Settembre 2nd, 2024 Riccardo Fucile
SARÀ LA NORIMBERGA PER ‘O MINISTRO ‘NNAMMURATO, SE SCARICA LA BOCCIA POTREBBE SUCCEDERE DI TUTTO, FORNITA COM’È LA BOCCIA DI UN ARCHIVIO ZEPPO DI AUDIO E DI MAIL DELL’INFINGARDO CASCAMORTO GENNY
E adesso, scoperchiato il pentolone ribollente di ardori “culturali” del ministro Sangiuliano e della procace “non consigliera” Boccia, che succede
Giorgia Meloni si salva solo se, giorno dopo giorno, il caso del suo ministro gaglioffo finisce mediaticamente in ultima pagina.
In caso contrario, le dimissioni volontarie diventano indispensabili per non far risalire il fattaccio alla presidenza del Consiglio, che ne risponde in ultima istanza “avallandone” l’operato.
Questa mattina la prima mossa di un terrorizzato “Genny Delon” è stata quella di contattare i legali del Collegio Romano, avvocati personali e l’amico che dette vita alla sua carriera giornalistica, Vittorio Feltri.
Contemporaneamente, a Palazzo Chigi, una Melona furibonda ha messo in moto il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio rovesciando alla loro attenzione l’incombenza di riuscire a trovare una soluzione per non far dimettere ‘O Ministro ‘nnammurato.
Ovviamente, se fosse per lei, la Ducetta getterebbe l’Arrapato del Collegio Romano in una vasca piena di squali, ma non può farlo dimettere in quanto un ministro è nominato dal Capo dello Stato su proposta del premier (certo, nel caso che punti i piedini, non si deve scomodare Mattarella: ai fratellini d’Italia è sufficiente alzare un sopracciglio senza neppure scomodarsi a far trapelare di temere la mozione di sfiducia in Parlamento presentata nel frattempo dalle opposizioni).
Ma al momento il governo Ducioni si ritrova a carico già ben tre anatre zoppe (Santanché, Lollobrigida e Sangiuliano) più una sorella “bersaglio” mobile (Arianna) e, dato lo stato di rissosità continua con Lega e Forza Italia, anche un rimpastino rischia di trasformarsi in uno scontro da Ultima Cena.
(Già si preparano i coltelli e si scaldano i motori tra la leghista e sottosegretaria ai Beni Culturali, Lucia Borgonzoni, e il fratellino d’Italia e presidente del Museo Maxxi, Alessandro Giuli, in caso di dimissioni dell’incauto ed emotivo Gennarino).
Il “Bombolo del Golfo”, ministro in aspettativa da Mamma Rai (per la serie: non si sa mai…), ha però davanti un bel po’ di tempo (un mese o due) per prepararsi a rispondere in Parlamento alle interrogazioni parlamentari depositate dai partiti dell’opposizione, Italia Viva compresa (le calendarizzazioni sono in mano ai capi gruppo del governo).
E quel giorno, se arriverà (basta un esposto per i viaggi e le ospitalità a beneficio di una “estranea” alla cosa pubblica per far intervenire quantomeno la Corte dei Conti se non i Pm di piazzale Clodio), e allora quel giorno sarà la Norimberga per il farfallone del Collegio Romano.
Una volta in aula, Gennarino dovrà giustificare la rava e la fava, produrre le prove che Dagospia ha scritto il falso e quindi scaricare l’ex imprenditrice di abiti da sposa di Pompei come una velleitaria arrampicatrice di provincia che aspirava ad essere nominata “Consigliera agli Eventi Speciali” del dicastero ma per varie, come di dice, “criticità”, il sogno non è diventato realtà, bla-bla.
Bene, a quel punto, sulla caliente pagina Instagram della Boccia-ridens può succedere di tutto, di più, fornita com’è la Bambolona di un archivio zeppo di audio e di mail dell’infingardo cascamorto Genny (per la serie: non si sa mai…).
Alla responsabilità politica del ministro, occorre però aggiungere la responsabilità amministrativa che ricade sul Capo di Gabinetto, l’azzimato Francesco Gilioli, che doveva sottrarsi alle pressioni di Sangiuliano essendo da mesi a conoscenza dell”abusivismo” di titoli della bionda donzella.
(Se la giurisprudenza afferma che il lavoratore del settore privato “non solo può ma deve rifiutarsi di eseguire un ordine illegittimo”, a maggior ragione il funzionario pubblico ufficiale).
Mentre il consigliere diplomatico Francesco Contestabile, distaccato dalla Farnesina al MIC per sbrigare questioni internazionali, può segnalare una anomalia ma non può intervenire contro la volontà del rappresentante del governo perché risponde a tutti gli effetti al Capo di Gabinetto, al pari della segreteria e dei funzionari del ministero che hanno vissuto la parantesi rosa-shocking di Sangiuliano con la sculettante Maria Rosaria come il fumo agli occhi.
Da non sottovalutare infine la circostanza dei “passi” di accesso agli uffici ministeriali che, in caso di anomalie, configurerebbero senza alcun dubbio l’ipotesi di reato di falso in atto pubblico
(da Dagospia)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 2nd, 2024 Riccardo Fucile
REPLICA IRONICAMENTE ALLA SMENTITE DELLO STAFF DEL MINISTRO E POSTA ALTRE FOTO CHE DIMOSTRANO IL SUO RUOLO
Il caso di Gennaro Sangiuliano e della sua non-consulente Maria Rosaria Boccia sta diventando un problema anche per Giorgia Meloni. Non solo per la nomina mai avvenuta ma anche per la mail ricevuta dal direttore del Parco di Pompei: dove in copia ci sono funzionari del ministero, come il capo della segreteria tecnica, il consigliere diplomatico e lei. Boccia, esperta di moda e molto attiva sui social, era presente in copia (con il suo account gmail) ed era presente anche al Festival di Polignano a Mare, in quanto “collaboratrice” del ministro.
Nella mail inviata dal direttore del Parco di Pompei, Gabriel Zuchtriegel si informa sui possibili percorsi dei leader. Non solo, il dirigente la fa partecipare anche al sopralluogo degli scavi archeologici insieme al ministro. E davanti a un G7 in cui cerimoniale, privacy e interessi di sicurezza nazionali sono la priorità, arrivano puntuali le polemiche. E le risposte. Quelle di Boccia, rigorosamente su Instagram.
Le foto scelte da Maria Rosaria Boccia
«Segni particolari: se sbaglio, chiedo scusa», ha postato l’esperta di moda, a corredo di una foto in mise noir, elegante e di spalle. Il riferimento è a certe dichiarazioni sui giornali, perché l’hashtag usato è #giornalisti. E poi, nelle stories figura una foto di Boccia, il ministro Sangiuliano e altri in camminata tra gli scavi di Pompei. Quasi a precisare davanti alle smentite di queste ultime ore.
Perché al Corriere della Sera Roma, ci tengono, informalmente, a precisare dal ministero che non ci sarebbe stato nessun sopralluogo per un G7 a Pompei. Sangiuliano ha partecipato a due visite, una al sistema di ponteggi che permette ai visitatori di seguire i lavori di restauro, e un’altra a giugno nell’area degli scavi di Civita Giuliana
Maria Rosaria posta uno scatto inequivocabile. Lei, lui, lo staff, i dirigenti. «Effettivamente c’erano molti turisti durante il sopralluogo», chiosa la donna sui social.
La battuta al Gabinetto
E infine, la battuta, mirata a un “gabinetto” ovvero al cerchio magico del ministro Sangiuliano che in queste ore sta tentando l’impossibile per disinnescare le polemiche. «Sopralluogo agli scavi per controllare il “gabinetto” che fa acqua da tutte le parti», chiosa l’esperta di moda Boccia.
Andrea Petrella, capo ufficio stampa del Ministero della Cultura ha smentito la nomina di Boccia al ministero, così come gli ingressi di lei in sede. «Ho appreso della signora dalle foto uscite sui quotidiani on line», spiega in una telefonata a Elena Testi, In Onda. E sul fatto che Boccia accompagnasse il ministro Sangiuliano ad alcuni eventi precisa: «Io non vado sempre in missione, all’estero sono andato due volte a Città del Vaticano due volte, le ho detto tutto», ha precisato alla giornalista. «Andrea Petrella mi ha rimosso dalle chat quando eravamo tutti in ferie! Attendo pubbliche scuse», ha replicato sui social dopo il servizio Boccia, postando screenshot di chat Whatsapp con il diretto interessato e un evento in cui erano entrambi presenti.
Insomma, non è chiusa qui a giudicare da come lotta Maria Rosaria Boccia e come attacca l’opposizione. «Bisogna che il ministro Sangiuliano riferisca al più presto al Parlamento», ha detto il parlamentare di Iv, Ivan Scalfarotto. «Se non è in grado di spiegare, allora si dimetta. Meloni non può accettare una simile situazione. Se necessario, siamo pronti alla mozione di sfiducia», ha aggiunto Scalfarotto. Anche la capogruppo del Pd in commissione cultura, Irene Manzi ha commentato: «Siamo davanti a una falla gravissima. Perché Sangiuliano non parla? Per qualche ragione un ministro della Repubblica si trova sotto ricatto?». Già Sangiuliano. Il ministro finora non ha commentato la vicenda in cui forse si è detto troppo o forse non è stato detto abbastanza.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 2nd, 2024 Riccardo Fucile
I LEGAMI DI AFD CON “MAD VLAD” SONO NOTI E DI LUNGA DATA, LA GERMANIA DELL’EST NON SI È MAI EMANCIPATA DAL GIOGO DI MOSCA E RIMANE UN TERRENO FERTILE PER LA DISINFORMAZIONE E LA PROPAGANDA RUSSA
L’ultima volta che si era andati a votare, nel 2019, l’AfD era risultata in Sassonia il primo partito, seguita dalla Cdu, e in Turingia il secondo, dopo la Cdu. Socialdemocratici e verdi non erano riusciti a superare la soglia dell’8 per cento.
Anche in quell’occasione Olaf Scholz, che aveva la guida dell’Spd, fu costretto a cospargersi il capo di cenere, promettendo che avrebbe cambiato strategia per rafforzare la presenza del partito nei territori dell’Est, ma a distanza di anni nulla è cambiato. Con la differenza che nel frattempo è diventato cancelliere, l’Europa si è spostata a destra e la Russia ha invaso l’Ucraina.
I riflessi si faranno sentire anche nell’Unione Europea, dove solo una campagna elettorale più lunga e dibattuta del solito è riuscita a minimizzare la presenza del vero elefante nella stanza, ovvero una Germania fragile, disorientata, disconnessa sia dalla Francia sia dai dossier, portati avanti sul solco di posizioni tradizionali, con stanchezza, senza inventiva, senza rigore.
Negli ultimi mesi prima del voto europeo non si sono registrate iniziative tedesche, ma solo tentennamenti: sulla decisione dell’invio di armi a Kyiv, sulle politiche di transizione ecologica e di digitalizzazione, persino sulla questione del debito; chi ricorda una posizione di rilievo assunta dal ministro tedesco dell’economia ?
Se alla Turingia e alla Sassonia, il prossimo 22 settembre, si unirà il Brandeburgo (un Land tradizionalmente socialdemocratico) sarà difficile per Scholz continuare l’accanimento terapeutico per sopravvivere in Cancelleria.
Nel frattempo, a essere colpito è il cuore stesso dell’integrazione europea: con una Francia ancora in cerca di governo e una Germania con la maggioranza a pezzi, come faranno a strutturarsi quegli accordi che storicamente hanno portato i maggiori progressi nelle politiche europee? Che Ursula von del Leyen possa, nel suo ruolo di presidente della Commissione Ue, costituire qualcosa di più di un bastione di resistenza contro le spinte della destra e la fragilità del suo stesso governo, è difficile da immaginare.
A segnare un punto è stato invece Vladimir Putin, che vede rafforzarsi la sua quinta colonna nell’ex Germania Est. Sia l’estrema destra sia l’estrema sinistra tedesche infatti hanno in comune il convincimento che la Nato abbia una responsabilità nella guerra in Ucraina, che l’invio di armi a Kyiv costituisca una minaccia alla sicurezza globale e che una soluzione pacifica sarebbe stata possibile se solo l’Occidente avesse fatto sul serio con la diplomazia. Tutte argomentazioni alimentate dalla propaganda putiniana
I legami dell’AfD con Mosca sono non solo documentati, ma di lunga data: prima delle elezioni europee di giugno, le autorità tedesche avevano denunciato una massiccia operazione di influenza russa che coinvolgeva uno dei candidati principali dell’AfD, ma il partito è comunque arrivato secondo. Björn Höcke, il leader dell’AfD in Turingia che molti considerano il padre spirituale del partito, ha dichiarato che se mai dovesse diventare cancelliere tedesco, il suo primo viaggio sarebbe a Mosca. Ma la stampa satirica gli ha consigliato di risparmiare i soldi del volo: in quel caso sarebbe Putin a venire a trovarlo per primo.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 2nd, 2024 Riccardo Fucile
“FAREMO SCATTARE LA PROCEDURA DI COMPENSAZIONE, IDENTIFICHIAMO UN PAGAMENTO IMMINENTE VERSO L’UNGHERIA DAL BILANCIO DELL’UE E NE DEDUCIAMO L’IMPORTO IN QUESTIONE”
L’Ungheria non ha rispettato la prima scadenza per il pagamento alla Commissione europea di una multa di 200 milioni di euro decisa dalla Corte di giustizia dell’Ue nell’ambito del ricorso per il mancato rispetto – da parte di Budapest – del diritto d’asilo. “Oggi abbiamo inviato una seconda richiesta. Ora l’Ungheria ha 15 giorni per effettuare il pagamento in questione.
La scadenza sarebbe il 17 settembre e se il pagamento non sara’ ancora stato effettuato, faremo quella che chiamiamo la procedura di compensazione, ovvero identifichiamo un pagamento imminente verso l’Ungheria dal bilancio dell’Ue e ne deduciamo l’importo in questione”, ha spiegato il portavoce della Commissione europea nel briefing quotidiano con la stampa.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 2nd, 2024 Riccardo Fucile
LA SCOMMESSA DELLA CACCIA AI VOTI IN PARLAMENTO
A due mesi dalle elezioni legislative che l’hanno sprofondata in un cul de sac politico senza precedenti, la Francia potrebbe avere infine tra poche ore un nuovo primo ministro. O meglio, un candidato primo ministro. Dopo giorni di consultazioni all’Eliseo, Emmanuel Macron avrebbe infatti scelto l’uomo da incaricare di formare un nuovo governo, provando a coalizzare attorno a sé una difficile maggioranza.
E il nome, rilanciato in queste ore dai principali media francesi, non corrisponde a nessuno di quelli ipotizzati negli ultimi giorni e settimane. Si tratterebbe di Thierry Beaudet, 62 anni, attuale presidente del Consiglio economico, sociale e ambientale (Cese) della Francia, un ente consultivo di governo e Parlamento che dà voce ai «corpi intermedi» del Paese: sindacati, imprese, associazioni e così via. L’equivalente, riuscito meglio, del Cnel italiano (il cui presidente Renato Brunetta ha infatti rapido twittato la sua “benedizione”).
Un profilo al di fuori degli schemi partitici, dunque, anche se considerato vicino a istanze di sinistra. Questa sarebbe la scommessa – secondo quanto confermato da più fonti qualificate a Le Monde, Le Figaro e L’Opinion – di Macron per provare a rompere lo stallo creatosi nel nuovo Parlamento uscito dalle sorprendenti elezioni del 30 giugno – 7 luglio scorsi
La pausa «olimpica» e la tela di Macron
Dal voto anticipato, indetto da Macron dopo la batosta delle Europee, era uscito vincitore il Nouveau Front Populaire, la “santa alleanza” delle sinistre di ogni sorta per bloccare l’avanzata del favoritissimo Rassemblement national, il partito del clan Le Pen ora guidato dall’arrembante Jordan Bardella.
Missione compiuta, anche grazie alle “desistenze” tattiche attuate in molti collegi in convergenza con Ensemble, il blocco centrista fedele a Macron. L’RN era finito incredibilmente terzo, con “appena” 143 seggi, dietro al vincente NFP (182 seggi) e persino al redivivo blocco macroniano (168 seggi). Grandi feste a sinistra, sospiri di sollievo al centro, ma nuovo Parlamento ingovernabile.
Nel dubbio, e per far decantare la situazione, Macron aveva deciso di allora congelare le dimissioni prontamente presentate dal fedele Gabriel Attal, per lo meno per il tempo delle Olimpiadi di Parigi 2024. Quindi, dopo Ferragosto, la ripresa del lavorio politico con le consultazioni all’Eliseo in pieno stile “italiano”. Macron aveva chiuso il giro dei colloqui coi partiti, una settimana fa esatta, con la prima vera decisione: nessun incarico di governo a rappresentanti del Nouveau Front Populaire. Non per sua antipatia, aveva spiegato, ma sulla base degli intendimenti delle altre principali forze. Un esecutivo di questo genere «sarebbe immediatamente censurato da tutti gli altri gruppi rappresentanti all’Assemblée nationale». Strada impercorribile, dunque, almeno secondo l’Eliseo. E dunque? Dunque nuovi colloqui esplorativi, fino al possibile approdo di oggi.
Il tecnico che piace alla sinistra (forse)
Stamattina Macron ha ripreso a tessere la sua tela, con una serie di faccia a faccia con personalità della politica di ieri e di oggi. I predecessori François Hollande e Nicolas Sarkozy, il leader centrista François Bayrou, l’ex ministro gollista Xavier Bertrand, l’ex primo ministro dello stesso Hollande Bernard Cazeneuve. All’annuncio della lista, ieri, i media francesi si erano concentrati proprio su quest’ultimo nome. Sarà lui il prescelto per provare a formare un nuovo governo, avevano ipotizzato in coro gli osservatori. E invece no, a quanto pare. Macron, concordano ora tutti i giornali francesi, sta per tirare fuori dal suo cilindro un coniglio ancor più a sorpresa, nella persona – appunto – di Beaudet.
Voci talmente insistenti che sulla pagina Wikipedia del dirigente francese – una carriera alla guida delle casse di mutua prima di approdare al vertice del Cese – per alcuni minuti è comparsa la solenne frase: «Lunedì 2 settembre 2024 è stato nominato dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron per il posto di primo ministro. È incaricato di formare un governo tecnico». Non è vero, o meglio non ancora. Ma potrebbe essere questione di ore.
Caccia ai voti
Se la nomina sarà ufficializzata, per Beaudet si porrà subito il problema di trovare una maggioranza. La scommessa di Macron sarebbe quella di attrarre la benevolenza in Parlamento del Fronte Popolare, o per lo meno di una sua ampia fetta, ma anche – necessariamente – dei centristi e dei Repubblicani (ex gollisti). Solo così ci sarebbero i numeri per varare un nuovo governo.
Funzionerà? Tutt’altro che certo. La prima reazione di Lucie Castets – l’economista indicata nelle scorse settimane come candidata primo ministro dal NFP – pare essere però aperturista. «Il Nouveau Front Populaire sostiene un cambiamento di politica, dunque sosterrà un candidato o una persona che sia in grado di far cambiare la politica messa in atto in questo Paese», ha detto l’alta funzionaria del Comune di Parigi rispondendo alle domande dei cronisti sull’ipotesi Beaudet.
Anche perché negli ultimi mesi il possibile premier in pectore s’è attestato su posizioni che paiono piuttosto in linea con quelle del blocco di sinistra: contrario alla legge restrittiva sull’immigrazione varata dal governo a fine 2023 (il 21 gennaio si diceva faceva sapere di essere in piazza a manifestare insieme alla folla di sinistra), all’erta contro il «pericolo» rappresentato dal Rassemblement National a fine giugno (come diceva apertamente in un’intervista a La Tribune). Basterà?
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 2nd, 2024 Riccardo Fucile
LA LEGA VUOLE FAR PARTIRE SUBITO I NEGOZIATI CON LE REGIONI CHE HANNO CHIESTO IL TRASFERIMENTO DELLE COMPETENZE SULLE MATERIE CHE NON PREVEDONO LA DEFINIZIONE DEI LEP, I “LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI”. MA SONO I SINGOLI MINISTERI CHE DEVONO PORTARE AVANTI LE TRATTATIVE. E I DICASTERI GUIDATI DA FDI E FORZA ITALIA NON HANNO INTERESSE AD ANDARE SPEDITI
Tra le fughe in avanti dei governatori del Nord e le azioni dilatorie di Forza Italia, Giorgia Meloni ha dovuto mediare. Ma sull’autonomia differenziata la premier crede che vadano in questa fase inviati messaggi rassicuranti agli italiani, specie a quelli del Sud. E quindi la parola d’ordine è: prudenza.
Roberto Calderoli, il ministro che ha voluto e difeso la riforma, ora freme ed è pronto a far partire i negoziati con le Regioni che hanno chiesto il trasferimento delle competenze sulle materie che non prevedono la definizione dei Lep, i «livelli essenziali delle prestazioni».
Si tratta di competenze importanti, come il commercio estero o la protezione civile e quindi l’attenzione nel governo è grande. Ed è proprio questo negoziato che preoccupa la Lega e i governatori. Ogni potere da trasferire dovrà essere discusso con i singoli ministeri. Questo passaggio lascia nelle mani dei ministri quindi la facoltà di dettare i tempi.
Antonio Tajani, capo della Farnesina, dovrà trattare con i governatori che lo hanno richiesto la cessioni di competenze sul commercio estero. In un’intervista pubblicata ieri da Il Messaggero Tajani risponde così: «È una delega del mio ministero, ma non è immaginabile mettere uno contro l’altro il vino pugliese con quello piemontese. Rischieremmo la guerra delle Regioni e un danno al sistema Italia».
I ministeri, in particolare quelli a guida Forza Italia, non faranno nulla per andare rapidi sul trasferimento dei poteri sulle materie non Lep. Se questa è la premessa, si ragiona nella Lega, figuriamoci cosa succederà quando il governo dovrà intraprendere il complicato percorso della definizione dei Lep, il sistema studiato per garantire l’equilibrio territoriale dei servizi.
Calderoli spera di far partire l’iter presto, «entro la fine dell’anno vorrei portarlo in Consiglio dei ministri». Ma il ministro leghista troverà colleghi poco propensi all’accelerazione. I Lep, poi, andranno finanziati, come al momento non è chiaro.
In tutto questo Fratelli d’Italia osserva con molti timori la situazione e i sondaggi: i voti al Sud sono un bottino troppo grande per essere sacrificato sull’altare degli accordi di governo. Così, se Meloni in privato ammonisce i governatori di non forzare i tempi, ai suoi dà l’ordine di passare al contrattacco.
Invece di difendere la riforma in sé si accusa il centrosinistra di aver cambiato il titolo V della Costituzione, di fatto rendendo necessaria l’introduzione dell’autonomia differenziata. Questo spinge il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti a dire: “Ci vorrebbe almeno un po’ di dignità politica e, se il ravvedimento della sinistra è vero e autentico, dovrebbe chiedere scusa agli Italiani per avere voluto mettere l’autonomia differenziata in Costituzione e non avere avuto il coraggio in oltre 20 anni di presentare una modifica per abrogare l’articolo 116 che la disciplina»
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 2nd, 2024 Riccardo Fucile
PIATTAFORME CHE NON FUNZIONANO E LA GUERRA DEL GOVERNO AI POVERI
Colloquio con il centro per l’impiego: fatto. Incontro presso i servizi sociali del Comune: fatto. Patto di attivazione: accettato e firmato. Assegno di inclusione: non ottenuto. La piattaforma digitale voluta dalla ministra del Lavoro Marina Calderone funziona male, spesso non registra in tempo l’aggiornamento e la pratica per l’Adi risulta sospesa. Tradotto: il beneficiario ha rispettato i suoi doveri, ma il pagamento è bloccato e lui non sa neanche perché.
Questa situazione surreale riguarda molti di quelli che stanno ricevendo (o sperando di ricevere) la misura anti-povertà che da gennaio ha sostituito il Reddito di cittadinanza. L’Adi infatti, oltre a essere molto più severo nei requisiti di accesso (tanto da aver dimezzato la platea di aventi diritto), si sta dimostrando anche molto più farraginoso nelle procedure, spesso inefficiente, col risultato di far perdere l’assegno mensile anche a persone che hanno adempiuto ai propri obblighi: è il caso, per dire, di una persona che – come Il Fatto ha verificato – il 1° luglio s’è presentata al Centro per l’impiego (Cpi) per aggiornare il Patto per il lavoro, ma il 6 luglio s’è vista inspiegabilmente sospendere il sussidio.
Il sospetto, fondato, è che dietro questa macchinosità e questi errori vi sia un disegno politico, che punta a disincentivare le richieste poiché, come vedremo dalle testimonianze, il percorso è davvero esasperante. Per chi ricorda che uno degli obiettivi dichiarati dell’abolizione del Reddito di cittadinanza era far risparmiare una cospicua cifra allo Stato, suonerà come un campanello d’allarme il fatto che ora, nelle indiscrezioni sulla manovra, si parli di altri 2 miliardi di minori spese da realizzare sul capitolo sussidi anti-povertà.
Come che sia, il risultato è un disagio sociale che trova poca attenzione da parte dei media tradizionali, ma che vede migliaia di protagonisti di questa Odissea riversarsi da mesi in gruppi Facebook dedicati al tema (in pagina vedete alcuni post) e a volte radunarsi fisicamente fuori dai Centri per l’impiego.
Facciamo una premessa: è molto difficile quantificare il numero di persone coinvolte da questi disservizi. Il motivo è che sia il ministero del Lavoro che l’Inps si rifiutano da mesi di pubblicare dati completi sull’andamento dell’Assegno di inclusione e del Supporto lavoro e formazione (Sfl). Ad esempio non conosciamo il numero di domande respinte, né di quelle sospese durante la fruizione del sussidio (e ovviamente ignoriamo i motivi). Questo buio totale calato sulla trasparenza va a braccetto con le storie sui bug del sistema che, come detto, spesso penalizza anche chi è in regola. A raccogliere le loro storie è l’associazione “Anna”, che riunisce gli ex navigator che per anni hanno assistito i beneficiari del Rdc e quindi conoscono anche le difficoltà che incontra chi deve interfacciarsi con una burocrazia oggi resa ancora più faticosa.
Il mantra del centrodestra, lo ricorderemo, era evitare i sussidi “a pioggia” e prevedere l’obbligo stringente per i beneficiari di seguire percorsi personalizzati ai servizi sociali e ai Centri per l’impiego. A questo fine è stato creato un sistema molto pressante: la piattaforma Siisl, presentata con enfasi un anno fa dalla ministra Calderone, riporta il conto alla rovescia dei giorni entro cui il beneficiario deve recarsi al Cpi o dagli assistenti sociali, pena la sospensione del pagamento. Una bomba a orologeria che si disinnesca (e riparte da zero) quando si rispetta l’obbligo. C’è però un primo problema: il beneficiario non deve presentarsi spontaneamente al Centro o in Comune, deve aspettare la convocazione. Solo che gli enti, spesso sotto organico, a volte non fanno in tempo. Prendiamo il caso della signora S., napoletana, che ha presentato domanda a dicembre 2023: accolta. Dopo il primo incontro coi servizi sociali, non ha avuto alcuna convocazione nei successivi 60 giorni: a luglio il sussidio le è stato sospeso. La signora A. è invece residente a Bari, a maggio ha tenuto regolarmente il colloquio e firmato il Patto per il lavoro, ma a luglio ancora non risultava aggiornato il sistema. Quindi le è stato sospeso il pagamento.
Questi casi descrivono chiaramente un problema annoso della nostra Pa: la mancata comunicazione tra piattaforme. Il governo Meloni aveva promesso di risolvere tutto in poco tempo, ma non pare averlo fatto. Al contrario, anziché razionalizzare i portali e renderli più interoperabili, li ha moltiplicati. Oggi abbiamo ben cinque piattaforme: la Siisl, quella dell’Inps, MyAnpal (malgrado l’Anpal sia stata abolita) per le offerte di lavoro, Gepi per i percorsi dei servizi sociali e poi le singole piattaforme regionali dei Centri per l’impiego, dato che la competenza in materia di politiche attive del lavoro resta regionale.
Un sistema farraginoso che funzionerebbe solo se ci fosse la garanzia di un simultaneo passaggio di informazioni da una piattaforma all’altra. E invece è il caos e a farne le spese è anche chi ha fatto tutto quel che gli veniva chiesto, costretto poi a lottare per vedersi riconosciuto quel che gli spetta. Ecco perché, come si diceva, questo guazzabuglio sembra il risultato di una scelta volontaria del governo: rendere impossibile la vita di chi chiede sussidi contro la povertà fino a farlo desistere. Un modo subdolo per sfoltire chirurgicamente la platea degli aventi diritto con annessa la beffa della propaganda elettorale sulla gente che non ha voglia di lavorare. Dal ministero del Lavoro ammettono che effettivamente le segnalazioni di problemi ci sono e spiegano che è all’opera un gruppo di lavoro negli uffici per “risolvere le fisiologiche criticità che emergono quando si mette in asse un sistema molto articolato e che coinvolge i servizi sociali, i Centri per l’impiego e gli organismi centrali”.
L’abolizione del Reddito di cittadinanza era uno dei punti del programma del centrodestra. Problema: era impraticabile per varie ragioni. Uno pratico: in Italia 5,7 milioni di persone vivono in povertà assoluta, impossibile lasciarle tutte senza aiuti. Un altro “giuridico”: l’Ue spinge affinché ogni Stato si doti di schemi di un reddito minimo. Risultato: il governo ha inventato una riforma che aveva l’unico scopo di ridurre, e di molto, il numero di persone aiutate (il Rdc aveva raggiunto 1,4 milioni di famiglie, ora sono meno di 700 mila). La nuova legge infatti ha limitato il sussidio ai nuclei con almeno un minore, un ultra 60enne o un disabile. Contemporaneamente è stata abbassata la soglia di reddito per ottenere l’assegno: molte famiglie “fragili” hanno comunque perso il sussidio e oggi sono rimaste senza aiuti.
“Le misure che hanno sostituito il Reddito di cittadinanza – dice l’economista Pasquale Tridico, ex presidente Inps e oggi eurodeputato M5S – rischiano di diventare uno strumento politico, con margini di discrezionalità e arbitrio inaccettabili per una misura contro la povertà. In tutti i Paesi europei tali misure sono universali. In Italia, dopo la riforma del reddito di cittadinanza, sono stati introdotti criteri non reddituali, ma categoriali e discriminanti. A non dire che i ritardi dei pagamenti, le sospensioni e la mancanza di una piattaforma efficiente e trasparente stanno buttando in un limbo di disperazione centinaia di migliaia di persone bisognose”.
(da ilfattoquotidiano.it)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 2nd, 2024 Riccardo Fucile
IL VIDEO-DENUNCIA: “BASTA CON LA LOBBY DELLA AUTO BIANCHE, SPESSO I CLIENTI VENGONO TRUFFATI”
Hallissey si è presentato all’aeroporto per offrire passaggi gratuiti ai cittadini in segno di protesta alla “lobby delle auto bianche”. La reazione dei tassisti è stata violenta: Hallissey e Grieco sono stati pesantemente insultati, con tentativi di aggressione, minacce e insulti. Uno si è rivolto al segretario con: “Ora ti passo sopra con la macchina”.
“Sei turisti cinesi truffati hanno pagato il doppio della tariffa; una coppia non vedente a cui è stata rifiutata la corsa a Fiumicino; la truffa dei taxi collettivi, con persone messe nello stesso taxi che, invece di pagare 50 euro in totale, ne pagano 50 a testa: questa è la realtà dei nostri taxi, questa è la lobby tanto amata dal Governo. Le 1000 licenze del Comune di Roma sono una miseria che non apporterà alcun miglioramento. Noi andremo avanti con la nostra iniziativa ‘FreeTaxi’ finché il settore non sarà totalmente liberalizzato. Non si può lasciare il nostro Paese in mano a una piccola corporazione che nessuno vuole toccare”, spiega nel video Hallissey.
“Chiediamo ancora una volta alla politica di intervenire: serve maggiore concorrenza, è indispensabile aprire il mercato a nuovi operatori. Chiediamo anche maggiori controlli perché non è possibile che i tassisti dichiarino poche migliaia di euro a fronte di ingenti guadagni”, dichiara Grieco.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 2nd, 2024 Riccardo Fucile
“GLI ATTACCHI SONO SISTEMATICI. HO SMESSO DI ANDARE IN METROPOLITANA PER EVITARE QUESTI EPISODI. UNA PERSONA MI HA CHIESTO DELLE INFORMAZIONI. QUANDO SI È ACCORTO DI CHI AVEVA DAVANTI, SEMBRAVA AVESSE VISTO LA MORTE”
Fabrizio Pregliasco ha sentito il botto, poi ha visto il sasso sul palco. Gliel’hanno lanciato mentre ragionava sul fatto che il Covid deve essere tenuto sotto controllo, soprattutto per i fragili: «Il mio non era un discorso drammatico». Ora, ci ride su: «I no-vax sono tornati alla carica – dice – per colpa di certi partiti di destra che li hanno fomentati». Gli attacchi come quello che ha subito sabato a Barletta sono diventati «sistematici».
Per evitarli, il virologo ha smesso di andare in metropolitana. Solo qualche giorno fa, un passante gli ha chiesto delle indicazioni stradali e, dopo averlo ringraziato, si è accorto di chi aveva davanti e lo ha preso a male parole. «Sugli irriducibili non c’è nulla da fare – spiega – ma bisogna ancora lavorare su quel 15% di popolazione che ha dubbi ragionevoli sui vaccini. Una delle eredità principali della pandemia, è proprio la gestione dell’infodemia».
Professore, le hanno lanciato un sasso durante una conferenza?
«È stato l’ennesimo gesto di una minoranza di persone che oggi, in una fase di stabilità, hanno ripreso con ancor più voglia a protestare. Per certi versi, ci sta. È una reazione umana. È gente che sottovaluta l’emergenza e colpevolizza chi, come me, ha voluto fare divulgazione scientifica. Non dimentichiamoci però che il cattivo è stato il virus, non i virologi».
Tutto si è risolto senza conseguenze per lei e l’intervistatrice?
«Io mi sono accorto solo del botto che ha fatto il sasso sul palco. Stavo parlando, avevo anche due fari davanti e non vedevo la platea. Mi ha avvertito la giornalista che mi stava intervistando».
La contestazione no-vax si sta rinfocolando?
«Certo, alcune forze politiche li hanno un po’ fomentati».
A quali forze politiche si riferisce?
«Ad alcune del centrodestra. Non tutte, naturalmente. Ma certamente è questa l’area».
Quando le hanno lanciato il sasso, stava parlando di un trend di ripresa per il Coronavirus?
«Io ero lì per ricevere un premio letterario per il mio nuovo libro. Si intitola “I superbatteri, una minaccia da combattere”. La domanda sul covid è stata accidentale. Oggettivamente non era un discorso di drammatizzazione. Avevo parlato anche delle nuove emergenze come vaiolo delle scimmie, chikungunya, dengue e altro. Anche di questo si fa fatica a parlare. ».
È ancora necessario lavorare con le persone che hanno avuto sfiducia nei vaccini?
« Se senti dalla parrucchiera che diventi blu dopo la vaccinazione, anche se razionalmente pensi non sia possibile, dopo un po’ ti viene il dubbio. Questa è la difficoltà intrinseca dei vaccini. Se uno ha un mal di testa feroce, ingurgita qualsiasi cosa che ha sottomano senza leggere il bugiardino. Il vaccino è invece qualcosa di cui ti devi fidare rispetto ai risultati e può dare degli eventi avversi».
Questa non è la prima volta che la attaccano?
«È sistematico. Per esempio, ho smesso di andare in metropolitana per evitare questi episodi. Di recente, in un parcheggio, una persona mi ha chiesto delle informazioni. Era un normalissimo scambio civile, finché non si è accorto di chi aveva davanti e il sorriso di gratitudine ha lasciato spazio allo sguardo di uno che sembrava avesse visto la morte. Poi, mi ha insultato. Io ci rido su».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »