“AIUTI ALLE ATTIVITA’ DANNEGGIATE? CONDIZIONARLI A IMPEGNI CON IL FISCO, BASTA EVASIONE FISCALE”
INTERVISTA A ENRICO GIOVANNINI, EX PRESIDENTE ISTAT: “I RISTORI NON POSSONO ESSERE A PIOGGIA E CHI LI RICEVE DEVE ACCETTARE CONTROLLI”
“Vogliamo uscire da questa crisi tornando al punto di partenza, cioè 110 miliardi di evasione fiscale e un sommerso che vale il 12% del pil? La risposta della politica deve essere no. In Quinto potere il presentatore Howard Beale conclude il suo monologo chiedendo a tutti di urlare: “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più“. Ecco, il Paese intero dovrebbe dire che è inaccettabile una evasione così ampia”.
Per l’economista Enrico Giovannini, ex presidente Istat e ministro del Lavoro, oggi portavoce dell’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile e a capo della commissione che scrive ogni anno la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione, l’impatto economico della seconda ondata di Covid va affrontato guardando al “dopo”.
Con l’obiettivo di “rimbalzare in avanti, non tornare indietro”. Giusto sostenere le attività danneggiate dalle nuove restrizioni, ma non più con aiuti a pioggia come il bonus 600 euro.
Professore, durante il lockdown aiutare tutti gli autonomi senza imporre condizioni è stato inevitabile.
Vista l’urgenza, il governo prese quella decisione e non chiese di dimostrare un calo di fatturato. Poco dopo però, quando su proposta di Asvis e Forum Disuguaglianze e Diversità fu introdotto il Reddito di emergenza con l’obiettivo di tutelare anche i lavoratori irregolari, i più marginali, insomma gli “ultimi”, si alzarono obiezioni. E alla fine fu richiesta la presentazione dell’Isee e una serie di procedure che hanno ristretto la platea. Una asimmetria difficile da accettare.
Veniamo a oggi: le categorie più colpite dai coprifuoco chiedono altri aiuti. Si ipotizza una riedizione dei contributi a fondo perduto erogati dalle Entrate, subordinati a un forte calo del fatturato.
Questa seconda ondata colpisce i diversi settori in modo asimmetrico e arriva dopo un’estate in cui vendite e produzione industriale hanno avuto un forte rimbalzo mentre turismo e ristorazione, soprattutto nei centri storici, hanno continuato a soffrire. Ma in molti casi i ristoranti di quartiere soffrono meno perchè lo smart working favorisce le uscite “sotto casa”. Quindi gli interventi vanno graduati per aiutare chi è davvero in grave difficoltà senza sprecare fondi. I ristori devono essere condizionati ai comportamenti passati ma anche al presente e al futuro.
Per esempio prevendo più controlli fiscali per chi li riceve?
Si può immaginare di dire: “Ti aiutiamo con i soldi di chi le tasse le paga, ma se tra due anni vieni scoperto a evadere non saremo teneri”. E prevedere una valutazione della coerenza delle future dichiarazioni con i nuovi Indici sintetici di affidabilità fiscale oppure approfondimenti ad hoc. Oppure: visto che le sanzioni per chi viola l’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi sono state rinviate causa emergenza, si potrebbe condizionare l’aiuto alla messa in regola.
Quindi: aiuti differenziati settore per settore e legati a doppio filo alla lotta all’evasione.
Se, come da previsioni del governo, a fine 2022 torneremo al pil di prima della crisi, vorrei che fosse esplicitata l’idea che dobbiamo arrivarci riducendo il peso del sommerso dal 12% attuale a una quota, tanto per dare una cifra, dell’8%. E che non vogliamo più avere, in alcune categorie, una propensione all’evasione Irpef superiore al 30%. Le azioni che mettiamo in campo in questo periodo devono essere nell’ottica della lotta al nero che il governo sta già portando avanti con il piano cashless. Non è solo questione di corretta concorrenza tra imprese che evadono e quelle che non evadono, di giustizia tra chi le tasse le paga e chi no. C’è anche il fatto che nei settori ad alta intensità di sommerso la dinamica della produttività è molto bassa. Significa che quei settori contribuiscono a zavorrare la crescita. E’ questo quello che vogliamo?
Vale anche per i prestiti con garanzia statale alle medie e grandi imprese?
Anche in quel caso si possono immaginare condizionalità non solo sui livelli occupazionali ma anche in direzione del Green new deal. In Francia per esempio il governo sostiene il settore auto ma in cambio di un forte impegno alla transizione verso la mobilità elettrica. Non solo: visto che i Piani nazionali di ripresa e resilienza devono avere tra i capisaldi la lotta alla disuguaglianza di genere, si potrebbero condizionare gli aiuti anche all’adozione di politiche molto coraggiose in termini di parità salariale tra uomini e donne. Oppure, visto che il governo Renzi impose l’obbligo di rendicontazione non finanziaria sull’impatto ambientale e sociale solo a una parte delle grandissime imprese (circa 200 in totale), si potrebbe subordinare le politiche di sostegno all’obbligo di rendicontazione, così da accelerare il balzo in avanti verso un’Italia più equa e sostenibile.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply