,7 MILIARDI DI IVA, 12,7 MILIARDI DI CONTRIBUTI NON VERSATI
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e sull’evasione fiscale. Nel 2019 (ultimi dati completi disponibili) sono sfuggiti al fisco 99,24 miliardi di euro di tasse.
La novità è che se non scendono entro il 2024 di quasi 15 miliardi, il Pnrr è a rischio.
I buchi neri sono tre. Il primo: 32 miliardi di Irpef evasa al 68,3% da lavoratori autonomi e imprese. Era il 65,1% nel 2015.
Il secondo riguarda l’Iva: 27,7 miliardi nel 2019, siamo i primi in Europa per ammontare. Il terzo è il lavoro nero: 12,7 miliardi di contributi non versati. Anche questo dato è in continua crescita: nel 2015 erano 11,3 miliardi. Nel 70% delle aziende ispezionate sono riscontrate irregolarità.
Il datore di lavoro dell’Agenzia delle Entrate è il ministero delle Finanze, che attraverso una convenzione gli indica ogni anno gli obiettivi da raggiungere: per il 2022 deve incassare 14,4 miliardi di evasioni relative agli anni passati. Quindi è difficile intaccare quella nuova. La sede della Lombardia deve portare a casa 2 miliardi, quella del Lazio 1, Emilia-Romagna e Veneto 560 milioni, e così via. Ogni sede, una volta raggiunto il budget, può anche fermarsi lì.
Nella convenzione poi sono indicati i metodi per scovare gli evasori, a partire dall’analisi del rischio. Si tratta di prendere diverse categorie di attività (dalle gioiellerie, alle carrozzerie, ai negozi di elettronica) e incrociare i dati dell’anagrafe tributaria con quella dei conti correnti (anonimizzati). Dove si evidenziano anomalie partono i controlli in chiaro sul singolo. Queste analisi sono state autorizzate dal Garante della Privacy solo da giugno, dopo tre anni di attesa. Ma non sono ancora partite.
Un importante limite alla lotta all’evasione è la mancanza di interoperabilità delle banche dati. Per esempio incrociando i dati di Inps, Uif, Gdf, si può vedere il travaso di dipendenti o di soldi che mostrano subito il quadro di un grande illecito. Ma come per i conti correnti a queste banche dati si può accedere solo quando si sta facendo una verifica puntuale. Inoltre questi incroci possono farli soltanto due uffici specializzati (Agenzia e Gdf) perché gli altri non hanno né i mezzi né il personale con le competenze necessarie.
L’introduzione della fatturazione elettronica ha consentito un grande passo avanti: bloccati falsi crediti Iva per un miliardo prima di arrivare in compensazione, e 2,2 di frodi carosello. Il limite, sempre imposto dal Garante per la protezione dei dati personali, riguarda le fatture emesse da un’azienda al consumatore finale: si può vedere che X ha fatturato 10.000 euro a Y ma non l’oggetto della transazione. Una segretezza che impedisce di sapere se è stata applicata l’aliquota del 4% quando magari doveva essere del 22%.
Per potenziare questo strumento si dovrebbe lavorare sull’anno in corso: se vedo che una società vende trattori, o computer, ma non ne acquista, è evidente che le fatture sono false, e quella attività la blocco subito, e non quando me ne accorgerò anni dopo. Poi ci sono le partite Iva apri e chiudi: sono migliaia e girano miliardi. Esiste da tempo la norma che consente di andare a vedere subito se quell’attività esiste sul serio, e nel caso di chiuderla immediatamente, ma questo obiettivo il Mef non lo ha ancora inserito nella convenzione.
Lavoro nero in aumento
Dagli ultimi dati Istat sull’economia sommersa i lavoratori irregolari superano i 3 milioni: stipendi pagati in contanti, zero tasse e zero contributi versati. Per scovare le aziende che pagano i lavoratori in nero bisognerebbe fare due cose: 1) incrociare a monte i dati relativi ai metri quadrati delle attività, consumi di energia, numero di veicoli dell’azienda con il numero di dipendenti. Se hai consumi monstre e un solo dipendente, scatta la verifica.
Si parla da anni di questa misura, ma non è mai stata introdotta. 2) i controlli sul campo. Un obiettivo che non sta nella convenzione. E poi c’è il lavoro grigio: l’impresa si fa prestare i dipendenti da una società che li sottopaga e poi versa i contributi con crediti d’imposta falsi: avviene spesso nella logistica e nell’edilizia.
Dall’anno scorso l’Agenzia delle Entrate li intercetta, ma anche in questo caso se ne occupano solo due uffici specializzati.
Inviti bonari e riscossione Prima di arrivare ai ferri corti l’Agenzia, giustamente, avvia l’attività di compliance : ti scrivo per segnalarti che qualcosa non va e ti invito entro 60 giorni a metterti in regola.
Il Pnrr prevede entro il 2024 un aumento del 30% delle lettere di compliance rispetto al 2019, una riduzione dei «falsi positivi» al 5%, e un incremento del 20% degli incassi connessi all’adempimento spontaneo. Purtroppo buona parte dei contribuenti, quando è in torto, non risponde. Succede la stessa cosa con le lettere di accertamento: se entro 60 giorni non paghi o fai ricorso, prima di procedere al pignoramento di giorni ne passano altri 210.
Nel frattempo hai svuotato i conti o chiuso l’attività o è arrivato un condono. O una rottamazione: c’è stata nel 2016, 2017, 2021, 2022. Secondo Alessandro Santoro, ex presidente della Commissione che ogni anno redige il rapporto sull’evasione, quando le evidenze sono robuste, nella lettera di compliance sarebbe il caso di scrivere che, in caso di mancata risposta, l’invito si trasforma, dopo i dovuti controlli, in cartella esattoriale. Mentre quando il contribuente non reagisce all’accertamento, occorre aumentare i poteri dell’Agenzia per accorciare i tempi della riscossione.
La direzione della volontà politica
Per combattere l’evasione ci vuole volontà politica e il personale adeguato. Da regolamento l’Agenzia delle entrate deve avere in organico 44.000 persone, oggi sono 29.000. Le assunzioni previste sono 4.113. Non si va molto lontano. La premier Meloni nel suo discorso di insediamento alla Camera ha detto che nel mirino del fisco ci saranno prima di tutto gli evasori totali. Che però, proprio in quanto totali, non lasciano tracce nell’anagrafe tributaria.
Al momento non è stata indicata la strategia per perseguirli. La volontà politica invece in quale direzione sta andando? Il 6 dicembre 4 senatori di forza Italia e 4 di Fratelli d’Italia hanno presentato in Senato una modifica al decreto Aiuti da convertire in legge entro il 17 gennaio. La questione è complessa e riguarda i falsi crediti di imposta legati ai bonus facciate, sisma, affitti, e sequestrati da diverse procure.
Poste e Cassa Depositi e prestiti ne hanno acquistati per centinaia di milioni senza fare accurate verifiche, e ora si trovano con il cerino in mano. Per sanare il loro buco i senatori di cui sopra chiedono di considerare quei crediti «veri» per decreto. Il che porterebbe allo sblocco e all’utilizzo di circa 10 miliardi di crediti falsi. Soldi che finiranno tutti a carico dello Stato. Se la modifica passa, la criminalità organizzata ringrazia.
Gli incentivi a evadere
Corte dei Conti, Bankitalia e Upb segnalano nella manovra misure che incoraggiano l’evasione: 1) una nuova rottamazione delle cartelle. 2) la flat tax al 15% estesa dai 65 mila agli 85 mila euro di reddito: chi guadagna oltre 85 mila cercherà di piazzarsi sotto. 3) l’introduzione di una soglia di 60 euro per rifiutare il pagamento con il Pos e il passaggio del tetto del contante da 2.000 a 5.000 euro favoriscono gli incassi in nero. Meloni nel suo discorso di insediamento, ha detto di essere disposta a mettere a rischio la vittoria alle prossime elezioni pur di fare la cosa giusta per il Paese.
La cosa giusta per il Paese è che tutti paghino il dovuto in base alle reali capacità contributive per sostenere le spese che servono alla sanità, alla scuola, agli investimenti per creare nuovo lavoro e aiutare imprese e famiglie in questo momento di difficoltà. Solo riducendo i 99 miliardi di evasione e quei 170 di sommerso sarà finalmente possibile abbassare le tasse per tutti senza tagliare – come sempre – sui servizi pubblici, istruzione, ospedali.
Milena Gabanelli e Rita Querzè
(da il “Corriere della Sera”)
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Dicembre 12th, 2022 Riccardo Fucile
BESTETTI: “GRAZIE BERLUSCONI, MA GUARDO AVANTI”
«Dopo quasi 20 anni di militanza, lascio Forza Italia e i miei ruoli di partito». Inizia così il messaggio di addio di Marco Bestetti, pubblicato su Instagram. Tra il partito e il suo consigliere comunale milanese, il percorso di separazione era iniziato già da qualche mese: «Chi mi conosce sa bene cosa abbia significato, dal punto di vista umano, arrivare a questa decisione», scrive Bestetti. Il quale, contestualmente, si dimette dall’incarico di coordinatore nazionale del movimento giovanile del partito. Ed è nell’attenzione riservata dai vertici forzisti a questo ruolo che si ravvisa uno degli elementi di rottura.
In Forza Italia vigeva una prassi secondo cui il coordinatore della giovanile era quasi sempre eletto deputato. Alle politiche dello scorso 25 settembre, invece, Bestetti è stato escluso dalle liste elettorali. Potrebbe aver scontato il passaggio di Mariastella Gelmini, sua madrina politica, ad Azione. Certamente, non è entrato nelle grazie della plenipotenziaria Licia Ronzulli, la quale ha avuto una forte influenza nella compilazione delle liste.
Di tutta risposta, Bestetti ha deciso di non partecipare alla campagna elettorale del partito, invitando altri esponenti della giovanile a fare altrettanto. Open aveva scritto che Bestetti era prossimo a essere sostituito nel coordinamento di Forza Italia Giovani. In quelle ore circolava il nome di Tullio Ferrante come suo possibile successore. Adesso, con l’addio di Bestetti al partito, il cambio alla guida della giovanile sarà inevitabile.
«Saluto senza rancore, né rimpianti. Oggi ho però il dovere di guardare avanti – spiega Bestetti -. Ringrazio il presidente Berlusconi per avermi dato il privilegio di poter lavorare al suo fianco e gli riserverò sempre, come gli riservo oggi, grande stima e profondo affetto».
Il 35enne milanese, nel suo congedo da Forza Italia del 12 dicembre, fa intendere che non ha intenzione di interrompere la carriera politica: «Voglio prendermi un periodo di riflessione per condividere con gli amici di sempre le giuste modalità per continuare a dare il mio contributo». Benché l’approdo naturale per un ex forzista, oggi, possa sembrare il Terzo polo – Gelmini, per altro, è vicesegretaria di Azione -, non è da escludere che Bestetti possa trasferirsi in Fratelli d’Italia, per continuare a operare nel campo del centrodestra e, chissà, candidarsi alle elezioni regionali lombarde.
(da Open)
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Dicembre 12th, 2022 Riccardo Fucile
SFILATE, FESTE, RISTORANTI DI LUSSO, FESTE IN LOCATION ESCLUSIVE: E’ LA VITA’ DEGLI STUDENTI FIGLI DI PAPA’ DEL DE MERODE
“Grinta e cuore: assaltiamo l’esame”, scritto su di uno striscione bianco con caratteri che rimandano al fascismo. Poi i fumogeni rossi e blu, le foto dei festeggiamenti che finiscono su Instagram, in attesa di alzarsi dall’orale della maturità e chiudere i bagagli per mete come Mykonos, Ibiza, Montecarlo, la Sardegna.
Mari da navigare rigorosamente in barca. E poi sfilate, disco, ristoranti di lusso. Feste di 18 anni a Villa Miani, una delle location più sfarzose della Capitale. È la vita dei giovani studenti del De Merode, il collegio dei baby vip di piazza di Spagna. O almeno quella che mostrano sui social alcuni di loro, ragazzi e ragazze, in pieno stile Gossip Girl.
Scuola tra le più blasonate, il collegio è diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, congregazione di religiosi fondata nel 1680 da San Giovanni Battista de La Salle. Sui suoi banchi hanno studiato l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino e la cantante Noemi, che si è diplomata nel 2001 con il massimo dei voti.
Tra gli ex alunni figurano Daniele Capezzone, ex portavoce della prima Forza Italia e de Il Popolo della Libertà e il presidente del Coni Giovanni Malagò che partecipa frequentemente agli eventi che organizza il collegio, dalle feste annuali agli appuntamenti più importanti come il restyling del quadriportico dell’istituto cattolico. Con lui, a tagliare il nastro in quell’occasione, anche Gianni Letta.
A mostrare la sua presenza sono decine di selfie pubblicati sui social da studenti e studentesse che gli chiedono una foto. Scatti da esibire sul web insieme a quelli di inviti a sfilate di Valentino e quelli di brindisi con bottiglie da centinaia di euro.
Tra gli ex studenti illustri c’è stato addirittura Carlo Alberto Camillo Salustri, il padre della poesia romanesca meglio noto come Trilussa. Altri tempi. Uno scatto ritrae ora un gruppo di allievi compatti sulle scale del secondo cortile, mentre alzano il braccio per fare il saluto romano.
(da La Stampa) (foto Repubblica)
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Dicembre 12th, 2022 Riccardo Fucile
E I SOCIAL LI APPLAUDONO
Prima la festa e poi la pulizia della piazza: i tifosi marocchini come i giapponesi. Succede a La Spezia e protagonisti sono stati i tifosi del Marocco, che si sono radunati in Piazza Garibaldi per celebrare la storica vittoria della nazionale africana contro il Portogallo nel campionato mondiale di calcio che si sta svolgendo in Qatar.
Fuochi d’artificio, canti e balli per ore in una zona del centro storico storicamente frequentata dalla comunità araba. E al termine dei festeggiamenti sono stati gli stessi tifosi marocchini a ripulire la piazza. I video, che testimoniano il senso civico, sono finiti in rete venendo condivisi migliaia di volte.
Con scope e sacchetti, i tifosi marocchini hanno raccolte bottiglie e cartacce, i giochi pirotecnici utilizzati e hanno pulito la fontana al centro della piazza.
Un atteggiamento che a molti ha ricordato quello dei tifosi giapponesi, che sono soliti pulire gli spalti su cui hanno assistito alle partite prima di lasciare lo stadio, così come anche i giocatori giapponesi, che fanno lo stesso con gli spogliatoi. Un raro esempio di educazione.
(da agenzie)
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Dicembre 12th, 2022 Riccardo Fucile
LO SDEGNO DEL SINDACO: “NON SE SE SUSCITI PIU’ INDIGNAZIONE O PIETA’ UMANA”
Ha definito pubblicamente in rete, per due volte, “scimmie urlatrici” i tifosi del Marocco che festeggiavano le vittorie della loro Nazionale ai Mondiali in Qatar.
Le parole del consigliere leghista di Santarcangelo, Marco Fiori, sono state diffuse dal sindaco di Rimini, Jamil Sadegholvaad, aggiungendo: “Non so se a una persona, a qualsiasi persona, capace di scrivere cose come queste debba essere rivolta più indignazione o pietà umana”.
Gli fa eco il segretario provinciale Pd di Rimini, Filippo Sacchetti: “Dispiace” che quelle frasi “vengano da una persona di una cittadina aperta e inclusiva che non ha niente da condividere con la discriminazione e gli insulti verso altre persone che stavano esultando per un risultato calcistico”. Invece, va avanti il segretario dem riminese, “non mi sorprende la provenienza politica di chi usa da anni la cultura dell’odio per alimentare il consenso elettorale”. Fiori si scusa pur non ritenendo l’espressione offensiva: “Frase stupida, ma innocua”.
Le vittorie del Marocco, la vera outsider fra le 4 squadre approdate alle semifinali, hanno suscitato grandi festeggiamenti in strada, anche a Bologna, fin dal passaggio agli ottavi, un entusiasmo condiviso da molti italiani, anche con un pizzico di invidia.
Ma certo fra di questi non vi è il consigliere del Carroccio Marco Fiori, che a Santarcangelo è appena stato eletto segretario del partito. Il 7 dicembre, dopo la vittoria del Marocco contro la Spagna, ha scritto: “Spero il Marocco venga eliminato dal Mondiale, così finalmente smetteremo di vedere scimmie urlatrici far casino per strada”.
Poi, dopo la vittoria nei quarti sul Portogallo, ha ribadito il concetto: “Attenzione, previsti assembramenti di scimmie urlatrici anche stasera”. Sempre su Facebook, postando un video, aveva scritto: “I tifosi marocchini ci insegnano a vivere rispettosi. Queste risorse sono da rispedire immediatamente al loro paese d’origine”.
A polemica scoppiata, Marco Fiori scrive un messaggio di scuse per quello che definisce però un “inutile clamore” per un commento “che, sbagliando, non credevo potesse essere considerato così offensivo”
(da agenzie)
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Dicembre 12th, 2022 Riccardo Fucile
DI GIORNO SI SPARA SULLE POSTAZIONI NEMICHE, DI NOTTE TRUPPE SCELTE AVANZANO
Il carrarmato ucraino, fabbricazione sovietica, spara da sotto il faggio spogliato dal gelo di dicembre, non proprio una protezione a prova d’artiglieria russa. Hanno quattro tank, quelli del Battaglione Karpatska Sich. Li devono sistemare, riparare, ripulire ogni giorno: “Danno tanti problemi”, spiega il comandante Svat. Siamo con lui e il vice, Briton, tornato dal Sud dell’Inghilterra per la guerra e che alla guerra ha già regalato il medio della mano destra, al nuovo e ultimo fronte dell’Est. La prima linea di Terny. I russi sono laggù, a quattro chilometri. Fanteria, Gruppo Wagner, ceceni: ogni trenta secondi segnalano la loro presenza con una botta su una casa, in un campo. Sfiorano il giardino dove si sono sistemati i carristi ucraini chiedendo spazio ai tacchini.
Truppe scelte
I migliori ragazzi dell’esercito nazionale, hanno tra i ventidue e i venticinque anni, sono qui. I volontari sono diventati arruolati e nove mesi di Donbass hanno iniettato nelle ossa di tutti un’esperienza da veterani. E’ arrivata in queste ore anche la Brigata numero 40, fa volume. Alto Donbass, di nuovo a cavallo tra Lugansk e Donetsk. Metà delle case sono piegate, senza tetto, bucate. Nelle altre si sono adattati “i migliori”, che ogni giorno, a turno, devono portare in avanti la riconquista.
Lyman, liberata due mesi fa, è solo trenta chilometri alle spalle: la pioggia, e soprattutto le unità nemicihe risalitie dal Sud, hanno rallentato la controffensiva iniziata a settembre. E lo stesso villaggio, con i suoi tacchini, è stato conquistato, perduto, adesso ripreso. La posizione del lago, ora di fronte, ora alle spalle, segnava l’andamento della battaglia. Tre feriti al giorno, è costata sul tereno la controffensiva. In una casupola con un carrarmato parcheggiato fuori – ha persino una croce rossa sula corazza – hanno sistemato il pronto soccoro, medico e infermiera donne. Il lago ora si sta gelando.
La controffensiva
“Siamo riusciti a tagliare le due strade che, da sud a nord, mettono in comunicazione Kreminna e Svatove”, dà il quadro il comandante: “I russi non possono più usarle, se lo fanno li colpiamo”.
Inizia così, villaggio per villaggio, all’Est, al Sud, l’avanzata delle forze ucraine, da mesi: tagliano i movimenti avversari e cercano un graduale, spesso lento, avvicinamento da più versanti. Fino all’accerchiamento, che costringe ad arretrare o ad arrendersi. “Di giorno spariamo sulle postazioni nemiche. Con i tank, i mortai, da più lontano con le batterie dei razzi Himars. Di notte, solo di notte, i nostri Btr portano in avanti venti uomini. Venti ogni notte. Per dieci gioni il terreno era un pantano, non potevamo spostarci. Ora la terra è dura e abbiamo ripreso gli avvicinamenti al nemico”. I veicoli militari tornano indietro, a fari spenti, e i venti migliori, quelli di turno, allungano il sacco a pelo nella faggeta. Con l’alba, inizieranno a scavare trincee: “A volte non c’è spazio per portarti la pala, scavi con il coltello”. Due, tre giorni per ricavare il nuovo riparo, e quando hai finito “hai fatto conquistare al tuo Paese altri duecento metri d’Ucraina”.
Si combatte con intensità, qui, anche per dare respiro a quelli di Bakhmut, assediati nel tritacarne. La cosa più dura nel quotidiano al fronte “è non avere mai una pausa per le tue orecchie”. Questo lo dice il responsabile dell’ultima casa visitata, un soldato semplice, ciabatte, calze e kalashnikov ancora a tracolla. Il comandante raduna i ragazzi in ogni appartamento, li rincuora, li motiva, offre loro la situazione generale. “I russi tirano proiettili anche di notte”, ancora il soldato. E per rallentare l’avanzata, e togliersi qualche soddisfazione, “riempiono di mine tutta l’area”. Il carrista Sheva, qui da Kiev, ha avuto l’onore di una sua foto inviata in giro per il mondo dal presidente Zelensky in persona. Assicura: “Noi andiamo avanti e così, solo così, metteremo fine a questa maledetta guerra”. Nello scantinato di un appartamento rimasto intatto c’è Vasylyna, portavoce della prima linea: “Lo so, il comandante dice che so fare un gran Borsch, la nostra zuppa, ma qui la cosa è troppo seria per scherzare sulle donne”.
Le due donne rimaste a Terny
Due donne sono le uniche civilI rimaste, a Terny. Due amiche. Si spostano in bicicletta tra le strade di fango indurito. Meno sei, meno sette all’ora di pranzo. Il vice Briton spiega: “I ragazzi sono stremati, ma puoi vedere da te, non ce n’è uno che si tira indietro. Hanno problemi a casa, madri che non ce la fanno ad andare avanti, ma non lasciano il fronte. Qui hanno cibo, vestiti per l’inverno e quando glie la spieghi capiscono la disciplina. Siamo tutti stremati. Vorremmo vederci il mondiale di calcio, mi dicono ci sia un grande Brasile, ma non ho visto un highlight. È il momento più bello dell’anno, a casa si prepara il Natale, ma noi da qui non possiamo muoverci. Non c’è bisogno di dirselo, noi andiamo avanti fino a quando tutto il territorio ucraino non tona a casa, Crimea compresa. Poi siamo adulti, sappiamo che questa non è solo una guerra del nostro Paese e se un giorno un superiore mi farà una telefonata – ‘fermatevi, abbiamo raggiunto un compromesso, basta morti, bisogna iniziare a ricostruire’ – ubbidirò. Oggi, però, noi viviamo per riprenderci quei duecento metri ogni notte”.
(da La Stampa)
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Dicembre 12th, 2022 Riccardo Fucile
LE NORME SULLA CONCORRENZA, CRUCIALI PER OTTENERE I SOLDI DALL’EUROPA, SONO FINITE IN SOFFITTA
È vero: chi parla più dei balneari? Della riforma della Concorrenza si è persa ogni traccia. Eppure è cruciale per ricevere i prossimi assegni del Pnrr. Tra felpatissime raccomandazioni e qualche accenno di lusinga, per mostrare che Bruxelles non manca di fiducia verso la premier Giorgia Meloni, il commissario europeo Paolo Gentiloni ha detto chiaramente che quel nodo potrebbe rivelarsi enorme e mettere in seria discussione i finanziamenti europei: «Saremo inflessibili sulle riforme: concorrenza, giustizia e lavoro nero».
Temi, ha detto durante il programma In Mezz’Ora su Raitre, che riguardano «l’impegno politico e non una circostanza oggettiva». Sul resto si può ragionare: sui cantieri, sui progetti (ha fatto l’esempio dell’edilizia scolastica), su qualche rimodulazione del Piano di ripresa e di resilienza. Non sulla scadenza del 2026 – non ci saranno anni di proroga, Perché Paesi del Nord sono fermamente contrari – né sulle riforme che per l’Unione europea sono vincolanti e che l’Italia rinvia da troppi anni.
Il percorso è obbligato, sostiene Gentiloni. Ed è bastato che il commissario sfiorasse il tema per scatenare una parte dell’opposizione, consapevole che sulla eterna incompiuta della concorrenza i partiti della maggioranza e la stessa presidente del Consiglio sono in evidente difficoltà. Ne va del principio di coerenza, che in politica è sempre molto flessibile, soprattutto quando si passa dall’opposizione al governo. Ma tant’è: l’esecutivo Meloni ha pronto un escamotage.
Se le norme non saranno pronte entro il termine concordato del 31 dicembre finiranno nel decretone salva-Pnrr che Raffaele Fitto ha già pronto per garantire il raggiungimento dei 25 obiettivi rimasti su 55, da realizzare entro il 2022. Mario Draghi aveva dovuto sudare più del previsto per licenziare in extremis la legge sulla Concorrenza, la scorsa estate, con un anno di ritardo rispetto al crono- programma iniziale. Caduto il governo dell’ex banchiere centrale, a gestire i fondi del Pnrr è arrivata una maggioranza che sulle liberalizzazioni attese dall’Europa ha fatto battaglia opposta, in difesa delle categorie.
Lega e Fratelli d’Italia avevano promesso di tutelare i gestori e le imprese contro «i burocrati di Bruxelles». L’imbarazzo ora è evidente, e le fonti contattate lo nascondono con difficoltà.
Perché ora a Meloni si pone una scelta da prendere: ribadire i propri no e le proprie bandiere e perdere i miliardi del Recovery fund, oppure accettare che anche in questo caso la coerenza andrà sacrificata. Diciannove miliardi valgono quel dietrofront?
«Faremo un calcolo costi-benefici, e capiremo cosa è meglio» spiega una fonte del ministero dell’Economia. Nel frattempo però c’è una scadenza da rispettare. I decreti attuativi devono es. sere pronti entro venti giorni. Le norme sulla concorrenza sono sui balneari, sul le società di pubblici servizi, sulla messa a gara dei contratti del trasporto pubblico locale.
Argomenti che spaccano i partiti e le coalizioni Per evitare polemiche e rendere meno palese il dietrofront il governo ha in mente un’acrobazia, che in qualche modo è stata negoziata con gli uffici europei che fanno da guardia al Pnrr e al raggiungimento dei target. Sfruttando quel margine di ambiguità lasciato da Bruxelles su cosa voglia dire realizzare le riforme-se basta il via libera del Cdm o serve l’ok definitivo del Parlamento – il governo dovrebbe inserire le norme in un decreto apposito licenziato in Cdm. Decreto che, per scongiurare i rilievi del Quirinale, avrà omogeneità e urgenza, visto che tratta di Pnrr e che il tempo sta finendo.
E che nascerebbe in piena emergenza manovra e sotto una collettiva distrazione natalizia, aspetto non secondario per chi voglia far passare un provvedimento quasi in sordina, pur di non attrarre la rabbia di una parte dell’elettorato che si sentirà tradito. Di fatto, il decreto rinvierà a possibili modifiche in Parlamento. Serve a prendere tempo e a stare nei tempi fissati dagli accordi con l’Ue.
Discorso che vale anche per l’attuazione della riforma Cartabia sulla giustizia, rinviata dopo l’appello inviato dai magistrati al nuovo ministro Carlo Nordio, perché le nuove regole avrebbero mandato in tilt le procure, ancora impreparate. Sulla giustizia, però, a differenza della concorrenza, su Meloni e tutta la maggioranza non grava il peso degli impegni presi in campagna elettorale, soltanto qualche mese fa.
(da La Stampa)
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