Settembre 25th, 2024 Riccardo Fucile
LA CROCE ROSSA LANCIA L’ALLARME
Torna l’emergenza migranti con numeri da paura: mille sbarchi in due giorni a Lampedusa, Roccella e Crotone.
Solo nelle ultime ore altri 101 migranti sono giunti sull’isola con tre imbarcazioni. Il primo gruppo, composto da 49 (5 donne e 5 minori) siriani e palestinesi, è riuscito ad arrivare direttamente sugli scogli di Cala Spugne. A intercettare i migranti sono stati i militari della guardia di finanza che hanno anche sequestrato il barcone di 10 metri salpato da Tripoli in Libia. Il gruppo ha pagato 5mila dollari a testa per la traversata.
La motovedetta G212 delle fiamme gialle ha invece agganciato, nelle acque antistanti all’isola, due natanti con a bordo 42 (3 minori) bengalesi, egiziani e siriani e 10 tunisini, salpati rispettivamente da Tajoura in Libia e Bengardene in Tunisia. Salgono ad 8, con un totale di 367 migranti, gli sbarchi a Lampedusa a partire da mezzanotte.
La Croce Rossa torna a lanciare l’allarme attraverso le parole di Rosario Velastro: «I numeri sono importanti ma lo sono ancor di più le vite delle persone migranti che partono da lontano per raggiungere le nostre coste. Dietro la scelta di un viaggio, a volte disperato, reso difficile dalla distanza, da condizioni meteo proibitive, ci sono gravi crisi dei nostri giorni. Crisi sociali, economiche, sanitarie, climatiche, guerre. I media spesso ci impongono la logica dei numeri, dei flussi, dei fenomeni, delle emergenze, mettendo in secondo piano le ragioni di queste pericolose traversate, le condizioni che spingono migliaia di persone ad abbandonare la propria terra e i propri cari, le proprie radici».
E proprio in queste ore tredici cadaveri provenienti dall’Africa sub-sahariana sono stati ritrovati al largo della costa orientale della Tunisia, a conferma dell’intensificarsi delle partenze.
Lo ha annunciato Farid Ben Jha, portavoce della procura di Mahdia e Monastir, aggiungendo che i cadaveri, tutti uomini, sono stati avvistati da un’unità della guardia costiera al largo delle città di Chebba e Salakta. È stata aperta un’indagine giudiziaria per determinare le circostanze del loro annegamento, ha detto il portavoce, senza ulteriori dettagli
(da La Stampa)
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Settembre 25th, 2024 Riccardo Fucile
LA VICEPRESIDENTE HA IL 47% DEI CONSENSI CONTRO IL 40% DI TRUMP… ALTRA SFIDA IN TV L’8 OTTOBRE
Kamala Harris avanti di sette punti su Donald Trump. Secondo un sondaggio di Reuters-
Ipsos, la vicepresidente ha il 47% dei consensi a fronte del 40% di Trump. I dati mostrano come Harris si sia rafforzata rispetto alla rilevazione dell’11-12 settembre, quando aveva un vantaggio di cinque punti.
Intanto i due candidati alle presidenziali si sfideranno nuovamente in televisione davanti al Paese.
Kamala Harris e Donald Trump terranno, infatti, due interviste separate con le domande dal pubblico sulla rete in lingua spagnolo Univision ad ottobre. «Ci sono più di 36 milioni di ispanici aventi diritto di voto negli Stati Uniti, la più grande minoranza del Paese che ha il potere di influenzare l’esito della corsa per la Casa Bianca e il futuro della nazione», ha affermato la rete in un comunicato. L’intervista con il tycoon sarà trasmessa da Miami l’8 ottobre, quella con la vice presidente da Las Vegas il 10.
Harris, nel frattempo, si prepara a presentare i dettagli della sua filosofia economica «pragmatica». La vicepresidente è attesa illustrare la sua visione in un intervento all’Economic Club di Pittsburgh, in quella Pennsylvania chiave per la conquista della Casa Bianca.
«Parlerà della sua filosofia economica, dei suoi piani per proteggere ed espandere la classe media, di come la sua visione è in netto contrasto con l’approccio di Trump», ha spiegato un funzionario della campagna di Harris. «Descriverò la sua filosofia economica come pragmatica, e metterà in evidenza che cercherà soluzioni pratiche e realistiche», ha aggiunto. L’illustrazione di Harris segue il piano per l’economia presentato da Donald Trump e basato su un approccio protezionista fatto di tagli alle tasse e dazi.
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2024 Riccardo Fucile
NON SOLO HA APERTO IN GRAN SEGRETO UN’AZIENDA AGRICOLA NELLA BIELORUSSIA, MA HA ANCHE IMPIEGATO UNA TRENTINA DI PRIGIONIERI POLITICI COME MANODOPERA A BASSO COSTO NELLA SUA PIANTAGIONE DI CIPOLLE
Non soltanto ha aperto in gran segreto un’azienda agricola nella Bielorussia piegata con il pugno di ferro dal dittatore Lukashenko. Jörg Dornau, esponente del partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland (AfD) e parlamentare della Sassonia, ha anche impiegato una trentina di prigionieri politici come manodopera a basso costo nella sua piantagione di cipolle.
«Sono stato arrestato nel febbraio 2024 per aver messo mi piace a un post sui social media, poi ho iniziato a smistare cipolle per 5 euro al giorno» ha raccontato uno di loro
Dornau, imprenditore agricolo di 53 anni, aveva registrato la sua azienda nel 2020 in piena repressione delle proteste pro democrazia.
Aveva tenuto rapporti costanti con le autorità, che a più riprese avevano concesso nuovi appezzamenti di terra.
Fino all’accordo per assumere bielorussi condannati per reati politici nella sua «OOO Zybulka-Bel».
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2024 Riccardo Fucile
“LE NOSTRE FORZE ARMATE HANNO BISOGNO DI PROFESSIONISTI”… CONTRARIO ANCHE IL MINISTRO CROSETTO: “LE FORZE DELL’ORDINE NON POSSONO ESSERE UN LUOGO PER EDUCARE I GIOVANI”
Ed ecco che in Parlamento si torna a parlare di «naja», a quasi 20 anni dalla legge Martino
(governo Berlusconi), che dal primo gennaio 2005 dispose la «sospensione» del servizio di leva obbligatorio in Italia. A riproporre il dibattito, un senatore di FdI, Roberto Menia, vicepresidente della Commissione Affari esteri e Difesa, e il deputato leghista Eugenio Zoffili, fedelissimo di Matteo Salvini.
Menia presenterà a breve un ddl: «Non penso in realtà al ritorno del vecchio servizio militare obbligatorio di un anno — spiega il senatore di Pieve di Cadore, comune del Veneto sede di un leggendario Battaglione Alpini — ma a 6 mesi di naja, non solo per i ragazzi ma anche per le ragazze, per ridare loro moralità e spingerli così al rispetto delle norme, cosa che purtroppo mi pare sia oggi carente».
La proposta di legge del leghista Zoffili, nativo di Erba, altro posto di tradizione alpina, è stata invece già depositata alla Camera ed è in via di assegnazione alle Commissioni parlamentari competenti.
Prevede la reintroduzione del servizio di leva obbligatorio per i giovani tra i 18 e i 26 anni: «Una grande forma di educazione civica da impartire a ragazzi e ragazze», secondo il vicepremier della Lega e ministro delle Infrastrutture Salvini. La maggioranza però sul punto non è compatta. Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario FI alla Difesa, ieri è stato perentorio: «Mi sento di escludere categoricamente la leva obbligatoria, le nostre Forze armate hanno bisogno di professionisti visto l’attuale contesto geo-politico».
Concetto, questo, che già il ministro della Difesa, Guido Crosetto (FdI), in occasione dell’Adunata degli Alpini a Vicenza, nel maggio scorso, ci tenne a sottolineare: «Le Forze armate — disse — non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani, cosa che deve essere fatta dalla famiglia e dalla scuola».
E pure il neo capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Luciano Portolano, già segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, a marzo scorso parlandone col Corriere chius e la porta alla leva obbligatoria: «Non ritengo sia oggi una soluzione percorribile in Italia. Viviamo tempi difficili in cui sono necessari professionisti seri e preparati. Le Forze armate hanno bisogno di esperti di cyber, ingegneri, persino hacker. Lascia ben sperare piuttosto la delega del Parlamento al governo per il progetto di creazione di una Riserva ausiliaria dello Stato».
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2024 Riccardo Fucile
DOMANI A TORINO PARTE LA KERMESSE DI FRATELLI D’ITALIA, FINANZIATO DALLA REGIONE PIEMONTE, OCCASIONE DI PROPAGANDA SOVRANISTA
La tre giorni di Fdi, chiamata ‘Giovani adulti’, organizzata a Torino e rivolta soprattutto al mondo della scuola, non è ancora cominciata ma fa già discutere.
L’edizione del festival di quest’anno, la seconda, è intitolata ‘Il Corpo del Mondo’: l’evento è finanziato dalla Regione Piemonte – direttore artistico il giornalista Francesco Borgonovo – e inizia domani. L’edizione dell’anno scorso è costata 100mila euro, quest’anno la cifra potrebbe essere la stessa.
Il programma, con oltre quaranta laboratori, artistici, formativi e sportivi, ha generato già polemiche e ha messo in allarme il centrosinistra, perché, è l’accusa, si tratterebbe di un evento di propaganda neofascista. Chiara Gribaudo, vicepresidente del Pd, lo ha ribattezzato il festival dei “nuovi balilla”. E diversi insegnanti e presidi hanno già fatto sapere che non manderanno le loro classi.
Con i giovani “affronteremo un allenamento valido per il corpo e per la mente, cercando di trovare – in un mondo che si smaterializza nell’artificialità delle reti e delle piattaforme – uno spazio per la carne, il sangue e ovviamente l’anima”, si legge nella presentazione.
Ce ne è per tutti i gusti, dai laboratori di kung fu alla ‘scuola di cavalleria’, dall’autodifesa alle arti marziali. Il menu degli appuntamenti prevede poi diversi incontri per insegnare ai ragazzi a essere dei ‘veri patrioti’, seminari contro ‘l’ideologia gender’, dall’evocativo titolo ‘maschi contro femmine’ (con buona pace della tanto decantata educazione all’affettività).
E ancora un panel con intervento del filosofo Massimiliano Pappalardo, autore di ‘Che fine ha fatto papà?’, per ragionare sul tema dell’eccessiva femminilizzazione dei padri, e della diffusione delle madri troppo paterne.
Ma c’è spazio anche per un incontro con don Ambrogio Mazzai, prete tiktoker che in passato ha avuto modo di esprimere le sue idee contro la masturbazione, che “crea dipendenza come la droga”, e contro l’aborto, definito addirittura “sterminio di massa”. Non mancano poi seminari sulla guerra, come ‘La guerra spiegata ai ragazzi’, in cui prenderanno la parola incursori dell’Esercito.
L’associazione che organizza l’evento, ‘Fiori di ciliegio’, tra l’altro è presieduta dal consigliere comunale e provinciale di Fdi, Davide D’agostino, delfino di Maurizio Marrone, il consigliere regionale sempre di Fratelli d’Italia, che promuove l’iniziativa ed eroga appunto i 100mila euro per coprire le spese.
L’associazione sostiene di aver avuto 12 adesioni da parte delle scuole, ma non ha diffuso i nomi delle scuole che parteciperanno. Tra gli ospiti della kermesse, che si tiene nella Cascina Giajone, lo storico edificio nel cuore di Mirafiori Nord, ci sono Beatrice Venezi, Giuseppe Cruciani, Maurizio Belpietro, Moni Ovadia, Dino Giarrusso, Giulio Cavalli.
“Quest’anno, il programma si concentra sul tema del corpo. Sui corpi si dà battaglia, dei corpi si discute nei talk show e sui giornali, sui corpi si misurano le grandi sfide della politica che non a caso diviene biopolitica. Giusto confrontarsi allora con ragazze e ragazzi che il corpo iniziano a viverlo e a scoprirlo, a muoverlo e a educarlo”, si legge ancora nel testo di presentazione
“Arte, letteratura, pensiero, attività sportiva all’aperto a riempire il vuoto di quartieri altrimenti abbandonati allo spaccio di droga o al degrado dell’abusivismo – spiega l’assessore Maurizio Marrone, molto vicino a Giorgia Meloni -. Dove si allestisce un confronto pubblico su temi di attualità come le guerre in corso, oppure un ring per insegnare arti marziali, non nascerà una piazza di spaccio e a Torino, nessuno più di ‘GiovaniAdulti’, porta nomi straordinari del giornalismo, della musica e dello spettacolo a contatto diretto con i giovani delle periferie”.
Le reazioni
“La destra fa entrare tutta la sua propaganda più reazionaria nelle scuole”, attacca la vicepresidente dem Chiara Gribaudo, che aggiunge: “Come se non bastasse, a chiudere la prima giornata, una bella iniziativa dal titolo: ‘il corpo della nazione’ con Borgonovo de La Verità (che è anche il ‘direttore artistico’ del Festival), Maurizio Belpietro e Francesco Giubilei. Un concentrato di amichettismo e indottrinamento. Un posto di lavoro pagato con i soldi di tutti a un amico non si nega mai, specialmente se questo è finalizzato a riportare indietro di 80 anni la scuola. Gli stessi che ogni giorno strepitano contro la fantomatica ideologia gender portano nelle scuole qualcosa che se non è culturalmente fascista ci si avvicina molto.”
Infine la deputata dem si rivolge direttamente al presidente della Regione: “E il presunto moderato Cirio cosa dice? Nulla, tenuto sotto scacco dall’estrema destra che lui stesso ha voluto in Giunta. Stanno mettendo sul Piemonte, un tempo culla di progresso e diritti, un’enorme nube nera. La misura è colma: giù le mani dalle scuole”.
Quest’anno la consigliera regionale del Pd, Nadia Conticelli, ha fatto un accesso agli atti, e allo scadere dei 30 giorni previsti potrà verificare dai documenti ufficiali quanto è stato speso. “È l’ultima cosa di cui i giovani hanno bisogno. L’evento viene proposto per il secondo anno di fila, e la cosa che più ci fa male è che sia stato spacciato come evento per affrontare il disagio giovanile nelle periferie. Abbiamo un problema di minori non accompagnati, di fragilità psicologica dei ragazzi, di baby gang, di seconde generazioni che non hanno opportunità. Una sorta di festival pseudo-culturale di questo tipo a cosa serve? Il filo conduttore degli incontri è esattamente il contrario di quello che serve come risposta alla fragilità dei giovani”, denuncia a Fanpage.it la consigliera regionale dem Nadia Conticelli, che è anche insegnante di italiano e latino.
“Quest’anno si utilizza come tema corpo, nella presentazione della tre giorni si punta proprio su questo, togliere fisicamente i giovani dallo smartphone, per offrire loro arti marziali e una cultura militarista. Per carità lo sport è integrazione, è comunità, gioco di squadra, è un’arma potente di promozione sociale, come la cultura. Ma nel logo c’è il Discobolo, cosa significa? È la riproposizione del modello fascista? O si vuole tornare a una visione classica? Il primo caso nemmeno lo commento, e a questo punto non si devono offendere se li chiamiamo fascisti. Ma la perfezione del corpo, che tanto veniva ricercata nel mondo classico, è il contrario di ciò che può aiutare i giovani oggi, che hanno proprio il problema dell’apparire, del body shaming. È un corto circuito. Spero che i ragazzi disertino l’evento, farebbe loro del male”.
“Stanno spendendo 100mila euro della Regione per un festival fascista. Lo scorso anno avevano chiesto anche un contributo a una circoscrizione, attraverso un accesso agli atti ho portato questo fatto all’interno della commissione controllo di gestione del Comune, e la richiesta di contributo, che era stata deliberata, è stata ritirata. Quest’anno come Pd verificheremo tutte le spese e le rendicontazioni. Con 100mila euro si potrebbero fare tanti progetti utili per i minori delle periferie, offrire sostegno scolastico, coinvolgendo il Terzo settore”.
A esprimere preoccupazione è anche l’Anpi, tramite il presidente della sezione Nicola Grosa di Torino, Augusto Montaruli: “A me pare sia un’iniziativa che denuncia il complesso d’inferiorità di Fratelli d’Italia, rispetto alla sinistra”, dice a Fanpage.it l’esponente dell’Anpi.
“Questo tipo di eventi fanno parte del Dna della sinistra. Il problema è che si tratta a tutti gli effetti di un evento istituzionale, organizzato dall’assessore meloniano Marrone, pur essendo un evento di matrice culturale di destra. È come se la Festa dell’Unità o la festa di Sinistra Ecologista fosse finanziata da soldi pubblici del Comune di Torino. Non funziona così. Un’iniziativa che si intitola ‘Giovani adulti’ dovrebbe parlare essenzialmente di lavoro e sanità. Invece qui si parla di cavalleria e di arti marziali”.
(da Fanpage)
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Settembre 25th, 2024 Riccardo Fucile
COSTO DELLA VITA E DENSITA’ DI POPOLAZIONE I REQUISITI CHIAVE
Tutto come previsto: a pagare il conto dell’autonomia differenziata a trazione leghista
saranno le aree più povere del Mezzogiorno.
Ormai sparite dal dibattito politico. Non sarebbe una novità, se non fosse che, dopo le dichiarazioni, ci sono i fatti a tratteggiare un quadro drammatico per il Sud.
Il piano è messo nero su bianco nella bozza predisposta – ancora sotto forma di slide – dal gruppo di 12 presieduto da Sabino Cassese. Il tutto sarà illustrato oggi alle 11 e discusso in una riunione con il comitato di esperti. Stando alla prima analisi del documento, riguardo all’individuazione dei Lep (Livelli essenziali di prestazioni), Molise, Basilicata, Abruzzo e Calabria ne escono malissimo.
Il ddl Calderoli assomiglia all’attuazione di una secessione riveduta e corretta rispetto al sogno della prima Lega di Umberto Bossi. E d’altra parte si profila come uno schiaffo a Forza Italia e, in parte, di Fratelli d’Italia, che nelle settimane scorse avevano ribadito la necessità di trovare una soluzione condivisa.
Il documento di Cassese suona come una beffa ulteriore per gli alleati di Matteo Salvini: le regioni maggiormente penalizzate sono guidate dal centrodestra. In particolare dai berlusconiani, che contano sul presidente della regione Basilicata, Vito Bardi, e su quello della Calabria, Roberto Occhiuto. Mentre dall’Abruzzo resta in silenzio il fedelissimo di Giorgia Meloni, Marco Marsilio.
I contenuti della bozza
Ma cosa prevede nel dettaglio la bozza del gruppo di saggi capeggiato da Cassese? Prima di tutto l’obiettivo è quello di superare il principio della spesa storica, come ripetuto in più circostanze durante l’iter di approvazione della riforma Calderoli. E nella visione della Commissione designata dall’esecutivo, ci sono due criteri fondamentali, i pilastri dei Lep: il costo della vita e la valutazione socio-demografica.
Facile arrivare alla conclusione. Al Sud il costo della vita è inferiore rispetto alle regioni del Nord. Così l’Autonomia differenziata, attuata in questo modo, crea delle macro gabbie salariali. Dove i costi sono più alti devono arrivare più risorse. Ma non solo.
Il criterio della densità demografica sarebbe il colpo di grazia alle zone che stanno subendo lo spopolamento, come quelle rurali che vanno dalla Calabria alla Basilicata, passando per l’Abruzzo fino alle aree interne della Campania.
Certo, si tratta solo di una bozza e il gruppo guidato da Cassese prevede dei fabbisogni standard per alcune prestazioni essenziali. In questo caso il documento prescrive che «nella determinazione dei fabbisogni standard è necessario che il livello della prestazione e la platea potenziale vengano definite dal decisore politico». Rimandando la scelta finale al parlamento.
Secessione segreta
Resta però la rotta indicata. E di fronte alle preoccupazioni la replica informale che è quasi sprezzante: «Che ci siano degli indicatori differenziali è ovvio. Sono inevitabili». L’esempio è quello di un raffronto tra «una metropoli e un paese in cima alle Dolomiti».
Il dialogo non è quindi all’ordine del giorno. «Alla fine con l’autonomia differenziata la secessione è arrivata», dice a Domani il deputato del Pd, Marco Sarracino, che ha annunciato un’interrogazione alla Camera avere un chiarimento dal governo sul contenuto della bozza. L’operazione è stata portata avanti «in gran segreto», secondo i dem. Quindi Sarracino rilancia la necessità di «una audizione urgente del professor Cassese affinché si faccia una vera e propria operazione verità su come verranno determinati e finanziati i livelli essenziali delle prestazioni. A destra si proclamano patrioti ma alla fine distruggono la patria».
La battaglia è comunque solo all’inizio. Il “no” all’autonomia del governo Meloni è un collante per il campo largo. Vittoria Baldino, deputata del Movimento 5 stelle, non usa mezzi termini per bocciare l’iniziativa: «Se vivi al Sud, visto che la vita costa di meno, dovresti avere un salario più basso, e visto che nascono meno bambini, perché i giovani vanno via, dovresti avere diritto a meno asili e meno assistenza socio educativa, in parole povere servizi inferiori e meno soldi». E qui torna l’analisi dei mesi scorsi dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) quasi profetica: «Qualche ente potrebbe ricevere risorse inferiori a quelle necessarie a finanziare i Lep in base alle valutazioni nazionali».
Del resto il Mezzogiorno resta sempre più fuori dai pensieri del governo. Il confronto preliminare sulla manovra economica ha messo all’angolo qualsiasi spinta per il rilancio del Sud. Si parla di bonus per la natalità, di riduzione dell’Irpef al ceto medio e di rinnovo del taglio del cuneo fiscale. Il Meridione è il solito assente. Con un’aggiunta: per ora c’è un ministro a mezzo servizio, Raffaele Fitto, che legittimamente è in altre faccende, europee, affaccendato.
(da editorialedomani.it)
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Settembre 25th, 2024 Riccardo Fucile
IL CLAN LA RUSSA E IL CERCHIO MAGICO DI MELONI
L’ultimo caso è quello di Rosanna Natoli, la consigliera laica del Csm che è stata sospesa dal plenum dell’organo di autogoverno della magistratura per rivelazione di segreto d’ufficio.
L’ha inguaiata la registrazione di un colloquio privato che non avrebbe assolutamente dovuto avere con un giudice sottoposto a procedimento disciplinare, ma a nessuno è sfuggito un dettaglio del suo curriculum: è nata a Paternò.
Come lo sconosciuto dentista siciliano che alle ultime elezioni è diventato senatore, dopo essere stato piazzato in collegio blindato di Catania. O come l’assicuratore che a 37 anni è stato eletto presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana.
Non è un caso. Tutti e tre questi nomi sono stati suggeriti, caldeggiati e alla fine imposti dal più illustre dei paternesi viventi: il presidente del Senato Ignazio La Russa. Figlio di Antonino, che a 25 anni era il federale fascista di Paternò. Padre di Geronimo, presidente dell’Automobile Club di Milano e consigliere d’amministrazione del Piccolo Teatro. E fratello di Romano, assessore alla Sicurezza della Regione Lombardia.
Ora, non c’è nulla di illecito, di scandaloso e neppure di nuovo nell’abitudine di piazzare parenti, fedelissimi e compaesani nelle più alte cariche pubbliche – i precedenti abbondano – eppure lo scivolone della consigliera Natoli rivela che il principale partito italiano ha un serio problema con la selezione della classe dirigente del Paese.
Il clan La Russa fa infatti il paio con il cerchio magico di Giorgia Meloni. Nel quale la sorella Arianna ha la guida del partito, il cognato Francesco Lollobrigida è ministro dell’Agricoltura e il fedelissimo Giovanbattista Fazzolari controlla Palazzo Chigi.
E dunque se c’è da scegliere il nuovo direttore generale della Rai vince uno dei «gabbiani» della sezione missina di Colle Oppio, quella dove la premier ha imparato a fare politica.
Se c’è da nominare la nuova direttrice generale dell’Inps, viene scelta l’ex militante del Fronte della Gioventù di cui Fazzolari si fida ciecamente.
Se c’è da insediare il nuovo amministratore delegato della società che gestisce i servizi dei musei e delle aree archeologiche dello Stato, la spunta un ex assessore di Frosinone che vanta un’antica amicizia con Arianna Meloni.
La prima scelta, ogni volta, è quella di pescare negli elenchi dei vecchi compagni di partito, dei fedelissimi, dei sodali a prova di bomba. La competenza, il merito e la bravura sono graditi, certo, ma non sono indispensabili.
Purtroppo questo metodo non può funzionare a lungo, in una democrazia moderna. Non solo perché poi si passa alle seconde e alle terze file, e alla fine si esaurisce anche l’elenco dei militanti della sezione di Colle Oppio. Ma anche, e soprattutto, perché la fedeltà e l’amicizia non possono sostituire la competenza. Non è un problema secondario.
Un partito di governo deve necessariamente contare su una classe dirigente solida e preparata. Che non è solo un gruppo di individui con ruoli di comando, ma una rete di figure che condividono una visione comune e sono in grado di tradurla in politiche concrete. Giorgia Meloni si è rivelata assai abile come frontwoman di Fratelli d’Italia, ma senza una squadra di personalità competenti il suo partito e il suo governo finiranno per essere percepiti come incapaci di gestire quel sistema complesso chiamato Italia. Non si va lontano, con i camerati e i compaesani.
(da lespresso.it)
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Settembre 25th, 2024 Riccardo Fucile
AMMESSA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA’
«È una grande soddisfazione. La nostra eccezione è stata accolta su basi giuridiche finora
inedite. Ora, con l’intervento della Consulta, capiremo se l’abrogazione del reato dei cosiddetti colletti bianchi sia stata frutto di una scelta legislativa corretta o giuridicamente errata».
L’avvocato Manlio Morcella non nasconde l’emozione. Grazie alla sua istanza, la Corte costituzionale potrà pronunciarsi sulla legittimità dell’abolizione dell’abuso di ufficio fortemente voluta dal guardasigilli Carlo Nordio.
Martedì 24 settembre, infatti, il tribunale di Firenze ha accolto le tesi del penalista e ha ammesso la questione: la parola passa ora ai giudici costituzionali che dovranno valutare la compatibilità dell’eliminazione del reato col dettato costituzionale. «Una giornata storica, un trionfo», continua il legale del foro di Terni.
Sull’abolizione dell’abuso d’ufficio la partita pertanto non è finita: la “battaglia” proseguirà nei mesi prossimi nelle aule del palazzo di via della Consulta a Roma. In ballo c’è tanto. Senza reato di abuso d’ufficio, così come prospettato dalla riforma Nordio, potrebbero sanarsi diffuse illegalità e soprattutto potrebbero essere autorizzati eccessi di potere. In tal modo, inoltre, potranno essere cancellate oltre tremila condanne definitive.
L’istanza accolta
«Come è possibile che uno stato come quello italiano, aderente alla Convenzione contro la corruzione di Merida, obbligato a considerare l’inserimento del reato di abuso in atti d’ufficio nel proprio ordinamento, possa risolversi per la sua abolizione?». Partiva da questo interrogativo l’istanza sull’ammissibilità della questione di legittimità presentata da Morcella.
«Secondo i più basici principi della logica, la disposizione convenzionale per lo stato contraente che, al momento della ratifica del Trattato, non annoverava un simile modello penale nel proprio ordinamento nazionale, importa l’obbligo di considerare la sua introduzione, mentre per lo Stato aderente che, alla medesima data, già lo contemplava, si atteggia alla stregua di un obbligo internazionale di stand stile».
Obbligo internazionale a restare fermi, «in forza del quale il quadro normativo interno deve rimanere invariato, non dovendo il legislatore nazionale riconsiderare l’esistenza di tale fattispecie criminosa nel proprio sistema penale», si legge ancora nell’istanza.
In altre parole, se uno stato, nel momento in cui aderisce alla Convenzione di Merida, prevede già nel proprio ordinamento il reato di abuso d’ufficio, dovrebbe limitarsi a “mantenere” quel reato. Non a eliminarlo.
È proprio il caso dell’Italia: nel 2009 il reato di abuso di ufficio esisteva, era regolamentato all’interno del codice penale. Poi cos’è successo? «Ora, abrogandolo – secondo Morcella -, è come se il nostro paese abbia tradito la Convenzione di Merida e sì, la Costituzione. Del resto un trattato va sempre interpretato in buona fede».
L’istanza piu in particolare è stata presentata nel corso del giudizio che riguarda la faida famigliare dei Colaiacovo, la “dinastia” a guida della Colacem spa, una delle più importanti aziende italiane produttrici di cemento. Nel processo è imputata tra gli altri l’ex procuratrice aggiunta di Perugia, ora in pensione e per anni numero uno dell’Antimafia, Antonella Duchini. Un processo in cui sono ipotizzati, per l’appunto, reati di abuso d’ufficio, peculato e rivelazione di segreto.
Un’altra istanza sull’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale circa l’abrogazione dell’abuso di ufficio l’ha anche sollevata la procura di Reggio Emilia nel processo Bibbiano. Il tribunale di Firenze intanto ha già deciso: gli atti saranno trasmessi alla Consulta. Un passaggio, quest’ultimo, che il ministro della Giustizia avrebbe voluto evitare.
(da editorialedomani.it)
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Settembre 25th, 2024 Riccardo Fucile
TUTTI DEVONO AVERE STESSI DIRITTI E STESSI DOVERI
Cittadinanza è una bella parola. Nasce alla fine del Settecento ed ha come vigorosa levatrice la Rivoluzione Francese. Significa che ogni persona è uguale di fronte allo Stato, ha gli stessi diritti e gli stessi doveri. Non ci sono più aristocratici e popolo, non il re e i sudditi, non le caste e le corporazioni: ci sono i cittadini, e tanto basta per definire le regole della comunità. Cittadinanza, dunque, è una parola democratica per eccellenza, e forse la più democratica di tutte le parole.
L’impressionante numero di firme raccolte dal referendum sulla cittadinanza (con il solito meccanismo abrogativo: cambiare la legge che ne limita la concessione agli immigrati, che sono i nuovi italiani) contiene un forte segnale politico e direi anche un preciso avvertimento culturale a chi ci governa.
Cittadinanza non è etnia, non è razza, non è religione, non è Nazione. Non è Dio, Patria, Famiglia. È un criterio di appartenenza e di consociazione molto più vasto, molto più giusto e assai meno divisivo. Dice che vivere in tanti in un posto mette quei tanti nelle stesse condizioni e li vincola alla stessa legge.
Che sia l’estensione della cittadinanza, con quello che ne consegue, a mobilitare così tanti italiani, e in grande misura i ragazzi che non capiscono perché mai il loro compagno di scuola, di università o di lavoro che viene da lontano e paga le stesse tasse non debba essere considerato un con-cittadino, è una specie di scossone democratico.
Parla di una comunità di italiani non sopita, tutt’altro che indifferente, stanca della grettezza ideologica al potere.
(da repubblica.it)
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