Dicembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
VERONA E PADOVA SARANNO UN BANCO DI PROVA PER IL LEADER LEGHISTA – SULLO SFONDO IL RITORNO SULLA SCENA DEL VECCHIO LEONE, UMBERTO BOSSI, CON LA SUA CORRENTE ANTI-SALVINI
La stagione dei congressi provinciali sta agitando la Lega. Forse per la prima volta nella sua trentennale storia il partito vive una spaccatura, più o meno marcata a seconda delle zone, che si è resa plastica nell’elezione dei nuovi segretari in Lombardia (a Bergamo e Brescia hanno prevalso candidati non salviniani, a Varese ha vinto per soli 12 voti un esponente vicino al leader) e che ora rischia di riproporsi, con maggiore virulenza, in Veneto.
Sullo sfondo, ma nemmeno tanto, il ritorno sulla scena del vecchio leone, Umberto Bossi, che ancora ieri, pochi giorni dopo la prima uscita in provincia di Pavia, ha ribadito: «Il Comitato Nord è un vento di rinascita, cioè un vento di primavera».
In terra di San Marco i congressi sono ancora di là da venire. Finora si è celebrato solo quello di Rovigo, dove le urne hanno decretato la conferma del coordinatore uscente, Guglielmo Ferrarese, zaiano di ferro (che, per i non veneti, significa non espressione della linea salviniana, seppur i toni del governatore sulle vicende interne siano sempre pacati). A breve, si ipotizza domenica 18 dicembre, si dovrebbero tenere le assise di Verona e Padova.
Sotto l’Arena, l’uomo di fiducia del neopresidente della Camera Lorenzo Fontana (consigliere di Salvini), il commissario provinciale uscente Nicolò Zavarise, che si porta dietro la pesante sconfitta alle Comunali del giugno scorso, al momento dovrebbe essere l’unico candidato in corsa, ma le altre componenti (che fanno riferimento a Vito Comencini, Paolo Paternoster, Luca Coletto e Alessandro Montagnoli) stanno cercando di trovare uno sfidante.
A Padova, invece, si profila lo scontro più duro, quello tra il candidato salviniano Nicola Pettenuzzo (sindaco di San Giorgio in Bosco) e Michele Rettore che gode del sostegno di Roberto Marcato, assessore regionale allo Sviluppo economico, che a sua volta è pronto a correre per la segreteria regionale. «Da tempo chiedo che si tengano i congressi – spiega Marcato. Prima sembravo un pazzo, ma ora vedo che è una esigenza sentita perché veniamo da troppi anni di commissariamento e si è persa la connessione tra il partito e la gente».
La fibrillazione è andata crescendo nel tempo e ha raggiunto l’apice negli ultimi mesi dopo le pesanti battute d’arresto alle Comunali di Padova e Verona e, soprattutto, il «tracollo» delle Politiche.
«Queste ci hanno dato un pugno nello stomaco – sottolinea l’assessore -, vederci sorpassati perfino dal Pd e doppiati da Fratelli d’Italia è qualcosa di indicibile. Ben vengano i congressi, quindi, purché non si trasformino in rese dei conti fra notabili».
A Vicenza pare si riesca ad arrivare ad una indicazione condivisa. Peccato che, secondo le voci ricorrenti, la figura prescelta, Denis Frison, non pare si possa attribuire all’ortodossia salviniana.
A Treviso, al contrario, al momento, come racconta il Corriere del Veneto , la sfida è aperta addirittura a 4 candidati: Dimitri Coin, Luciano Dussin, Giuseppe Paolin e Riccardo Barbisan (sponsorizzato dal commissario regionale Alberto Stefani).
Nelle altre città venete la situazione è ancora in evoluzione ma ovunque gli scenari non sono tranquilli. In Lombardia, dove per ora non si terranno i congressi a Lecco, Sondrio e Crema per le ormai imminenti elezioni regionali, c’è maretta nel gruppo della Lega in Consiglio regionale.
Qualcuno arriva ad ipotizzare una scissione proprio sul finire del mandato che vedrebbe coinvolti, tra gli altri, i consiglieri Max Bastoni, Alex Galizzi, Antonello Formenti. Ma non è in discussione il sostegno al governatore Attilio Fontana.
(da il Corriere della Sera)
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Dicembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
“OCCORRE RIVEDERE IL TEMA DEL SEGRETO ISTRUTTORIO E STABILIRNE I LIMITI E LE SANZIONI” … “SEPARAZIONE DELLE CARRIERE? BISOGNA SEPARARE LE PERSONE INTELLIGENTI DA QUELLE CHE NON LO SONO, AFFRONTIAMO IL TEMA DELL’IMMISSIONE DEI MAGISTRATI IN RUOLO… C’È DA RIVEDERE L’UDIENZA PRELIMINARE, CHE È UN FALLIMENTO”
È l’avvocato più famoso d’Italia, il decano dei penalisti che ha difeso da Giulio Andreotti a Silvio Berlusconi. Franco Coppi sospira quando gli si chiede cosa pensa di questa annunciata riforma della Giustizia firmata Carlo Nordio.
Ma partiamo da Nordio, che ha annunciato una revisione della disciplina delle intercettazioni. «Vigileremo in modo rigoroso su ogni diffusione che sia arbitraria e impropria». Soddisfatto?
«Il segreto istruttorio esiste o non esiste. Occorre rivedere il tema del segreto istruttorio non solo nella prospettiva delle intercettazioni, ma stabilirne i limiti e le sanzioni e come possa essere contemperato con le esigenze dell’informazione. Le intercettazioni sono un mezzo di ricerca della prova che va accettato se disciplinato bene».
Nordio vuole la divisione delle carriere dei magistrati. D’accordo su questo?
«Io affronterei invece il tema dell’immissione dei magistrati in ruolo. Ci si deve chiedere se il sistema sia al passo con i tempi. Si deve cambiare il concorso con forme che garantiscano veramente l’idoneità del candidato al ruolo, al di la delle conoscenze giuridiche. Ricordo una brillante studentessa che mi chiese la tesi; e voleva fare il pm perché “si sentiva giustizialista”. Tutti 30 e 30 e lode, ma io non le ho dato la tesi».
Torniamo alla separazione delle carriere.
«Il problema non è la separazione delle carriere, ma separare le persone intelligenti da quelle che non lo sono. Una persona perbene e preparata sa come deve comportarsi da pm e da giudice».
Quale sono i punti della giustizia da riformare secondo lei?
«C’è sicuramente da rivedere l’udienza preliminare, che si è risolta in un fallimento, dove non c’è un effettivo spazio per le difese. Meglio andare direttamente al dibattimento. Oggi a Roma tra udienza preliminare e inizio del processo passa anche un anno. Ad allungare i tempi ci si mette anche il fatto che il giudice del processo non può conoscere gli atti dell’istruttoria».
Abuso di ufficio?
«Reato al limite della costituzionalità per mancanza di tassatività e determinatezza,di difficile definizione normativa e riscontrabilità pratica”
(da La Stampa)
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Dicembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
META’ DI QUELLI CHE HANNO UN’OCCUPAZIONE IN TUNISIA LAVORANO IN NERO E IL 53% DELLA POPOLAZIONE ATTIVA COMPLESSIVA (4,6 MILIONI DI PERSONE) NON HA UN LAVORO E NON LO CERCA
Secondo un rapporto della Banca mondiale sul “panorama dell’occupazione in Tunisia” la metà della popolazione attiva nel Paese nordafricano lavora in nero nel settore informale, e dei 2,8 milioni di persone impiegate nel settore privato, 1,55 milioni lavorano nel settore informale, un tasso di quasi il 43% rispetto al 9% delle statistiche del 2019.
Il rapporto, anticipato dall’agenzia Tap, rileva anche che metà della popolazione attiva non ha lavoro, poiché solo il 47% della popolazione attiva di età superiore ai 15 anni, stimata a 8,7 milioni di persone, è attiva nel mercato del lavoro, mentre il resto, ovvero il 53% (4,6 milioni di persone) non lavora e/o non cerca lavoro.
La Banca Mondiale stima tuttavia che il tasso di partecipazione al mercato del lavoro in Tunisia rimanga elevato rispetto alla regione del Medio Oriente e del Nord Africa, con una stima del 43,2% nel 2017, senza tener conto del reddito dei paesi, ma più basso rispetto ai paesi a reddito medio nel mondo (64,9% nel 2017). Per quanto riguarda la percentuale di partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Tunisia, il rapporto rivela che è bassa, non superiore al 26,5%, rispetto al 41,8% degli uomini. Il tasso di partecipazione delle donne che non frequentano la scuola è molto basso e non supera l’8,7% (2017), rispetto al 14,2% del 2014.
(da Ansa)
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Dicembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
A CAPO DELL’ORGANIZZAZIONE UN PRINCIPE ORGINARIO DELLA TURINGIA
Tra gli arrestati dalla polizia tedesca questa mattina, nella maxi-operazione contro complottisti e sostenitori dell’estrema destra del gruppo Reichsbürger, «cittadini del Reich», ci sono anche un nobile e un’ex deputata dei Bundestang, il parlamento tedesco.
Si tratta rispettivamente Heinrich XIII Reuss, principe originario della Turingia, e della giudice di Berlino Birgit Malsack Winkemann. L’arcipelago animato da antisemiti e pangermanici, in prima linea contro le misure anti Covid, stava pianificando un attacco violento contro lo Stato federale tedesco, accusato di essere un «burattino» nelle mani di oscure potenze straniere impegnato a «cospirare contro il suo stesso popolo». Per questo motivo erano intenzionati a prendere il potere in Germania attraverso un vero e proprio golpe.
Il ruolo del principe
Heinrich XIII, 71 anni, era presidente del Consiglio del gruppo che si sarebbe riunito regolarmente almeno dal novembre 2021. Non riconoscendo la Costituzione tedesca, né le leggi federali, i membri non solo si rifiutavano di pagare tasse e multe, ma avrebbero anche iniziato ad autoprodurre i propri documenti di identità e patenti di guida. Così come il governo federale tedesco, anche il Consiglio aveva i suoi ministeri, dagli Esteri alla Giustizia. Una rete articolata a cui apparteneva la già citata Malsack Winkemann, nota non solo per la sua carriera nella giustizia ma anche per il passato politico: è stata infatti una deputata del partito di ultradestra Afd.
L’arresto in Italia
Ai due personaggi dietro il piano di golpe si aggiunge un terzo arresto, che ha richiesto il coinvolgimento della polizia italiana. In esecuzione di un mandato europeo, infatti, le forze dell’ordine nazionali hanno fermato un uomo che da tempo soggiornava in un hotel, in località Ponte San Giovanni a Perugia. Si tratta di un cittadino tedesco di 64 anni, ex ufficiale dei reparti speciali dell’esercito della Germania. Anche lui sarebbe coinvolto nel piano che avrebbe preso d’assalto anche il Bundestag. L’indagato è accusato di far parte di un’associazione criminale avente l’obiettivo di sovvertire con ogni mezzo – anche attraverso la commissione di reati – l’ordine democratico tedesco sostituendolo con un’altra forma di stato non meglio identificata. Nella camera dove soggiornava il 64enne i poliziotti hanno rinvenuto e sequestrato diverso materiale riconducibile all’attività sovversiva dell’organizzazione terroristica. In corso le procedure finalizzate all’estradizione. Un altro arresto fuori dalla Germania sarebbe stato effettuato in Austria.
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
ATTACCO ALLA GUIDA SUPREMA, MENTRE NEL PAESE CONTINUANO LE PROTESTE
Badri Hossein Khamenei, la sorella della Guida suprema della Repubblica islamica Ali Khamenei, ha pubblicato una lettera in cui si augura “presto la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia al potere”. Nella lettera pubblicata sull’account twitter di suo figlio e rilanciata da alcuni media, Badri Khamenei critica il fratello affermando che “il regime della Repubblica islamica non ha portato altro che sofferenza e oppressione per l’Iran e gli iraniani. Il popolo dell’Iran merita libertà e prosperità e la loro insurrezione è legittima e necessaria per ottenere i loro diritti”.
La nipote della Guida in carcere
Anche la figlia di Badri Khamenei, Farideh, aveva sostenuto le proteste in corso e per questo motivo è stata arrestata e si trova nel carcere di Evin a Teheran, mentre suo padre, il predicatore Ali Moradkhani Tehrani, è recentemente morto agli arresti domiciliari, situazione in cui si trovava per avere espresso critiche contro la Repubblica islamica.
Nella lettera, Badri Khamenei si dissocia dalle “atrocità” e invita le Guardie della rivoluzione ad “abbandonare le armi il prima possibile e ad unirsi al popolo prima che sia troppo tardi”.
La Guida suprema Ali Khamenei “non ascolta la voce del popolo iraniano e al contrario ritiene che la voce del popolo sia quella dei suoi mercenari”, si legge nel testo dove Badri Khamenei esprime “simpatia per tutte le madri che hanno perso i loro figli negli ultimi quarant’anni e sono state sottoposte alle atrocità, alla tirannia e alle bugie del regime della Repubblica islamica, dal periodo di Ruhollah “Khomeini fino all’attuale califfato oppressivo di Ali Khamenei”, si legge nella lettera, scritta a Teheran ma pubblicata dal figlio Moradkhani, che vive in Francia.
Il monito agli studenti
“La protesta è diversa dalla rivolta”, ha commentato il presidente della Repubblica islamica dell’Iran Ebrahim Raisi, durante un incontro all’università di Teheran in occasione della Giornata dello studente. Lo riporta Bbc Persia. “Non c’è nessun problema nel protestare”, ha detto Raisi agli studenti, “porta alla riforma. Ma il disturbo e la distruzione sono diversi dalla protesta”. Gli Stati Uniti – ha continuato Raisi – “vogliono che la rivolta in Iran porti alla distruzione del Paese”. Mentre il presidente si trovava nell’ateneo ci sono state manifestazioni. Alcuni studenti sono stati picchiati.
Terzo giorno di sciopero
Intanto si è arrivati al terzo giorno di sciopero. I negozianti tengono le serrande abbassate in segno di protesta. La magistratura iraniana sta sigillando negozi e imprese che aderiscono allo sciopero e la polizia esegue arresti tra chi protesta. Ma la serrata si è estesa a 40 città iraniane, tra cui la capitale. Il sindaco di Teheran Alireza Zakani ha accusato gli studenti dell’Università Sharif che manifestano di essere ‘traditori’.
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
ARMATI CON BASTONI E TRAVISATI, FERMATI 12 TEPPISTI, IN GRAN PARTE APPARTENENTI ALLA CURVA DELL’HELLAS
Hanno improvvisato un raid con felpe nere, cappucci e bastoni proprio durante i festeggiamenti dei tifosi del Marocco dopo la vittoria ai rigori con la Spagna. Ancora un episodio squallido dalla città di Verona, che fatica a rimuovere tutte le incrostazioni nonostante il nuovo corso con il sindaco Damiano Tommasi. Un gruppo di appartenenti all’estrema destra cittadina ha teso un agguato alle auto dei nordafricani ferme per i caroselli in centro. In 12 sono stati fermati dalla polizia.
Il manipolo di giovani, buona parte di loro appartenenti alla curva dell’Hellas, ha preso a bastonate i finestrini delle auto. Tre vetture sono state danneggiate e, come riporta il quotidiano L’Arena, una donna a bordo è rimasta ferita dalle schegge. È solo per l’intervento fulmineo della polizia e dei carabinieri che si è evitato il peggio.
Poliziotti e militari sono riusciti, infatti, a individuare subito il gruppo di violenti e a fermarli dopo l’assalto compiuto in corso Porta Nuova. In tutto ne hanno fermati 13. Bomber nero, jeans, sneakers bianche, cappellini neri: eccola la loro divisa. Secondo gli accertamenti condotti dalla Digos, il raid non era stato programmato.
I giovani neofascisti, riuniti in uno dei loro ritrovi per vedere la partita, avrebbero deciso di entrare in azione solo nel momento in cui hanno avuto notizia dei festeggiamenti in corso da parte della comunità marocchina
Un frangente certamente non meno allarmante rispetto a un’azione premeditata. I loro nominativi saranno trasmessi in Procura e oltre alle denunce per danneggiamenti e violenza privata, non è escluso che venga proposto anche il Daspo, essendo i caroselli una manifestazione a margine di un evento sportivo.
I fermati, si apprende dalle forze dell’ordine, sono tutti veronesi. In un video amatoriale, postato sui social, si vede un gruppo di 5-6 persone, travisate, che dal lato della strada si avvicinano correndo ad un’auto da cui sventola una bandiera del Marocco; uno di loro brandisce una catena con quale colpisce un finestrino della vettura, inveendo contro gli occupanti. I fermati sono stati bloccati dalle forze dell’ordine nella centrale Piazza Bra, nelle vicinanze di Corso Porta Nuova, non esattamente però nel luogo dei disordini.
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
PREMIATI COLORO CHE CON LA LORO CONDOTTA HANNO CONTAMINATO IL PROSSIMO, GRAZIE A UN EMENDAMENTO DELLA LEGA
La commissione Giustizia al Senato ha approvato l’emendamento al dl Rave-Covid, a prima firma del capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, con cui si prevede che dalla data di entrata in vigore del dl e “fino alla data del 30 giugno 2023″ sono congelate le multe per coloro che non hanno rispetto l’obbligo vaccinale.
Il governo aveva annunciato e poi rimandato la sospensione per le multe da 100 euro a coloro che non avevano rispettato l’obbligo vaccinale, cioè over 50, docenti, operatori sanitari, forze dell’ordine. Il rinvio delle multe per chi non si è immunizzato contro il Covid era stato ipotizzato durante l’iter alla Camera del dl Aiuti ter, con un possibile emendamento dei relatori, ma poi era saltato. A rimediare ci pensa il Parlamento.
La commissione Giustizia del Senato ha approvato un emendamento al decreto Rave-Covid che sospende fino al 30 giugno 2023 “le attività e i procedimenti di irrogazione della sanzione” previste dalle norme sull’obbligo vaccinale contro il Covid. La modifica normativa è stata presentata dal capogruppo della Lega Massimiliano Romeo e dai suoi colleghi Erika Stefani e Manfredi Potenti. Le proposte di modifica presentate al decreto Rave avevano ricevuto parere favorevole del governo.
Lo scorso 30 novembre sono scaduti i 180 giorni fissati concessi ai non vaccinati per giustificare il mancato adempimento all’obbligo vaccinale, per motivi sanitari o perché nel frattempo hanno avuto il Covid.
E le prime contravvenzioni sono già state inviate. Si tratta di quasi due milioni di sanzioni che arriveranno a coloro che non si sono vaccinati entro il 15 giugno scorso, data in cui è stato rimosso l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni.
Nei giorni scorsi con una sentenza la Corte Costituzionale si è espressa a favore dell’obbligo vaccinale introdotto dal governo Draghi nel 2021 per alcune categorie professionali e per gli over 50, respingendo i ricorsi dei No Vax. Ma il ministro della Salute Schillaci ha spiegato che “Richiedere le multe allo Stato potrebbe costare più di quanto incasserebbe”, per cui non sarebbe un’operazione conveniente.
(da Fanpage)
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Dicembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
AVVISATI SUBITO I CENTRI DI COORDINAMENTO DI ITALIA E MALTA CHE SE NE SONO FREGATI COME SEMPRE
Le navi umanitarie Geo Barents e Humanity 1, finite un mese fa al centro di un braccio di ferro con il governo italiano, sono tornate in mare. E hanno ripreso le attività di ricerca e soccorso lungo la rotta del Mediterraneo centrale, una delle vie migratorie più pericolose al mondo: solo ieri un barchino si è ribaltato a largo di Lampedusa e due bambini sono ancora dispersi. Sono invece oltre 500 le persone migranti soccorse dalle due navi Ong, che si trovano ora a bordo.
La Geo Barents, di Medici Senza Frontiere, ha effettuato tre operazioni di salvataggio nei giorni scorsi. L’ultimo ha riguardato 90 persone, che viaggiavano a bordo di un gommone: tra loro due donne incinte e oltre 30 bambini. Il più piccolo ha solo due anni.
Il numero totale di naufraghi che si trovano ora a bordo della nave è quindi salito a 254. “Senza l’intervento della flotta civile per salvare vite, i 254 sopravvissuti a bordo della Geo Barents sarebbero annegati nel Mediterraneo centrale. Ora sono tutti al sicuro e l’equipaggio di Medici Senza Frontiere se ne sta prendendo cura”.
Anche a bordo della Humanity 1 ci sono oltre 200 persone, anche loro soccorse in diverse operazioni. Gli ultimi due salvataggi sono avvenuti tra questa notte e la mattinata. Un’altra nave, la Louise Michel, è stata la prima ad arrivare sul luogo in cui un barcone con 49 persone si trovava in difficoltà, segnalato da Alarm Phone. I naufraghi sono poi stati trasferiti a bordo della Humanity 1.
Gli attivisti hanno scritto sui social: “La barca di legno sovraffollata stava sbandando e si stava riempiendo d’acqua, rischiando così di capovolgersi (…) La presenza della cosiddetta Guardia costiera libica ha fatto aumentare le tensioni. Ci giravano attorno con la loro barca, ma non sono intervenuti. Quando abbiamo completato il salvataggio, hanno dato fuoco al barchino di legno”.
E ancora: “Tutti i centri di coordinamento del soccorso rilevanti, quelli di Italia e Malta, sono stati informati e abbiamo chiesto loro di coordinare le operazioni, ma nessuno dei due ha rispettato le proprie responsabilità”.
L’ultima operazione di soccorso è avvenuta questa mattina presto, quando oltre 100 persone sono state salvate da un barcone di legno sovraffollato. Ora le persone a bordo sono oltre 250.
(da Fanpage)
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Dicembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
LE CONVERGENZE DELLE PROPOSTE DEL GUARDASIGILLI CON I DESIDERATA DEL TERZO POLO CHE PROPRIO SUL TERRENO DELLA GIUSTIZIA POTREBBE INAUGURARE IL SUO SOSTEGNO ESTERNO
Berlusconi è plasticamente dimensionato, e di molto. Ma il berlusconismo vive, strategicamente potenziato e ideologicamente verniciato, nella Giustizia formato Carlo Nordio.
Quarantacinque giorni dopo, le linee programmatiche consegnate ieri dal ministro della Giustizia alla commissione competente in Senato disegnano la radicalizzazione di temi e toni, forse non esattamente prevedibili neanche da un “principe” dei garantisti, come l’ex procuratore aggiunto di Venezia. Una metamorfosi: un po’ ancien regime, un po’ populismo da quarta Repubblica .
Basta con l’obbligatorietà dell’azione penale diventata addirittura «capricciosa, arbitraria». Basta eccessi di custodia cautelare: da affidare anzi a un organo collegiale, in fondo «perché deve decidere un solo giudice», con buona pace degli ingorghi già esistenti e dei desideri di risposte e celerità. Meno intercettazioni, ché «sono troppe, costano troppo», soprattutto basta diffonderle, usarle come «micidiale strumento» anche per colpire gli avversari politici. Quasi un annuncio di partita finale. Che non solo ricompone per un attimo le profonde lesioni tra i meloniani e gli azzurri di fede ronzulliana. Ma fa gongolare Renzi e Calenda, li spinge a diventare sempre più alleati. Di fatto. Col dettaglio che, nel clima di diffusa delegittimazione della magistratura (in gran parte auto inferta), e con l’arretrato di conti in sospeso da parte non solo del centrodestra ma di un assetto politico trasversale, ciò che ieri appariva irricevibile, sufficiente a innescare corali levate di scudi, oggi diventa strutturale, assorbito.
E – a dispetto della necessità di modificare la Costituzione per incidere «più radicalmente», come progetta il Guardasigilli – si presenta come il rovesciamento d’un tratto vicino, e possibile. Soprattutto grazie alla saldatura tra Fdi e Terzo Polo. Che proprio sul terreno della Giustizia, e su questi duri ed eloquenti segnali di “revisione” e di guerra, potrebbe inaugurare il suo sostegno esterno.
Non è un caso che proprio alla Camera stia per essere depositato, a breve, un disegno di legge della maggioranza che punta alla separazione delle carriere, e che conta sul consenso di Renzi e Calenda. Così com’è emblematico anche un piccolo ma simbolico passaggio, avvenuto ieri a Montecitorio. Proprio mentre Nordio in commissione Giustizia picchiava contro i pm e contro i loro presunti reati “inutili” – come l’abuso d’ufficio o il traffico d’influenza, quelli che «intimidiscono gli amministratori senza tutelare i cittadini» – alla Camera passava il singolare ordine del giorno di Enrico Costa, delegato del gruppo per Azione, che impegna il governo a far svolgere dall’Ispettorato generale del Ministero della Giustizia «un monitoraggio» degli atti motivati con cui i procuratori della Repubblica spiegano l’interesse pubblico e giustificano l’adozione di conferenze stampa e comunicati, su blitz o iniziative in corso. Chi e cosa, poi, possano stabilire a monte quando un’azione giudiziaria sia rilevante per l’opinione pubblica è il tema di fondo mai risolto: neanche dal decreto sulla presunzione d’innocenza, all’origine di tutto, e non a caso varato da Cartabia su spinta di Azione. Il M5s è solo col suo no, si astiene il gruppo Verdi-Sinistra, e l’ok al “monitoraggio” viene anche dal Pd. «Ma è solo l’attuazione della norma in vigore, e abbiamo cassato la prima formulazione, quella sì aggressiva, di Costa», spiegano dal Nazareno.
Se non ora quando, è comunque il messaggio che sembrano trasmettere, sottotesto, quelle parole di Nordio al Senato. Tanto che, ad esempio, sulla separazione delle carriere, issata come vessillo – qui e subito – non si considera né che la riforma Cartabia abbia già portato ad un solo passaggio lo cambio possibile; né le risoluzioni dell’Unione che in più occasioni hanno indicato l’Italia – come sistema in cui è sempre possibile un passaggio – per costruire quella cultura della giurisdizione che è patrimopnio di ogni magistrato sereno e indipendente. Ma si preferisce guardare all’Europa che non concepisce «questo numero di intercettazioni». Oppure randellare l’obbligatorietà dell’azione penale: che potrebbe essere sostituita – modifiche alla Costituzione permettendo – solo dall’elenco delle priorità dettate dalla politica. Erano i sogni berlusconiani. Il paradosso è che tutto questo arrivi da un ministro imposto da Meloni e che mister B., leader isolato, non voleva. Ma cade in un Paese che, anche per effetto delle cadute delle toghe – e di quel ventennale muro contro muro – è profondamente cambiato.
(da La Repubblica)
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