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L’IPOTESI DI UN FACCIA A FACCIA SUI DAZI TRA VON DER LEYEN E TRUMP IN OCCASIONE DEI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO FA INCAZZARE GIORGIA MELONI

Aprile 23rd, 2025 Riccardo Fucile

URSULA PROVA AD ANTICIPARE I TEMPI RISPETTO AL SUMMIT EURO-AMERICANO PROPOSTO DALLA DUCETTA NELLA CAPITALE A MAGGIO, CHE HA SUSCITATO MOLTE PERPLESSITÀ… A BRUXELLES SI VUOLE EVITARE CHE LA STATISTA DELLA GARBATELLA ASSUMA UN RUOLO DI MEDIATRICE USA-UE CHE MOLTE CAPITALI EUROPEE NON GRADISCONO… I MALUMORI DELLA MELONI SUL VERTICE A RIDOSSO DELLE ESEQUIE DEL PAPA. LA LEADER TEME CHE SALTI IL VERTICE DI MAGGIO CON I 27

Un incontro faccia a faccia con Donald Trump. Per anticipare i tempi. E per
evitare che lo sperato summit Ue-Usa non diventi una chimera.
Ursula von der Leyen sta tentando la mossa in grado di evitare che i contatti tra Bruxelles e Washington diventino oggetto di uno scontro dentro l’Unione europea. E che il ruolo di Giorgia Meloni non assuma un rilievo che molte capitali non gradiscono per niente.
I funerali di papa Francesco, allora, possono diventare l’occasione per riannodare i fili del dialogo con l’Amministrazione americana che da tempo si sono spezzati. Del resto il tycoon non ha mai nascosto di considerare l’Ue quasi un avversario e di non volere relazioni dirette con i suoi rappresentanti.
Sabato a Roma, però, ci saranno sia i tre vertici istituzionali dell’Ue (von der Leyen, Costa e Metsola) sia il nuovo presidente statunitense. E la presidente della Commissione sta verificando la possibilità di un colloquio bilaterale proprio con Trump.
L’ipotesi è ancora da concretizzare e una risposta non è arrivata dalla Casa Bianca. «Il viaggio della presidente Ursula von der Leyen a Roma è per i funerali del Papa, quindi per ragioni differenti – ha sottolineato una portavoce di Palazzo Berlaymont -. Al momento non ci sono aggiornamenti. Non posso però escludere che ci siano incontri bilaterali».
L’idea di cogliere l’occasione “italiana” si è rafforzata negli ultimi giorni in seguito ai tanti malumori emersi nei confronti della leader europea e in quelli della presidente del consiglio italiana. La proposta, avanzata da Meloni, di organizzare il summit euro-americano nella Capitale a maggio ha infatti suscitato molte perplessità. In primo luogo per il protagonismo assunto dalla premier del nostro Paese. E poi per una questione formale: «I vertici – hanno ribadito proprio i portavoce della Commissione – li convoca il Consiglio e non il governo di uno Stato membro». Ma al di là degli aspetti procedurali, l’idea di svolgere a Roma, di fatto sotto l’egida di Palazzo Chigi, un incontro con l’inquilino della Casa Bianca ha subito trovato le reazioni negative di Francia, Spagna, Polonia e anche Germania.
La vicinanza politica di Meloni a Trump viene giudicata un problema per l’Unione.
Sta dunque cercando di evitare che ci sia un peggioramento delle relazioni tra i 27 proprio provando a parlare direttamente con Trump. E evitando quindi l’intermediazione di Meloni.
C’è poi un aspetto più concreto che sta sempre più assumendo valore. Un summit con il leader di Washington dovrebbe essere convocato per ratificare un accordo sui dazi che ancora non c’è. I contatti a livello tecnico proseguono, ma la sostanza politica non è stata ancora messa a punto.
«Come sapete – ha ricordato lo staff di von der Leyen – la prima ministra Meloni è stata negli Stati Uniti la scorsa settimana e ha avuto un incontro con il presidente Trump. Questa visita è stata discussa e coordinata in più occasioni tra la premier Meloni e la presidente della commissione. Come abbiamo detto in più occasioni, tutti i contatti con le controparti statunitensi sono positivi. Ma sarebbe una buona idea incontrare la controparte statunitense una volta che è stato raggiunto un accordo nella sostanza».
Sbuffi di malumore trapelano dalla cerchia di Giorgia Meloni sul tentativo europeo di mettere in piedi un vertice Ue-Usa a Roma questo weekend, a ridosso di un funerale. Per di più: il funerale di un pontefice, per la cui dipartita la presidente del consiglio, da 48 ore, esterna un po’ ovunque, dai tiggì Rai ai giornali, il suo personale e profondo dolore. È un malumore per ora trattenuto, perché come ammettono diversi ministri, «nessuno può sapere come finirà».
Se cioè si arriverà davvero a una chiacchiera informale, con stretta di mano, fra Donald Trump e il duo che guida le istituzioni Ue, Ursula von der Leyen e Antonio Costa. In quel caso, Meloni dovrebbe probabilmente fare buon viso a un gioco che non condivide, per non apparire scavalcata.
Anzi, magari, proverà a intestarsi l’operazione. Però in questi giorni di negoziati sotterranei sull’asse Washington-Bruxelles, da Roma non filtra certo entusiasmo per la possibilità che il summit alla fine si tenga. E in questo modo: di fretta, a margine delle esequie papali.
Il perché è chiaro, raccontano nel giro meloniano: sarebbe squalificante parlare di dazi, cioè di affari, durante un funerale, peraltro in giornate su cui grava il lutto nazionale, che investe tutti gli appuntamenti istituzionali, persino la
ricorrenza degli 80 anni della Liberazione. «L’Italia è impegnata per un incontro a Roma, ma sabato ci sono i funerali e non penso che ci saranno riunioni tra le delegazioni, va rispettato il lutto dei cristiani», tagliava corto ieri il vicepremier forzista, Antonio Tajani.
I piani di Meloni di ritorno dalla Casa bianca erano altri: sognava un vertice strutturato fra l’Ue e The Donald, esteso ai leader dei 27 stati membri. Idea che ora traballa, soprattutto se il “contatto” Trump-Ursula alla fine dovesse esserci tra pochi giorni.
Quante possibilità ci sono che l’operazione possa ripetersi nelle prossime quattro-sei settimane, prima del vertice Nato di fine giugno? Nonostante le difficoltà, intorno alla premier si tenta comunque un rilancio sul summit di maggio. Con questo ragionamento: meglio farlo bene che così, con il rischio che sia infruttuoso, visto che le trattative sulle tariffe sono alle battute iniziali. Altro scenario invece, non sgradito alla premier, è quello di una semplice stretta di mano, a favore di flash, tra von der Leyen e Trump a San Pietro.
Sarebbe il segnale del riavvicinamento, ma senza una discussione vera, da sviluppare in seguito. Si studia comunque un piano B: un vertice senza l’Ue, con il format Quint (Gran Bretagna, Germania, Francia, Usa e Italia). Si parlerebbe soprattutto di Ucraina, di pace, non di beghe commerciali. È un’ipotesi, per ora sullo sfondo. Come quella di un incontro Trump-Zelensky, che per Tajani potrebbe essere al massimo «un saluto». Sul punto poi in maggioranza le posizioni restano molto distanti: ieri proprio mentre il ministro degli Esteri ribadiva che «Putin non può imporre la pace alle sue condizioni», Matteo Salvini lodava «il segnale importante di Mosca», cioè il piano russo svelato dal Financial Times, incalzando l’Ue ad avallarlo.
Per i funerali di Francesco, Meloni ha cancellato tutti gli appuntamenti della settimana: il premier time in Senato è rimandato al 7 maggio. Saltata la trasferta in Asia. La premier stamani dovrebbe visitare la camera ardente in piazza San Pietro. Poi sarà a Montecitorio per la commemorazione del pontefice. Parlerà, in una cerimonia che alla fine sarà congiunta, sia per la Camera che per il Senato, proprio come chiedeva la leader della destra. Decisamente infastidita, sulle prime, per la scelta dei due rami del Parlamento di procedere con due celebrazioni separate. Decisione rivista in serata, proprio come suggeriva Chigi.
(da agenzie)

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PER WILLIAM HILL, LA PIÙ FAMOSA CATENA DI SCOMMESSE DEL REGNO UNITO, IL FAVORITO A DIVENTARE PONTEFICE È IL CARDINALE PIETRO PAROLIN: VIENE DATO A 15/8, UNA POSSIBILITÀ DEL 35% DI ESSERE ELETTO. SEGUE IL FILIPPINO LUIS ANTONIO TAGLE, CON UNA QUOTA DI 10/3

Aprile 23rd, 2025 Riccardo Fucile

TRA I PAPABILI QUOTATI C’È ANCHE L’ATTUALE CAMERLENGO, IL CARDINALE KEVIN FARRELL, AMERICANO DI ORIGINI IRLANDESI

Lungo l’interminabile di King’s Road, la via di Londra che parte dalla piazza di Sloane Square, il cuore di Chelsea, il quartiere più elegante della città, a un certo punto la zona cambia nome in “World’s End”: all’incrocio della Fine del Mondo c’è l’insegna di William Hill, la più famosa catena di scommesse del Regno Unito. Di fronte, quella del concorrente: Paddy Power, di proprietà della società irlandese Flutter (che in Italia controlla il gruppo Sisal).
Entrando da William Hill, sugli schermi della sala scommesse c’è da ieri c’è una nuova e inusuale voce: Next Pope, il “Prossimo Papa”. Sono aperte le betting sul futuro pontefice che dovrà succedere a Papa Bergoglio, morto il Lunedì dell’Angelo dopo aver trascorso la domenica di Pasqua in mezzo alla folla in Piazza San Pietro, da «Papa del Popolo» come si era sempre presentato.
Il favorito, nella ex provincia di Britannia, è il cardinale Pietro Parolin: viene dato a 15/8. Puntando 8 Sterline se ne incassano 15, ed equivale una possibilità di circa il 35% di essere eletto, la più alta tra tutti i papabili. Segue poi il filippino Luis Antonio Tagle, con una quota di 10/3, e la possibilità di vincere più di tre volte la scommessa.
I patiti, o gli speculatori, farebbero meglio a puntare sul semisconosciuto Leonardo Steiner: è il brasiliano arcivescovo di Manaus, la città dell’Amazzonia: viene pagato 100/1. Se uno puntasse 100 Sterline, ne potrebbe vincere 10.000. Ma è appunto un azzardo: perché le possibilità che dopo l’argentino Bergoglio, venga scelto un altro Papa sudamericano sono molto basse
In duemila anni di Vescovi di Roma, c’è stato un solo inglese: Adriano IV nel XII secolo, prima dello scisma di Enrico VIII. Gli irlandesi lo odiano perché, a loro dire, è stato il Papa che ha regalato l’Irlanda all’allora Inghilterra: grazie alla sua bolla “Laudabiliter”, il Re Enrico II invase l’isola e la annesse al suo regno
Ironia della sorte, tra i papabili stimati da William Hill, c’è anche l’attuale Camerlengo, il cardinale Kevin Farrell: è un americano, ma di origini irlandesi. La sua quota è di 25 a 1: il classico cavallo della seconda fila che potrebbe sorprendere tutti.

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ROMA CITTÀ BLINDATA, CECCHINI SUI TETTI E METAL DETECTOR PER ACCEDERE A SAN PIETRO: LA CAPITALE SI PREPARA AL FUNERALE DI PAPA FRANCESCO

Aprile 23rd, 2025 Riccardo Fucile

INTORNO ALLA PIAZZA CI SONO I MILITARI CON “BAZOOKA” SPECIALI PER NEUTRALIZZARE I DRONI. L’AERONAUTICA È IN PRE-ALLERTA, PER ASSICURARE PROTEZIONE DURANTE LE ESEQUIE … IL QUARTIERE PARIOLI SI BLINDA IN ATTESA DELL’ARRIVO DI DONALD TRUMP, CHE ALLOGGERÀ A VILLA TAVARNA … CI SARANNO GESTIRE 170 DELEGAZIONI ESTERE STIMA DEI FEDELI CHE ARRIVERANNO

Duecentomila persone in piazza e 170 delegazioni di capi di Stato e di governo a San Pietro soltanto il giorno del funerale: è la stima venuta fuori ieri dalla riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica riunito dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
«Crediamo che questa possa essere la cornice massima e poi vediamo come si confermerà spiega Piantedosi – . Siamo di fronte ad un evento straordinario per una serie di concomitanze che credo quasi mai si siano verificate: i funerali del Santo Padre, in un momento in cui abbiamo le celebrazioni del 25 aprile, che si svolgeranno secondo canoni già previsti e per cui non ci sono preoccupazioni. E poi abbiamo il Giubileo degli adolescenti, i cui eventi sono stati confermati». Sabato maxischermi a Piazza Pia, Piazza del Risorgimento e via della Conciliazione per chi resterà fuori.
Ma da oggi Roma è pronta ad assistere fino a due milioni di persone che, già dall’alba e fino a sabato, faranno la fila per rendere omaggio alla salma di Papa Francesco. Nessuna zona rossa, ma una grande area di prefiltraggio prima dell’ingresso in piazza San Pietro.
Duemilacinquececento volontari della Protezione civile arrivati da tutta Italia, 250 medici che si affiancheranno alla Sanità del Lazio per l’assistenza ai pellegrini, la gestione dei flussi e della mobilità, il sistema informativo che dovrebbe utilizzare anche l’It-alert per far giungere direttamente sui cellulari di chiunque entrerà nella zona del Vaticano notizie e suggerimenti.
E naturalmente un imponente servizio di sicurezza e di intelligence con l’estensione della no-fly zone ben oltre l’area del Vaticano, duemila uomini di polizia, carabinieri e guardia di finanza, oltre a quelli messi in campo dalla polizia locale e dai vigili del fuoco. Tiratori scelti sui tetti a vegliare sulla sicurezza della folla e delle delegazioni e poi sabato sul corteo che porterà la salma del Papa in Santa Maria Maggiore per la sepoltura.
Nel quartier generale della Protezione civile si lavora senza sosta all’organizzazione dei flussi dei pellegrini, ai percorsi che dovranno seguire, all’assistenza da mettere in campo. L’evento di riferimento è quello dei funerali di Giovanni Paolo II, nel 2005. Allora furono due milioni le persone presenti
ma quell’anno gli eventi del Giubileo ebbero ben più partecipanti di quello attuale che, proprio da venerdì, vedrà l’evento finora più affollato, con 150mila ragazzi in arrivo per il Giubileo degli adolescenti.
Già da ieri sera, tutti in campo per indirizzare i primi pellegrini che, dalle 11 di questa mattina potranno entrare a San Pietro per rendere omaggio al Pontefice. L’accesso sarà consentito solo da Piazza Pia dove avverrà il filtraggio affidato naturalmente alle forze dell’ordine con passaggio sotto ai metal detector . Da lì in fila per percorrere tutta via della Conciliazione. L’ingresso alla Basilica avverrà solo da destra, l’uscita solo da sinistra dopo l’omaggio alla salma del Papa.
Il dispositivo di Protezione civile sarà attivo già prima, attenderà la gente alle fermate della metropolitana in modo da indirizzarla lungo i percorsi corretti. Già pronto anche il piano sanitario con punti medici all’interno della zona post-filtraggio mentre altri saranno previsti nelle aree limitrofe con l’impiego di personale medico di Protezione civile, Croce Rossa, 118, Regione Lazio e Sanità militare. L’utilizzo del sistema It-alert consentirà ai cellulari agganciati dalle celle dell’area del Vaticano di ricevere in tempo reale notifiche sui tempi di attesa, movimenti con i mezzi pubblici e il link ad una pagina con tutte le informazioni.
(da La Repubblica)

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IL SODALIZIO TRUMP-MUSK FA MALE A TESLA: L’UTILE NETTO CROLLA DEL 71%

Aprile 23rd, 2025 Riccardo Fucile

MUSK ORA VUOLE DEDICARE PIU’ TEMPO ALL’AZIENDA, FARA’ IL POLITICO SOLO UN GIORNO ALLA SETTIMANA

Che gli affari di Tesla non stessero andando a gonfie vele lo si era intuito già da qualche tempo. Ora, però, è arrivata anche la conferma ufficiale.
La casa automobilistica di Elon Musk ha chiuso il primo trimestre del 2025 con numeri molto negativi. I ricavi del colosso delle auto elettriche sono scesi del 9% a 19,3 miliardi, mentre l’utile netto è crollato del 71% a 409 milioni di dollari. Guardando ai prossimi mesi, le prospettive sono tutt’altro che rosee. Non solo per la crescente disaffezione dei consumatori – americani e non – per le aziende di Musk, ma anche a causa della guerra commerciale scatenata da Washington.
«L’incertezza sui mercati automobilistico ed energetico continua ad aumentare
perché la rapida evoluzione delle politiche commerciali influisce negativamente sulla catena di approvvigionamento globale e sulla struttura dei costi di Tesla e dei nostri rivali», ha spiegato in una nota il colosso americano delle auto elettriche.
Musk: «Dedicherò più tempo alla mia azienda»
Il sodalizio con Trump, insomma, non sembra aver giovato agli affari di Tesla. Anzi, il protagonismo politico di Elon Musk si è trasformato in un vero e proprio boomerang, che ha finito per dare vita a campagne di sabotaggio contro i suoi marchi in tutto il mondo. Ed è proprio per mettere un freno a questa situazione che il miliardario americano ha deciso di ridurre il lavoro per l’amministrazione americana a partire da maggio. Secondo il Washington Post, Musk è stanco di dover affrontare quella che considera una serie di attacchi immorali da parte della sinistra alle sue aziende. Ma la verità è che non sono solo le campagne di boicottaggio ad aver contribuito alla brutta performance economica di inizio 2025. Da ormai diversi mesi, le azioni e le vendite di Tesla
sono calate bruscamente, anche a causa della forte concorrenza di marchi cinesi come Byd, sempre più presenti anche in Europa.
Il sollievo di Wall Street per l’annuncio di Musk
In una conference call con alcuni analisti finanziari, Elon Musk ha precisato che continuerà a dedicare «uno o due giorni alla settimana» al suo incarico governativo, probabilmente per tutta la durata della presidenza Trump. Oltre a Tesla, l’imprenditore americano possiede diverse altre aziende, tra cui SpaceX e il social network X. La casa automobilistica è però il marchio che più ha contribuito a rendere Musk l’uomo più ricco del mondo.
Si stima, infatti, che circa il 60% del suo patrimonio provenga proprio dalle azioni di Tesla. In seguito alle difficoltà degli ultimi mesi, gli azionisti della casa automobilistica hanno chiesto a Musk di defilarsi dal governo americano e tornare a lavorare con più attenzione e costanza al futuro di Tesla. Ed è anche per questa ragione che l’impegno a lavorare meno per Trump è stato accolto con un sospiro di sollievo dai mercati: a Wall Street il titolo di Tesla ha guadagnato oltre il 3%.
(da agenzie)

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SI SCRIVE “OFFERTA FINALE”, SI LEGGE RESA: GLI STATI UNITI HANNO PRESENTATO LA PROPOSTA DI PACE “FINALE” ALL’UCRAINA, UNA PROPOSTA CHE ADERISCE QUASI TOTALMENTE ALLE RICHIESTE DI PUTIN, SENZA CONCEDERE NULLA A ZELENSKY

Aprile 23rd, 2025 Riccardo Fucile

COSA C’È SCRITTO NEL PIANO: LA RUSSIA OTTIENE IL RICONOSCIMENTO “DE JURE” DEL CONTROLLO DELLA CRIMEA E QUELLO “DE FACTO” DELLE AREE ATTUALMENTE OCCUPATE; LA PROMESSA CHE L’UCRAINA NON ENTRERÀ NELLA NATO; LA REVOCA DELLE SANZIONI; UNA COOPERAZIONE ECONOMICA RAFFORZATA …. L’UCRAINA UNA VAGA PROMESSA DI “GARANZIE DI SICUREZZA SOLIDE”: CIOÈ, UN CAZZO

Gli Stati Uniti attendono per oggi la risposta dell’Ucraina a una proposta di pace “finale” che include il riconoscimento della Crimea come parte della Russia e il riconoscimento non ufficiale del controllo di Mosca su quasi tutte le aree occupate dall’invasione del 2022. Lo ha riferito Axios citando fonti a conoscenza diretta della proposta.
L'”offerta finale” e’ stata presentata a funzionari ucraini a Parigi la scorsa settimana. la Casa Bianca sostiene di essere pronta ad abbandonare l’iniziativa se le parti non raggiungeranno presto un accordo. la proposta di Trump richiederebbe importanti concessioni da parte del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che in precedenza aveva escluso la possibilita’ di accettare l’occupazione russa della Crimea e di parti di quattro regioni dell’Ucraina orientale.
Una fonte vicina al governo ucraino ha fatto sapere che per Kiev la proposta e’ fortemente sbilanciata a favore della Russia. “la proposta indica molto chiaramente quali vantaggi tangibili otterra’ la Russia, ma solo vagamente e in modo generico cosa otterra’ l’Ucraina”.
(da agenzie)

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PAPA FRANCESCO, LA SALMA A SAN PIETRO PER L’OMAGGIO DEI FEDELI

Aprile 23rd, 2025 Riccardo Fucile

CIRCA 80 CARDINALI AL RITO DELLA TRASLAZIONE… ALMENO 20.000 IN PIAZZA SAN PIETRO

Il rito della traslazione della salma di papa Francesco è terminato. Il canto finale è stato dedicato alla Madonna: il Salve Regina. «Laudetur Jesus Christus», sono state invece le prime parole della cerimonia.
I cardinali si erano riuniti in preghiera alla cappella della Casa di Santa Marta, residenza di Bergoglio, nonché luogo dove è deceduto. «Accompagniamo Francesco in questo ultimo viaggio con tutte le buone opere che lui ha compiuto per il bene della Chiesa». È poi iniziata la processione che ha trasportato la salma da Santa Marta alla Basilica di San Pietro, guidata da cardinali, patriarchi, il camerlengo e il maestro delle celebrazioni liturgiche, seguiti dai familiari, dai segretari e dal personale dell’anticamera.
Tra le prime a portare l’omaggio al Papa esposto nella basilica di San Pietro è Suor Genevieve Jeanningros, amica del Papa ultraottantenne, visibilmente commossa.
La bara, semplice e aperta, è stata portata dai sediari pontifici, affiancati dagli alabardieri della Guardia Svizzera e dai penitenzieri con stole rosse e candele accese. Tra i presenti anche il fidato infermiere del Papa, Massimiliano Strappetti, che aveva raccolto le sue ultime parole: «Grazie per avermi riportato in Piazza». Alla processione partecipano anche i canonici di San Pietro, parroci, sacerdoti, vescovi e cardinali giunti a Roma. I laici erano disposti in quattro file davanti al Palazzo San Carlo. Tanti i fedeli in piazza raccolti in preghiera che, al passaggio della salma, hanno fatto un lungo applauso.
Nella liturgia cattolica, la traslazione è un passaggio fondamentale. Si tratta del movimento della salma del Pontefice dalla sua residenza alla Basilica Vaticana. Il corteo si snoda attraverso la via della Sacrestia, passando per la piazza dei Protomartiri Romani e l’Arco delle Campane, per poi salire sul sagrato e accedere alla Basilica dal portone centrale, fino all’altare della Confessione. Dentro la chiesa, il camerlengo celebra la Liturgia della Parola all’altare della Confessione. Dopo la traslazione, avviene l’ostensione, ovvero l’esposizione del corpo del papa ai fedeli. Traslazione e ostensione sono due passaggi stabiliti dal libro liturgico Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, dedicato alle esequie del Pontefice.
Folla di fedeli a San Pietro e la polizia schiera la sicurezza in 3D
Sin dalle prime ore del mattino, migliaia di fedeli si sono messi in fila in via di Porta Angelica per accedere alla Basilica di San Pietro e rendere omaggio a Bergoglio. Accorrono da tutta Italia, ma anche dall’estero. C’è chi arriva dall’Argentina, paese natale del pontefice defunto: «È stato un punto di riferimento spirituale per il mondo». Tra gli italiani, chi lo definisce il «Papa degli ultimi» e il «Papa del popolo». Per l’occasione, la questura ha messo in campo un massiccio dispiegamento di forze dell’ordine per garantire la sicurezza. Pattuglie in superficie, nel sottosuolo e in volo: agenti presidiano le vie d’accesso al Vaticano, le stazioni metro e le banchine.
Supportano le operazioni anche droni e tecnologie 3D di ultima generazione per una sorveglianza a 360 gradi dell’area intorno a piazza San Pietro. Attiva anche la Polizia fluviale, impegnata nel monitoraggio costante del Tevere. L’organizzazione è affidata anche ai volontari della Protezione Civile, impegnati fin dalle prime luci dell’alba per garantire ordine e assistenza ai pellegrini.
(da agenzie)

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CACCIARI: “BERGOGLIO HA CAMBIATO UNA CHIESA A PEZZI, IL CLERO ANGLOSASSONE PUO’ AFFONDARLA”

Aprile 23rd, 2025 Riccardo Fucile

“HA PROVATO AD OPPORSI AL PROCESSO DI SCRISTIANIZZAZIONE DEL MONDO OCCIDENTALE”

La missione di papa Bergoglio era già scritta nel nome che scelse quella sera del 13 marzo 2013, quando il conclave lo elesse. Il filosofo Massimo Cacciari parte da lì, da quel richiamo al santo poverello d’Assisi, per ragionare sul ruolo e l’eredità del pontefice appena scomparso: «È un unicum: nessun papa si era riferito prima direttamente a Francesco. Non fu certo una scelta casuale».
Cosa voleva significare?
«Voleva rifarsi al gesto più rivoluzionario della storia della Chiesa: fatto non da un eretico, ma proprio da una persona interna alla Chiesa. Il gesto di colui che, come lo ha rappresentato Giotto, sorregge il Laterano che sta cadendo a pezzi».
Quello che è toccato anche a papa Francesco?
«È come dire: sono consapevole che la Chiesa sta crollando e serve un Francesco: non un restauro, ma una riforma radicale. Questo è l’implicito».
Si riferisce al fatto che venne eletto in epoca di scandali e corvi, dopo le amare dimissioni di Benedetto XVI?
«C’erano gli scandali, certo, ma c’era infinitamente di più: l’incapacità della Chiesa di predicare il Verbum nel mondo. Non solo un problema di costumi, ma della missione della Chiesa nel mondo, che era ed è in evidente crisi».
Se dice che è ancora in crisi, significa che il tentativo di riforma di papa Francesco è fallito?
«Papa Francesco ha iniziato una rivoluzione, con gesti decisi e precisi, a partire dalla scelta di prelati, vescovi e cardinali. Ma è tutto in fieri, non è detto che riesca. E intanto il processo di scristianizzazione del mondo occidentale prosegue».
Cosa intende per scristianizzazione del mondo occidentale?
«Viviamo in un mondo che ha dimenticato Cristo, e lo dico da non credente. Non c’è più neanche un riferimento ipocrita alla tradizione cristiana: è evidente da personaggi come Trump, ma anche nella vita quotidiana. La nostra religione è il progresso diventato sviluppo, e tutto si misura su quel metro. Il grande segno di quello che stiamo vivendo è stato l’incendio di Notre-Dame a Parigi».
Cioè?
«Tutti i veri cristiani che conosco hanno vissuto quell’incendio come un simbolo della scristianizzazione. Che è evidente in tutti quanti i leader politici occidentali: gli ultimi con ispirazione cristiana sono stati i padri fondatori dell’Europa, Schuman, De Gasperi e Adenauer».
Se l’incendio è stato un segno, la ricostruzione in tempi record è stato un segno che qualcosa sta cambiando?
«Mah, è come la Fenice di Venezia: nient’altro che un monumento di un centro storico».
E papa Francesco ha provato a opporsi a questa scristianizzazione?
«Papa Francesco lo ha denunciato fin dal suo primo documento ufficiale con accenti durissimi».
Quanto ha influito sul suo messaggio il fatto di essere un gesuita?
«Come Francesco nel ’200, in un momento decisivo della sopravvivenza della
Chiesa, in conflitto con i poteri politici da una parte e le grandi eresie dall’altra, capì che occorreva una grande riforma, così nel ’500 Ignazio di Loyola e l’ordine gesuita sono quelli che resistono, che stanno al centro del processo di riforma cattolica. Questa è l’eredità dell’ordine di sant’Ignazio che ha portato con sé Francesco».
L’eredità gesuita e quella francescana insieme?
«Che non sono in contraddizione, perché hanno un modo analogo di vivere le grandi crisi. Quando si parla di personaggi come questi, capaci di leggere i fatti secondo onde lunghe e non in base alla cronaca o alle occasioni, si comprende la distanza rispetto ai politici di oggi, la sproporzione tra papa Francesco e qualunque personaggio politico sulla faccia della Terra».
Cosa ha rappresentato papa Francesco per i non credenti?
«Tantissime cose. Perché essere non credenti non vuol dire ritenere con realismo cinico che vale il diritto del più forte, la prepotenza, volere i respingimenti degli immigrati o le disuguaglianze che dilagano nel mondo… Nella misura in cui papa Francesco era l’unica voce autorevole anche nel mondo politico a denunciare questi crimini, è stata una figura di riferimento anche per i non credenti. E poi dal punto di vista storico c’è una riflessione più generale da fare».
Dica.
«In tutti i suoi atti ha dichiarato, a volte anche in modo diretto, la fine irreversibile di ogni centralità europea. Questo interessa la riflessione storico- filosofica, ma è vero da ogni punto di vista: demografico, economico, politico».
La fine della centralità europea o occidentale?
«Dal punto di vista dell’Occidente in generale se ne può discutere, perché gli Stati Uniti mantengono una loro grandezza. Ma per l’Europa le cose sembrano fatte».
Era un papa di sinistra, come spesso è stato definito?
«Stupidaggini. Ha cercato di predicare il Verbum in un sistema planetario a un Occidente incapace di ascoltarlo».
La politica lo ha più amato o patito?
«Lo ha strumentalizzato dove poteva. La politica da decenni ha una visione strumentale di questi grandi temi che la Chiesa solleva: se vede un vantaggio in quello che dice il Papa, allora lo appoggia. Altrimenti lo critica più o meno velatamente. Gran parte della politica nostrana si è schierata contro, come non era mai successo coi pontefici precedenti».
Perché secondo lei?
«Perché si è messo in mezzo senza se e senza ma denunciando il massacro di Gaza, o predicando la necessità di una trattativa nella guerra in Ucraina. Si è messo contro vastissimi settori di leadership politiche».
Cosa si aspetta ora dal conclave?
«Bisogna avere più contezza dei rapporti interni per capire se riuscirà a determinarsi una maggioranza che voglia la continuità con la via intrapresa da papa Francesco oppure no. Credo nessuno sappia come andrà a finire».
Lei cosa si augura?
«Il grande rischio per me è che prevalga la parte rappresentata da un ampio settore del clero anglosassone, che negli ultimi anni ha criticato papa Francesco sui diritti umani e civili e sulle questioni politiche».
L’eredità di papa Francesco è questa rivoluzione in fieri nella Chiesa o c’è anche altro?
«C’è anche il tentativo di costruire una pace che abbia a che fare col messaggio evangelico. Non armistizi, ma veri e propri trattati di pace»
(da La Stampa)

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PIU’ AUTOREVOLE IL CONIGLIO

Aprile 23rd, 2025 Riccardo Fucile

SIAMO ENTRATI IN UN’EPOCA STORICA SURREALE

Trump che annuncia la morte del Papa avendo accanto un enorme coniglio di peluche è un’immagine di comicità irresistibile. Ed è una specie di conferma ufficiale dell’entrata in un’epoca storica surreale, comica almeno quanto tragica, con molti dei presupposti etici, estetici, razionali, politici e scientifici del passato (le famose “regole”) che saltano come birilli.
Provate a mettere insieme le minacce di invasione della Groenlandia; la pettinatura di Trump; la ministra americana che spara al suo cane perché non era performante; il pope Cirillo, vestito da pope, che dice che bisogna invadere l’Ucraina per non farla cadere nelle mani dei gay; la destra israeliana che rinomina con i nomi biblici (sono passati tremila anni…) alcune sfortunate regioni, e sarebbe come se noi pretendessimo di chiamare Bitinia e Frigia la Turchia; i creazionisti che negano Darwin e dunque negano i fossili; i terrapiattisti che non riescono a spiegare come mai, arrivati in fondo alla Terra, non si cade di sotto; i novax che ritengono 999 studi scientifici su mille una frode di Big Pharma; i negazionisti climatici che mentre annegano facendo glu
glu glu dicono che non è vero che piove più di prima; gli avvistatori delle scie chimiche, che a noi stupidi sembrano ordinarie scoregge di aeroplano e loro invece sanno che è la strategia del Potere per ucciderci tutti quanti; gli ayatollah che affidano alla copertura dei capelli femminili la salvezza del mondo, misurando con il centimetro quanto capello si vede, e quanto velo; beh, che cosa ci manca per concludere che l’uomo non è recuperabile alla ragione, non più del coniglio, comunque?
Voglio solo aggiungere che vedendoli assieme, Trump e il coniglio, mi è sembrato molto più autorevole il secondo.
(da La Repubblica)

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LO STORICO MELLONI: “LE MANI DI TRUMP SULL’ELEZIONE DEL SUCCESSORE DI PAPA FRANCESCO. ATTENTI AL POTERE DELLA RETE”

Aprile 23rd, 2025 Riccardo Fucile

“DA SEMPRE LA CHIESA INTERESSA AGLI ASPIRANTI IMPERATORI: E’ LA PRETESA DI CHI CREDE AL DIRITTO DELLA FORZA PIU’ CHE ALLA FORZA DEL DIRITTO”

Il professore Alberto Melloni, uno dei più noti e stimati storici del cristianesimo, ha maturato una tesi sorprendente (e inquietante) sul prossimo conclave. L’ha esposta in un lungo articolo – L’opzione carolingia di J.D.
Vance – sulla rivista di geopolitica Le Grand Continent.
Quale sarebbe questa opzione, o tentazione, “carolingia” della Casa Bianca e del vicepresidente Usa? Un’Opa sulla Chiesa?
«In sintesi, sì. Del resto da sempre la Chiesa interessa molto agli imperatori e agli aspiranti imperatori. È la pretesa imperiale di chi crede al diritto della forza più che alla forza del diritto».
Non starà esagerando con Vance?
«Ma guardi che J.D. Vance è un personaggio di primissima grandezza. Basta leggere il suo libro Hillbilly Elegy, che rappresenta una vera teologia, una concezione del mondo secondo la quale – sostiene – noi poveri americani siamo messi così male perché qualcuno non ha fatto quello che doveva. Al cattolicesimo si imputa di non aver fatto argine a quella discesa in basso della classe media, La Chiesa di Roma ha denunciato i danni della globalizzazione non a favore dei vicini ma dei lontani».
Con Trump e il conclave cosa c’entra?
«C’entra tutto. Oggi alla destra quello che manca è un collante, che naturalmente non può essere quello nostalgico o totalitario, per questo l’interesse è verso un collante religioso. Negli Stati Uniti Trump si è appoggiato al protestantesimo evangelico, Vance invece offre al movimento Maga un’altra prospettiva, quella del cattolicesimo universale».
Perché i cardinali dovrebbero assecondare questo disegno egemonico?
«Perché, non detta ma chiaramente sul tavolo, c’è una minaccia terribile: se vi comportate bene saremo buoni con voi, altrimenti verrete trattati come abbiamo fatto con Zelensky. Non ci dimentichiamo che c’è anche Musk con Trump».
Il potere della Rete e dei social potrebbe arrivare fin dentro le sacre stanze del conclave?
«La Chiesa di oggi è vulnerabile a queste influenze. Ogni tipo di maldicenza è esposta a uno strumento nuovo, l’allusione di massa. Un esempio: un atteggiamento negligente oppure omissivo nei confronti di una denuncia del passato, da parte di un cardinale papabile, potrebbe diventare virale e tradursi nella fine di quella candidatura. Non c’è nessuno che possa resistere. Un meccanismo che può mettersi in moto da qui all’elezione»
Non sarebbe la prima volta che, nella storia, il potere politico prova a influenzare l’elezione di un Papa…
«Nel mio libro sulla storia del conclave, dal I al XXI secolo, dimostro che il meccanismo non è mai stato assente. L’ultima volta che una corona cattolica ha interferito pesantemente è stato nel 1903, quando l’imperatore d’Austria, Francesco Giuseppe, mise il veto sul cardinale Mariano Rampolla, il favorito per la successione a Leone XIII».
Bisogna aggiungere tuttavia che l’udienza di Vance in Vaticano non è stata proprio sfavillante. È tornato a casa con un uovo di cioccolata dopo aver visto Bergoglio e Parolin.Un bilancio deludente?
«Vance era venuto a Roma con l’idea di chiedere l’incoronazione da vice-imperatore ed è tornato a casa con tre ovetti Kinder. Non so se l’idea sia venuta al Papa o al segretario di Stato Parolin, ma certo è stata una risposta appropriata a chi si è autodefinito baby-catholic».
Questa idea neo-carolingia di un papato condizionato dal potere “imperiale” che promana dalla Casa Bianca potrebbe concretizzarsi in un Papa conservatore o in che altro?
«In quello, oppure in una forma nemmeno troppo sottile di pressione. Come il fra’ Cristoforo dei Promessi sposi, la Casa Bianca intima a tutti “fate luogo!”. Con i dazi hanno fatto così: non si sa se i dazi resteranno oppure no, ma intanto si è capito chi comanda. Vance in sostanza ha detto alla Chiesa: vi dovreste fidare di me o vi dovrete fidare di me. Scegliete voi il verbo che preferite».
(da La Repubblica)

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