TANTI AUGURI A CHI E’ SOPRAVVISSUTO
CHI NON MUORE E CHI NON SI INFORTUNA E’ POVERO ANCHE DOPO LA GIORNATA DI LAVORO
Nell’ultimo decennio, quasi ogni anno, sono morte mentre lavoravano più di mille persone: almeno tre al giorno. Il 65% degli infortuni sul lavoro riguarda persone straniere, dicono le statistiche: più di due volte e mezzo rispetto agli italiani. Forse converrebbe dirsi che muoiono soprattutto i più disperati, come accade da sempre. La sproporzione non è un caso: è una segregazione occupazionale che confina i lavoratori immigrati in settori e mansioni a maggior rischio, spesso con minore accesso a una formazione adeguata e a tutele efficaci.
È una segregazione, seppure con forme diverse, anche quella delle donne lavoratrici: lavorano di più, guadagnano di meno e restano confinate negli stessi mestieri, con salari bassi e poche possibilità di carriera. C’è anche il cassetto degli anziani infortunati sul lavoro, là dove stanno quelli che non hanno più le forze per svolgere la loro mansione ma non possono permettersi di non portare il pane a casa.
Chi non muore e chi non si infortuna è povero anche dopo la giornata di lavoro. Tra il 2014 e il 2023, l’incidenza della povertà assoluta individuale è salita dal 6,9% al 9,8%, coinvolgendo 1,6 milioni di persone in più. Un lavoro che rende poveri è il tradimento del primo articolo della Costituzione. Poi ci sono quelli che il lavoro lo cercano e non lo trovano: i giovani etichettati come fannulloni perché non accettano di diventare schiavi, quelli che navigano tra contratti a termine che atrofizzano la speranza, limitando il futuro alla fine di ogni mese.
Il Primo maggio dovrebbe essere il giorno della fierezza, in cui i lavoratori rivendicano i propri diritti e i successi raggiunti. Le riforme del lavoro, in
particolare il Jobs Act, pur con l’obiettivo dichiarato di aumentare l’occupazione, hanno ridotto le tutele reali contro i licenziamenti illegittimi, generando incertezza normativa (anche a causa degli interventi della Corte costituzionale) e potenzialmente indebolendo il potere contrattuale dei lavoratori. Così, il giorno del lavoro passa da occasione d’orgoglio a evento di scoraggiamento. Ci sarebbe anche la rabbia, ma il Decreto Sicurezza ha reso anche quella illegale. Buon Primo maggio.
(da La Repubblica)
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