Settembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
“MELONI HA RESPINTO LE MIE DIMISSIONI”.. LA BOCCIA: “INIZIANO LE BUGIE”
«Avevamo una relazione che attiene alla sfera affettiva. Ma non sono ricattabile: non ho mai speso soldi pubblici». Lo ha dichiarato il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano al Tg1, in una lunga intervista, a proposito del suo rapporto con Maria Rosaria Boccia. Le sue parole arrivano dopo giorni in cui il caso Sangiuliano – Boccia è stato al centro delle cronache.
«Io riaffermo categoricamente che mai un euro del ministero è stato speso per la dottoressa Boccia. Ho pagato io», ha ribadito il ministro, mostrando anche alcuni estratti conto e numerose ricevute a sostegno delle sue parole. «I suoi viaggi li ho pagati da me con la mia carta di credito personale». Per questo Sangiuliano ritiene di non essere «ricattabile»: «In una funzione pubblica», spiega, «si è ricattabili se si è usato impropriamente il denaro pubblico».
«Ho presentato le mie dimissioni alla premier, che le ha respinte», ha dichiarato Sangiuliano.
Il Pd: «Mortificato il servizio pubblico»
Per il Pd, l’intervista è «uso privato del servizio pubblico». «L’imbarazzante vicenda che ha coinvolto il Ministro, le istituzioni, l’organizzazione del G7 ad oggi non è stata chiarita», si legge in una nota del partito, diffusa pochi minuti dopo il Tg1.
«Questa non è informazione pubblica, è un regime di informazione che mortifica il servizio pubblico ad un uso privato. Chiediamo la convocazione dei vertici Rai in Commissione Vigilanza», fa sapere inoltre il Pd.
Poche ore prima dell’intervista al Tg1, Boccia aveva pubblicato su Instagram una Storia con il logo del notiziario, l’immagine di una grossa porzione di pop corn e poche parole: «Tutto arriva per chi sa aspettare». E poi: «Spero di non dover smentire ancora, un bugiardo recidivo in parlamento non sarebbe sicuramente gradito».
Pochi minuti dopo la messa in onda delle anticipazioni dell’intervista, ecco arrivare altre Storie, dal tono sibillino. «Iniziamo a dire bugie», scrive Boccia, che poi cita – senza aggiungere alcun commento – una delle affermazioni del ministro: «Su questo terreno non sono ricattabile…».
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Settembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
SOLO LA MAGISTRATURA PUO’ ACCERTARE SE VOLI, TRENI E SOGGIORNI SONO STATI PAGATI PERSONALMENTE DA SANGIULIANO E NON DAL MINISTERO COME SOSTIENE LA BOCCIA
L’agenzia di stampa Adnkronos sostiene che “il ministero non ha pagato per Boccia” e che “il ministro ha comprato voli e treni per l’imprenditrice campana con la sua carta di credito”. Le prove? “Adnkronos ha potuto visionare una serie di documenti e verificare con alcuni protagonisti di questa storia quanto sostenuto dal titolare del dicastero di via del Collegio Romano. Da quanto risulta all’agenzia, le spese sono state sostenute dal ministro (con la sua carta di credito personale), dagli enti organizzatori, e in un’occasione direttamente da un sindaco”
Chi siano i “protagonisti” cui fa riferimento è facile intuire: lo staff di Sangiuliano o lui stesso. Quali siano i “documenti” non è dato sapere visto che a corredo dell’articolo appare solo una prenotazione di un volo con Ita con carta di credito non intestata per un importo di 486,72 euro si presume alla Boccia (ma il nome non appare).
Da qui alcune domande che non hanno risposta nell’articolo:
1) Quante carte di credito ha Sangiuliano? Solo la sua “personale” o anche una a lui intestata per le spese da ministro?
2) Per quale motivo, se avesse provveduto personalmente e in maniera “riservata” a pagare il biglietto aereo a Boccia, invece di inviare a lei direttamente il biglietto, quest’ultimo arriva a Boccia dal capo di gabinetto del Ministero (come da copia pubblicata dalla Boccia)?
3) L’agenzia di stampa ha visionato il registro delle spese di rappresentanza del Ministro per verificare se tali spese sostenute “personalmente” non sono poi state scaricate in un secondo tempo sui conti del ministero?
Riportiamo a tal proposito la dichiarazione della Boccia: “il ministero rimborsava le spese dei consiglieri tanto che tutti i viaggi sono sempre stati organizzati dal Capo segreteria del ministro”
Ci auguriamo che, dopo l’esposto di Bonelli, questi interrogativi trovino risposta dall’unica autorità competente a verificare i fatti, ovvero la Magistratura.
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Settembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
IL MISTERO DELLA FEDE: OGNI VOLTA CHE VIAGGIAVA CON LA “POMPEIANA ESPERTA”, TOGLIEVA L’ANELLO, CHE RICOMPARIVA MAGICAMENTE IN PRESENZA DELLA MOGLIE
La donna è alta, giunonica, piacente. Lui è un uomo piccolo, dal passo svelto, le cammina al fianco. I due escono dal Casinò di Sanremo, sono vestiti eleganti, lei si copre il generoso décolleté con una stola.
È il 16 luglio, sono le 10 di sera, l’aria di mare è frizzantina. La coppia è arrivata nella cittadina ligure nel pomeriggio perché lui, l’uomo, ovvero il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, 62 anni, è stato invitato alla manifestazione i “Martedì Letterari” organizzata dal Casinò di Sanremo per presentare il suo libro Giuseppe Prezzolini. L’anarchico conservatore.
Alla manifestazione, così è stato annunciato alla stampa e infatti ancora si legge su tutti i siti di informazione locale che riportano la notizia, parteciperà anche la “dottoressa Maria Rosaria Boccia Presidente del comitato Tecnico e Scientifico dell’Intergruppo Parlamentare”, qualsiasi cosa significhi.
E infatti la donna della foto è proprio lei, quella Maria Rosaria Boccia le cui dichiarazioni – in seguito ai numerosi scoop del “solito” Dagospia che hanno fatto emergere la vicenda – stanno facendo tremare i polsi alla premier Giorgia Meloni
Boccia sostiene di avere avuto un incarico ufficiale di consulente dal ministro Sangiuliano, con il quale è evidentemente in grandissima confidenza – almeno a giudicare dalle numerose foto che lei ha pubblicato sui suoi social.
Lui invece ha rassicurato, nessun euro pubblico è stato speso per lei. E poi in effetti sì, voleva darle un incarico a titolo gratuito ma poi ha cambiato idea per “potenziali situazioni di conflitto di interesse”, ha scritto. Quali, vorremmo sapere noi! E comunque, dice sempre Genny (così lo chiamano gli amici), mica è vero che la Boccia ha avuto accesso a informazioni riservate su questioni che riguardano la sicurezza mondiale come il G7 a Pompei.
Peccato che Dagospia abbia pubblicato la foto di una mail, in cui la Boccia è in copia, nella quale si parla proprio di una visita a Pompei, e la Boccia stessa abbia pubblicato sui social un documento “blurrato” in cui si vede chiaramente l’intestazione G7. Insomma, tutti ci chiediamo: a che titolo la wannabe consulente ha partecipato ai numerosi eventi al fianco del ministro?
E così torniamo alla nostra coppia e alla sera del 16 luglio, a Sanremo, alla serata frizzantina in cui Boccia e Sangiuliano escono dal Casinò dopo la presentazione del libro di lui. Ignari dei nostri paparazzi, i due percorrono i pochi metri che ci sono tra il Casinò e l’Hotel Nazionale, proprio all’imbocco della centralissima via Matteotti, ed entrano scortati da due uomini della sicurezza del Casinò. Con loro c’è anche il solito poliziotto che si occupa della sicurezza del ministro. L’albergo ha riservato all’allegra combriccola tre stanze: la suite per Sangiuliano, una stanza per la dottoressa Boccia e una per la guardia del corpo.
Ritroviamo la coppia la mattina dopo, mentre esce dall’albergo e percorre qualche metro a piedi trascinando i bagagli, sempre scortata dal poliziotto in borghese, fino ad arrivare a un’auto blu. A quanto risulta a Gente, l’auto è stata messa a disposizione dal Casinò di Sanremo, un trattamento che verrebbe riservato a tutti gli scrittori invitati a partecipare agli eventi.
Quello che sappiamo con certezza è che alla fede del ministro (non quella in Dio, intendiamo l’anello proprio) succede uno strano fenomeno: appare e scompare a seconda della sua accompagnatrice.
Quando è con la moglie, la giornalista del Tg2 Federica Corsini (recentemente li abbiamo visti assieme alla Mostra del cinema di Venezia), l’anello fa la sua bella figura all’anulare di Genny. Quando il ministro è con Boccia al mare, non se ne vede l’ombra. È il caso di dirlo: mistero della fede.
(da Gente)
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Settembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
MATTEONZO, UNA VOLTA MOLLATA LA GIUNTA BUCCI A GENOVA, FARÀ UN APPELLO A FAVORE DELL’ALLEANZA CON PD E M5S OFFRENDO IN SACRIFICIO IL SIMBOLO DI ITALIA VIVA… SUL FRONTE DEL CENTRODESTRA, SALVINI CONTINUA A DIRE NO ALLA TOTIANA ILARIA CAVO…LA RASSEGNAZIONE DELLA MELONI: DÀ PER SCONTATA LA DEBACLE NELLE TRE REGIONI AL VOTO
Marco Travaglio non gradisce che Conte si allei col Pd e parla a Matteo Renzi affinché Elly Schlein intenda. Dietro il botta e risposta con Matteonzo sull’ingresso di Italia Viva nel campo largo si nasconde, infatti, il vero obiettivo del direttore del “Fatto”: affossare l’alleanza tra dem e M5s. Se Conte dice no a Renzi – è il ragionamento di Marcolino – dice no anche alla linea Schlein, e quindi al Pd.
A rendere complicata la battaglia di Travaglio ci sono la base pentastellata e l’inner circle del “Fatto”, schierati su posizioni favorevoli al “campo largo”. A Marcolino non resta che giocarsi la carta della storica rivalità con il senatore semplice di Riad e provare a utilizzarlo come pretesto per far saltare il banco.
Nonostante le trappole di Travaglio, Elly tiene il punto e arriverà a una sorta di redde rationem con Conte, a cui farà capire di non poter impedire l’afflusso di voti di Italia Viva per costruire l’alternativa al governo Meloni. Che succederà? Renzi, una volta mollata la giunta Bucci a Genova, farà un appello a favore dell’alleanza con Pd e M5S, offrendo in sacrificio il simbolo di Italia Viva, che non sarà presente in Liguria nelle liste del campo largo.
Sul fronte del centrodestra Salvini continua a ricicciare la candidatura del suo fedelissimo Edoardo Rixi. Resta il veto del Capitone su Ilaria Cavo, sia perché è troppo totiana, sia perché è finita nell’inchiesta dei finanziamenti di Spinelli a Toti (citata ma non indagata).
A questo atteggiamento l’ex governatore oppone la stessa reazione: Senza lista Toti, il centrodestra non vincerà.
In questo caos, la Meloni si è rassegnata e dà per scontata la sconfitta nelle tre regioni (Emilia, Umbria, Liguria) che andranno al voto…
(da Dagoreport)
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Settembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
L’ANALISI DEL RICERCATORE DELL’ISPI: “IL LAVORO SPORCO LO FA LA TUNISIA CON I SUDSAHARIANI PER RAGIONI DI POLITICA INTERNA”… “IL TASSO DI RIMPATRIO E’ DEL 20%, IL CPR IN ALBANIA NON SERVE A NULLA”
Nell’ultimo anno i numeri degli sbarchi in Italia sono più che dimezzati. Secondo gli ultimi dati del Viminale, i migranti arrivati nelle coste italiane dal primo gennaio ad oggi superano di poco i 41mila, contro i 114mila del 2023. “È vero che rispetto all’anno scorso e pure al 2022, c’è stato un calo significativo. Potremmo parlare di un crollo simile a quello che c’è stato nel 2017. Ma è sempre un po’ sbagliato guardare ai numeri da inizio anno, perché i cali possono avvenire i tutte le parti dell’anno”, dice a Fanpage.it Matteo Villa, ricercatore presso l’Istituto per gli studi di Politica internazionale (Ispi).
Come possono essere letti allora questi dati?
Per capire il calo – circa il 65% – dobbiamo innanzitutto parlare dell’esplosione degli ultimi anni e del perché la flessione registrata ora è destinata a fermarsi. La stragrande maggioranza dell’aumento degli arrivi avvenuto nel 2022 e 2023 era dovuta alle persone africane subsahariane che partivano dalla Tunisia. Prima arrivavano principalmente dalla Libia. Oggi invece, i numeri del ministero dell’Interno riportano un calo del 25% degli arrivi dalla Libia, ma il crollo vero, di oltre l’80%, riguarda africani e subsahariani dalla Tunisia. Esiste però una base di arrivi che non si è spostata molto in questi anni. Parliamo, cioè, di circa 20mila tunisini e circa 40-50mila persone che arrivano dalla Libia ogni anno.
Quali sono le ragioni?
Diciamo che in questi anni abbiamo assistito a esplosioni seguite da riduzioni repentine e al tentativo dell’Europa di tenere la mano sul coperchio di una pentola a pressione, ma la pressione sta aumentando. Dal 2012 in poi il trend degli arrivi è completamente cambiato. Ogni volta che la politica se n’è accorta, ha provato a metterci una pezza ma da qualche parte qualcun altro che vuole arrivare ci riprova, com’è avvenuto prima con la Libia e poi con la Tunisia.
Negli ultimi tempi però, sembra che in molti abbiano optato per le rotta spagnole, in particolare quella per le Canarie. Secondo i dati del ministero dell’Interno, gli sbarchi nel Paese sono aumentati del 126%.
Le persone dell’Africa occidentale che non riescono ad arrivare da noi possono provare ad andare a ovest, verso le Canarie, però è molto rischioso. Bisogna fare attenzione in relazione quest’aumento con i dati italiani. Il calo registrato in Italia è molto più alto rispetto all’aumento dei migranti arrivati alle Canarie. Le due cose non sono comparabili.
In Italia Giorgia Meloni e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, hanno festeggiato il trend negativo degli sbarchi come risultato del lavoro svolto sul piano dei flussi migratori. In occasione del primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva la premier ha elencato le priorità dell’approccio italiano al fenomeno, parlando di “difesa suoi confini esterni, contrasto all’immigrazione irregolare di massa e impegno per stroncare il business dei trafficanti di esseri umani. Le scelte che abbiamo preso, l’inteso lavoro diplomatico e internazionale con le Nazioni africane e gli accordi che abbiamo sottoscritto con loro – a partire da Tunisia e Libia – sono giuste e funzionano”, ha detto. È così?
Questo governo è arrivato al potere promettendo il ‘blocco navale’. Ovviamente non c’è stato perché non si poteva fare ed era una cosa assurda, improponibile e chiaramente illegale. Ciò che ha fatto il governo e in generale l’Europa, è stato cercare di scoraggiare gli arrivi, tentando di far fare agli altri il lavoro che non possiamo fare noi, sia legalmente che eticamente.
Che intende?
Tappandoci gli occhi, lasciamo che siano i paesi del Mediterraneo a fare il lavoro. Già nel 2017 Minniti è riuscito a farlo con la Libia, con milizie che trattenevano le persone anziché farle partire. Lo stesso è accaduto dal 2022 al 2024, ma se ne sta parlando molto poco ed è incredibile che nessuno se ne accorga. In Tunisia le politiche sono altrettanto brutali. Se prima era molto più facile uscire dal Paese, per cui quando qualcuno veniva catturato dalla guardia costiera tunisina e riportato indietro, rimaneva comunque libero, a partire da marzo dell’anno scorso le cose sono cambiate. Ci sono state migliaia di persone prese, portate alla frontiera con la Libia o con l’Algeria e lasciate nel deserto. Sistematicamente, ogni volta che una persona viene beccata in mare dalla guardia costiera tunisina viene riportata alla frontiera. Si tratta di una misura di dissuasione fortissima. In sostanza, l’idea dell’azione diplomatica italiana ed europea è: paghiamo gli altri perché facciano il nostro lavoro sporco. E infatti, Kais Saied ha deciso di adottare la stessa narrazione di sostituzione etnica e di paura dell’africano nero, evidente segnale di un razzismo sistemico assolutamente presente anche in Tunisia.
Dunque potremmo dire che il calo degli sbarchi è in gran parte dovuto alla linea repressiva assunta dal presidente tunisino?
Ha sicuramente funzionato molto bene. Noi pensiamo sempre che i flussi non siano bloccabili, ma in realtà non è così affatto. Se tu applichi politiche brutali la voce si sparge e quindi il flusso diventa bloccabile. Il problema è capire a che prezzo. Come politica di dissuasione ciò che il governo italiano ha fatto è cercare di scoraggiare l’attività delle ong.
Ha funzionato?
Poco. In realtà il numero delle persone che partono non dipende affatto dalla presenza o meno di una o più navi davanti alle coste. Per esempio quest’anno il numero di persone salvate dalle Ong è identico a quello dell’anno scorso, cioè 13mila. Scoraggiarle attraverso rotte vessatorie, che impongono di sbarcare non in Sicilia ma a Ravenna o a Genova sprecando carburante e lasciando le persone per 4-5 giorni sulla nave non ha alcun senso. Una politica che però, continua a essere messa in atto. Basti pensare al provvedimento di fermo di 60 giorni emesso la settimana scorsa nei confronti di Geo Barens, la nave di soccorso di Medici senza Frontiere. Non è questo a scoraggiare le partenze, ma piuttosto le azioni brutali attuate dalle milizie libiche prima e dalla Tunisia ora. La finestra di opportunità che si era aperta per i migranti si è chiusa e ora queste persone, davanti alla repressione, scappano altrove. D’altronde, da quando il governo Meloni si era insediato a ottobre 2022 fino a settembre 2023, gli sbarchi in Italia erano esplosi. Non c’è stato nessun effetto annuncio legato all’arrivo di un governo di destra. Allo stesso modo, non si può dire ‘ci è voluto un anno ma poi ce l’abbiamo fatta’, perché si è trattato di far fare il lavoro sporco agli altri, così in Libia nel 2017, come in Tunisia nel 2024. Saied steso ha raccontato di voler portare avanti politiche anti-africane, in una sorta di caccia all’immigrato che risulta brutalmente efficace. Alla fine non è così tanta la differenza tra torturare una persona e farle rischiare la morte attraversando il mare per poi ributtarla indietro, magari lasciandola nel deserto.
Ma se la situazione è così come viene descritta, perché se ne parla poco?
La cosa in effetti mi sorprende. A mio avviso il motivo per cui anche il governo ne parla poco, se non in maniera selettiva e un po’ tecnica, è che al di là dei numeri, si tratta di un argomento che può portare acqua al mulino della maggioranza ma allo stesso tempo può generare divisioni interne.
Una strategia insomma?
Sì, una buona strategia. Il tema non finisce sulle prime pagine perché la politica ne parla poco e la nostra attenzione mediatica è molto più condizionata dalla politica di quanto ci immaginiamo. Credo che Meloni voglia evitare che un alleato come Matteo Salvini possa battere sul tema o addirittura, arrogarsene il merito.
Tra le politiche intraprese dal governo Meloni in materia di migranti, c’è il protocollo siglato con l’Albania. Cosa ne pensa?
È un accordo completamente inutile. Non capisco perché Meloni l’abbia utilizzato come una sua iniziativa di bandiera dal momento che si scioglierà come neve al sole. Oltretutto penso che sia stata un po’ sfortunata perché siccome i centri non sono ancora partiti, da inizio maggio, Meloni non può arrogarsi il merito del calo. Il governo non può nemmeno dire di aver dissuaso le persone dal partire perché sanno che andrebbero in Albania. Se andiamo a vedere i numeri infatti, le persone che possono essere accolte simultaneamente in Albania dovrebbero essere circa duemila e tutte queste persone, o almeno una larga parte di queste, dovrà fare comunque tornare in Italia. Il motivo per cui questo succede è che un centro di rimpatrio, dovunque tu lo metta, in Italia o in Albania, non funziona. In primo luogo perché non è possibile rimpatriare le persone in due giorni; in secondo perché in moltissimi casi non è proprio possibile rimpatriarle. Il tasso di rimpatrio in Italia è del 20%. Verso l’Africa subsahariana è del 13% e verso alcuni Paesi, come il Gambia, è del 3-4%. Questo vuol dire che dall’80 al 95% delle persone che saranno in quei centri non verranno mai rimpatriate. È un’impresa fallimentare.
Al momento della presentazione dell’accordo con Tirana, Meloni aveva annunciato che i centri avrebbero potuto ospitare fino a 36mila persone l’anno, ma dal bando di gestione delle strutture è poi emerso che i posti disponibili sono molti meno.
Penso che più di ottomila persone l’anno non riusciranno a starci, il che, confrontato agli sbarchi dell’anno scorso, oltre 155mila, è ben poco. Oltretutto, per finire lì i migranti non dovranno essere arrivata in Italia, ma dovranno essere salvati, o comunque fermati dalla Guerra Costiera in Italia. Questo potrebbe spingere alcune persone a fare delle manovre in mare molto più pericolose per evitare di essere beccate dalla Guardia Costiera. In sostanza, non cambierà nulla. Forse inciderà sulle procedure di sbarco ma alla fine andranno fatte in Albania e a un costo maggiore. È una misura che non non alleggerirà le casse dello Stato, né agevolerà da un punto di vista logistico-diplomatico e di personale, e in più probabilmente i numeri saranno molto bassi. È strano che Meloni, che dopo esser arrivata al governo annunciando politiche distruttive ha poi adottato una linea prudente sui migranti, ignori il rischio di un progetto del genere. Un disastro che probabilmente documenteremo quando i centri verranno aperti.
(da Fanpage)
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Settembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
E’ LA FRASE EMERSA DALLE CHAT TRA GDF E CAPITANERIA DI PORTO, PRIMA DELLA STRAGE DI CUTRO
Ricordate Cutro? È il luogo dove la presidente del Consiglio andò a sbeffeggiare i sopravvissuti: “Ma non lo sapevate che era pericoloso partire?” chiese ai parenti delle 94 persone morte, fra cui sorelle, fratelli e anche alcuni genitori di quei 35 minorenni morti durante il naufragio.
Che qualcosa nei soccorsi non avesse funzionato, fu chiaro da subito. Il rimpallo delle responsabilità che oggi emerge, però, è da brividi. Nelle chat tra la Guardia di Finanza e la Capitaneria si erano scritti “So’ migranti”, e non avevano attivato i soccorsi.
Entrambi i corpi dello Stato italiano non avrebbero fatto ciò che era necessario per salvare le persone a bordo dell’imbarcazione, che sapete come si chiamava? Summer Love. Nome da villaggio turistico: Estate d’amore a cui però i migranti non sono mai arrivati, perché morirono d’inverno con l’affondamento del caicco, nella notte fra il 25 e il 26 febbraio 2023.
“So’ migranti. Un mesetto tranquillo”, si scrivono in chat fra Guardia di Finanza e Capitaneria. Un “mesetto tranquillo” perché se sono migranti non importa attivare i soccorsi. La risposta a quella frase virgolettata fu: “In realtà non si è visto nessuno ma è una barca tipica”, cioè sono tutte così le barche dei disperati che ci provano, come dire: aspettiamo. Anche se poi il tenente colonnello specifica al maggiore che “sotto il flir è nero”, dimostrando così che dal rilevamento a infrarossi era già ipotizzata la presenza di molte persone sotto coperta.
Un’imbarcazione malandata con a bordo dei migranti, questo lo avevano capito subito, prima della tragedia, e oggi si rimpallano le responsabilità del soccorso mancato, come dopo il naufragio si rimpallavano quelle su chi sarebbe dovuto partire per aiutare. E poi non partì nessuno.
“Eh, poi vediamo se… Come si evolve la situazione perché al momento non… Non abbiamo nessun genere di richiesta”, si dicono in chat. Già, vediamo come si evolve. È evoluta così: 59 morti e un piccolo carico di sopravvissuti disperati.
A Cutro fu firmato il Decreto Cutro, ricordate? Tutti i Ministri riuniti dalla presidente del Consiglio nel paese calabro per firmare un decreto che tra le altre cose limitava la protezione speciale per le persone migranti. È necessario essere dei geni al contrario, per concepire qualcosa contro i sopravvissuti e decidere di firmarla proprio nel luogo dove i loro parenti hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere quel luogo.
È colpa di Giorgia Meloni e del suo Governo, ma non è soltanto responsabilità loro. Sarebbe più semplice l’individuazione di un colpevole unico, faciliterebbe le risposte. Ma le politiche del centrosinistra, negli anni in cui ha avuto responsabilità di Governo, sono state fallimentari. E gli accordi con la cosiddetta Guardia costiera libica, inaugurati dal Governo Gentiloni, ministro Minniti in carica, hanno forse rappresentato il punto più basso. Su quegli accordi la leader del PD Elly Schlein si è sempre espressa in modo contrario, ma va anche ricordato che sono stati quegli accordi ad aprire la collaborazione con i taglieggiatori libici, rappresentati fra gli altri da Bija, ucciso a Tripoli pochi giorni fa, già ricercato a livello internazionale e considerato il più grande trafficante di esseri umani al mondo. Si sapeva già nel 2017 chi fosse, quando poi un’inchiesta di Avvenire inchiodò il governo italiano alle sue responsabilità: aveva trattato con lui le fornitura italiane alla Libia.
La colpa non è del deserto, e non è del mare. Le responsabilità sono di chi non libera spazi, di chi li comprime. Le colpe sono di chi potendo fare molto, ad esempio aprendo corridoi umanitari, sceglie al contrario di soffiare sul fuoco della paura
Sono le leggi e le persone, talune persone, a rendere il deserto e il mare luoghi di morte ciclica. In mare si muore provando a raggiungere l’Europa, e nel deserto si cade dai camion da vivi, e si viene abbandonati lì a morire. Oppure si viene violentate durante la notte, nelle fermate.
La colpa è nostra ogni volta che pensiamo “So’ migranti”, ogni volta che scrolliamo le spalle, ogni volta che la provenienza geografica è sufficiente per stabilire una scala di priorità nei salvataggi.
“So’ migranti” mi fa paura perché tende all’abitudine, e l’abitudine alla noia, alla ripetitività della morte da cui non c’è fuga. Non c’è razzismo, non c’è cattiveria esplicita in quell’affermazione “So’ migranti”, e per questo mi fa ancora più paura, perché “So’ migranti” siamo un po’ anche tutti noi quando ritiriamo la mano, quando pensiamo che in fondo non è colpa nostra, e che qualcun altro dovrebbe pensarci.
Invece la campana suona per noi, ancora una volta, parafrasando il poeta John Donne.
(da Fanpage)
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Settembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
IL VOLUME ESCE IL 10 SETTEMBRE E SARA’ PRESENTATO A ROMA
La segretaria del Pd Elly Schlein sceglie Instagram per parlare del suo libro in uscita il 10 settembre prossimo.
Il testo, un’intervista a cura della giornalista Susanna Turco, si intitola «L’imprevista, un’altra visione del futuro» ed è edito da Feltrinelli.
Come spiega la stessa Schlein: «Nasce da un viaggio attraverso l’Italia, un viaggio di ricucitura della sinistra, di quella casa che stiamo cercando insieme di ricostruire. E’ l’occasione di raccontare le nostre battaglie e il mio impegno politico, le stesse battaglie che stiamo portando avanti per costruire un’alternativa per questo paese».
La segretaria del Pd presenterà il libro a piazza Vittorio, Roma, il prossimo 10 settembre.
(da agenzie)
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Settembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
IL COMITATO SICUREZZA DELLA CAMERA INDAGA SUI VIDEO GIRATI GRAZIE AGLI OCCHIALI CON TELECAMERA
“Dopo la pubblicazione di documenti riservati da parte della dottoressa Maria Rosaria Boccia, a cui era stato promesso l’incarico di consulente per i grandi eventi del ministro della Cultura, il ministro Sangiuliano deve dimettersi immediatamente perche’ incompatibile con la carica che ricopre.
Deve farsi da parte. Il ministro non ha spiegato perche’ la dottoressa Boccia, pur non avendo alcun ruolo nel ministero, abbia utilizzato mezzi e servizi dello Stato, inclusa l’auto della scorta. Sangiuliano afferma di aver pagato tutto lui, ma fermo restando che questo e’ da verificare, l’uso improprio di mezzi e servizi dello Stato potrebbe configurare il reato di peculato. Il ministro ha commesso una grave leggerezza, ma non si assume la responsabilita’ delle sue azioni”. A dichiararlo e’ il portavoce di Europa verde e deputato di Alleanza verdi e sinistra, Angelo Bonelli.
Bonelli, poi, spiega: “Le questioni che emergono sono rilevanti: telefonate registrate, e-mail istituzionali preparatorie all’incarico di consulente e viaggi in varie localita’ per conto del ministero o in sua rappresentanza, come a Taormina. Poiche’ ne’ la premier ne’ il ministro hanno ritenuto di rispondere al quesito che poniamo da giorni, ovvero se la dottoressa Boccia abbia utilizzato mezzi e servizi dello Stato, ho deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Roma”.
Si muovono gli organi competenti di Montecitorio in merito ai video girati all’interno del Palazzo da Maria Rosaria Boccia, mancata consulente del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. A quanto apprende LaPresse da fonti della Camera, la questione sarebbe già all’esame dei predetti organi e in particolare del Comitato per la sicurezza di Montecitorio.
(da agenzie)
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Settembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
“SIAMO SOTTO ORGANICO E IN QUESTI UFFICI LE COMPETENZE CONTINUANO AD AUMENTARE”… LE PERPLESSITÀ TECNICHE DEI GIP: L’AFFAIRE CPR IN ALBANIA PONE UNA SORTA DI “RITO OBBLIGATORIO”, CON TEMPI INEVITABILMENTE PIÙ LUNGHI ANCHE PER LE QUESTIONI MINORI
Cpr in Albania, che confusione. E l’allarme, questa volta, arriva dal Tribunale di Roma, competente, così prevede la legge, per tutti i reati commessi nel nuovo Centro di permanenza per il rimpatrio. Quello per l’identificazione in costruzione a Shenjing mentre il Cpr vero e proprio sarà a Gjader, due paesi che distano uno dall’altro una ventina di chilometri.
L’accordo tra il governo Meloni e il governo Rama parla chiaro: realizzare il primo centro per migranti italiano in terra straniera. E quella superficie di oltre 77 mila metri quadrati, con dieci container attorniati da altissimi muri e filo spinato, sarà sotto la giurisdizione dello Stato Italiano. Forze dell’ordine italiane, leggi italiane. Subito fuori dal perimetro la situazione cambia. E lo dimostra la presenza dei corpi armati albanesi.
L’applicazione dal punto di vista giuridico però appare decisamente più complessa. Tutte le questioni che riguarderanno i reati commessi nel Cpr, tranne quelli ai danni dei cittadini albanesi, transiteranno al quinto piano di piazzale Clodio. Ufficio Gip. Dove i giudici dovrebbero essere quarantuno, ma sono trentadue. Di cui quattro con esoneri di vario tipo. Per cui, il numero effettivo scende a ventotto. Ecco.
Sulle loro scrivanie finirà ogni tipo di questione: dalle rivolte alla resistenza a pubblico ufficiale ai fatti violenti tra i trattenuti. Pure quegli episodi più lievi, che generalmente vengono trattati diversamente.
«In questo caso non si applicano le norme dei giudizi di direttissima», spiegano tra i corridoi di Palazzo di Giustizia. Senza nascondere perplessità. E lesinare sulle critiche. Si inizia dalla questione personale. «Siamo sotto organico», mormorano a piazzale Clodio. «È una questione nota. Eppure l’ufficio Gip accumula competenze, ma le risorse non vengono aumentate». E il Ministero della Giustizia, così dicono, per ora pare non preoccuparsene.
Alla carenza di personale rispetto ai possibili carichi di lavoro, si sommano poi le perplessità tecniche. L’affaire Cpr in Albania pone una sorta di rito obbligatorio. Con tempi inevitabilmente più lunghi anche per le questioni poco più che bagatellari. «Andiamo per ordine», sollecitano dagli uffici. «Perché ogni passaggio rappresenta un problema».
Il pubblico ministero ha 48 ore per comunicare l’arresto e il giudice a sua volta deve fissare l’udienza di convalida entro le 48 successive. «Tempi lunghissimi, come se fosse un processo speciale per reati che si potrebbero trattare molto più facilmente». All’udienza, va da sé, l’imputato deve presenziare.
«Verrà fatta da remoto sulla piattaforma Teams», spiegano. «Ma per questo servono aule con schermi da videoconferenza». Quelle, ad esempio, che sono state allestite alla diciottesima sezione del tribunale civile. «Se servirà, ci metteremo lì». E i difensori come potranno dialogare con gli arrestati in modo riservato? E gli interpreti? E il legale, prima dell’udienza, potrà connettersi dal proprio ufficio o dovrà usare sempre la postazione del tribunale?
In caso di convalida dell’arresto, infine, ci sarà da capire dove il detenuto resterà in misura cautelare. In Albania? O verrà portato in Italia? Con costi che si aggiungono a quelli già esorbitanti del progetto.
Per la costruzione delle due strutture, fino a questo momento, sono stati spesi 800 mila euro. E solo per l’indennità di trasferimento delle forze dell’ordine in servizio al Cpr c’è da considerare circa un milione al mese.
(da agenzie)
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