Aprile 4th, 2025 Riccardo Fucile
LO CERTIFICA L’ISTAT: LA PRESSIONE FISCALE E’ SALITA AL 42,6% E NELL’ULTIMO TRIMESTRE IL DATO SFONDA IL 50%
Sale la pressione fiscale in Italia. Lo certifica l’Istat nei suoi conti trimestrali,
confermando i dati diffusi già all’inizio del mese di marzo. Secondo l’istituto si è attestato al 42,6% del pil, registrando un incremento di 1,2 punti percentuali rispetto ai 41,4 del 2023. Il dato è tre decimi di punto più alto rispetto a quanto messo per iscritto a settembre nel Piano strutturale di bilancio. Particolarmente marcato il peso del quarto trimestre, periodo dell’anno in cui si concentrano maggiormente alcuni versamenti fiscali, con il dato che sale al 50,6% del Pil, in aumento di 1,5 punti percentuali rispetto al 49,1% dello stesso periodo dell’anno precedente.
Frenano le vendite al dettaglio
Numeri che si accompagnano a quelli poco incoraggianti arrivati sul fronte delle vendite al dettaglio a febbraio. Secondo i dati diffusi questa mattina dell’Istat si stima una variazione congiunturale lievemente positiva in valore (+0,1%) e stazionaria in volume. Su base annua, diminuiscono dell’1,5% in valore e del 2,5% in volume. Su base annua “si registra un calo sostenuto, il più ampio degli ultimi dieci mesi, sia in valore che in volume. La flessione coinvolge sia le vendite dei beni alimentari sia quelle dei beni non alimentari”.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2025 Riccardo Fucile
LA FREQUENTAZIONE DA PARTE DELLA DUCETTA E DEL MINISTRO DI UN ESCLUSIVO CENTRO ALL’EUR PER I TRATTAMENTI A FREDDO (A 80 GRADI SOTTO ZERO), ASSISTITI DA UN “LONGEVITY EXPERT” … “PRIMA DI DIVENTARE PREMIER, LEI ERA PROPRIO ADDICTED. LUI INVECE VIENE ANCORA SPESSISSIMO”
Giorgia Meloni e Francesco Lollobrigida a 80 gradi sotto zero. Il gelo li fa belli. La
“crio” li fa giovani. E questo elisir di lunga vita lo vendono all’Eur. “Quando può viene anche il presidente, qui”. Il presidente ossia “la” presidente? “Sì. Lei. Anche se prima di diventare premier, la vedevo più spesso. Aveva più tempo. Anzi prima di diventare premier, Giorgia Meloni era proprio una addicted”.
Prego? “Diciamo che era molto appassionata del trattamento, insomma addicted”. Un trattamento anti invecchiamento dei più futuribili. “Sì. Il ministro Lollobrigida, invece, viene ancora spessissimo”. Si vede che ha più tempo. A parlare al Foglio è Shura Santaroni, titolare d’una sorgente di bellezza all’avanguardia.
Quella di Shura è la voce che risponde al telefono dell’avveniristico “Longevity Suite” dell’Eur (quartiere Meloni-Lollo). E che di sé dice: “Sono la loro clinic manager”. La fata madrina di Palazzo Chigi. Se altre famiglie politiche scelsero infatti l’armocromia, in casa Meloni si va di crioterapia. Per quanto la passione riguardi più l’uomo, in realtà. Il maschio, in sostanza. E cioè il ministro dell’Agricoltura e (ex) cognato della premier Meloni. Ma, esattamente, di cosa parliamo quando parliamo di “crio”? “Il trattamento è di ultima generazione – spiega Santaroni – e dunque parliamo di una stanza con una temperatura che oscilla tra i meno 80 e i meno 90 gradi centigradi. Qui si entra e si percepisce subito il freddo. Che però, essendo secco, risulta meno pungente”.
Sono trattamenti rispetto ai quali in Italia non siamo ancora abituati. La crioterapia ha un suo immaginario californiano. Sa di “postumano”. Di Valle del Silicio. Di solito la fanno i ricconi che vorrebbero crioconservarsi, oltre che crioterapizzarsi. Sono quelli che aspirano all’immortalità come Bryan Johnson. Giusto? “Sì, proprio loro. Ma sono trattamenti che si stanno diffondendo anche da noi. California a parte, la crioterapia funziona molto a Milano, a Ibiza, in Turchia.
Anche se la nostra, all’Eur, è up tp date”. Cioè? “Ci sono due tipologie di crio suite: con o senza azoto. Quella che abbiamo noi, e che il ministro pratica e ama molto, è
senza azoto”. E la differenza qual è? “Nelle vecchie suite con l’azoto non si entra con la testa. Perciò il raffreddamento è meno omogeneo. E’ concentrato soprattutto nelle gambe.
Nella nostra suite, invece, i benefici sono a 360 gradi”. Ma a meno 90. Ci vuole coraggio. Ma il ministro ne ha da vendere e di certo, in quei momenti, pensa ai benefici. “In effetti i benefici sono tantissimi”. La terza età da scansare… L’età dell’oro da riconquistare… “Con la crio si riattiva il metabolismo, si riattivano gli ormoni del sonno, si tolgono le infiammazioni, la cellulite, si sentono le gambe più leggere, si perdono fino a 600 calorie, si stimolano il collagene e le sirtuine”. Cosa sono le sirtuine? “Sono le proteine che allungano la vita delle cellule”.
Lei segue personalmente il ministro nel suo percorso di ringiovanimento? “Sì. Lo seguo io, con un longevity expert”. Cosa fa un longevity expert? “E’ un esperto di longevità che viene una volta alla settimana per consulenze nutrizionali. Per il resto, facciamo anche dei test del dna, dell’epigenetica, del sonno. Abbiamo percorsi multidisciplinari, tecnologia, e poi tutta la parte olistica”, dice ora Shura Santaroni. Che quasi ricorda la Isabella Rossellini in “La morte ti fa bella”. La donna, magnifica come una dea, che vende altrettanta bellezza e giovinezza alle clienti. Anche se qui prevalgono “i” clienti. Ovvero i maschi. Fra i quali Lollo – già detto “Beautiful” ai tempi Colle Oppio. Il più noto fra i noti.
Dunque la longevity ha basi scientifiche? “Altroché”. Wikipedia scrive che l’efficacia della crioterapia si riscontra in pochissime prove. Ma chissà. A giudicare dalla longevity del governo, tra i primi cinque più duraturi della Repubblica, la crio suite è comunque consigliata a tutti i soci di maggioranza nonché ai leader d’opposizione.
(da Il Foglio)
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Aprile 4th, 2025 Riccardo Fucile
LA RISPOSTA EUROPEA SARÀ IN DUE TAPPE: “LA PRIMA A METÀ APRILE, LA SECONDA…”
Di solito attento a usare toni concilianti verso Donald Trump, il presidente francese
Emmanuel Macron ieri non ha saputo trovare frasi di circostanza per bilanciare il suo disappunto.
Macron si è rivolto ai francesi definendo i nuovi dazi americani «uno choc per il commercio internazionale» risultato di una «decisione brutale e infondata». E ha fatto appello a quanti stanno per impegnarsi negli Stati Uniti o lo hanno già fatto nelle ultime settimane (per esempio l’armatore Rodolphe Saadé di Cma Ccg, che un mese fa aveva annunciato 20 miliardi di investimenti): «Gli investimenti a venire o appena annunciati devono essere sospesi, finché non abbiamo chiarito le cose con gli Stati Uniti. Che messaggio daremmo, nel momento in cui gli americani ci danno addosso? È il momento di una solidarietà collettiva».
L’Europa risponderà in due tappe: «La prima a metà aprile, con le tasse già decise su acciaio e alluminio; la seconda risposta, più massiccia, a fine mese dopo uno studio settore per settore, e un lavoro con gli Stati membri».
L’obiettivo è costringere Trump a fare marcia indietro e «smantellare i dazi». L’Europa può riuscirci, perché «siamo un mercato di 450 milioni di abitanti, più grande degli Stati Uniti».
Ma i Paesi più vicini a Trump (per esempio l’Italia, seppure non citata esplicitamente) non cedano a trattative separate: «Dobbiamo restare uniti e determinati. I Paesi europei più grandi potrebbero voler giocare da soli. Non è una buona idea».
Quanto alla Germania, l’annuncio di Trump significa che anche il 2025 sarà con ogni probabilità un anno di recessione, il terzo consecutivo. Secondo i calcoli del KIW, l’Istituto di Kiel per l’economia mondiale, il più autorevole think tank sul commercio estero, i dazi «reciproci» costeranno alla Germania lo 0,5% di crescita economica nel primo anno dopo l’entrata in vigore. La crescita prevista — al netto dello stimolo di Merz, che però entrerà a regime solo nella seconda parte dell’anno — era dello 0,4%, e i dazi daranno il colpo finale.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2025 Riccardo Fucile
SE TRUMP AVESSE APPLICATO LA SUA SEMPLICISTICA FORMULA AI SINGOLI PAESI EUROPEI, L’ITALIA AVREBBE DOVUTO SUBIRE UN DAZIO DEL 32%, PIÙ DEL 31 IMPOSTO ALLA SVIZZERA E DEL 20 PER CENTO IMPOSTO ALL’UE
Nel governo di Giorgia Meloni in Italia ci sono già voci, come quella del leader della Lega, che accusano l’Ue di aver aumentato il costo dei dazi di Trump.
Von der Leyen è accusata di volersi “vendicare” contro il presidente repubblicano e di cercare una guerra commerciale che penalizzerebbe l’industria italiana.
La realtà è un’altra. L’Italia viene risparmiata grazie alla sua appartenenza all’Ue. Se Trump avesse applicato la sua semplicistica formula ai singoli paesi europei, l’Italia avrebbe dovuto subire un dazio del 32 per cento, più del 31 per cento imposto alla Svizzera e del 20 per cento imposto all’Ue.
Senza l’Ue l’Italia avrebbe dovuto pagare un dazio più alto di Germania e Francia, a cui la formula di Trump avrebbe inflitto un’aliquota del 25 per cento e del 14 per cento. Nel caos tariffario di Trump, anche i suoi alleati populisti brancolano alla ricerca di una via di fuga. Ma per loro è un’abitudine.
(da il Mattinale europeo)
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Aprile 4th, 2025 Riccardo Fucile
RISPETTO AL PRIMO MANDATO DI TRUMP, SI REGISTRA UN MAGGIORE MALCONTENTO TRA GLI AMERICANI
Da settimane, le persone si radunano negli angoli delle piccole città, nelle grandi
metropoli, per esprimere il loro scontento e incredulità riguardo al modo in cui il presidente Donald Trump sta governando il Paese. La protesta più imponente è prevista per sabato, con eventi in centinaia di luoghi in tutto il Paese. Più di 500.000 persone a livello nazionale hanno confermato la loro partecipazione a uno dei 1.000 raduni, marce o proteste, organizzati da un gruppo ristretto di movimenti dal basso.
«Il 5 aprile riguarda davvero il dire: ‘Ehi gente, uniamoci tutti in un solo giorno e mostriamo il potere delle nostre voci, assicuriamoci che vengano ascoltate per ciò che stiamo vedendo accadere con questa amministrazione, e opponiamoci a questi danni» ha detto Rahna Epting, direttrice esecutiva di MoveOn.
Tra i gruppi organizzatori ci sono realtà consolidate come Indivisible, Women’s March, MoveOn, Working Families Party e Public Citizen, oltre a gruppi di base come 50501, nati dopo l’Election Day
Le proteste sono aumentate in tutto il Paese man mano che Trump ha eliminato protezioni per immigrati e persone transgender e licenziato decine di migliaia di lavoratori federali. Alcune manifestazioni si sono concentrate sul supporto ai dipendenti pubblici, ai diritti LGBTQ, ai diritti degli immigrati, all’autodeterminazione della Palestina o al sostegno dell’Ucraina; altri hanno protestato contro l’agenda generale di Trump.
Solo a febbraio, secondo il Crowd Counting Consortium (progetto congiunto della Harvard Kennedy School e dell’Università del Connecticut), si sono tenute 2.085 proteste negli USA — in aumento rispetto alle 937 del febbraio 2017, primo mese del primo mandato Trump.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2025 Riccardo Fucile
PER FARE UN ESEMPIO: DALLA PROSSIMA SETTIMANA, UN’AZIENDA AMERICANA CHE COMPRA UN MACCHINARIO ITALIANO DEL VALORE DI 10.000 DOLLARI NE PAGHERÀ 2.000 ALL’ERARIO STATUNITENSE
Chi paga la tassa in dogana e a quanto ammonta?
Al contrario di quanto lascia intendere Trump, sono gli importatori a versare materialmente alla dogana l’importo di un dazio, calcolato applicando la percentuale stabilita sul valore del bene. Dalla prossima settimana, insomma, una azienda americana che compra un macchinario italiano del valore di 10.000 dollari ne pagherà 2.000 all’Erario statunitense.
L’anno scorso il valore di tutte le importazioni negli Usa è stato di 3.300 miliardi, su cui le dogane ne hanno incassati circa 83: con le nuove tariffe la somma salirà in teoria a quota 960 miliardi. Quella sulle sole merci europee passerà invece da sette miliardi di euro a 81, secondo una stima fatta ieri dalla Commissione. Sempre che le merci continuino ad arrivare, altrimenti gli introiti svanirebbero.
Quali sono le economie più penalizzate al mondo?
I risultati hanno del paradossale. La tariffa del 20% applicata all’Europa, per esempio, è del tutto sproporzionata rispetto al dazio medio che l’Ue impone alle merci Usa: il 2,7%. Dipende dalle barriere non tariffarie? No, e poi anche gli Stati Uniti ne hanno.
Dipende dall’Iva?
No, altrimenti non si capirebbe perché il Regno Unito, che pure la applica, sia tassato solo al 10%. E ancora: il Vietnam paga molto più dell’India, nonostante il livello delle sue tariffe sia più basso, perché ha un surplus più ampio. Mentre chi compra dagli Usa più di quanto venda, o poco meno, si salva con la tariffa base del 10%, anche quando ne applica una più alta. È il caso di Turchia o Argentina.
Perché si teme una nuova fiammata dell’inflazione?
Di fronte a quel costo extra alla dogana le aziende avranno di fronte una scelta. Provare ad assorbirlo, riducendo i propri profitti, o più probabilmente scaricarlo sui propri clienti, trasformandolo in dolorosa inflazione per i consumatori americani.
Se Apple lo facesse per intero, per esempio, il prezzo di un iPhone (assemblato in Cina o India) potrebbe arrivare a 2.300 dollari. Questo succederà soprattutto con i beni che non hanno alternative made in Usa. Ma anche se parte della produzione dovesse spostarsi negli Stati Uniti – come auspica Trump – l’azienda dovrebbe sostenere costi più alti, contribuendo così ad alzare il livello dei prezzi.
(da La Repubblica)
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Aprile 4th, 2025 Riccardo Fucile
LA PRIMA RISPOSTA ARRIVERÀ CON LE TARIFFE SU ALLUMINIO E ACCIAIO (26 MILIARDI DI EURO), POI L’UE SI DÀ TEMPO DUE MESI PER PROSEGUIRE
Donald Trump sta provocando il «caos» nel mondo. E l’Europa è pronta a «rispondere» senza rinunciare al negoziato. Ursula von der Leyen e i leader del Vecchio Continente replicano al presidente americano. L’Ue mette in campo i primi contro-dazi, che scatteranno su acciaio e alluminio da metà aprile. Per tutti gli altri la Commissione prende tempo, da quattro a otto settimane.
Il tempo utile per verificare se la Casa Bianca è pronta a trattare. E l’Unione propone da tempo di azzerare totalmente i dazi reciproci.
Ma l’esecutivo europeo ha bisogno di rallentare per fare i conti anche con i dissensi interni. Perché alcuni Paesi, in primo luogo Italia e Polonia, non vogliono ribattere a Washington con altre tariffe, con l’obiettivo di evitare una escalation
Questi due mesi possono servire anche ad affilare l’arma monetaria. La guerra dei dazi, infatti, potrebbe diventare anche quella dei tassi. È già partito il pressing sulla Bce per accelerare sul taglio degli interessi. In questo caso, non è solo l’Italia a spingere in questa direzione, ma anche la Francia.
L’idea è svalutare l’euro per compensare in parte i dazi imposti dagli Usa e facilitare l’export. A Palazzo Berlaymont sospettano che la stessa tattica sia seguita dall’Amministrazione statunitense: ridurre la quotazione del dollaro per esportare di più.
Appunto i prossimi sessanta giorni saranno utilizzati a studiare tutte le contromisure «se i negoziati fallissero ». In qual caso si arriverà anche a tassare le “Big Tech” americane (Google, Amazon, X, Netflix etc) e i servizi che forniscono (il settore in cui gli Usa hanno un saldo commerciale positivo). Ma si tratta di una extrema ratio.
Il tempo serve soprattutto a comporre le posizioni tuttora divergenti tra i 27. Se Roma e Varsavia invitano alla prudenza (l’Italia chiede anche di eliminare motocicli, alcolici, cosmetica e gioielleria dai futuri beni “daziati”), la Francia tira dritto.
Macron addirittura ha chiesto alle aziende transalpine di sospendere gli investimenti in Usa. La Germania si posiziona su una linea intermedia. I dazi sono «fondamentalmente sbagliati – ha detto il Cancelliere uscente, Olaf Scholz – e bisogna rispondere in modo unito, forte e appropriato», ma «siamo a disposizione per discutere ed evitare una guerra commerciale».
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2025 Riccardo Fucile
IL CAMMINO SINODALE FU CONVOCATO 4 ANNI FA DOPO LE SOLLECITAZIONI DEL PAPA E MOLTE RILUTTANZE – IN QUESTI ANNI I FEDELI, I TEOLOGI, GLI STESSI VESCOVI, INCORAGGIATI DALLE APERTURE DI BERGOGLIO, HANNO CAPITO CHE NON CI SONO TEMI TABÙ
«Non succedeva dai tempi di papa Sisto!», scherza il cardinale Matteo Zuppi. E in
effetti non accade spesso che la Cei cancelli un’assemblea. È successo per la morte di papa Wojtyla e per la pandemia. Quella di maggio prossimo è stata sconvocata per un fatto altrettanto straordinario: i vescovi avrebbero dovuto vidimare il documento approvato dall’assemblea, ma ieri padri e madri sinodali — un migliaio, oltre la metà laici — si sono rifiutati di votarlo perché troppo generico, vuoto. «Sembrava scritto 40 anni fa», dice un partecipante.
Non sarà la rivoluzione ma la cosa è eclatante. E ha due letture, una procedurale e l’altra politica. La prima: i moltissimi contributi arrivati dalle 226 diocesi italiane sono stati riassunti in 46 mila battute e 50 proposizioni. I delegati giunti in Vaticano non ci hanno ritrovato le tante questioni emerse in 4 anni di discussioni.
Non che fossero tutti d’accordo, anzi, ma c’era troppo poco su omosessualità, ruolo delle donne, corresponsabilità nella gestione delle parrocchie, trasparenza di bilanci, abusi sessuali. Poco o niente sulla Cei, tanti «bisognerebbe», «è auspicabile », e sui temi sociali poco più di una riverniciatura bergogliana. [.
Monsignor Erio Castellucci — uno dei vescovi che più si è speso per far decollare il sinodo — si è preso la colpa: «Eravamo come gli orsacchiotti usati da bersaglio al luna park».
Impensabile fino a poco tempo fa. Perché — ed è la lettura politica — il cammino sinodale italiano è stato convocato dopo molte sollecitazioni di Francesco e molte riluttanze. In quattro anni i fedeli, i teologi, gli stessi vescovi hanno scoperto un modo nuovo di essere Chiesa. Si può discutere, anche animatamente, non ci sono temi tabù. Il testo sterilizzava tutto. «Anni fa», dice un veterano, «alla fine avremmo abbozzato e votato». Stavolta no.
(da La Repubblica)
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Aprile 4th, 2025 Riccardo Fucile
“LA MIA OPINIONE E’ QUELLA DI ELON SONO SIMILI, LUI STESSO LO CONSIDERA UN LEADER FORTE. CHI HA INIZIATO LA GUERRA IN UCRAINA? SOLO CON IL TEMPO LO CAPIREMO” (EH NO, CARO ERROL, È CHIARO E LAMPANTE CHI HA INVASO)
Nella famiglia Musk, c’è una certa ammirazione per il presidente russo, Vladimir Putin.
Ad affermarlo è il padre di Elon Musk, Errol, in un’intervista con la Bbc Russia. “Se guardi Putin come un uomo, e non nel contesto della politica internazionale, è difficile non avere rispetto per lui”, ha affermato.
E a una domanda se Elon abbia detto qualcosa di simile sullo zar, Errol ha confermato che le loro opinioni sono simili, spiegando che le persone intorno a lui spesso cercano di convincere gli altri a non fidarsi di Putin, ma lui stesso lo considera un esempio di leader forte. In risposta all’osservazione secondo cui è stato Putin a iniziare la guerra in Ucraina, Errol ha ribattuto che “solo con il tempo capiremo chi l’ha davvero iniziata”.
In merito alla posizione di Elon sull’Ucraina, secondo Musk senior, la decisione di dare all’Ucraina l’accesso alla rete Internet satellitare Starlink sembrava giusta all’inizio della guerra, ma col tempo il conflitto si è trascinato. In ogni caso, ha categoricamente respinto l’idea che il cambiamento di opinione di Elon fosse dovuto a interessi commerciali.
Parlando della discesa in campo del figlio al fianco di Donald Trump, Errol Musk ha dichiarato di ritenere che nonostante il suo successo negli affari, Elon non sia in realtà tagliato per la politica: “È uno specialista tecnico, persone così si sforzano di raggiungere la logica e l’ordine. La politica è un caos senza fine in cui non c’è fondo, non ci sono confini e in cui è impossibile vincere”, ha dichiarato. E per quanto riguarda l’episodio del gesto condannato da molti come un saluto nazista, Musk senior ha negato questa ricostruzione parlando di disinformazione contro il figlio.
(da agenzie)
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