Settembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
POI CONFERMA CHE E’ STATO PROPOSTO ALLA VENEZI DI DIRIGERE L’ORCHESTRA AL G7 CON LA SOTTIGLIEZZA CHE LA PROPOSTA REMUNERATA NON VIENE DAL MINISTERO MA “DALL’ENTE MUSICALE DESIGNATO”
Ecco il testo della “precisazione” inviata dal legale della Venezi a Dagospia.
“Com’è noto, il ruolo di Consigliere del Ministro è un incarico di mera consulenza tecnica che, da una parte, non comporta alcuna facoltà di adottare decisioni o atti di indirizzo, né, dall’altra, impedisce a un libero professionista di proseguire nello svolgimento della propria attività principale.
Premesso quanto sopra, il Maestro Venezi non ha mai partecipato ad alcun tipo di riunione avente come oggetto gli eventi in programma per il G7 Cultura né ha intrattenuto alcun rapporto contrattuale con il Ministero o altro Ente pubblico in relazione a questo o altro evento concertistico nel corso del biennio in cui ricopre il ruolo di consigliere. Ad oggi, il M° Venezi ha ricevuto una proposta formulata direttamente dall’ente musicale in questione, così come avvenuto in altre occasioni, conformemente alle regole d’ingaggio dei Direttori d’orchestra
Ne consegue:
1) la “consulenza tecnica” richiesta dal Ministero diretto da Sangiuliano non era gratuita ma onerosa (come confermato anche da Porro nel suo blog). Quindi aveva ragione la Boccia.
2) Non precisa a quanto ammonti la cifra della consulenza tecnica (Boccia aveva parlato di 30.000 euro). Probabile che Boccia avesse ragione anche in questo caso.
3) Il legale conferma che Venezi è stata contattata per dirigere l’orchestra che si esibirà per il G7 Cultura (come aveva anticipato la Boccia) con le regole d’ingaggio dei direttori d’orchestra (quindi a pagamento). Incarico, precisa il legale, non assegnato dal Ministero direttamente ma “dall’ente musicale in questione”., presumibilmente designato dal Ministero. Anche in questo caso pare che la Boccia avesse quindi ragione.
Resta da capire se, come dice il legale, tutto ciò non rappresenti un conflitto d’interessi o ne rappresenti gli estremi (come ipotizzato da Boccia),
Ma su questo sarà la magistratura a fare chiarezza. Oggi alcuni media hanno ipotizzato che il nuovo ministro Giuli stia valutanto se non sia il caso di revocare l’affidamento della direzione alla Venezi. Ma se il legale ha affermato che non è stato il ministro precedente a nominarla, come potrebbe il neo ministro Giuli a revocarla? Non è stato “l’ente musicale in questione” a nominare la Venezi? Qualcosa non torna….
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Settembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
“DEVE SCEGLIERE SE RICONQUISTARE I 24 EURODEPUTATI DI FDI E PERDERE UNA SETTANTINA DI SOCIALISTI O VICEVERSA”… CRESCE L’INSOFFERENZA ANCHE DI LIBERALI E VERDI: “VON DER LEYEN RICORDI CHI L’HA SOSTENUTA”
«Quella che gira non può essere la lista definitiva. Stiamo negoziando e attendiamo una risposta dalla presidente della Commissione. E a quel punto valuteremo. Solo a quel punto». La capogruppo di S&D, Iratxe Garcia Perez, da giorni evita di fare dichiarazioni ufficiali. Non intende stressare il dialogo con Ursula von der Leyen in relazione alla composizione del prossimo esecutivo europeo.
Ma le voci che soffiano da Palazzo Berlaymont, attraversano il Ppe e poi si propagano per gli uffici di Bruxelles non piacciono per niente ai socialisti. E nemmeno ai Liberali e ai Verdi.
Al punto che nelle ultime ore si sta materializzando sulla testa dell’inquilina di Place Schuman uno spettro terrificante: il voto negativo di una parte importante della sua ipotetica maggioranza in occasione del voto finale in Parlamento sull’intero collegio. L’ipotesi di bocciare la Commissione, insomma, non è più un tabù.
Mercoledì scorso, mentre Mario Draghi illustrava ai capigruppo il suo rapporto sulla competitività, la presidente della Commissione è dovuta correre negli uffici dell’Eurocamera per incontrare riservatamente proprio Iratxe Garcia Perez.
Perché? Perché in precedenza si era svolta la riunione del gruppo socialista. L’esito è stato a dir poco allarmante per Ursula. Almeno il 70 per cento di quei deputati hanno avvertito che se la Commissione si fosse davvero formata nel modo che i popolari stanno indicando, allora non avrebbero votato a favore.
Il nodo è sempre lo stesso. Alla luce di una maggioranza chiara che si è formata a luglio scorso con Ppe, Pse, Renew e Verdi, si assiste di nuovo ad uno sbilanciamento a destra. Non solo con l’ipotizzata nomina di Raffaele Fitto alla vicepresidenza, ma con portafogli troppo spostati sulla direttrice Ppe-Ecr.
«Ursula – è il ragionamento che sta sempre più emergendo in S&D – non ha capito che la maggior parte dei parlamentari socialisti stanno all’opposizione nei loro Paesi, non sentono alcun vincolo di governo. Se sono insoddisfatti, votano no. E la presidente deve scegliere se riconquistare i 24 di Fdi e perdere una settantina di socialisti o viceversa».
I Liberali hanno già dichiarato la loro esplicita contrarietà. E sulla stessa linea si collocano i Verdi. I dissidenti, quindi, potrebbero essere ben più di settanta. E la maggioranza di 361 diventerebbe lontana. «Non voglio porre veti su singoli nomi – insisteva nei giorni scorsi Garcia Perez – . Ma serve equilibrio nella squadra di Ursula. Equilibrio di genere, politico e geografico. Si deve ricordare chi l’ha votata a luglio e chi no».
Il punto cruciale si concentra allora sull’atteggiamento di von der Leyen. Secondo Socialisti, Renew e ambientalisti lei ritiene di poter adottare la politica dei due forni con i Conservatori. Stabilire di volta in volta con chi raggiungere la maggioranza. Correggere alcuni dei provvedimenti considerati basilari dalla sinistra come il Green Deal e ora contestati da Popolari e destra. Perchè in effetti la transizione ecologica sarà il vero terreno di scontro dentro l’Ue.
Ursula ritiene di assumere così una centralità ineliminabile anche rispetto ai singoli governi nazionali. I più forti dei quali, Germania e Francia, stanno attraversando una fase di estrema debolezza cui lei vorrebbe supplire con la sua Commissione e soprattutto con il suo ruolo. Una tattica che, però, rischia di scontrarsi con gli umori dell’Assemblea di Strasburgo.
S&D, dunque, si aspetta un segnale prima di mercoledì prossimo quando dovrebbe essere ufficializzata la lista definitiva. Altrimenti non solo la “graticola” dei commissari in Parlamento (i candidati devono superare un vero e proprio esame) sarà piuttosto incandescente ma il voto finale che si terrà probabilmente a fine ottobre o a novembre potrebbe diventare per Ursula un rischioso gioco del Lotto.
Sarebbe un caso senza precedenti. I tempi per il varo della nuova squadra si allungherebbero considerevolmente
(da La Repubblica)
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Settembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
AL FESTIVAL DI DOGLIANI DEL 2018 L’INGEGNERE DEFINÌ IL LEADER LEGHISTA “ANTISEMITA E XENOFOBO” – IL CAPITONE L’AVEVA DENUNCIATO…PER IL GIUDICE “IL FATTO NON COSTITUISCE REATO”
Disse che Matteo Salvini era «Antisemita e xenofobo», a Dogliani, durante il festival della Tv e dei nuovi media di maggio 2018. Carlo De Benedetti, intervistato da Lilli Gruber, venne querelato dal leader della Lega e ne è nato un processo per diffamazione. Il giudice Emanuela Dufour lo ha assolto «perché il fatto non costituisce reato» nonostante il pm avesse chiesto la condanna a pagare una multa di 800 euro e a risarcire la parte offesa che aveva chiesto 100 mila euro.
L’ingegnere in quell’occasione fece una personale panoramica della politica del momento e di Salvini disse che «era il peggio» e gli appioppò gli epiteti di «antisemita e xenofobo».
Aveva dichiarato, fra l’altro: «Salvini è antieuropeo, festeggia Orban in Ungheria ed è finanziato da Putin».
La giornalista aveva chiesto all’ingegner, e ex patron del Gruppo Espresso, di motivare le affermazioni sulla Lega. Per De Benedetti che il Carroccio fosse finanziato da Putin era «una cosa abbastanza deducibile». «Salvini – aveva detto – ha fatto una visita a Mosca che non vuol dire ovviamente essere finanziato, ma ha preso posizione anche in occasione del raid in Siria a favore di Putin e ha detto che dobbiamo uscire dalla Nato. Sono tutte cose che è difficile siano uscite da via Bellerio».
Salvini, sentito come testimone in aula si era espresso sulla sua personale visione del diritto di critica: «I giudizi di carattere politico possono starci o meno ma fanno parte della dialettica democratica. L’aggettivo antisemita lo ritengo un’infamia pesante, non lo ho accettata allora e non lo accetto ora».
Per il pubblico ministero: «Quando un appellativo non è solo offensivo ma anche infamante integra la diffamazione, se manca qualsiasi elemento che ne suffraghi la verità, come in questo caso».
De Benedetti era assistito dagli avvocato Marco Ivaldi e Elisabetta Rubini che hanno prodotto documenti e articoli di giornale su affermazioni di Salvini a proposito di Putin e sul fatto che nel suo schieramento ci sono politici di chiaro schieramento antisemita. L’avvocato Ivaldi: «Fu un’affermazione di legittima critica politica e non certo un attacco personale».
(da La Repubblica)
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Settembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
IL POMPEI-GATE HA MONOPOLIZZATO L’ULTIMA SETTIMANA SUI SOCIAL, CON OLTRE 15 MILIONI DI INTERAZIONI E 46MILA MENZIONI… IL “SENTIMENT” DEGLI UTENTI SUI PROTAGONISTI DELLA VICENDA È NEGATIVO: IL 59% CRITICA SANGIULIANO, IL 67% MARIA ROSARIA BOCCIA
Dopo lo sport e le vacanze, il caso Sangiuliano è stato il più amato dai social: 46mila menzioni e oltre 15 milioni di interazioni. Il sentiment degli utenti sulla vicenda è in prevalenza negativo (62%) così come quello sui singoli personaggi (Sangiuliano 59%, Maria Rosaria Boccia 67%).
È quanto emerge da un’analisi di SocialData, che ha analizzato le conversazioni web e social delle ultime settimane per calcolare l’impatto della vicenda sulle discussioni degli italiani. Ipotizzando quale possa essere oggi il valore economico del profilo Instagram di Boccia, si può stimare un guadagno di 2.000 euro per 1 post e 1 storia. Se Boccia decidesse di diventare un influencer, potrebbe dunque guadagnare fino a 20 mila euro al mese, pubblicando una media di 20 contenuti al mese (10 post e 10 stories).
Il sentiment degli utenti sulla vicenda è in prevalenza negativo (62%) così come quello sui singoli personaggi (Sangiuliano 59%, Maria Rosaria Boccia 67%). Le conversazioni si sono concentrate principalmente su Facebook (68%), spinte dalle News (18%) e seguite da X (4%), Instagram (2%), TikTok (2%).
L’analisi dei termini evidenzia come il caso abbia catturato l’attenzione pubblica attraverso media e discussioni politiche. Termini come “Sangiuliano” e “Boccia” sottolineano il ruolo centrale delle figure coinvolte, mentre parole come “ministro”, “dimissione” e “governo” richiamano l’impatto istituzionale della controversia. Espressioni legate a media come “pubblicare” e “tg1” riflettono invece l’importanza dei canali di comunicazione più utilizzati nel racconto della vicenda.
È stata fatta poi un’analisi dei 50 top post per engagement per ogni social network. Solo su X si ritrovano 4 post sulla vicenda nella classifica dei primi 50 per interazione, mentre sulle altre piattaforme dominano tematiche sportive (calcio, F1, paralimpiadi) e dello spettacolo (Festival del Cinema di Venezia, nuovi film in uscita).
È stata infine analizzata la crescita del profilo Instagram di Maria Rosaria Boccia. Solo nella prima settimana di settembre l’imprenditrice ha guadagnato oltre 89K followers dei 119K totali che la seguono. La media like a post è di 5,8K, mentre la media commenti è di 1,2K.
Ipotizzando quale possa essere oggi il valore economico del profilo Instagram di Boccia, si può stimare un guadagno di 2.000 euro per 1 post e 1 storia. Se Boccia decidesse di diventare un influencer, potrebbe dunque guadagnare fino a 20 mila euro al mese, pubblicando una media di 20 contenuti al mese (10 post e 10 stories).
(da La Repubblica)
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Settembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
LA SUA MISTICA ERANO I TRENI SPECIALI, LE SCAZZOTTATE, GLI SCONTRI CON LA POLIZIA… IL RACCONTO DI GIULI SUL “FOGLIO” (2015) DI UNA COLONNA DI “ROMANISTI ARMATA FINO AI DENTI E GUIDATA DA UNO CON UNA MOTOSEGA TRA LE MANI”
Un ministro ultrà. Altro che Evola, l’educazione sentimentale di Alessandro Giuli è nelle viscere della vecchia curva Sud tra etica e cotica, ultras e canti di militanza. “Non essere gelosa se allo stadio voglio andar/ Non essere furiosa se io vado a caricar. Perché, quest’è la mia passione/ il lancio/ il lancio del mattone”.
Il retroterra ideologico, ancora prima che in Meridiano Zero, l’organizzazione di estrema destra in cui ha militato Giuli, va cercato nel cuore più caldo del tifo giallorosso. Era un ultrà sfegatato, l’attuale ministro della Cultura (con l’aquila tatuata sul petto).
Prima delle fascinazioni pagane, il suo codice di riferimento è stato forgiato dalla frequentazione dei “gruppacci” della curva tra scontri con la polizia e le altre tifoserie, treni speciali, lame e la mistica del “noi contro loro”.
Da pischello aveva il culto della “minoranza eroica”, tipico della cultura fascista e del dna laziale, anche se lui ha scelto di appartenere alla compagine maggioritaria a Roma, quella giallorossa.
In un articolo stracult pubblicato nel 2015 dal “Foglio”, di cui è stato vice-direttore, Giuli racconta l’iniziazione in Sud con il Melanzana, “smilzo pregiudicato di Tor Bella Monaca” che poi si sarebbe dato al porno amatoriale, scazzottate e la volta in cui dopo un Lazio-Napoli andò insieme ai laziali a “salutare” i napoletani, “e la polizia ci venne a cercare fin dentro i tombini…”.
A maggio 2024, alla presentazione del suo libro, “Gramsci è vivo. Sillabario per una egemonia culturale” con Giuliano Ferrara, Sabrina Ferilli (e Arianna Meloni), fu Pierluigi Battista a ricordare al ministro il suo passato da “ultrà della Roma che faceva a botte”. E Giuli? Le cronache riportano che si è limitato a annuire, sorridendo…
(da Dagoreport)
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Settembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
POLEMICHE IN AZIONE PER L’APPOGGIO AD ORLANDO? E ALLORA VOTINO RIXI E NON ROMPANO LE PALLE AI LIGURI
Enrico Costa non risponde più nelle chat del partito. «Nessuno sa cosa fa», lamenta un dirigente di Azione. Nel partito, sono convinti che dopo l’addio di Luigi Marattin a Matteo Renzi, anche il deputato esperto di giustizia stia per scaricare il segretario Carlo Calenda. Il centro è in subbuglio. Andrea Marcucci, ex colonna dei riformisti nel Partito democratico, sembra dare fiducia a Marattin e all’associazione Orizzonti liberali: «Ci confronteremo per creare il nuovo e unico partito liberal democratico». Le intenzioni coincidono con quelle di Alessandro Tommasi, tra i più votati alle Europee nelle liste di Azione e che ha convocato a Milano, il prossimo 14 settembre, un «political party» della sua formazione Nos: l’intento per provare a rilanciare l’idea di un Terzo polo unito. Vi parteciperà lo stesso Marattin, che definisce Tommasi «un compagno di viaggio», dopo che quest’ultimo è stato «cacciato» da Azione.
L’incognita alleanze ai prossimi impegni elettorali
A Calenda, in questa fase, sono richiesti sforzi da equilibrista per evitare lo stillicidio dei suoi luogotenenti. La débâcle europea brucia ancora, ma è sono i prossimi appuntamenti elettorali a far fibrillare le tante anime del partito: si va con il centrosinistra o con il centrodestra? Per le Regionali in Emilia-Romagna c’è stato poco margine di discussione. Matteo Richetti ha gestito le trattative per l’endorsement al candidato del Pd Michele De Pascale. L’attuale sindaco di Ravenna è un riformista, un moderato digeribile per i popolari che, nel tempo, sono confluiti in Azione. Invece, è ritenuto inaccettabile il sostegno ad Andrea Orlando per la Regione Liguria. Le ex di Forza Italia Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, con particolare fervore della prima, minaccerebbero l’uscita nel caso in cui Azione decida di posizionarsi stabilmente nel campo del centrosinistra. E Orlando «è davvero troppo a sinistra per loro», continua la fonte interna.
Le regionali in Liguria
Il tema della Regionali in Liguria è il primo affrontato negli incontri con gli iscritti che Calenda, accompagnato da Ettore Rosato e Francesca Scarpato, sta tenendo in giro per l’Italia. Il segretario aveva chiesto ai responsabili del partito ligure di attendere prima di esporsi su Orlando. Ma loro non hanno aspettato e hanno fatto diffondere dei comunicati in cui schierano il partito con il centrosinistra per il post Giovanni Toti. Anzi, in caso di vittoria di Orlando, potrebbe essere già pronto un posto di assessora per Cristina Lodi, segretaria regionale di Azione. Anche il gruppo territoriale che fa riferimento a Lodi – che è stata la più votata tra le candidate donne di Azione alle Europee ed è inquadrata nella corrente di Richetti -, non è disposto a rinunciare alla corsa insieme a Orlando per la Regione.
L’elettorato giovane si allontana da Azione
Calenda, in queste ore, sta lavorando per tenere insieme i pezzi del suo partito. All’ala popolare, prova a far capire che l’eventuale scelta di aderire al campo largo, in Liguria, deriva da una richiesta del partito locale. Costa, ormai, è considerato da molti già in partenza. Ma è anche il movimento giovanile di Azione ad allarmare i vertici. Era uno dei partiti più votati tra gli under 25 alle Politiche del 2022. Adesso, l’appeal elettorale sui ragazzi si è smarrito. Per recuperarlo, i giovani iscritti chiedono a Calenda di abbracciare posizioni più progressiste su alcune questioni come l’eutanasia e la legalizzazione delle droghe leggere. Proprio quei temi che, se abbracciati, sancirebbero la rottura definitiva con i popolari di origine forzista e oggi si trovano con un piede fuori dal carro di Calenda.
(da agenzie)
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Settembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
SUL TAVOLO (IMBANDITO) C’E’ ANCHE IL DOSSIER SULLA NOMINA DEI VERTICI RAI, ACCANTONATO DOPO LO SCANDALO CHE HA PORTATO ALLE DIMISSIONI DI “GENNY-DELON”
Un pranzo a tre, che nei piani di Giorgia Meloni dovrà avere cadenza quasi settimanale. «Non c’è nessuna emergenza», rassicurano fonti di governo, ma la premier vuole sedersi a tavola a Palazzo Chigi con i suoi due vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini – a partire da oggi, lunedì 9 settembre – per dare anche plasticamente l’idea di un governo unito, che lavora a capo fitto sui tanti dossier aperti. Bisogna trovare rapidamente una quadra sulla nomina dei vertici Rai, su cui la maggioranza litiga da settimane.
Incombe la ricerca di un accordo sulle prossime tornate elettorali, a cominciare dalla scelta del candidato governatore in Liguria. E serve anche riflettere sulla tenuta della squadra di governo dopo l’affaire Sangiuliano-Boccia che ha imbarazzato e fatto ballare l’esecutivo.
«Basta errori, di sostanza e di comunicazione», è il senso dell’avvertimento su cui la premier ragiona in queste ore. E dopo aver riflettuto per giorni con i sottosegretari Fazzolari e Mantovano, Meloni darà ai vicepremier la linea per serrare le file, scongiurare altri scandali e disinnescare complotti, veri o presunti, ai danni del governo.
(da Il Corriere della Sera)
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Settembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
L’ATLETA ALGERINA HA DENUNCIATO PER “MOLESTIE INFORMATICHE” MUSK, J.K. ROWLING E DONALD TRUMP: “DICE DI ODIARMI, MA NON MI CONOSCE NEMMENO”
L’algerina Imane Khelif ha vinto la medaglia d’oro nella boxe femminile alle Olimpiadi di Parigi, non senza polemiche. Aveva affrontato in uno dei match l’italiana Angela Carini, che dopo pochi secondi era scesa dal ring in seguito a un colpo ricevuto e ritenuto “troppo forte”.
Da lì si è creata una diatriba, con alcuni esponenti di spicco che si sono schierati a favore della Carini; questo perché la Khelif veniva definita troppo mascolina. Tra le personalità a sostegno dell’italiana c’è stato Elon Musk, proprietario di X (ex Twitter), che aveva scritto sul suo social: Gli uomini non hanno nulla a che fare nello sport femminile, seguito dall’hashtag #IStandWithAngelaCarini.
La pugile algerina aveva deciso, dopo le Olimpiadi, di denunciare per cyberbullismo aggravato Musk, Donald Trump e la scrittrice J.K. Rowling.
Nel programma Clique in onda su Canal+ la Khelif è tornata a parlare di quanto accaduto:
«Musk dice di odiarmi, ma non mi conosce nemmeno; non so neanche perché ha promosso questa campagna contro di me. E’ stato ingiusto con me e con la mia famiglia, con mia madre. Durante quel periodo, mia madre è stata male, è andata anche in ospedale».
«Non capisco perché il mondo si comporti così al giorno d’oggi. Sono una donna araba musulmana praticante, Dio mi sta aiutando. Ho superato tutto ciò che mi è accaduto. Spero di essere ancora più forte psicologicamente in futuro e tornare a gareggiare con una motivazione maggiore».
(da agenzie)
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Settembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
L’EDUCAZIONE OCCIDENTALE E NON SIBERIANA
Un dettaglio mi ha tolto il fiato giovedì mentre andavo in treno verso il Forum Ambrosetti Teha di Cernobbio, dov’erano attesi sia il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che il premier ungherese Viktor Orbán. Il dettaglio si trova in un’inchiesta, semplicemente straordinaria, pubblicata dal sito investigativo russo “Dossier Center”. Il lungo articolo si concentra sulla vita di Vladimir Putin, della sua compagna Alina Kabaeva e dei loro figli Ivan Vladimirovich e Vladimir Vladimirovich (Junior), di nove e cinque anni di età.
I bambini non escono mai dalle enormi residenze recintate del padre a San Pietroburgo o a Valdai; non hanno mai frequentato una scuola; non hanno amici della loro età. E fin qui tutto prevedibile. Ma non immaginavo che la famiglia Putin si dovesse rivolgere a un’agenzia, che pubblica inserzioni, per trovare in Russia insegnanti di inglese a domicilio per i figli del dittatore.
Da quelle inserzioni si capisce qualcosa del suo rapporto con l’Occidente, dunque con Zelensky, e si misura la differenza con l’uomo che di fatto è diventato la quinta colonna di Putin all’interno dell’Unione europea: Orbán stesso. Le strutture psicologiche dei tre sono molto diverse e finiranno per pesare sugli sviluppi della guerra oltre sui suoi aspetti finanziari. Vediamo.
L’inserzione dell’agenzia che cerca una o un tutor per i figli di Putin presenta l’offerta e le condizioni:
– Lavoro cinque giorni alla settimana, per 60 ore
– L’insegnamento è di inglese “e altre materie”
– Salario di 7.700 euro al mese
– “Live-in”, si vive in famiglia
– “La famiglia vive isolata”
– L’agenzia ha già fornito tutor di inglese e di tedesco alla famiglia
– Il candidato o la candidata devono accettare due settimane di “esami medici” prima di iniziare (in sostanza, una quarantena)
– Nella residenza c’è una palestra e un campo da tennis, ma il o la tutor “non è autorizzato a lasciare il territorio del datore di lavoro”
– La famiglia “preferisce un candidato o una candidata con passaporto sudafricano”.
La paranoia di Putin per i virus e il ruolo del Sudafrica
Non mi sorprende la quarantena iniziale perché si conosce la paranoia del dittatore, notoriamente terrorizzato dai virus; né mi sorprendono l’isolamento totale, la paga elevata o la preferenza per una persona di passaporto sudafricano, perché il Sudafrica è il solo paese anglofono a mantenere un approccio tutt’altro che di condanna verso la Russia.
Lingue occidentali per i figli
Quel che lascia senza fiato – e fa capire molto di Putin – è il tipo di insegnante ricercato. Il dittatore che ha scatenato una feroce guerra di aggressione perché si sente accerchiato dall’Occidente, e respinge con tutte le sue forze l’influenza occidentale sui territori un tempo dominati da Mosca, vuole che i suoi figli imparino per prima cosa nella vita due lingue occidentali: l’inglese e il tedesco.
Non il cinese, il coreano di Pyongyang, il farsi dell’Iran o le lingue di qualunque altro dei Paesi che lo aiutano nella sua aggressione all’Ucraina e all’ordine internazionale delineato dagli Stati Uniti.
L’odio per le democrazie e la loro civiltà ha in Putin venature del rancore di chi si sente respinto. Di chi è gonfio di sete di rivalsa perché avverte il disprezzo altrui. In quella semplice inserzione per un tutor d’inglese si avverte il desiderio forse inconscio del capofamiglia di essere accettato alla pari da quel mondo che odia; il sogno represso almeno di far sì che un giorno i suoi figli escano dall’isolamento da lui stesso imposto su di loro e comunichino e si integrino nelle democrazie che Putin per primo detesta. Le detesta e avversa al punto da mandare al macello oltre centomila dei propri sudditi pur di respingere – parole sue – l’influenza occidentale lontano dalle frontiere russe. Ma intanto i suoi figli reclusi devono studiare l’inglese. In quella scelta sull’educazione di Ivan e del piccolo Vladimir Junior c’è un viluppo di orgoglio ferito, complesso di inferiorità, desiderio di vendetta e di essere accettato. C’è un riconoscimento silente di aver perso la battaglia più importante, quella dell’influenza culturale e del soft power; di averla persa così radicalmente da volere che i propri figli parlino come il nemico, con la pronuncia del nemico, avendola imparata da piccoli.
I rischi di un insegnante “esterno”
Altrettanto straordinario è che Putin stesso, lo zar onnipotente di tutte le Russie, pur di trovare un insegnante d’inglese per i suoi piccoli si affidi a un’inserzione e dunque si esponga al rischio che chiunque entri in casa sua. Preferisce questo rischio – quasi folle per lui – alla prospettiva che i due bambini restino senza insegnamento della lingua degli americani. Del resto è il prezzo dell’aver isolato la Russia dal mondo libero che lui dice di disprezzare e a qualche livello non riesce a non ammirare: così poche persone di madrelingua inglese oggi vogliono vivere in Russia, che il capo deve accettare di prenderle dalla strada, come un suddito qualunque.
(da il Corriere della Sera)
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