Settembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
MARINA FA SAPERE CHE SI È TRATTATO DI “UN INCONTRO DI CORTESIA PIANIFICATO DA TEMPO, OLTRE CHE UN’OCCASIONE DI CONOSCENZA RECIPROCA”… PROVE SALOTTIERE PER UN GOVERNO PD/FORZA ITALIA, CHE RIMANDI A CASA I “DESTRONZI” DEL COLLE OPPIO
Mario Draghi, secondo quanto apprende l’ANSA, lo scorso mercoledì 11 settembre, è stato ospite di Marina Berlusconi nella sua abitazione milanese.
L’ex premier, che soltanto due giorni prima a Bruxelles aveva presentato il suo rapporto sulla competitività in Europa, è stato visto uscire in auto da casa Berlusconi nel primo pomeriggio. Poco dopo è stato visto uscire anche Gianni Letta.
Un portavoce di Marina Berlusconi, interpellato dall’ANSA, ha definito quello di Marina Berlusconi con Mario Draghi “un incontro di cortesia già pianificato da tempo, oltre che un’occasione di conoscenza reciproca”.
“Rientra nella prassi consolidata di incontri a vari livelli che la Presidente Berlusconi svolge in qualità di imprenditore”, ha aggiunto il portavoce.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
CALA L’ATTIVITÀ NELL’AGRICOLTURA, NELLE COSTRUZIONI E SOPRATTUTTO NELL’INDUSTRIA. SOLO IL SETTORE DEI SERVIZI CRESCE DI POCO, IN AUMENTO LE ORE DI CASSA INTEGRAZIONE
Aumenta il numero di occupati, ma nello stesso tempo diminuisce il numero di ore lavorate. Così, a un tratto, iniziano a comparire le prime spiegazioni a tutti i dubbi e stranezze che ormai da mesi accompagnano i dati sul mercato del lavoro italiano. Quanto pubblicato ieri dall’Istat è infatti indicativo: nel secondo trimestre dell’anno è diminuita l’attività lavorativa nell’agricoltura, nell’industria e anche nelle costruzioni. Solo il settore dei servizi ha tenuto, segnando un lieve aumento.
Eppure tanto è bastato per assistere comunque a un ulteriore aumento dei posti di lavoro, con i record spesso sbandierati dalla premier Giorgia Meloni e dalla ministra Marina Calderone. Questi numeri nascondono però problemi più complessi: vediamoli.
Nel periodo che va da aprile a giugno di quest’anno, le ore lavorate in Italia sono state poco meno di 11,5 miliardi. In calo dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. Eppure, nello stesso periodo, si registra un aumento del numero di occupati dello 0,5%. Insomma, ci sono più persone con un lavoro, ma queste hanno mediamente lavorato meno ore. Infatti l’attività totale è diminuita. Il 2 settembre sempre l’Istat aveva mostrato il calo delle unità di lavoro a tempo pieno
La prima spiegazione all’apparente paradosso riguarda la crisi dell’industria che, rispetto al trimestre precedente, segna una riduzione dello 0,7% delle ore lavorate. Va poi ricordato che la produzione industriale ha il segno meno praticamente da 18 mesi.
A luglio, per esempio, abbiamo avuto un calo sia nella meccanica, che è il principale comparto manifatturiero, sia nella farmaceutica e nel legno. Per rendere l’idea, confrontiamo l’attualità con il periodo pre-Covid: nel secondo trimestre 2024 le ore lavorate nell’industria sono state 1,894 miliardi, mentre nel secondo trimestre 2019 erano 1,905 miliardi.
A questo calo della performance dell’industria è legato l’aumento delle ore di cassa integrazione visto sia a maggio sia a giugno e proseguito a luglio. Una tendenza che si legge anche nella cronaca di questi giorni: ieri mattina Stellantis ha annunciato un nuovo mese di stop a Mirafiori, con la ripresa del lavoro prevista per il 14 ottobre.
Le costruzioni, spinte da misure come il Pnrr e il Superbonus, hanno a lungo rappresentato uno dei perni sui quali si è basata la crescita dell’occupazione. Ora però anche l’edilizia presenta un calo dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, sebbene si mantenga su livelli molto superiori al pre-Covid. La caduta dell’agricoltura prosegue da tempo.
E siamo alla seconda spiegazione dell’andamento contraddittorio di occupati e ore lavorate. Quello che si sta verificando è un fenomeno ormai strutturale: la terziarizzazione della nostra economia, l’industria che va giù e i servizi che vanno su. Ecco come mai i posti di lavoro crescono così velocemente malgrado le fiacche performance del Pil e della produzione. I servizi spesso impiegano molte persone ma con poche ore e, nei settori meno avanzati, con una bassa produttività.
Quindi la creazione dell’occupazione non si accompagna con un contestuale aumento dei redditi e dei salari dei lavoratori e il contributo dei consumi al Pil è basso. Per fare un esempio: il contratto collettivo del turismo – settore in crescita – è scaduto da sei anni e ancora non si riesce a rinnovarlo, tanto che nelle ultime settimane, dopo l’ennesima rottura delle trattative, si sono tenuti alcuni scioperi degli addetti.
Insomma, il record di occupati, che a luglio hanno superato i 24 milioni, è un dato davvero fuorviante e rallegrarsene, con i paraocchi su tutto il resto, è incauto. La crescita acquisita dello 0,6% del Pil nel primo semestre rischia – se il trend sarà confermato – di non far raggiungere l’obiettivo dell’1% a fine anno.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
DIETRO ALL’ORGANIZZAZIONE DELL’EVENTO C’E’ L’EX SENATORE LEGHISTA, UMBERTO FUSCO…TRA I MODERATORI C’E’ CLAUDIO BRACHINO, EX GIORNALISTA E DIRETTORE DELLE RETI MEDIASET
Da “Noi con Salvini” a “Noi con Vannacci”. Il generale emula il segretario della Lega e convoca per i prossimi 18 e 19 settembre una due giorni di incontri che avranno luogo a Viterbo. Nell’estate delle feste dell’Unità e dei vari raduni di partito, sarà un po’ la festa di quel variegato “Mondo al contrario” (dal fortunato libro autopubblicato non più tardi di un anno fa).
Soprattutto, servirà a dare luce proprio all’associazione “Noi con Vannacci” che secondo alcuni potrebbe in futuro, chissà, assumere le fattezze di un partito politico. L’organizzatore è l’ex senatore leghista Umberto Fusco, che al Foglio l’ha presentata come la “Pontida di Vannacci”.
Tra gli ospiti di rilievo previsti: Alessandro Romoli, Presidente della Provincia di Viterbo; Emanuele Boretto, Presidente Nazionale di Federalberghi e Fabio Filomeni, Presidente dell’Associazione “Il Mondo al Contrario”. Tra i moderatori spiccano Claudio Brachino ex giornalista e direttore delle reti Mediaset e delle giornaliste Claudia Conte e Vittoriana Abbate.
(da IlFoglio)
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Settembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
SI VA DAI 3,3 MILIONI PER IL GIRO D’ITALIA AI 7 PER LEOLIMPIADI INVERNALI DI MILANO-COTINA 2026… 223 AFFIDAMENTI DIRETTI SU 280 CONTRATTI
L’Enit, l’Ente nazionale per il turismo che Daniela Santanchè ha trasformato in spa a metà 2023, è finito sotto la lente d’ingrandimento di Corte dei Conti e Anac, che ora indagano.
Questo perché mentre la chiusura della vecchia Enit avrebbe dovuto garantire il passaggio a un «braccio operativo nell’attuazione delle politiche di promozione del made in Italy», per citare la ministra al Turismo, la nuova società in house è diventata un carrozzone da 30 milioni di euro l’anno. Repubblica e La Stampa, nel dare la notizia, parlano di un «bancomat per iniziative politiche». E su questo indagano Corte dei Conti e Anac, a meno di un mese dall’udienza per il caso Visibilia in programma il 9 ottobre.
Enit ha sponsorizzato anche il Giro d’Italia
Al centro delle indagini ci sono le spese fatte dall’Enit nell’ultimo anno. In primis Open to Meraviglia, con al centro la Venere del Botticelli social che ha generato non poche polemiche. Poi altre sponsorizzazioni che l’Ente nazionale per il turismo ha effettuato. Ad esempio nel dossier ci sono 3,3 milioni di euro a Rcs sport&events per il Giro d’Italia e 7 milioni stanziati per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. C’è anche un contributo da 150 mila euro per il concerto del Volo ad Agrigento e altri finanziamenti più piccoli alla Macchina di Santa Rosa di Viterbo e al Filming Italy a Los Angeles e in Sardegna
I dati Anac e le indagini della Corte dei Conti
La Enit spa, ha spiegato l’Anac, ha fatto 223 affidamenti diretti su 280 contratti, riducendo anche decine di fiere e scatenando le polemiche degli operatori. A tutto questo si aggiungono i servizi esternalizzati per cifre importanti, come i 20 milioni di euro ad Accenture per il portale Italia.it. Dati che fanno il paio con due indagini distinte avviate dalla Corte dei Conti. Una riguarda un dirigente del settore marketing andato in pensione, ma che ha continuato a lavorare percependo anche un aumento da 105 a 120 mila euro l’anno di stipendio. L’altra, invece, ha al centro Sandro Pappalardo, componente del cda in quota FdI, per compensi percepiti tra il 2019 e il 2023.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
L’AVVOCATO CHE HA ACCOMPAGNATO BOCCIA AGLI STUDI MEDIASET È LIBORIO DI NOLA, GIÀ ASSESSORE FORZISTA A POMPEI, VICINO AL’EURODEPUTATO AZZURRO FULVIO MARTUSCIELLO, CHE VUOLE CANDIDARSI A GOVERNATORE IN CAMPANIA…I MELONIANI, ORA CHE SANGIULIANO È “BRUCIATO”, PUNTANO SUL VICEMINISTRO DEGLI ESTERI, EDMONDO CIRIELLI
Maria Rosaria Boccia tiene puntato un riflettore su Arianna Meloni, dirigente di Fratelli d’Italia e, soprattutto, sorella della premier. È una luce, dunque, particolarmente fastidiosa. Per l’imbarazzante contesto dell’affaire Sangiuliano, ma anche perché l’imprenditrice di Pompei continua a chiedersi se ci sia lei dietro alla sua mancata nomina da consigliera del ministro, «stracciata senza lasciare traccia».
Elenca una serie di possibili motivi ma in realtà ne sottolinea soltanto uno, lasciato cadere furbescamente con un punto di domanda finale: «Dopo il dialogo con Arianna Meloni? (Il ministro mi chiamò subito dopo – aggiunge Boccia – e mi chiese di vederci per raccontarmi il contenuto di quella conversazione)».
Quindi, l’imprenditrice conosce il contenuto di quella conversazione e fa sapere di essere in grado di poterlo rendere pubblico. Non solo: in serata, con un nuovo post, chiama in causa anche il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari: «Ci può illuminare sul mio presunto accreditamento al Ministero dell’Agricoltura? Ci mostra le mail e i messaggi che ho inviato?» scrive, aggiungendo poi: «Io e il ministro Lollobrigida non abbiamo una conoscenza approfondita».
Nel partito di Giorgia Meloni sono piuttosto nervosi. Dietro alla precisione chirurgica delle uscite di Boccia sentono puzza di bruciato e scavando intorno all’imprenditrice iniziano a intravedere la possibilità di una cospirazione ordita dagli alleati di Forza Italia contro di loro. Le ombre si allungano sul nome dell’avvocato Liborio Di Nola, che ha accompagnato Boccia pochi giorni fa agli studi Mediaset, quando l’imprenditrice di Pompei doveva essere ospite della trasmissione di Bianca Berlinguer (salvo poi dare forfait all’ultimo minuto).
Di Nola avrebbe insistito per non dover mostrare il proprio documento all’ingresso degli studi Mediaset del Palatino. È un penalista molto conosciuto nel territorio di Gragnano – a una manciata di chilometri da Pompei – e lì, nel 2009, è stato eletto consigliere comunale nella lista del Popolo delle Libertà, diventando assessore nella giunta di Annarita Patriarca, che ora è deputata di Forza Italia. Ecco, Patriarca è una fedelissima dell’eurodeputato Fulvio Martusciello, coordinatore azzurro in Campania. E Martusciello – non è un segreto – aspira a essere il candidato del centrodestra alle prossime Regionali.
Sulla strada dell’eurodeputato si trovava però l’ostacolo Sangiuliano, perché sul nome dell’ex ministro c’era già un accordo di massima nella coalizione. «Se uniamo i puntini…», commenta una maliziosa fonte di FdI. Patriarca nega: «Con Di Nola non ci siamo sentiti di recente. Non so se sia l’avvocato della signora Boccia. È lontano dalla politica da quasi 15 anni».
Per di più – sottolineano da Forza Italia – molto tempo prima che Sangiuliano entrasse in gioco sono stati proprio Patriarca e Pino Bicchielli, di Noi Moderati, a mettere in guardia i colleghi di Fratelli d’Italia dalla signora Boccia. Patriarca aveva riferito al deputato di FdI Gimmi Cangiano, con cui Boccia si era messa in contatto per alcune iniziative, di alcune insistenti voci che arrivavano dal territorio e che sollevavano alcuni interrogativi su Boccia.
I sospetti striscianti si sono già propagati negli ambienti del centrodestra campano. «Se ne parla da qualche giorno», fa sapere una fonte dell’Udc. E così, anche in casa Forza Italia finiscono per inasprirsi gli animi. Tra gli azzurri si ipotizza che questa teoria della cospirazione sia stata fatta uscire proprio per bruciare il loro uomo forte, Martusciello, e per dare più forza al candidato su cui ha virato FdI dopo il passo indietro di Sangiuliano: il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.
È una guerra silenziosa che sta lasciando strascichi nei rapporti tra i due partiti di centrodestra. Anche perché la vicenda, in questo modo, non accenna a sgonfiarsi, come invece desiderano da giorni dentro FdI.
(da La Stampa)
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Settembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
SUL CAPOCCIONE DI SALVINI INCOMBONO IL CONGRESSO REGIONALE IN LOMBARDIA E IL PROCESSO OPEN ARMS IN CUI E’ IMPUTATO PER SEQUESTRO DI PERSONA (RISCHIA FINO A 15 ANNI)
Cambia i vertici: Giancarlo Giorgetti e Lorenzo Fontana, ministro dell’Economia e presidente della Camera, non saranno più vicesegretari. Al loro posto, nominati ieri durante il Consiglio federale, il commissario del Veneto Alberto Stefani e il fedelissimo del “Capitano”, Claudio Durigon. Ricambio annunciato, certo. Che tuttavia si aggiunge ad altre manovre del leader per compattare il partito, puntellare la sua leadership e mettere in guardia chi vorrebbe sfidarla.
Un passo indietro. Mercoledì pomeriggio, Camera dei Deputati. Salvini riunisce i gruppi parlamentari del Carroccio, un’ora a conclave per preparare un autunno caldo. A inizio ottobre il raduno storico di Pontida. Domani la richiesta dell’accusa al processo Open Arms in cui il segretario è imputato per sequestro di persona: rischia fino a quindici anni di condanna.
La Lega già annuncia grande mobilitazione: due week end di gazebo e un flash mob a Palermo in solidarietà al leader: tutti precettati per la protesta di piazza contro le toghe (di berlusconiana memoria) e guai a chi non si presenta. C’è un passaggio però che gela i presenti alla riunione. Anzi due. Una frase pronunciata en passant dal leader lascia accigliati i suoi parlamentari. «Poi troveremo il modo di evitare rischi di scalate…» è il senso del monito di Salvini raccontato da più fonti presenti all’incontro.
Scalate di chi? La domanda subito rimbalza fra i banchi parlamentari. Insieme a un nome e un cognome: Roberto Vannacci. Sarà un avvertimento al generale ed ex parà della Folgore, oggi a Bruxelles come eurodeputato ma domani chissà, ormai alla guida di un movimento-paraleghista, “Il mondo al contrario”, con cui riempie sale conferenze in giro per l’Italia? Il dubbio resta.
Ma il fatto stesso che Salvini parli di “scalate” dà il senso di una fase delicata per il partito. Su cui incombe il temuto congresso regionale in Lombardia, tra ottobre e novembre. Qui, nel cuore pulsante del leghismo doc, Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato un tempo braccio destro e sinistro del “Capitano”, si candiderà a segretario lùmbard. E si ragiona in queste ore a via Bellerio se schierargli contro un altro candidato tra i fedelissimi del leader – tra i nomi Andrea Crippa e Luca Toccalini – o se invece venire a miti consigli e trovare un nome unitario.
Ma torniamo a Salvini alla Camera. C’è un secondo passaggio che fa deglutire in silenzio gli onorevoli leghisti e riguarda un tasto sempre dolente per chi guida un partito: i soldi. Ne servono di più, molti di più per far fronte all’autunno militante. I pullman e gli striscioni a Pontida, sul pratone sacro dove potrebbe far capolino anche il fondatore Umberto Bossi, reduce da un tête-à-tête con il rivale segretario dopo le voci smentite sulla sua scomparsa.
Salvini usa toni perentori: ognuno faccia la sua parte. Di questo passo, con la campagna per le elezioni regionali pronta a partire, si dovrà correre ai ripari. Snocciola numeri. Il contributo di deputati e senatori leghisti rischia di raddoppiare: dagli attuali 3mila a 6mila euro ogni mese. Si suda freddo, nell’aula dei gruppi della Camera. Dove sanno bene che Salvini fa sul serio: per le elezioni europee aveva chiesto ai suoi parlamentari di rastrellare un maxi-contributo per aiutare il partito: 30mila euro a testa
(da il Messaggero)
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Settembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
SPIE, MICROSPIE, LA SINDROME DA ACCERCHIAMENTO VIENE DA LONTANO
Giorgia Meloni non sarà né la prima né l’ultima a subire la sindrome dell’accerchiamento, quella strana paranoia che coglie tutti i potenti a un certo certo punto, che li porta a sospettare di chiunque, e infine a circondarsi solo di amici o (in certi casi) parenti. Dopo le ultime notizie secondo cui la premier vuole sentirsi più sicura con agenti, ascensoristi, scorte, mettendo davanti a tutti gli uomini del fido Pino Napoli, marito della fida segretaria Patrizia Scurti, tornano alla memoria tanti altri casi del genere o quasi del genere.
Se un sospettato di ordire complottoni contro Meloni è Matteo Renzi, va detto che l’ex presidente del Consiglio divenne famoso a un certo punto non per un poliziotto di fiducia bensì per una vigilessa. Antonella Manzione, che da comandante dei vigili urbani di Firenze finì a capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio (contestata dalla Corte dei Conti che dette parere negativo sulla nomina per mancanza da parte della candidata dei requisiti idonei). Ma non siamo certo nel “boccismo”, qui, semmai nella sindrome e paranoia che coglie i leader politici nei momenti di crisi (talvolta in quelli terminali). Se Re Ludwig II di Baviera alla fine dei suoi giorni si circondava solo di scudieri e a cena issava centrotavola così alti da non vedere gli esponenti del suo governo, e infine faceva arrestare l’intero esecutivo di Monaco, la tentazione dei governanti di fidarsi di nessuno viene da lontano. Ci fu appunto un tempo per Renzi il giglio magico, che a partire dal nome significava appartenenza territoriale, dunque non solo la vigilessa ma anche il fotografo, Tiberio Barchielli. E “il Lampadina” Luca Lotti, e il prode Carrai, e Bonifazi e naturalmente Maria Elena Boschi – nel caso del Giglio la dimensione tribale era data dall’appartenenza fiorentina o toscana al massimo. (segue a pagina quattro)
Ma sempre a base territoriale e a km zero c’era anche il tortello (o secondo alcune versioni tortellino) magico, quello di Pierluigi Bersani, il gruppo di emiliani tra cui il governatore della regione Emilia Vasco Errani, il coordinatore della segreteria Maurizio Migliavacca, piacentino, e un tale Mirio Fiammenghi, ravennate, consigliere regionale, che costituivano la falange attorno al maggiorente Pd. La definizione di “tortello magico” era di Massimo D’Alema che da par suo aveva i “lothar”, soprattutto Gianni Rondolino, Claudio Velardi, Nicola Latorre, secondo la definizione di Maria Laura Rodotà.
Ma il primo “cerchio magico” fu quello che nacque a sostegno e protezione di Umberto Bossi, all’epoca del famoso coccolone del 2004, quando la famiglia e pochi eletti si ritrovarono attorno al Senatùr: lì scoppiò e si impose per la prima volta la dimensione clanica che scavalca i partiti e le istituzioni, e che assomiglia a quella di oggi, che predilige il sangue e lo jus soli, la tribù del Torrino (il quartiere dell’Eur di Meloni). Idea e fattispecie inconcepibile nella Prima repubblica: in quell’epoca così remota i partiti avevano il ruolo della mediazione e della rappresentanza. E quando scoppiava lo sconquasso, i referenti del partito prendevano il controllo, e la famiglia semmai faceva un passo indietro, come nel caso del sequestro Moro.
Certo, c’erano anche allora gruppi tribali, c’erano gli avellinesi di osservanza demitiana e i toscani di Fanfani, ma la dinamica era più ariosa, perché ognuno doveva rendere conto al partito, alle correnti, alle tessere, ai territori. Del resto la tribalizzazione della politica va di pari passo con la sua crisi. Con quella dei partiti. O almeno con quella della prima repubblica. Chi c’era si ricorda gli ultimi giorni di Bettino Craxi asserragliato all’Hotel Raphaël, prima delle monetine, in balia di strani personaggi, tra oscuri presagi e manie di complotti – a un certo punto riteneva d’essere seguito, pedinato, forse da una Fiat Uno, bianca (era l’epoca in cui un’auto del genere era protagonista di luttuosi casi di cronaca).
Berlusconi, l’erede del craxismo, non ha invece mai avuto veramente un cerchio, le sue erano diverse e composite geometrie, da una parte l’azienda (coi suoi referenti, Gianni Letta, Confalonieri) dall’altra il partito, e poi i musici, i giocolieri, le favorite. Era, più che un cerchio, una corte multianello (grazie anche alla possibilità economica). Ma quando crollò anche la seconda, di repubblica, il partito più disintermediatore, i Cinquestelle, a Roma aveva il “raggio magico” della sindaca Virginia Raggi, che portò al crollo e all’ignominia della prima e unica giunta pentastellata della capitale (oltre che a qualche arresto). Il raggio magico aveva anche una versione digitale nella chat “4 amici al bar” su WhatsApp. Luigi Di Maio (ve lo ricordate?) disse: “abbiamo contro tutti, tutte le lobby”.
La mania del complotto non ha mai portato bene, è chiaro: segnala insicurezza, spesso prelude al crollo. C’è da dire che Giorgia Meloni è stata sempre coerente in questo, era sospettosa e timorosa di agguati fin dall’inizio, ha sempre considerato palazzo Chigi ventre molle di spie e microspie, preferendo gli edifici del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia in via Uffici del Vicario. Il culmine della paranoia e del sogno simmetrico di un rifugio “contra mundum” nella politica italiana fu però il celebre “ridotto della Valtellina”: il progetto per un bunker salvifico per i vertici della Repubblica Sociale contro tutti i nemici nacque tra i gerarchi nel ‘44 con l’’idea di portarci Mussolini e tutti i fedelissimi, e pure le ceneri di Dante (noto intellettuale di destra). Non se ne fece nulla, e finì abbastanza male.
(da ilfoglio.it)
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Settembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
MOGLIE MINISTRA, MARITO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE CONSULENTI… E NELLO STAFF QUASI TUTTI VENGONO DALL’INNER CIRCLE
Visto dal ministero del Lavoro, il cosiddetto “amichettismo” della Cultura che ha rovinato l’estate al governo è roba da dilettanti. La parola conflitto d’interessi non fa proprio parte del vocabolario della ministra Marina Calderone, per tacere dell’opportunità politica. Calderone è stata per 18 anni presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, sul quale vigila per legge il suo ministero. Il caso vuole che a succederle sia stato suo marito, Rosario De Luca. La moglie che vigila sul marito sostiene di aver risolto delegando il compito al sottosegretario, Claudio Durigon.
Più che di amicizie, dunque, al Lavoro è innanzitutto questione di famiglia, come dimostra l’annuale Festival dei consulenti del lavoro. La moglie ministra inaugura l’evento, il marito presidente fa gli onori di casa, la loro. E quando si è trattato di traslocare al ministero Calderone pesca a piene mani dal suo feudo familiare.
Al ministero arriva Sara Bardeggia, dal 2017 sua assistente personale all’Ordine, nel 2022 nominata capo della segreteria a 58 mila euro l’anno, saliti a 76 mila nel 2024, quando riceve anche l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica, sempre per volere di Calderone. Che dalla Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, già presieduta da De Luca, si porta via anche Ignazio Marino, primo portavoce della ministra con 130 mila euro. Ed Elena Pasquini, oggi collaboratrice da 80 mila annui, già addetta stampa della Fondazione consulenti del Lavoro. Bontà sua, il marito concede alla moglie anche qualche esperto. A 65 mila euro l’anno, tra gli “incarichi di collaborazione o consulenza” del ministero troviamo Antonello Orlando, che compare alla voce “altre tipologie”, ma sempre dagli “Esperti” della Fondazione Studi arriva. A 30 mila Romano Benini, attivissimo nella Fondazione Studi e vicinissimo alla premiata coppia. Già coordinatore editoriale del mensile della Fondazione con Calderone direttore e De Luca coordinatore redazionale, nel 2018 Benini è docente del corso magistrale per i consulenti del lavoro organizzato dalla Link Campus di Roma e presieduto dall’attuale ministra che, nello stesso ateneo sostenuto economicamente dall’Ente previdenziale dei consulenti del lavoro, si era appena laureata.
Torniamo agli incarichi. L’avvocato e consulente del lavoro Pasquale Staropoli, direttore scientifico della Scuola di alta formazione per i consulenti del lavoro della Fondazione, è il responsabile della segreteria tecnica della ministra per 146.070,88 euro, ma ha continuato a collaborare con i consulenti di De Luca e addirittura a patrocinare cause di lavoro, difendendo gli interessi del marito della ministra contro i suoi ex dipendenti: in tribunale il lavoratore licenziato si è trovato davanti un pezzo del ministero del Lavoro. Parafrasando il più celebre dei cinepanettoni, Sangiuliano is nothing. In deroga ai tetti di spesa, l’anno scorso la ministra ha chiesto anche un aumento di 400 mila euro per consulenze e collaborazioni. Una richiesta inserita in un emendamento dalla meloniana Paola Mancini, anche lei consulente del lavoro. Del resto le poltrone costano, soprattutto quando girano, come quella di un altro fedelissimo, Massimo Temussi. Il 19 gennaio 2023 la ministra lo nomina suo consulente personale a 146 mila euro, ma a marzo lo sposta alla presidenza dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (184 mila). Infine, nemmeno un anno dopo, la ministra rottama Anpal e riporta Temussi al ministero, a capo della direzione generale delle politiche attive. Una carriera fulminante che Temussi fa mentre in Sardegna è due volte indagato per vicende di nomine, ma poco importa. Che sarà mai, allora, se anche Durigon imbarca un altro campione di incarichi? Tony Brugnolo jr. si candida con la Lega alle Regionali del Lazio dell’anno scorso. Primo dei non eletti, è nominato commissario straordinario dell’Ater di Roma. Appena quattro mesi e via, un altro incarico come “assistente dell’assessore alla Cultura” del Lazio, la leghista Simona Baldassarre, che non fa in tempo ad affezionarsi perché Durigon vuole il fedele Brugnolo accanto a sé. Per 84.241,81 euro, dal 24 aprile è il nuovo capo della sua segreteria.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Settembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
IL SUO CONSIGLIERE GRIMALDI (FDI) ACCUSATO DI DANNO ERARIALE PER 500.000 EURO
L’approdo di Raffaele Fitto in Europa è un cammino lastricato di difficoltà. E non c’è solo il fardello dell’appartenenza alla destra di Fratelli d’Italia, estranea al perimetro della maggioranza a sostegno di Ursula von der Leyen, ma sul suo conto pesano lentezze e titubanze sull’attuazione del Pnrr in Italia.
Fino ad arrivare alle perplessità sull’assegnazione di incarichi a palazzo Chigi che hanno visto protagonista qualche profilo finito sotto i riflettori giudiziari. Insomma, il tentativo di Fitto di accreditarsi come il Mr. Wolf, oltre che Mr. Pnrr, del governo Meloni, ha funzionato nella propaganda. Ma, dopo le parole, servono i cantieri aperti e i lavori conclusi.
Resta indicativa la relazione della Corte dei conti europea, che ha svelato la strategia dilatoria del ministro. Nel 2026 dovranno essere finalizzati il 62 per cento degli investimenti previsti. Negli ultimi otto a disposizione per l’attuazione del Piano ci sarà da realizzare il 28 per cento delle misure.
In pratica due terzi dei target sono stati spostati alla fine. Nel caso le colpe saranno degli altri, è il mood. «Nel percorso di attuazione del Pnrr permangono problemi di accessibilità dei dati e di scarsa partecipazione delle parti sociali», ha denunciato proprio ieri la portavoce del Forum Terzo Settore, Vanessa Pallucchi.
Bisognerà andare di corsa. Eppure il governo ha licenziato una serie di interventi, spalmati su vari decreti, per velocizzare i lavori e rendere più accessibili i dati sull’attuazione.
Il bilancio non è dei migliori pure su altri versanti nelle mani del futuro commissario europeo: gli investimenti delle Zone economiche speciali pagano i ritardi nella realizzazione della norma, mentre gli accordi per il Fondo di sviluppo e coesione non sono ancora chiusi con le 3 regioni più importanti, che totalizzano circa il 40 per cento delle risorse messe a disposizione.
Il caso Grimaldi
Ma Fitto sta per lasciare un’eredità pesante anche sul capitolo staff. Tra assunzioni durate pochi giorni e nomine fuori luogo, con la ricaduta di tensioni politiche sui territori, lo spettacolo non è dei migliori.
La nomina di Massimo Grimaldi, 51 anni, consigliere regionale in Campania di Fratelli d’Italia, è stata uno degli svarioni. Il decreto di nomina è del 3 giugno, a pochi giorni dal voto per le europee, propedeutico al trasloco di Fitto a Bruxelles. Poco male. Il ministro ha deciso di reclutare un altro consulente, proveniente dal suo partito, per la gestione del Pnrr in Campania.
Un pasticcio che, paradossalmente, ha dovuto risolvere il diretto interessato. «La scorsa settimana, il 4 settembre, ho rassegnato le dimissioni perché il ministro è prossimo a lasciare. Il mandato sarebbe cessato tra poco», spiega Grimaldi a Domani. «Appena tornato dalle vacanze, ho deciso di rinunciare al ruolo a palazzo Chigi», aggiunge e «di fatto non sono mai stato operativo». Una nomina “balneare” che ha innescato una serie di cortocircuiti.
L’incarico, assegnato a titolo gratuito, è arrivato nel momento sbagliato: il 4 giugno, giorno dopo la formalizzazione dell’incarico, la Corte dei conti ha notificato a Grimaldi un «invito a fornire deduzioni» (paragonabile a un avviso di chiusura indagini) per un possibile danno erariale di oltre mezzo milione di euro.
La vicenda riguarda le retribuzioni assegnate ai componenti degli staff dei gruppi, con compiti di segreteria e di coordinamento, nel Consiglio regionale campano. Coinvolti diversi consiglieri.
I rilievi della Corte dei Conti
I magistrati contabili, al termine dell’istruttoria, hanno rilevato criticità in particolare per «l’inquadramento professionale configurato e le modalità di determinazione del trattamento economico». Un’indennità troppo alta rispetto alle funzioni e alle competenze dei profili scelti su base fiduciaria.
Grimaldi è uno dei più coinvolti dal punto di vista delle responsabilità. I magistrati contabili ravvisano due potenziali quote di danno: 394.855 euro per il periodo che va dal maggio 2019 all’aprile 2021 e 171.389 euro per l’arco temporale compreso tra il maggio 2021 dicembre 2022. In totale sono 566mila euro.
«Il caso riguarda tutti i componenti dell’ufficio di presidenza. Dimostreremo con sobrietà di non aver arrecato alcun danno alle casse pubbliche», si difende Grimaldi. Intanto Fitto gli aveva conferito un ruolo importante sulla gestione dei fondi del Pnrr sul territorio.
Ma non solo. L’atto di nomina ha irritato non poco il partito di Meloni in Campania, dove il consigliere regionale ha molti nemici. La candidatura all’Europarlamento – data per scontata fino a poche ora dalla chiusura delle liste – è saltata per un blitz degli avversari interni. Grimaldi è stato imputato in un processo per concorso esterno in associazione mafiosa, ma è stato assolto, perché «il fatto non sussiste», sia in primo grado che in appello.
Il procedimento è scattato dopo alcune rivelazioni di pentiti, secondo cui avrebbe beneficiato dei voti dei clan per entrare in Consiglio regionale. «La sentenza è stato il mio 25 aprile», ha commentato quando è stato assolto. Una dichiarazione incauta: dalle parti di FdI quella data non scatena entusiasmi.
I guai giudiziari sono stati la clava per colpire le ambizioni del Consigliere regionale. Secondo indiscrezioni sarebbe stata la deputata Chiara Colosimo, presidente della commissione Antimafia, a frenare sulla candidatura di Grimaldi, che per settimane era data per certa in rappresentanza del territorio casertano.
Il suggerimento di Colosimo, influenzata da dirigenti locali, è stato accolto dal coordinatore nazionale di FdI, Giovanni Donzelli che lo ha depennato dalla lista. Al suo posto è stato inserito il parlamentare Marco Cerreto.
Grimaldi «ha pagato il prezzo di non appartenere alla storia politica di Fratelli d’Italia», racconta una fonte che conosce le dinamiche politiche campane. Da sempre vicino a Stefano Caldoro, ex presidente della regione, ha fatto una trafila dal Nuovo Psi a Forza Italia. Troppo poco vicino alla fiamma (l’iscrizione a FdI risale al 2022), il suo nome ha scaldato poco.
La storia di Casal di Principe
La successiva chiamata a palazzo Chigi non ha reso felici i “fratelli campani”, facendo circolare una vecchia storia che grava sul conto di Grimaldi. Nel 2003 l’attuale consigliere regionale è stato interdetto per tre anni dal comune di Casal di Principe. In quel caso è stato scoperto in una sorta di bisca clandestina in compagnia di pregiudicati, alcuni armati, mentre giocava d’azzardo.
«È stata una dolorosa vicenda che ho pagato dal punto di vista personale», dice Grimaldi, ammettendo un problema di ludopatia. «All’epoca non ricoprivo alcun ruolo politico, ancora giocavo a calcio» aggiunge e «comunque quel provvedimento di interdizione nei miei confronti è stato poi cancellato».
Ma Fitto ha gestito a tentoni lo staff anche in altri casi. A maggio aveva chiamato tra i consulenti un fedelissimo, proveniente dalla “sua” Puglia, Pietro Guadalupo. Il contratto è durato meno di un mese. Risulta ancora in carica come consigliere per il Sud e le aree interne, Nicola Gatta, sindaco di Candela, in provincia di Foggia. Territori e personalità molto cari al ministro.
(da editorialedomani.it)
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