Destra di Popolo.net

ALLONTANATI GLI AGENTI DAGLI UFFICI DI MELONI, PALAZZO CHIGI SMENTISCE MA IL SINDACATO DI POLIZIA CONFERMA: “FATTO GRAVISSIMO”

Settembre 10th, 2024 Riccardo Fucile

SILP: “NON PUO’ ESSERE LEI A DECIDERE CHI E COME DEVE GARANTIRE LA PROPRIA SICUREZZA”

“Abbiamo appreso dalla stampa e successivamente verificato che le poliziotte e i poliziotti in servizio all’Ispettorato di Ps Palazzo Chigi sono stati allontanati dal piano dove si trovano gli uffici della presidente del Consiglio Giorgia Meloni probabilmente per mancanza di fiducia nei loro confronti. Meloni sul suo piano vorrebbe soltanto la scorta, ma non può essere lei a decidere chi e come deve garantire la propria sicurezza”, denuncia Pietro Colapietro, segretario generale del sindacato di polizia Silp commentando l’articolo della Stampa dal titolo ‘Meloni teme complotti e fughe di notizie, via la polizia dall’ufficio di Palazzo Chigi’. La premier, secondo quanto scrivere il quotidiano La Stampa, avrebbe dato ordine ai poliziotti di lasciare il suo piano e tenere solo agenti della propria scorta. “Si tratta di una cosa gravissima, mai accaduta in questi termini nella storia della nostra Repubblica. Una vicenda che ha gettato nello sconforto i nostri colleghi che da sempre con dedizione e spirito istituzionale operano per la sicurezza di chi ha l’onere e l’onore di governare questo paese”, prosegue Colapietro.
In precedenza da Palazzo Chigi era arrivata la smentita: “È priva di fondamento la notizia (pubblicata da La Stampa, ndr) secondo la quale sono state date nuove disposizioni alle forze di polizia presenti a Palazzo Chigi nei confronti delle quali il presidente del Consiglio da sempre ripone piena e totale fiducia. Non è cambiato nulla” afferma il capo ufficio stampa della premier Giorgia Meloni, Fabrizio Alfano, conversando con i giornalisti. “La polizia rimane quindi al primo piano. Non cambia il dispositivo di sicurezza – ha aggiunto – L’unica variazione che potrebbe avere innescato questa assurda ricostruzione è il fatto che il presidente del Consiglio ha fatto presente al direttore dell’ispettorato di Palazzo Chigi di rivalutare la presenza di un agente di polizia destinato esclusivamente agli accompagnamenti in ascensore”.
Ma il sindacato di polizia conferma l’allontanamento
Interviene ancora Colapietro: “L’ispettorato di Ps Palazzo Chigi è un ufficio speciale di pubblica sicurezza con competenza dedicata ed è adibito alla protezione del presidente del Consiglio e alla vigilanza della sede del governo. Nessun premier può allontanare i poliziotti o distoglierli da questo servizio, se ci sono delle criticità documentate vanno rappresentate al ministro competente o al capo della Polizia che può agire di conseguenza, magari rimodulando l’impiego del personale. Il rispetto delle istituzioni e della democrazia è fondamentale e non può essere messo in discussione. Attendiamo risposte”, conclude il segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil.
L’opposizione chiede chiarezza
Le opposizioni chiedono chiarezza. “Mi consentirete una battuta, siete così tanto preoccupati delle forze dell’ordine che apprendiamo dalla stampa che la presidente del Consiglio li considera addirittura degli spioni e ha chiesto che la polizia che sta fuori dal suo ufficio a palazzo Chigi venga allontanata perché non si fida. Certo che non è bello… – afferma Debora Serracchiani del Pd, durante la discussione sul ddl sicurezza – Ci riserviamo un approfondimento nelle sedi più opportune”, aggiunge la responsabile giustizia del Partito democratico.
“Dopo il complotto della magistratura denunciato da Crosetto a suo tempo, dopo quello estivo made in Sallusti contro Arianna Meloni, dopo quello contro Sangiuliano, oggi è il turno del complottismo contro i poliziotti in servizio a Palazzo Chigi. Giorgia Meloni non può governare questo paese vivendo nell’ossessione dei nemici immaginari, deve rendersi conto, dopo due anni, che l’Italia – purtroppo – è nelle sue mani e di quelle dei suoi ministri e devono solo rimboccarsi le maniche e lavorare – affermano in una nota i rappresentanti del M5S nelle commissioni Affari Costituzionali della Camera e del Senato Enrica Alifano, Carmela Auriemma, Roberto Cataldi, Alfonso Colucci, Alessandra Maiorino e Pasqualino Penza –Dal primo giorno l’amichettismo e l’appartenenza sono l’unico criterio con cui Meloni assegna gli incarichi, se siamo al punto che non si fida nemmeno dei servitori dello Stato, o denuncia esplicitamente eventuali condotte scorrette o sospette, oppure dica quali sono i suoi timori, cosa vuole che non si sappia. Quanto denunciato oggi da La Stampa e confermato da un sindacato di Polizia, dopo la smentita dello staff della premier, è un fatto gravissimo, che ha a che fare con le basi delle procedure istituzionali e del rispetto tra i diversi settori delle istituzioni. Meloni vada oltre le smentite informali in sala stampa e dica cosa non va bene tra lei e la Polizia di Stato”.
Il capogruppo di Avs in Commissione Affari Costituzionali Filiberto Zaratti ha presentato una interrogazione al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Come anche il senatore Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato e componente del Copasir, che commenta: “La nostra premier vive ormai dentro una sorta di ‘sindrome del bunker’, di cui abbiamo già avuto prova visto che ad ogni piè sospinto alimenta il complottismo, sempre senza mai fornire riscontri e soprattutto sempre sfuggendo da un confronto doveroso in Parlamento”.
(da La Repubblica)

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SLITTA ANCORA LA CONVOCAZIONE DEL CDA DELLA FONDAZIONE MAXXI CHE DEVE INDICARE CHI RICOPRIRA’ PRO TEMPORE IL RUOLO DI PRESIDENTE AL POSTO DEL NEOMINISTRO ALESSANDRO GIULI

Settembre 10th, 2024 Riccardo Fucile

AL MOMENTO IL MUSEO È SENZA GUIDA PERCHÉ MANCA UN VICEPRESIDENTE CHE PRENDA LA REGGENZA… L’ODONTAIATRA RAFFAELLA DOCIMO RINUNCIA ALL’INCARICO E IL POSTO DOVREBBE ANDARE ALLA GIORNALISTA EMANUELA BRUNI, CHE HA CURATO LA RASSEGNA A FRASCATI “LIBRI IN OSTERIA”

Slitta ancora la convocazione del cda della Fondazione Maxxi per l’indicazione del nome che andrà a ricoprire il ruolo di presidente dopo che Alessandro Giuli è stato nominato ministro della Cultura. La riunione dell’organismo è necessaria per garantire l’operatività del museo anche perché con l’attuale governance della fondazione non si è proceduto con la nomina di un vicepresidente, casella che per Statuto è indicata come quella preposta a subentrare al presidente.
In questo caso, sempre lo Statuto prevede che le funzioni della presidenza vengano assolte dal componente più anziano della Fondazione, profilo che dovrebbe corrispondere a quello del secondo più anziano, Emanuela Bruni, se fosse confermata l’intenzione di Raffaella Docimo a cui spetterebbe per anagrafe, di rinunciare alla nomina.
Il ministro potrebbe, però, decidere anche di procedere direttamente alla nomina del suo successore. In ogni caso c’è una certa fretta. L’attività del museo è ampiamente programmata per i prossimi mesi e l’ operatività è garantita dall’organizzazione guidata dal segretario generale e dai direttori del Museo: il direttore artistico Francesco Stocchi, ultimissimo ad essere nominato e dalla direttrice del dipartimento Architettura e Design contemporaneo, Lorenza Baroncelli. Lo Statuto prevede però che “gli incarichi di direttore artistico e segretario generale… cessano in ogni caso automaticamente al momento della cessazione del presidente”.
Se la norma non dovesse essere superata dalla preminente vigenza dei contratti firmati dai direttori, interpretazione data come autentica dagli uffici del museo, anche l’operatività del museo potrebbe essere paralizzata.
(da Ansa)

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IL CASO DELLA SOCIETÀ DEI MUSEI, BRACCIO OPERATIVO DEL MINISTERO DELLA CULTURA, ACCUSATA DI ESSERE “L’ASSUMIFICIO DELLA DESTRA”

Settembre 10th, 2024 Riccardo Fucile

L’EX VICE SINDACO DI FROSINONE, DOPO UNA ESPERIENZA IN TRE PICCOLE AZIENDE DI NOLEGGIO AUTO, SI E’ RITROVATO A GESTIRE UNA SOCIETA’ CON 88 MILIONI DI EURO ANNUI DI RICAVI E OLTRE SETTE MILIONI DI UTILI

Lo chiamano «l’assumificio della destra». E il caso Ales — Arte lavoro e servizi spa, la società in house del ministero della Cultura che offre servizi a musei, Scuderie del Quirinale, parchi archeologici come quello di Pompei, gallerie d’arte come la Galleria borghese e la Galleria nazionale, arriverà in Parlamento.
Il primo febbraio scorso Fabio Tagliaferri, esponente di Fratelli d’Italia a Frosinone e amico della capo della segreteria politica Arianna Meloni è stato nominato, dall’ormai ex ministro Gennaro Sangiuliano, amministratore delegato e presidente con una retribuzione di 120 mila euro annui per il primo incarico e 26 mila per il secondo.
«Possiamo sapere quante persone ha assunto l’Ales di Tagliaferri, amico delle sorelle d’Italia? Presenterò un’interrogazione in merito», annuncia il deputato renziano Francesco Bonifazi, che per primo ha sollevato il caso su questa società pubblica che ha 88 milioni di euro annui di ricavi, oltre sette milioni di utili annui e secondo i dati della Cgil i dipendenti nel marzo del 2022 erano oltre 1600. Giusto per fare un esempio esistono 213 uffici del MiC sparsi in 57 città e 17 regioni, che hanno come missione quella di rafforzare la capacità tecnico amministrativa nell’ambito dei progetti per il Pnrr.
Ma prima di tutto, per i renziani, va approfondita la nomina del fedelissimo Tagliaferri, che nel settembre 2023 Arianna Meloni ha voluto come commissario per rilanciare il partito a Cassino.
Nel suo curriculum scrive di essere laureato in economia e commercio, dal 1998 consigliere comunale di Frosinone, dal 2012 assessore ai Lavori pubblici e dal 2017 vicesindaco. Una vita dedicata al partito e a ruoli amministrativi a Frosinone, comune di 43 mila abitanti. «Certo che sono amico di Arianna, facciamo politica insieme da sempre», si è difeso Tagliaferri di fronte alle accuse di «amichettismo» avanzate da Italia viva.
Dal 2005 è anche dipendente della Regione Lazio, ora in aspettativa, con incarichi negli uffici dell’assessorato all’Ambiante come responsabile del procedimento rurale e anche presso il consiglio regionale come consulente della comunicazione.
Non vi è traccia di ruoli nell’ambito del mondo dei beni culturali, piuttosto lavori in piccole aziende. Ha fondato tre società tra cui Greylease srl di Frosinone, una società di noleggio auto con un capitale sociale di 106 mila euro, di cui è ancora azionista.
Le altre due, una di autonoleggio in Sardegna e l’altra nel campo delle assicurazioni, hanno un volume d’affari scarso e nel momento della nomina a presidente e amministratore di Ales, Tagliaferri ha lasciato le quote. Greylease invece nel 2022 — come riporta un articolo dell’Espresso — ha registrato ricavi per 705 mila euro, con un utile netto di 10 mila circa.
E poco più di 10 mila euro lordi, esattamente 10.484, è il reddito dichiarato da Tagliaferri nel 2022, come è possibile verificare nella sezione trasparenza del comune di Frosinone. Il balzo, con la doppia nomina in Ales, è evidente. Non solo economico ma anche sul piano delle responsabilità se si pensa alla mole di lavoro che ruota attorno ad Ales.
Il deputato Francesco Bonifazi, sempre di Italia Viva, che aveva sollevato la questione: “A proposito di amichettismo, qualcuno potrebbe farci capire con quale criterio sono state fatte le nomine nella società Ales, che è il braccio operativo del ministero della cultura? Sangiuliano vuole chiarire? O forse direttamente Meloni?”
Ora, il collegamento con il caso Boccia sarebbe tutto in una presunta registrazione, in cui proprio Meloni e Sangiuliano parlerebbero di tale nomina, anche se, secondo i racconti dei due, a febbraio non avevano ancora iniziato la loro relazione.
(da agenzie)

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BOCCIA, QUANDO EVOCA LE “TANTE DONNE” DI GENNY IL CALDO, SI RIFERIREBBE ANCHE ALL’AVVOCATA MANUELA MACCARONI, CONOSCIUTA DA SANGIULIANO IN RAI, DOVE È RIMBALZATA IN VARIE TRASMISSIONI, E DA UN ANNO È PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO PER LA PARITÀ DI GENERE DEL DICASTERO DELLA CULTURA

Settembre 10th, 2024 Riccardo Fucile

SAREBBE STATO PROPRIO L’EX MINISTRO A SPONSORIZZARE LA NOMINA DELL’AVVOCATA AL GOVERNATORE DEL LAZIO, FRANCESCO ROCCA, COME COMPONENTE DEL CDA DELLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA

In bilico ci sarebbe l’avvocata Manuela Maccaroni, conosciuta da Sangiuliano in Rai e da un anno presidente – a titolo gratuito – dell’Osservatorio per la parità di genere del dicastero. Grazie alla nuova nomina dovrebbe incassare invece 15 mila euro.
Ma anche a lei si riferirebbe Boccia, a cui era stato promesso un incarico da consulente poi sfumato quando il rapporto con l’allora ministro è diventato personale, per usare le parole di Sangiuliano, quando evoca le «tante donne» coinvolte in questo affaire che ha portato alle dimissioni dell’ex esponente di governo.
Quello di Maccaroni è un profilo che rimbalza da tempo in ambienti della Capitale legati alla cultura. Sulla scrivania del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca ci sarebbe infatti la nomina dell’avvocata come componente del consiglio di amministrazione della Festa del cinema di Roma e i rumors dicono che sarebbe stato proprio Sangiuliano a sponsorizzarla al governatore. E prima ancora il nome di Maccaroni era circolato per un altro cda, quello di Musica per Roma, sempre in quota Regione Lazio.
Avvocata, ex magistrata onoraria e cassazionista, Manuela Maccaroni è stata consulente giuridica alla presidenza della Commissione parlamentare per l’infanzia e componente della Commissione per la tutela dei minori al ministero delle Comunicazioni.
In televisione non è un volto sconosciuto. Nel programma “Torto o ragione”, una sorta di Forum di serie B condotto da Monica Leofreddi, vestiva i panni del giudice. A “Detto Fatto” su Rai2 condotto da Bianca Guaccero si occupava della rubrica “Pronto Soccorso Giuridico”. Diverse le ospitate televisive, immagine disponibili in rete, tra le altre anche “Unomattina”.
(da la Repubblica)

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IL GOVERNO MELONI SI È IMPANTANATO ANCHE SULLA RAI – IL VOTO SUI CONSIGLIERI D’AMMINISTRAZIONE SLITTERÀ: ERA PREVISTO PER IL 12 SETTEMBRE, SARÀ RINVIATO A FINE MESE

Settembre 10th, 2024 Riccardo Fucile

LA DUCETTA HA DETTATO I SUOI NOMI: ROSSI AD (QUOTA FDI) E AGNES PRESIDENTE (QUOTA FI). MA LA PROPOSTA E’ FINITA NEL TRITACARNE DEI VETI INCROCIATI

Di certo c’è che il voto sui consiglieri d’amministrazione della Rai slitterà: era previsto per il 12 settembre, sarà rinviato invece a fine mese, probabilmente il 26. È il frutto di uno stallo che si è consumato ieri a Palazzo Chigi durante il vertice dei leader del centrodestra. E in bilico, adesso per davvero, c’è la presidenza di Simona Agnes.
È un gioco di veti, sgambetti, tattiche. Giorgia Meloni, che vorrebbe chiudere in fretta la partita, ha dato mandato ai suoi ambasciatori di trattare con Giuseppe Conte per ottenere i tre voti mancanti in commissione di Vigilanza per scegliere un presidente per viale Mazzini. Un profilo terzo. Non però Agnes, visto che il leader grillino ha firmato insieme al resto delle opposizioni il documento del dem Stefano Graziano per un Aventino che paralizzi le nomine.
Fiutata l’aria, Antonio Tajani si è trovato di fronte a un bivio. Ufficialmente ha deciso di far aprire all’opzione proposta dal centrosinistra, vale a dire quella di superare l’attuale governance Rai.
Un modo per allungare i tempi e paralizzare anche la scelta del nuovo amministratore delegato Giampaolo Rossi. «L’ha voluta Renzi – dice l’azzurro Maurizio Gasparri, confermando solo in parte questa indiscrezione – e noi siamo pronti a superarla. Disponibili dunque in Parlamento a votare una nuova legge. Nel frattempo, però, si scelgano i vertici con la normativa attuale».
In realtà, esiste un’altra versione accreditata da Palazzo Chigi. Tajani si starebbe convincendo a mollare Agnes e ad accettare la possibilità di indicare altri nomi, più graditi al Movimento, sbloccando lo stallo (ai 5S, in cambio del sì, andrebbe una direzione di genere). Un’opzione che ovviamente creerebbe tensioni tra grillini e dem. E che ha messo in allarme lo stato maggiore democratico, pronto a marcare strettissimo l’ex premier pentastellato. Strategie che si incrociano, mezze verità, tensioni mai sopite tra alleati: la partita Rai è la fotografia dello stato dei rapporti tra i tre leader di maggioranza. Non a caso, Meloni ha deciso di rendere settimanali i vertici di Palazzo Chigi.
(da La Repubblica)

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IL QUOTIDIANO “LIBERATION” ACCUSA JORDAN BARDELLA DI AVERE FALSIFICATO DOCUMENTI PER “MASCHERARE” UN LAVORO FITTIZIO NELL’UE

Settembre 10th, 2024 Riccardo Fucile

NEL 2015 IL DELFINO DELLA LEADER DEL RASSEMBLEMENT NATIONAL ERA STATO ASSUNTO COME ASSISTENTE DI UN EURODEPUTATO, MA IN REALTÀ AVREBBE LAVORATO IN PATRIA PER IL PARTITO … MARINE LE PEN E 24 DIRIGENTI DEL SUO PARTITO SONO GIA’ STATI RINVIATI A GIUDIZIO PER APPROPRIAZIONE INDEBITA DI FONDI UE

Marine Le Pen si gode la rivincita dal punto di vista politico, facendo pesare la sua non sfiducia al governo Barnier in Parlamento, ma intanto la leader dell’estrema destra ha davanti un processo per l’uso di fondi europei e il suo delfino, Jordan Bardella, è accusato dal quotidiano Libération di aver contribuito alla falsificazione di documenti per “mascherare” un lavoro fittizio nell’Ue.
Le accuse risalgono a un periodo compreso tra febbraio e giugno 2015 quando Bardella – allora 19 anni – è stato assunto con un contratto a tempo determinato come assistente parlamentare per l’eurodeputato Jean-François Jalkh.
Secondo il quotidiano della gauche, Bardella non ha mai svolto quel lavoro e nell’ambito di accertamenti l’attuale presidente del partito lepenista avrebbe fornito documenti falsi per tentare di allontanare i sospetti.
Il Rassemblement National ha reagito al lungo e documentato articolo di Libération, denunciando un “rozzo tentativo di destabilizzazione” e sostenendo che gli accertamenti in proposito non hanno mai verificato eventuali illeciti. In effetti il nome di Bardella non appare tra quelli rinviati a giudizio del processo previsto a Parigi dal 30 settembre.
Le Pen e altre ventisei dirigenti del Rn sono accusati di aver pagato con fondi dell’Ue assistenti parlamentari che però lavoravano per il suo partito in Francia. E’ un processo molto atteso perché in caso di condanna le pene, fino a dieci anni di reclusione e una multa fino a un milione di euro, prevedono anche il divieto di candidarsi alle elezioni per cinque anni. Un’eventuale ineleggibilità di Le Pen cambierebbe lo scenario politico in vista della prossima presidenziale.
(da La Repubblica)

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I SOCIALISTI AVVERTONO URSULA: O LA MELONI O NOI

Settembre 10th, 2024 Riccardo Fucile

L’IPOTESI DI AFFIDARE UNA VICEPRESIDENZA ESECUTIVA A FITTO È INACCETTABILE PER IL GRUPPO DEI SOCIALISTI: “E’ LA COMPOSIZIONE DEL PROSSIMO PARLAMENTO CHE DECIDERÀ LA COMMISSIONE. PORTARE L’ECR NEL CUORE DELLA COMMISSIONE SAREBBE LA RICETTA PER PERDERE IL SOSTEGNO DEI PROGRESSISTI”… SULLA STESSA POSIZIONE DI SOCIALISTI CI SONO LIBERALI E VERDI

“Rafforzare il processo dello Spitzenkandidat, garantire l’equilibrio di genere, una forte attenzione ai diritti sociali supervisionata da una figura con l’esperienza necessaria, e un’equa distribuzione delle posizioni di vicepresidente esecutivo che rifletta la maggioranza del Parlamento europeo. Queste sono le aspettative della famiglia progressista europea per la composizione della prossima Commissione europea”.
E’ quanto sottolinea il gruppo dei Socialisti Ue spiegando che, “se queste aspettative non saranno soddisfatte, sarà molto difficile, se non impossibile, sostenere i commissari presentati da Ursula von der Leyen”.
“Ignorare il processo dello Spitzenkandidat, minare l’equilibrio di genere nel collegio, mettere un commissario per l’occupazione il cui impegno nei confronti dei diritti sociali è a dir poco discutibile, portare proattivamente l’Ecr nel cuore della Commissione: questa sarebbe la ricetta per perdere il sostegno dei progressisti”, sottolinea la presidente del gruppo S&D Iratxe Garcia Perez, aggiungendo: “E’ la composizione del prossimo parlamento che deciderà la commissione, ha detto il presidente prima delle elezioni. Una maggioranza pro-europea con un accordo pro-europeo esiste. Deve essere messa in pratica ora”.
“Il nostro sostegno non è mai stato un assegno in bianco. Siamo sempre stati chiari sul fatto che la prossima commissione dovrà soddisfare le nostre aspettative, sia a livello politico che di principio.
Il presidente della commissione deve garantire che il collegio sia pronto a onorare pienamente gli orientamenti politici che abbiamo sostenuto”, aggiunge il presidente del Partito socialista europeo, Stefan Lofven. Nella nota i Socialisti sottolineano come von der Leyen sarebbe “pronta” a nominare una commissione senza lo Spitzenkandidat socialista, Nicolas Schmit.
(da agenzie)

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LA PRESENTAZIONE DELLA NUOVA COMMISSIONE VON DER LEYEN, PREVISTA PER DOMATTINA, SLITTA ALLA PROSSIMA SETTIMANA E IL PROBLEMA E’ L’ITALIA

Settembre 10th, 2024 Riccardo Fucile

LA VENTILATA ASSEGNAZIONE DI UNA VICE-PRESIDENZA ESECUTIVA A RAFFAELE FITTO, STA FACENDO INCAZZARE MOLTI, A PARTIRE DAI VERDI…MA ANCHE IL PREMIER GRECO M?TSOTAK?S, CHE INSIEME AL POLACCO TUSK HA CONDOTTO LE LUNGHE TRATTATIVE PER LA RICONFERMA DI URSULA, NON SI CAPACITANO PERCHÉ L’ITALIA DELLA MELONI, CHE HA VOTATO SIA IN CONSIGLIO CHE IN COMMISSIONE CONTRO LA RICONFERMA DI VON DER LEYEN, OTTENGA UN VICE PRESIDENTE ESECUTIVO E A LUI NIENTE

Il fatto che la presentazione della nuova commissione di Ursula von der Leyen, prevista per domattina, sia stata rinviata alla prossima settimana indica che ci sono contrasti.
L’ostacolo si chiama Italia. La ventilata assegnazione (“Die Welt” e Politico.eu) di una vice-presidenza esecutiva con deleghe su Coesione e Pnrr a Raffaele Fitto, sta facendo incazzare molti.
A partire dai Verdi che hanno portato in dote alla rielezione di Ursula Von der Leyen 53 voti blindando così la sua maggioranza risicata formata da Partito Popolare Europeo, liberali e socialisti.
Non solo i verdi, unico gruppo con due Co-presidenti, un uomo e una donna, per favorire l’uguaglianza di genere, ma anche il premier greco Kyriakos Mitsotakis, che insieme al polacco Tusk ha condotto le lunghe trattative per la riconferma di Ursula, non si capacita perché l’Italia della Meloni, che ha votato sia in Consiglio che in Commissione contro la riconferma di Von der Leyen, ottenga un vice presidente esecutivo mentre a lui niente.
(da Dagoreport)

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NELLA NOTTE HARRIS SFIDERÀ TRUMP NEL PRIMO DIBATTITO TV

Settembre 10th, 2024 Riccardo Fucile

VOLANO STRACCI GIÀ PRIMA DEL DUELLO: “SONO PRONTA ALLE BUGIE DI TRUMP”, “HARRIS È UN’IPOCRITA”

L’ultima volta che i due sfidanti per la Casa Bianca hanno dibattuto in tv, il 27 giugno, si trattava di Joe Biden e Trump: la performance disastrosa del primo ha portato al suo ritiro dalla corsa. Nonostante i molteplici scontri virtuali, oggi al National Constitution Center di Philadelphia è la prima volta che Trump e Kamala Harris si incontrano faccia a faccia.
Con i sondaggi che li danno testa a testa, il dibattito trasmesso da Abc News alle 9 di sera locali sarà decisivo, non solo per il numero di spettatori sintonizzati ma per quanti lo vedranno attraverso i potenziali momenti «virali» diffusi il giorno dopo sui social.
Harris si è preparata per i passati quattro giorni in un hotel a Pittsburgh, in Pennsylvania, con l’avvocata Karen Dunn, che la addestrò al dibattito vicepresidenziale contro Mike Pence nel 2020 e con l’ex consigliere di Hillary Clinton Philippe Reines a vestire (letteralmente, con tanto di abito blu e la cravatta) i panni di Trump. Harris ha studiato i precedenti dibattiti del rivale, in particolare contro Hillary.
Passeggiando con il marito Doug Emhoff durante una pausa, domenica, Harris ha detto ai giornalisti di sentirsi «pronta». «Pronta alle bugie», ha detto in un’intervista ieri.
Ma Harris è anche la vice di Biden: cercherà da una parte di abbracciare i successi del presidente ma di prenderne le distanze sull’inflazione e il costo dei prodotti alimentari, temi che vedono gli elettori frustrati. Molti le consigliano l’approccio da «procuratrice». E punterà sui diritti riproduttivi, la principale vulnerabilità del rivale.
Trump dice che si prepara «da una vita» al dibattito e che «c’è poco che puoi fare: o sai le cose oppure non le sai». Allo stesso tempo ha messo in dubbio la correttezza di Abc News, affermando che potrebbero passare le domande in anticipo a Harris.
Il team che lo assiste include consiglieri come Mike Pompeo sulla politica estera e Stephen Miller sull’immigrazione
Lei spera che Trump esca fuori dalle righe, si lasci andare ad attacchi personali o accuse di brogli che possono alienargli gli elettori moderati. «Ci vorranno disciplina e concentrazione sovrumane per gestire Trump nel dibattito — avverte il ministro dei Trasporti Pete Buttigieg —. Non perché Trump sia un maestro nello spiegare le sue idee politiche, ma perché lo è nel trasformare ogni format televisivo in uno show su se stesso » .
(da agenzie)

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