A PALERMO GRILLO METTE IN SCENA L’UNITA’ DI FACCIATA, MA IL GRUPPO E’ ORMAI SPACCATO
FICO, RUOCCO E SIBILIA NON VOLEVANO NEANCHE ANDARE… DI MAIO E DI BATTISTA NON CONTROLLANO I GRUPPI PARLAMENTARI
La scaletta, da quelle parti, è sostanza, messaggio simbolico. “Apre Grillo”, “chiude Grillo”, sarà lui il matador, padrone di casa.
E questa è novità , dopo che, per dirne una, prima del comizio finale della Raggi a Roma, addirittura Dario Fo lo invitò a stare lontano dal palco, perchè, per come parla lui, avrebbe potuto spaventare qualche elettore.
“Apre Grillo”, “chiude Grillo”, il padrone di casa però non proporrà un ritorno alle origini, al vaffa, ai toni aggressivi, al chissenefrega del governo.
L’operazione è tutta qui, nella due giorni palermitana, l’Italia a Cinque stelle.
Nella bolgia di 100mila persone, 138 gazebo, dibattiti in stile agorà , modello “uno vale uno”, il fondatore, questo l’obiettivo, farà passare a modo suo, la svolta di governo.
Tenendo unito il Movimento nei toni, parlando alle corde più profonde, quella delle purezza e della “diversità ”. E rilegittimando Luigi Di Maio, la cui candidatura a premier non è in discussione. Ma va preparata, rafforzata, rivestita di un linguaggio più movimentista, dopo la fase delle lobby e delle ambasciate.
Ecco che, nel tardo pomeriggio di sabato, si materializzerà sul palco di Palermo il gruppo garante dell’operazione.
Sotto ci sono Fico, la Ruocco, Sibilia, contrariati, delusi, come racconta più di un parlamentare che ne ha raccolto gli sfoghi: “Parecchi non volevano andare a Palermo. Pizzarotti fa storia a sè, ma la frattura è profonda anche nei gruppo parlamentari”. Sopra il palco, per la prima volta, salirà Davide Casaleggio, che potrebbe ricordare ricordando il padre la cui immagine da bambino sognante, campeggia già sui manifesti.
E poi Di Battista, Di Maio, Grillo. È questa la vera chiusura politica, più del discorso di domenica. La foto dà l’idea plastica della riorganizzazione. Di fatto sancisce la fine del Direttorio, anche se ancora non si capisce se “l’annuncio di Grillo” riguarda la nascita di una nuova struttura.
La sensazione è che gli organigrammi, le questioni organizzative sono rimandate tutte per mancanza di accordo e per approccio di Grillo.
Perchè, in verità , molto è cambiato lì dentro. “Beppe non dirige, reagisce e si adatta per preservare l’unità di facciata del Movimento” sussurrano i ben informati.
L’unità , fondamentale in ogni partito, nei 5stelle è un totem che tiene assieme tutto. L’ultimo sondaggio arrivato da Pagnoncelli racconta che l’elettorato pentastellato perdona tutto — gaffe, errori — in nome dell’inesperienza e del “lasciateli lavorare”. Ma non perdona le divisioni che ricordano i partiti tradizionali, la guerra tra correnti, le ambizioni personali.
Ecco, Grillo lo sa e vuole alimentare questo mito della diversità , per ricomporre un’unità di facciata.
Di facciata perchè la verità è che la frattura, dopo il caso Roma, è irreversibile. Il direttorio non c’è più. Di Maio con la Ruocco e Sibilia si parla se proprio si incrociano nello stesso corridoio, altrimenti i rapporti sono allo zero assoluto. Racconta un parlamentare di peso: “La situazione dei rapporti di forza è questa. Dibba e Di Maio sono i più forti mediaticamente quindi se ne fregano della riorganizzazione, si chiami direttorio o altro. Ma i gruppi parlamentari non li controllano neanche loro dopo la morte di Casaleggio. Che succede di fronte a un caso di espulsione o di fronte a un casino? Chi ha la forza di imporre cosa? Anche perchè questa operazione su Di Maio premier spaventa molto. Secondo te mette in lista la Ruocco o la Taverna?”.
Musica, comizi, spettacolo mediatico, retorica movimentista copriranno ciò che in realtà è ben altro.
La svolta di governo è già compiuta e dentro le stanze dei bottoni lo streaming è spento.
Arriveranno a Palermo anche la Appendino e la Raggi, simboli del movimento che sa governare. E il no alle Olimpiadi copre tutto ciò che su Roma è irrisolto e ha alimentato la frattura: il caso Marra, l’indagine sulla Muraro, pure il nuovo caso Tutino, il magistrato indentificato come nuovo assessore al posto di Minenna e bollato come “casta” da Di Battista un paio d’anni fa.
Qualche vaffa ci sarà , come in tutti i comizi di Grillo, ma è un vaffa di governo.
(da “Huffingtonpost”)
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